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Autore: Febe Thalia    15/12/2018    2 recensioni
In un futuro distopico in cui la ragnatela di legami tra istituzioni e criminalità si fa sempre più torbida, gli EXO sono un’organizzazione di strozzinaggio che si mantiene in equilibrio tra i due poli.
Baekhyun, un giovane aspirante ufficiale assetato di giustizia si getta in una missione disperata per penetrare all’interno del sistema EXO.
chanbaek · kaisoo [Mafia AU]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kai, Kai, Sehun, Sehun
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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People come and people go
세상에 멈춰선 너와 난
무뎌진 감정들에
서서히 익숙해져가


People come and go,
And you and I stay in this world together,
Slowly getting used to
To our faded feelings.


1.


Alla mezzanotte di un mercoledì di dicembre un brusio concitato si era diffuso nei budelli del Prisma, mobilitandone il personale: non era la prima volta che si registravano presenze anomale nei cunicoli dello stabile, certo, ma mai così vicine al nucleo.
Un rapido sopralluogo dell’unità S.K.Y. aveva scongiurato qualsiasi tipo di infiltrazione organizzata, registrando un livello di allarme minimo ma, con il senno di poi, ognuno dei presenti non avrebbe esitato a definire quella sera l’inizio della fine di una pace dissimulatrice che era durata fin troppo a lungo.


____


“Ne mancano due; relativamente pochi questa volta, ma mi venga un colpo se non sono veloci. Ci pensi tu?”

Kim Jongin fece perno sulle ginocchia con i propri palmi anneriti, strofinandoseli poi sulla giacca in pelle, usurata dal tempo ma, per come la vedeva lui, dal delizioso tocco vintage. Annuì pigramente, come di fronte a un’incombenza fuori programma, e Sehun trattenne un sorriso: Jongin faceva la stessa faccia di fronte ad un carico di compiti extra ai tempi del liceo, e constatare quanto le cose fossero cambiate da allora lo faceva sempre pensare.

“Che succede? Non mi sembri molto convinto.”

Jongin piegò il capo di lato, grattandosi distrattamente la mandibola squadrata, dove un’accenno di peluria gli solleticava la pelle.

“è solo…che sono sempre più giovani.” Disse con tono neutro, guardandolo poi con quel suo sguardo assonnato, il risultato delle palpebre involontariamente calanti. Prima che Sehun potesse replicare, era già sparito, addentratosi nella penombra del tunnel, costeggiandone le pareti.

Sehun sospirò, recuperando le poche armi di fortuna dai corpi dei cadaveri disseminati lungo la galleria, poi ripiegò in direzione nord, lasciando a Jongin il game over.


____


Il rimbombare dei passi lungo il reticolato fognario irritava Jongin. Certo, alla soglia dei ventiquattro anni aveva una fedina penale tutt’altro che pulita, ma era sempre rimasto dell’idea che tutto questo non faceva -e non avrebbe mai fatto- di lui una persona crudele.

Il ragazzino poteva avere sedici anni. Come aveva detto poco prima: sempre più giovani, sempre più inesperti. Sembrava più che altro che stessero tastando il territorio, ma per cosa? Gli EXO non erano una associazione a delinquere, bensì un imparziale, scrupoloso sistema di strozzinaggio. Facevano un gioco chiaro e premeditato: al miglior offerente un servizio impeccabile, discreto e disinteressato. Le trattative erano, pur nel contesto opinabile, pulite, e tutti loro, per aver fatto di una simile attività il proprio buisness, lasciavano molto spazio all’etica, limitandosi a sopravvivere dignitosamente piuttosto che arricchirsi a tutti i costi.

Eppure eccomi qui, pensò Jongin umettandosi le labbra, cercando di ovviare agli spasmi disperati della spia o…beh, qualunque cosa fosse quel moccioso; eccomi qui ad ammazzarne un altro.

Lo stridere metallico del grilletto perforò l’aria, un istante prima che una pallottola in mezzo agli occhi mettesse a tacere per sempre il ragazzo. Jongin si voltò di scatto, portandosi una mano al cuore e rivolgendo un'occhiata eloquente a Chanyeol, guardandolo riporre la Glock 19 nella fondina, mentre si avvicinava.

“Cristo Jongin, quanto ancora avevi intenzione di farti supplicare prima di freddarlo?” disse guardandolo col disappunto dipinto sul viso, come se non fosse stato lui quello ad aver appena sparato in fronte ad un ragazzino con una distensione agghiacciante. Aveva la tempia e il collo macchiate di cremisi, chiaramente sangue, chiaramente non suo.

“avrà avuto quanto? Sedici anni?” Domandò Jongin.

“Quattordici.” Chanyeol aveva estratto un portafogli dalla giacca del ragazzo. Sembrava uno di quelli che si trovano nell’uovo di pasqua.

“Chi si porta il portafogli coi documenti in una missione come questa?”

“Uno che sta andando a morire ma non lo sa.” Chanyeol si alzò in piedi, sistemandosi il velcro dei guanti ai polsi. “Non mi piace questa storia. Vai a fare rapporto a Junmyeon. Ho già pensato anche al secondo fuggitivo. Ammucchio i corpi di questi poveracci e arrivo.”

Jongin annuì. Mosse qualche passo nella direzione opposta, poi si voltò nuovamente a guardare Chanyeol; aveva afferrato il corpo del ragazzo per la vita e lo stava trasportando verso il lato più illuminato del tunnel, dove gli spazzini, così li chiamavano, se ne sarebbero sbarazzati.

“Chanyeol…da quanto fai questo…mestiere?” Conosceva Chanyeol da oltre sei anni, ma non aveva mai azzardato più di qualche domanda a proposito; non era difficile ammettere di avere timore di conoscere troppo di lui, perché sapeva ciò che Chanyeol era capace di fare, cosa che lo rendeva il migliore dell’unità.

Chanyeol si pulì le mani sui calzoni, guardandosi intorno con l’espressione di uno che si sta domandando se ha chiuso a chiave la porta e spento tutte le luci prima di andarsene.

“Quale mestiere? Io ci sono nato in questo mondo. Lo sapete già. So cosa stai pensando…E no. Non sono né più bravo né più crudele di tutti voi. Solo più abituato.” Scrollò le spalle e sorrise, quel sorriso sbilenco leggermente orientato verso sinistra. “Andiamo, dai!”

Jongin aveva imparato a fidarsi di Chanyeol. Ne aveva conosciute poche di persone così leali. Ma c’era un lato oscuro in lui, che pesava sui cuori di tutti coloro che facevano parte del sistema EXO. Era qualcosa di impossibile da ignorare e tuttavia impalpabile. Quello che aveva appena ucciso a sangue freddo un ragazzo poco più che bambino, indifeso e terrorizzato, “perché andava fatto”, per esempio, non avrebbe letteralmente fatto male ad una mosca al di fuori del suo lavoro.

Jongin annuì e sorrise al ragazzo quando questi gli gettò un braccio sulle spalle, stiracchiandosi mentre il suo blaterare su quanta fame avesse pervadeva i cunicoli del Prisma.
Sì, si fidava di Chanyeol, perché sapeva di trovarsi nel cono di luce su cui la sua anima livida non incombeva. Ma a tratti aveva paura di lui e per lui. A tratti provava pena per lui, perché era il prodotto più puro che il movimento EXO aveva prodotto e non se ne sarebbe mai liberato del tutto.


____


Baekhyun strinse al petto il programma per un’ultima volta, prima di gettare i fogli nel fiume. Non aveva un bel presentimento riguardo quel piano: era debole, pieno di falle, ma se avessero aspettato ancora, anche l’ultima cellula sana del sistema di giustizia sarebbe stata inghiottita dalla fitta rete di ragnatele che intercorrevano tra istituzioni e criminalità.
Aveva già sprecato abbastanza mesi a cercare di entrare nell’accademia militare e farsi respingere ripetutamente per rifiutare questa occasione.

Certo, era un piano suicida, o così avevano continuato a ripetergli in ufficio, ma nessuno gli aveva effettivamente impedito di prenderne parte, perché tutti sapevano che una missione suicida era esattamente quello che serviva per cercare di rompere l’omertà che impregnava la polizia di Seoul e il sistema di gustizia in generale.

Dunque, eccolo qui, Byun Baekhyun e i suoi diciotto -quasi diciannove- anni di fallimenti accumulati, mentre si calavano dentro uno degli imballaggi che avrebbe dovuto contenere armi e che l’EXO otteneva dall’esercito in cambio di servizi occasionali.
Forse la parte del come introdursi nel Prisma era l’unico punto ben strutturato del piano. Nel momento in cui Baekhyun fosse penetrato nel complesso, la sua permanenza al suo interno sarebbe dipesa dalla sua capacità di improvvisazione. Doveva in qualche modo cercare di conquistarsi la fiducia dell’EXO, cosa resa difficile soprattutto dal fatto che l’organizzazione non aveva legami di fedeltà piramidali o, almeno, se li aveva non erano stati resi noti. Tutto questo li rendeva imparziali e insondabili, motivo per cui Baekhyun non sapeva bene su cosa fare perno per poter quantomeno guadagnare tempo. Per questo aveva suggerito di farsi legare e imbavagliare prima entrare nell’imballaggio, in modo da dare l’impressione di essere inoffensivo e confondere inizialmente chiunque lo avesse accolto.

Delle manette sarebbero risultate troppo temerarie, avevano quindi optato per delle corde non eccessivamente strette, in modo da potersi liberare facilmente all’occorrenza, e dello scotch sulla bocca.
Ma la strada era lunga e le corde tiravano, la scatola era stretta e lo spazio angusto. Ogni minuto sembrava lungo un’ora e Baekhyun iniziò ben presto a dubitare di qualsiasi scelta fatta nel propria vita, compresa l’ultima.

Mi uccideranno, mi uccideranno, mi uccideranno…

Capì immediatamente di essere dentro il complesso nel momento in cui il furgone fece una breve sosta, per poi venire inghiottito dal silenzio. Le narici del ragazzo iniziarono quasi subito a pizzicare al sentore pungente di fogna.
Quando dopo un tempo interminabile l’imballaggio fu aperto con uno strattone e Baekhyun si trovò una pistola puntata in fronte per poco non bagnò i pantaloni, e forse comprese un pochino perché non era mai riuscito a entrare all’accademia.
Rannicchiato su se stesso, strizzò le palpebre per via della luce improvvisa, cercando poi di mettere a fuoco ciò che lo circondava. Chi lo teneva sotto tiro era un ragazzo, all’incirca della sua età. Capelli neri, espressione seria ma per nulla sorpresa.

“Pensavi che lasciassimo entrare qualsiasi cosa senza controllare? Chiunque ti abbia messo qui dentro non è molto originale…” disse con tono piatto, strappando lo scotch dalle labbra del ragazzo, che incespicò con una smorfia di dolore.

“Jongin, ho trovato un infiltrato. Junmyeon ha ragione quando dice che ultimamente siamo sotto i riflettori…”

A questo punto Baekhyun riusciva chiaramente a vedere due figure stagliarsi sopra di lui. Cercò di pensare velocemente a qualcosa di opportuno da dire, ma di certo non si aspettava di essere scoperto con una facilità a dir poco umiliante. Aprì la bocca per parlare, ma il ragazzo con la pistola gli fece segno di tacere.

“Risparmiaci le tue storie, non sei il primo che prova a penetrare nel Prisma. Pensi che saremmo ancora qui se fossimo così stupidi? Facciamo che ci dici chi ti manda, così evitiamo di spararti in faccia.”

Baekhyun deglutì. Non era mai stato un tipo codardo, ma oltre all’essere colto di sorpresa, c’era qualcosa nell’annoiata indifferenza con cui lo trattavano che lo fece sprofondare in uno sconforto senza fine.

“Io…sentite, sapete cosa? Ma sì, ammazzatemi pure. Forse è meglio così.” Baekhyun fece spallucce, e forse credeva davvero in ciò che stava dicendo. “è vero, è una messinscena. La verità? Volevo semplicemente entrare a far parte dell’EXO. Non credetemi, se volete. Questa era la mia ultima possibilità e se non posso averla, tanto vale morire.”

Il ragazzo armato alzò un sopracciglio, poi si rivolse all’altro: “Jongin, dici che dobbiamo torturarlo?”

“Non guardare me, io non lo faccio, non ho lo stomaco.”

“Hai lo stomaco per mangiarti del pollo avariato purché sia pollo, e non di far cantare questo qui?”

“Te l’ho detto, è Chanyeol a fare queste cose.”

“Quando la smetterai di addossare il lavoro sporco a Chanyeol?”

“Perché non lo fai tu, allora?”

“Per qualche motivo non faccio lo stesso effetto che fa Chanyeol, sai… Ricordi quel tipo della settimana scorsa? Ho dovuto tagliargli tre dita; a Chanyeol basta guardarli negli occhi e si pisciano addosso!”

“Vedremo. Per ora portiamolo alle celle…”

Il più alto dei due sbuffò e afferrò Baekhyun per la giacca, e quest’ultimo non oppose alcuna resistenza. Sentiva le gambe intorpidite e le dita gelide, i sensi come ovattati da una sensazione di sollievo misto a trepidazione: se non altro era ancora vivo.

____


Sehun si assicurò le chiavi delle segrete alla cintura e si diresse verso l’ascensore, dove Jongin lo raggiunse pochi minuti più tardi. Aveva in mano una mela di un verde brillante, mangiata per metà.

“Quanto manca alla riunione?”

“Abbiamo mezz’ora. Andiamo a recuperare Chanyeol?”

“Chanyeol è fuori città...”

“ahi…e ora chi ci pensa al ragazzetto?”

Sehun rise.

“Dici che se l’è bevuta la storia delle dita tagliate?”

“Lo scopriremo presto…Ma secondo il mio personale parere l’interpretazione è stata ottima.”

Jongin premette il bottone per chiamare l’ascensore. Insieme, scesero al livello più basso del complesso, dove quella mattina avevano confinato il ragazzo infiltrato, in attesa di disposizioni. Junmyeon era stato piuttosto riflessivo sul da farsi. Tutto il movimento anomalo dell’ultima settimana lo aveva preoccupato abbastanza da disporre un interrogatorio, invece che passare direttamente a giustiziare il ragazzo.
A questo punto, aveva detto, qualsiasi informazione estorta ci potrà essere utile per tracciare un quadro di quello che sta succedendo, veritiera o falsa che sia. Aveva quindi istituito un nuovo protocollo di prigionia per coloro che venivano catturati al limitare del Prisma o, peggio, al suo interno senza essere schedati.
Questo dava non poche grane a Jongin; il pattugliamento, infatti, ricadeva sull’unità S.K.Y, e lui trovava molto noioso qualsiasi compito non includesse almeno un po’ d’azione, specialmente senza la guida di Chanyeol, che sarebbe rimasto fuori città per un altro paio di giorni.

____


Baekhyun aveva passato l’ultima mezz’ora a tastare le pareti della cella. Erano completamente bianche e lisce, senza neppure l’ombra di una concavità, nulla. Gli avevano già sequestrato ogni singola arma, e temeva che un controllo più approfondito potesse rivelare anche le cimici che aveva addosso, per questo gli serviva un posto dove nasconderle in attesa di risvolti.
Da una parte sperava che lo perquisissero in cerca di dispositivi di spionaggio, perché il contrario avrebbe significato che tutti là dentro sapevano già che non sarebbe uscito vivo, e dunque non avevano bisogno di preoccuparsi che li spiasse. Di contro, le cimici erano l’unica cosa che poteva documentare ciò che vedeva e sentiva, e che dava respiro alla missione; il suo unico legame con l’esterno.

Baekhyun premette i palmi contro la porta della stanza, frustrato, per poi affacciarsi alla finestrella sbarrata che dava sul corridoio e sulle altre celle, vuote.
Fu allora che udì i passi avvicinarsi. Sentendosi estremamente goffo, decise di infilare le due cimici in bocca, tenendole sotto la lingua, incapace di pensare ad un’alternativa migliore.
Ad aprire la cella fu lo stesso ragazzo che lo aveva trovato quella mattina, seguito a ruota dal suo collega dall’espressione perennemente assonnata. A quel punto Baekhyun iniziava a pensare che fossero le uniche persone là dentro.
Avevano un’aria molto meno minacciosa di qualche ora prima, probabilmente dovuta agli indumenti che indossavano adesso: sembravano ragazzi qualunque nei loro jeans smessi e pullover infeltriti e, soprattutto, non portavano armi addosso questa volta.

Il ragazzo con i capelli neri, Sehun, come lo aveva chiamato più volte l’altro, lo afferrò per il braccio e con poche cerimonie lo trascinò fuori dalla stanzetta angusta. Baekhyun strizzò gli occhi: incredibile quanto bianco ci fosse in quel luogo, per essere il covo sotterraneo di un’organizzazione di sicari. Il corridoio era lungo a perdita d’occhio, dall’aspetto ordinato e asettico. Sembrava più un ospedale. Le pareti erano candide, le celle si susseguivano ordinate e minimali; ogni cosa era uguale a se stessa e si ripeteva per metri e metri. Per questo, l’unico particolare divergente catturò l’attenzione di Baekhyun all’istante, quando vi passò accanto.
Lungo il corridoio, ad un’altezza imprecisata tra le numerose celle, c’era un cumulo di coperte -una cuccia- con sopra un grosso, vecchio golden-retriever dall’aria pigra, probabilmente messo lì per fare la guardia. Baekhyun colse l’occasione senza pensarci una seconda volta: finse di inciampare, accovacciandosi a peso morto e approfittandone per sputare le cimici che aveva in bocca nella cuccia del cane, che lo guardò con i grandi occhi acquosi

Ci fu un silenzioso e lunghissimo istante in cui, per qualche ragione, Baekhyun pensò che il cane lo avrebbe tradito, alzandosi, abbaiando, ma non accadde. Sehun gli strattonò il braccio per farlo raddrizzare.

“Muoviti, il grande capo ti aspetta.” Esclamò infastidito, ma con una venatura vagamente ironica nella voce. Baekhyun spostò lo sguardo da uno all’altro dei suoi carcerieri, trattenendo un sorriso, fiero dello stratagemma appena messo in alto.

“Il grande capo sarebbe questo Chanyeol?” domandò fin troppo vivacemente, sentendo l’eccitazione crescere, mentre affrettava il passo per allontanarsi il più velocemente possibile dal cane da guardia.

Sehun guardò l’altro ragazzo, Jongin gli pareva di ricordare fosse il suo nome, e poi entrambi scoppiarono a ridere. Baekhyun non capì, ma nessuna spiegazione gli fu data. Così rimase in silenzio, seguendo i due nell’ascensore che conduceva ai piani più alti del Prisma.

 

 

 

- Febe

 

 

   
 
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