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Autore: edoardo811    15/12/2018    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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6

Edward ha una sorpresa

 

 

Tommy credeva di essere veloce. Del resto, se uno come lui non fosse stato veloce sarebbe morto in un istante nel mondo esterno. Tuttavia, stare al passo di Edward fu un’impresa. Nonostante reggesse il pesante arco e avesse la faretra piena di frecce sulle spalle lo stava seminando, saltando cespugli, radici che spuntavano, tronchi caduti e qualsiasi altro ostacolo senza nessuna difficoltà.

«E-Ehi! Aspettami!» gridò, anche se non venne udito udirlo. O forse venne ignorato e basta.

Non sapeva nemmeno cosa stessero facendo. L’urlo di Steph aveva allarmato Edward, ma c’era pur sempre Konnor con lei. A meno che… non fossero entrambi in pericolo. O peggio. A quel pensiero Thomas rabbrividì e seguì Edward con più decisione. Qualunque cosa fosse successa, l’avrebbero scoperta presto.

Alla fine, sbucarono in una piccola radura, dove si trovarono di fronte uno spettacolo che aveva del rassicurante e del raccapricciante al tempo stesso.

Per prima cosa, sia Konnor che Steph stavano bene, il che era positivo. Lo scorpione gigante che girava attorno ai due semidei, inermi, invece era male.

Konnor era a terra in un lato della radura, privo di sensi, mentre Stephanie era accovacciata a terra, ferita e senza occhiali. Tastava il terreno con le mani, forse alla ricerca di essi, ignara del fatto che le tenaglie dello scorpione si facevano sempre più vicine. 

Visti dal vivo, quei cosi erano ancora più raccapriccianti. Oltre ad essere enormi, le loro tenaglie, fauci, la gigantesca coda, le chele e le placche di corazza naturale avrebbero fatto desistere chiunque dal combatterli. Tuttavia, Edward parve essere di altro avviso.

Prima che Tommy potesse pensare qualsiasi cosa, una freccia si era già conficcata in una delle giunture dell’insetto gigante, dove le placche della corazza non lo proteggevano, facendogli emettere un terrificante verso di dolore.

«Aiuta Steph!» gridò Edward, mentre cominciava a correre attorno allo scorpione, incoccando e scoccando frecce mirando ai punti deboli. Più che ferirlo, sembrava che lo stesse facendo arrabbiare e basta, ma se non altro riuscì a distogliere la sua attenzione da Steph.

La ragazza, nel frattempo, udì la sua voce, perché drizzò la testa assottigliando le palpebre: «E-Edward?»

Il diretto interessato rispose con un urlo, mentre si gettava a terra per evitare di essere tranciato a metà dalle chele del mostro. Thomas corse da Stephanie, inginocchiandosi accanto a lei e aiutandola a rimettersi in piedi.

«Tommy?» domandò ancora lei, incerta. Strizzò gli occhi con forza, facendogli capire che non riusciva a vedere a un palmo dal naso.

«In persona. Che è successo?»

«A dopo le spiegazioni, ora mi servono gli occhiali!»

«Ehm…» Tommy li vide subito, nascosti tra alcuni ciuffi d’erba a pochi metri di distanza da loro. Peccato che le lenti fossero distrutte. «Mai pensato alle lenti a contatto?»

«N-Non ho avuto tempo di metterle…» farfugliò imbarazzata.

«Beh…» Thomas recuperò gli occhiali, consegnandoli a Steph. «Forse avresti dovuto…»

«Oh, no!» mormorò Steph, provando ad indossarli, per poi metterli via scoraggiata. «E adesso?»

Tommy osservò Edward affrontare lo scorpione. Stava finendo le frecce e non sarebbe riuscito a schivarlo per sempre. Il figlio di Ermes afferrò lo zainetto ed estrasse una granata. Ordinò a Stephanie di abbassarsi, poi si alzò in piedi e la lanciò contro il mostro. Questa detonò all’impatto, scatenando una coltre di fumo nero che riempì la radura.

«Ma che diamine?! Tommy!» urlò Edward, da un punto imprecisato in mezzo alla nube.

«Accidenti, credevo che fosse incendiaria!» si scusò Thomas, per poi cercare di nuovo nello zainetto, mentre Stephanie tossiva. La realtà colpì Tommy come una sberla. Solo in quel momento si rese conto che tutte le granate erano identiche. Non c’era alcun modo di distinguerle tra di loro. Non le aveva controllate prima della sfida, le aveva messe tutte nello zainetto senza pensarci. Avrebbe potuto lanciarne una sperando che fosse fumogena e scoprire che invece era a frammentazione, rischiando di conseguenza di uccidere tutti i presenti, sé stesso incluso. «Dannazione…» mormorò.

Steph si voltò verso di lui. «Che succede?»

«Dobbiamo scappare da qui» tagliò corto lui, aiutando Steph a rimettersi in piedi.

«E Konnor? Lui dov’è?»

Thomas imprecò sotto voce, ricordandosi solo in quel momento del figlio di Ares. Si guardò attorno per cercarlo, ma la nube di fumo non gli permise di vederlo. I versi infastiditi dello scorpione e le imprecazioni di Edward si mischiarono, smarrite in mezzo alla coltre, rendendogli impossibile capire dove si trovassero e soprattutto come orientarsi in mezzo a quel caos. 

«Tu nasconditi, non appena la nube si dirada cerco di salvare anche lui.»

«O-Ok… ma…»

Qualunque cosa volesse dire, venne interrotta dal grido di dolore di Edward. Udirono un fruscio, poi un tonfo, seguito da alcuni lamentii. Tommy sgranò gli occhi. Steph gli tolse le parole di bocca: «EDWARD!»

In mezzo al fumo, riuscì a scorgere la figura del suo compagno contorcersi a terra, le mani premute sul fianco, mentre lo scorpione torreggiava su di lui. 

«I-Io non vedo niente…» mormorò Steph. Sembrava stesse per piangere. «Non posso aiutarlo!»

Tommy avrebbe voluto sapere come lei avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, ma non aveva tempo per le domande. Stava quasi per lanciare un’altra granata, sperando che questa non uccidesse anche Edward, quando una figura si mosse rapida al fianco del mostro.

Konnor gridò, conficcando la spada nella corazza dello scorpione fino all’elsa. Il mostro si disarcionò, sbraitando per il dolore, ma si riscosse quasi subito. Sbatté la chela contro il figlio di Ares e lo spedì di nuovo a terra. La distrazione permise ad Edward di strisciare via dal pericolo, ma lo scorpione non sembrò gradire. Quando lo vide puntare di nuovo il suo amico, Thomas si riscosse e gli lanciò la prima cosa che trovò nello zainetto.

Un ossicino di gomma per cani rimbalzo con uno SQUEAK sulla sua corazza. L’insetto gigante smise di puntare Edward e si voltò verso di lui. Tommy sbiancò. Come c’era finito un osso per cani del suo zainetto?!

Se non altro, ora lo scorpione ce l’aveva con lui. 

Un momento… ce l’ha con me!

Gridò terrorizzato quando l’insetto lo caricò. Un attimo prima che la punta della coda gli si conficcasse dritta in mezzo agli occhi, estrasse lo scudo dallo zainetto e infilò il braccio nei laccetti. L’impatto lo mandò a terra, ma almeno era ancora vivo. Peccato che lo scorpione non avesse alcuna intenzione di arrendersi al primo tentativo: continuò a colpire lo scudo con la coda, in un susseguirsi di clangori metallici. Thomas gridò, cercando di tenere il braccio sollevato, ma ad ogni impatto sentiva una fitta di dolore attraversargli tutte le ossa.

Lo scorpione non sembrava voler colpire altro che il suo scudo, forse aveva preso la cosa come una sfida: prima di mangiare la testa di Tommy, avrebbe dimostrato a quell’aggeggio chi comandava. 

«E-Ehi! Qualcuno mi aiuta?» chiamò, ormai placcato a terra, con la coda dello scorpione che continuava ad abbattersi su di lui. Lo scudo aveva cominciato a piegarsi, non avrebbe retto ancora a lungo.

«Tommy!» Stephanie sembrava disperata. Aprì le mani, puntandole contro il terreno. «R-Resisti! Provo a…»

Venne interrotta dal grido di Edward, che si fiondò contro il mostro brandendo il coltello, conficcandolo nella coda. Lo scorpione sbraitò per l’ennesima volta, impennandosi, per poi voltarsi di scatto. La coda frustò l’aria, sfrecciando sopra il corpo rimasto sdraiato di Tommy senza causare danni. Purtroppo, accanto a lui c’era qualcuno rimasto in piedi. Si voltò allarmato. «Abbassati Steph!»

La ragazza non riuscì a muoversi in tempo: la coda sbatté contro di lei, scaraventandola violentemente a terra. Non si mosse più.

«STEPH!» gridò Edward.

«Oh, no, no, no, no!» Tommy strisciò verso di lei, mentre l’urlo di battaglia di Edward giungeva alle sue orecchie.

Il figlio di Ermes si chinò sull'amica e si accertò che stesse bene. Respirava ancora, perciò si sentì rassicurato. La cotta di maglia doveva avere attutito il colpo. Con un po’ di ambrosia si sarebbe ripresa. La estrasse dallo zainetto e sollevò lo sguardo per avvisare Edward, ma il suo compagno era piuttosto indaffarato: schivava colpi della coda e delle tenaglie dello scorpione scattando, saltando e rotolando a terra, rispondendo con attacchi mordi e fuggi, tagliando le distanze, ferendolo e poi scartando di nuovo all’indietro per rimettersi al sicuro.

La coda si conficcò a terra, mancandolo, e Edward ne approfittò dell’attimo di vulnerabilità dello scorpione per tranciargli di netto una delle zampe, facendolo sbraitare per l’ennesima volta.

Tommy schiuse le labbra, sconvolto da quanto bene si stesse comportando armato solo di quella piccola lama contro un bestione del genere. Tuttavia, i suoi attacchi altro non erano che punture di zanzara per il mostro. Gli serviva aiuto, e di Konnor non c’era traccia. Toccava a lui.

So già che me ne pentirò…, pensò, mentre estraeva il falcetto dallo zaino, lasciando l’ambrosia accanto a Steph. Non poteva abbandonare Edward. Lui non avrebbe abbandonato Tommy se i ruoli fossero stati invertiti. E comunque, se doveva tirare le cuoia, lo avrebbe fatto con coraggio. Anche se avrebbe preferito vivere.

Il figlio di Ermes strinse con forza la presa attorno all’elsa dell’arma, mentre si alzava in piedi. Gli tremavano le gambe. Le mani erano così sudate che temeva che il falcetto potesse scivolargli. Lo impugnò con entrambe, poi, non appena si rese conto che lo scorpione gli dava le spalle, partì all’attacco.

Edward era finito di nuovo a terra, tracce di sangue che scivolavano dalla sua bocca. Lo scorpione stava per colpirlo di nuovo, ma Thomas fu più veloce: individuò una giuntura e non ci pensò due volte. Sferzò l’aria, gridando più per la paura che per altro, e sentì la lama abbattersi contro qualcosa, per poi attraversarlo da parte a parte.

Mentre la coda si staccava di netto dal corpo dello scorpione, il grido suo disperato dovette riecheggiare per tutta la baia di Long Island.

Prima che Tommy potesse realizzare quanto avesse appena fatto, la chela del mostro infuriato si era già abbattuta su di lui. Non era mai stato investito da un camion, prima di allora, ma ebbe l’impressione che la sensazione dovesse essere molto simile. Si sentì più leggero dell’aria mentre la terra si staccava dai suoi piedi e il mondo attorno a lui roteava. Il corpo esplose di dolore quando si schiantò a terra, accanto a Steph. Accasciò la testa di lato, sentendo il sapore del sangue in bocca. Gli sembrò di galleggiare, come se il suo spirito lo stesse abbandonando. 

Stava morendo? Dopo solo un colpo? Certo che faceva proprio schifo.

«T-Tommy?» 

Steph si stava rialzando a fatica sui gomiti. Per fortuna almeno lei stava bene. Thomas avrebbe voluto risponderle, ma non ci riuscì. Una figura scura torreggiò su di lui. Lo scorpione si stava avvicinando. Edward era stato sconfitto. Konnor era stato sconfitto. Stephanie era inerme tanto quanto lui. 

Ma cosa gli era saltato in mente? Partecipare alla sfida in quel modo. Come se avesse mai davvero avuto una possibilità. Lui era solo uno stupido figlio di Ermes. Non valeva niente. Non sarebbe mai stato un mentore. Un giorno, perfino Rick si sarebbe preso gioco di lui. Se solo avesse avuto le facoltà motorie per farlo, avrebbe pianto.

È questa la mia fine? si domandò. Di nuovo, che schifo.

«Tommy!» Stephanie si avvicinò a lui, prendendogli il volto fra le mani. Cercò di sollevargli la testa e la sentì singhiozzare.

«È colpa mia» mormorò, affranta. «È tutta colpa mia…»

La chela si alzò sopra di loro. Steph si strinse a lui.

In un baleno, un'altra figura comparve, frapponendosi tra loro e la tenaglia dello scorpione. Nonostante la vista appannata, Thomas riuscì comunque a intravedere il loro salvatore, che era illuminato da una strana aura argentata.

«E-Edward?» riuscì a domandare. Anche Steph alzò lo sguardo, spalancando la bocca.

«Ora mi hai rotto…» rantolò Edward, in direzione dello scorpione, mentre stringeva tra le mani una strana spada. Era molto lunga, con la lama che si incurvava, di un metallo così bianco da brillare e da illuminare il suo possessore. Il manico era nero, l’elsa dorata incurvata verso l’alto. Non sembrava fatta di Bronzo Celeste e nemmeno di Oro Imperiale. Edward aveva bloccato la gigantesca chela del mostro impugnandola con solo con una mano.

Il verso prodotto dallo scorpione ora parve essere di sorpresa. Edward gridò e spinse la spada, allontanando la chela e facendo indietreggiare il mostro. Una folata d’aria si sollevò, sferzando su tutti loro, mentre il ragazzo si fiondava contro lo scorpione e iniziava un altro combattimento furibondo.

Tommy tastò il terreno, gemendo per il dolore, fino a quando non trovò l’ambrosia ancora incartata. La sollevò a fatica, porgendola a Stephanie, che parve capire cosa stesse cercando di fare. «Aspetta, lascia fare a me.»

La ragazza lo imboccò come un bebè, ma per quanto la cosa fosse imbarazzante, in quel momento non era in vena di badarci. Il sapore delle fragole coltivate dai suoi nonni esplose nel suo palato, rinvigorendolo. Il dolore terrificante cominciò a trasformarsi in una pulsazione sorda, ancora presente ma distante, meno fastidiosa.

Gli strilli dello scorpione e di Edward nel frattempo continuavano imperterriti. Tommy drizzò la testa, stordito, per poi trovarsi di fronte una scena surreale. Il mostro indietreggiava, barcollando, stordito, le zampette che faticavano a tenerlo in piedi, mentre Edward continuava a incalzarlo. In un ultimo disperato tentativo, lo scorpione cercò di abbattere le chele sul ragazzo, ma prima che lui e anche i semidei potessero realizzare cosa stesse succedendo, se le ritrovò già tranciate entrambe; la spada penetrò la sua corazza come se fosse stata fatta di burro.

Senza più la coda e senza più le chele, lo scorpione lanciò un ultimo grido disperato, per poi crollare a terra esanime. Cominciò a sgretolarsi, a cominciare dal fianco, dove Tommy notò la spada di Konnor ancora conficcata. Se n’era scordato. Il mostro aveva continuato a combattere nonostante la spada conficcata nella sua carne, ma alla fine, mutilato e ferito, aveva ceduto.

«Come… come ha fatto?» mormorò Steph, con voce sbalordita.

«Hai… hai visto anche tu?» le domandò Tommy.

«L’ambrosia ha schiarito un po’ la mia vista» ammise lei. «Ma l’effetto non durerà ancora molto.»

Edward si voltò verso di loro proprio in quel momento. Sorrise, ma c’era qualcosa di strano nel suo sguardo e nella sua espressione. Fece per parlare di nuovo, quando altri strilli si sollevarono nell’aria. I tre ragazzi drizzarono la testa. Con orrore crescente, Thomas vide un altro scorpione apparire nella radura, sibilando furioso. Edward si voltò per fronteggiare la nuova minaccia, la spada che brillava ancora in suo pugno. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, tuttavia, dalla vegetazione spuntò fuori un altro scorpione ancora. E poi un altro. E poi un altro ancora.

Tommy non riuscì a credere ai propri occhi: cinque scorpioni giganti erano apparsi all’improvviso da ogni angolo della radura, accerchiandoli. La mente rifiutava di collaborare con il corpo: avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto scappare, forse perfino piangere, ma era paralizzato, incapace di muoversi e di pensare, e forse anche di respirare. Accanto a lui, Steph gemette spaventata.

Chirone aveva detto che gli scorpioni erano sei. Uno lo avevano abbattuto, ma lì ce n’erano altri cinque. Ogni singolo scorpione della sfida era radunato lì, nella radura. E ogni mostro stava puntando Edward, ignorando gli altri ragazzi.

«Mh» commentò lui, con una calma irreale. «A quanto pare ci sono un po’ di imbucati alla nostra festicciola.»

Thomas schiuse le labbra. «E-Edward, scapp…»

Non riuscì a finire la frase. Edward gridò e attaccò uno scorpione, muovendosi rapido come un fulmine. Prima che chiunque potesse fare qualsiasi cosa, aveva già conficcato la lama fino all’elsa nel muso del mostro. Lo strillo disperato dello scorpione gigante giunse alle orecchie di Thomas per l’ennesima volta, scuotendogli le ossa per la paura. Non appena Edward si allontanò da lui, questo crollò a terra e cominciò a svanire. Non si dissolse come l’altro, però: iniziò a sciogliersi in una pozzanghera nera.

«Fuori uno» annunciò Edward, neanche con il fiatone. «Sotto a chi tocca!»

Il resto degli scorpioni partì alla carica. Uno di loro provò a infilzare Edward con la coda, ma lui si spostò di lato, per poi tranciare un fendente con la spada: un arco fatto di luce candida si generò dalla punta della lama, dirigendosi contro il mostro e attraversandolo da parte a parte, tagliandolo in due. Con un altro strillo, il secondo scorpione cessò di esistere, le due estremità del suo corpo che si dissolvevano.

«Cinque contro uno, uno scontro troppo impari!» gridò Edward, fiondandosi sul terzo scorpione. «Avreste dovuto essere almeno in dieci!»

Come le prime due, la terza bestia crollò nel giro di un istante, e subito dopo Edward attaccò la quarta.         

Thomas non credeva ai propri occhi. Stephanie sembrava pietrificata. Edward correva, saltava, rotolava, muovendosi con una rapidità incredibile, con l’aria che sembrava plasmarsi attorno a lui secondo la sua volontà, maneggiando la spada come un maestro e non come uno studente alle prime armi. Aveva uno stile anomalo, che Tommy mai aveva visto. Era aggraziato, veloce, ma allo stesso tempo brutale, preciso, quasi calcolatore. Gli ultimi due scorpioni lo attaccarono insieme, ma non avevano nessuna speranza.

Quando anche il quarto fu annientato, di fronte a lui si ritrovò di fronte quello che era senza dubbio il più grosso di tutti, delle dimensioni di un furgone. Erano al centro della radura, uno di fronte all’altro. Lo scorpione emise il proprio verso dalle fauci, una specie di sfrigolio, ed Edward sorrise. «Siamo rimasti tu e io, bello.»

Il mostro ruggì di rabbia e partì all’attacco, ma, ancora una volta, Edward fu più veloce. Saltò in alto, superando con un arco lo scorpione, per poi amputargli la coda mentre era a mezz’aria. Il mostro strillò e si voltò, per poi ritrovarsi entrambe le chele tranciate. Barcollò, e il semidio avrebbe potuto finirlo senza difficoltà, ma non lo fece. Il suo sorrisetto si trasformò in un ghigno malizioso, sadico perfino.

«Spiacente amico, ma questa era una festa privata!» Edward gridò e partì alla carica, menando fendenti come la lama di un tagliaerba. 

Tagliò alcune zampe del mostro, le tenaglie sul suo muso, lo accecò ad un occhio, tranciò via zigomi e placche di corazza, tuttavia senza mai infierire il colpo di grazia. La risata di Edward si sollevò nella radura e Tommy ebbe i brividi. Non c’era alcun divertimento in essa, solo sadica crudeltà.

Lo scorpione era troppo grosso e resistente per poter crollare con le ferite inflitte da Edward, ma privato di qualsiasi arma, poteva solo cercare, invano, di indietreggiare mentre il semidio lo trucidava secondo dopo secondo. Ormai i suoi strilli di dolore erano ridotti a cupi rantolii. Thomas non avrebbe mai potuto pensare di provare pena per un mostro.

Certo, avevano cercato di ucciderli, ma forse Edward stava esagerando. Tuttavia, non aveva fiato per parlare, sia per la sorpresa che per la paura. Rimase immobile, a osservare a occhi sgranati il macabro spettacolo.

Infine, Edward si decise a dare il colpo di grazia.

«Watashi no michi o kizutsukete shinu!» gridò, in quello che Tommy pensò fosse giapponese. Falciò l'aria decine di volte, macellando il mostro, tagliandolo in decine di pezzi. Nel giro di poco tempo, di lui non rimase altro che la misteriosa pozza nera, che cominciò ad essere assorbita dal terreno.

Nella radura non rimase altro, solo i semidei, i sacchetti di seta degli scorpioni – spoglie di battaglia – e i resti dello scorpione ucciso dalla spada di Konnor, uno strato di polvere di un giallo sporco, simile a sabbia.

Edward rimase immobile, con la spada che scivolava lungo il suo fianco, la testa bassa, le spalle che si alzavano e abbassavano a causa del fiatone. Dava la schiena a Tommy e Steph, perciò per loro fu impossibile vedere la sua espressione. Poi, la spada svanì dalle sue mani con un bagliore argentato e il ragazzo crollò in ginocchio, gemendo a sua volta.

«Edward!» lo chiamò Tommy, riuscendo a ritrovare la forza di parlare. Il suo compagno si voltò e, con un profondo sollievo, Thomas constatò che nel suo sguardo non c’era più alcuna malignità. Edward sorrise di nuovo, un sorriso più genuino, e li rassicurò con un cenno della testa. «Beh… direi che è andata piuttosto bene.»

«Bene?» domandò un’altra voce. Konnor si era rialzato, tenendosi un braccio, osservando Edward scioccato. «Cosa… che diavolo… ma che hai fatto?!»

Edward si rialzò, rivolgendo un cenno anche a lui. «Non c’è di che» rispose.

Thomas non sapeva cosa pensare. Accanto a lui, Steph pareva dello stesso avviso. Konnor aveva fatto la domanda che anche loro si erano posti, ma che né lui né lei avevano il coraggio di domandare. In quel momento, Thomas non pensò nemmeno al fatto che l’alloro della vittoria era ad un palmo dal suo naso, in uno di quei sei sacchetti. Dopo quanto aveva appena assistito, vincere la sfida era diventato l’ultimo dei suoi pensieri.

Poi pensò a come Edward sapesse, in qualche modo, parlare giapponese. Pensò alla strana spada ricurva che era apparsa e allo strano materiale di cui era composta. Pensò al suo stile di combattimento, decisamente molto diverso da quello a cui erano abituati nel Campo Mezzosangue. Stava cercando di unire i puntini, quando un fruscio si sollevò di nuovo tra la vegetazione. Tommy temette che non fosse ancora finita, che magari gli scorpioni fossero sette e non sei, ma per fortuna venne smentito. Questa volta nella radura non sbucarono mostri, ma un gruppo di semidei, capitanati da Chirone. Sopra le loro teste, uno stormo di arpie volteggiava nell'aria, agitato.

«Numi del cielo!» esclamò il centauro, accorgendosi dei quattro semidei. «Abbiamo sentito delle grida terribili! Ma cos’è successo qui?»

Thomas non aveva mai visto così tanti semidei riuniti in un unico luogo rimanere in silenzio in quel modo. Tutti quei ragazzi che poco prima della sfida lui aveva definito pericolosi, ora erano stupiti e confusi. Tra di loro c’erano Derek, Paul, Rosa, Jonathan, perfino Buck e i suoi.

Accorgendosi di come nessuno dei suoi compagni interpellati avesse deciso di rispondere, si schiarì la gola con timidezza. Si sentì sepolto da tutti gli sguardi che gli rivolsero. Perfino Rosa teneva gli occhi fissi su di lui. Un tempo avrebbe pagato milioni per essere osservato in quel modo da lei, ma ora che stava succedendo, non era più molto sicuro di questo desiderio.

«B-Beh… tutti… tutti gli scorpioni ci hanno attaccati, e…»

«Li ho uccisi» annunciò Edward.

Un coro di versi di sorpresa si sollevò tra la folla. Ora tutti gli sguardi si posarono su di lui, quello di Chirone in primis. Neppure lui sembrava aver capito bene. «Tu hai… cosa?»

«Li ho uccisi» ripeté Edward, calmo. «Tutti quanti. Tommy mi ha aiutato, ovviamente.»

Alcuni sguardi si posarono di nuovo su di Thomas. Non era del tutto falso il fatto che avesse aiutato, però il suo intervento non era stato nulla rispetto a quello di Edward.

«Stai mentendo!» esclamò qualcuno in mezzo alla folla all’improvviso. Buck avanzò a pugni stretti, per poi indicare la spada di Konnor in mezzo agli unici resti di scorpione rimasti. «Qui ci sono solo i resti di uno scorpione, e quella è la spada di Konnor. È stato lui a ucciderne uno!»

«E gli altri sacchetti come te li spieghi?» domandò Edward, accennando al resto delle spoglie di guerra. «Dici che ce li hanno regalati dopo che glieli abbiamo chiesti gentilmente?»

«Sono sicuro che sia solo un trucco di quello stupido figlio di Ermes» affermò Buck, ora indicando Tommy. «Ci stai imbroglian…»

«Falla finita, Buck» sbottò Konnor all’improvviso, ottenendo un’occhiata sbalordita dal fratello. Konnor zoppicò verso la propria spada, per poi recuperarla. La sciabola nera di Bronzo Celeste, con l’elsa ricavata dai resti delle ossa di un dragone, si trasformò in un portachiavi e scomparve nella sua giacca. Tornò a guardare Buck, serio in volto. «Io ne ho ferito uno, è vero, ma non ho fatto altro. Se non fosse stato per loro due sarei morto.»

«Ha ragione» mormorò anche Steph, aiutando Tommy a rimettersi in piedi. «Siamo vivi grazie a loro.»

Thomas pregò di non essere arrossito. Avrebbe voluto dire che lui in realtà non aveva fatto niente di niente, ma non riuscì ad aprire bocca.

«Suvvia, Buck, non prendertela così» disse Edward con un ghigno. «Per vincere la sfida bisogna trovare l’alloro, mica uccidere tutti gli scorpioni da soli. I sacchetti sono ancora qui, come puoi vedere. Ecco…» Ne raccolse uno, per poi lanciarglielo. Allargò il sorrisetto provocatorio. «… prenditeli pure tutti. Tanto non mi interessa vincere…»

Buck ringhiò di rabbia, stringendo con forza la seta. Chirone, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, distese un braccio per appianare il diverbio tra loro, ma non poté fare altro. Una fioca luce arancione illuminò la radura e diversi gemiti si sollevarono tra il gruppo di semidei, perfino Buck si diede una calmata.

Thomas spalancò gli occhi, imitato da Stephanie, Konnor e tanti altri. Rendendosi conto di essere osservato da tutti, Edward sospirò. «Cosa? Che c’è ancora?»

«Sopra di te…» mormorò Thomas, indicando il marchio che era apparso sulla sua testa. Edward sollevò lo sguardo, per poi rimanere a bocca aperta.

«Bene, bene…» commentò Jonathan, sorridendo.

Il simbolo di un’arpa volteggiava nell’aria, sopra la testa di Edward. Era stato finalmente riconosciuto.

Chirone abbassò la testa con fare solenne e gli altri semidei, chi più volente e chi meno, lo imitarono.

«Ave Edward Model, figlio di Apollo» esordì il centauro. «Dio del Sole, della medicina, di tutte le arti, della pestilenza e della scienza.»

   
 
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