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Autore: TornInTwo    15/12/2018    0 recensioni
Durante lo scontro tra Deckard Shaw, che ha unito le forze con Mose Jakande, e il ‘Signor Nessuno’ insieme a Dom e Brian, di morti ce ne sono state a bizzeffe.
Ma solo una di esse, ha spinto Frank Petty -aka il Signor Nessuno- a uscire allo scoperto nel bel mezzo dello scontro.
Mentre faceva fuori gli uomini di Jakande, quella scena si ripeteva a rallentatore nella sua testa, come un disco rotto.
Un passo.
Un fucile che si alza.
Un proiettile fende l’aria, così come tanti altri in quell’istante.
Tutto è ovattato.
L’uomo cade a terra, senza nemmeno vedere chi l’ha colpito.
Rimane fermo. Non si muove.
Sembra che non respiri.
Ma se respirasse ancora?
-
Tutto ciò è frutto della mia mente, mentre riguardavo per la millesima volta Fast & Furious 7, un film che mi è rimasto dentro, per motivi che non starò qui ad elencare.
Mi è sempre piaciuto stravolgere le trame dei film a mio piacimento nella mia testa, e per questa volta, ho deciso di trasferire il tutto in parole vere e concrete.
Spero vi piaccia
Genere: Azione, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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«On the ground I lay motionless in pain,
I can see my life flashing before my eyes.
Did I fall asleep? Is this all a dream?
Wake me up.»

(«Sono steso a terra immobile nella sofferenza,
posso vedere la mia vita passarmi davanti agli occhi in un lampo.
Mi sono addormentato? È tutto un sogno?
Svegliami.»)
 

~Time Of Dying; Three Days Grace.
 
 
 
Era passata a mangiarsi le pellicine delle dita per l’ansia, visto che ormai le unghie erano praticamente inesistenti.
Guardava fuori, aspettava che quelle auto nere facessero la loro comparsa.
Il sole faceva capolino tra le nuvole basse: erano quasi le sei del mattino.
Non voleva perdere le speranze, ma ogni minuto che passava stringeva ancor di più il nodo allo stomaco che aveva dalla sera precedente...
 
Era rimasta come al suo solito in disparte, osservando tutto quello che accadeva come se fosse una spettatrice.
Allora cosa ti ha spinto a fare questo lavoro, Harper?
La solita vocina interiore si faceva viva anche nei momenti più inopportuni.. e quello lo era eccome, un momento inopportuno.
Osservava dall’angolo tutti quei soldati che si preparavano ad attaccare un nemico forse più grande di loro, o forse era insignificante.
Insignificante… quella parola era spesso nella sua mente.
Si autodefiniva spesso così; nonostante facesse parte delle Forze Speciali Segrete, la sua autostima rimaneva sempre sotto la media.
Mentre i suoi soliti pensieri invadevano la sua mente, il suo sguardo perso e il corpo immobile avevano attirato l’attenzione di uno dei soldati, almeno una ventina di metri più avanti.
Un paio d’occhi azzurri, prima concentrati a preparare un fucile, erano ora fissi sul corpo esile ma immobile di quella ragazza che lo aveva colpito sin dalla prima volta che l’aveva vista spuntare tra le reclute, in una corazza di timidezza e indifferenza.
Benjamin* si guardò intorno, e dopo aver constatato che non c’erano occhi che l’avrebbero visto, lasciò l’arma lì vicino, coprendo in poche falcate i metri che li separavano.
Non attese altro tempo, che già correva: la abbracciò.
La sentì sussultare, ma quasi non ci fece caso. Le coprì le spalle con le braccia, chiudendo gli occhi.
Ogni volta, temeva il peggio. Ogni abbraccio, poteva essere l’ultimo.
Harper invece, sentiva gli occhi inumidirsi e la sua visuale diventare sfocata. Da quanto non piangeva? Da tanto, forse troppo tempo, ma era sempre così.
Cercò di respirare piano, mentre lentamente sentiva l’abbraccio sciogliersi.
E si perse in quegli occhi azzurri.
Benjamin* si avvicinò al suo viso, dandole un leggero bacio sulla guancia, esattamente sotto l’occhio sinistro.
Quanti baci dati di nascosto, carezze fugaci, abbracci notturni..
Harper aveva i brividi. Si alzò nelle punte degli stivali, facendo congiungere le loro labbra.
Benjamin* non aveva bisogno di parole per capire cosa significasse quel bacio così delicato ma allo stesso tempo pieno di passione: “torna”.
Si separarono, ma prima di voltarsi, Benjamin* pronunciò una semplice frase:
«Tornerò.»
 
Un rumore in lontananza la destò dai suoi ricordi.
Un elicottero si avvicinava alla base.
Lo osservò con una certa insistenza: scese fino al suolo. Scese soltanto Frank Petty.
Era ferito, lo capì dalla camicia bagnata dal sangue. Aspettò di vedere l’unica persona che avesse mai amato. Ma non c’era.
Sentì qualcosa spezzarsi, all’altezza del cuore.
Lacrime salate rigavano il suo viso.
Cadde a terra, in ginocchio. Si coprì la bocca, non doveva fare rumore.
 
Non sapeva quanto tempo aveva passato così, non si accorse nemmeno che cadde in un sonno buio, mentre dall’altra parte di quell’edificio era in corso una riunione.
La missione era fallita, forse tutti i soldati che si trovavano lì erano morti.
Petty discuteva insieme ad alcuni dei suoi sottoposti.
Stava per girarsi, per chiedere al suo fidato Sheppard se poteva procurargli una birra Belga. Ma si bloccò giusto in tempo, ricordandosi, per l’ennesima volta quella scena.
L’aveva visto cadere a terra. Non aveva nemmeno fatto in tempo a controllarlo, insieme a tutti gli altri soldati che erano con lui.
Ormai, Shaw se ne era già andato, da quel posto.
Avrebbe dovuto avvisare una soldata, perché ai suoi occhi non sfuggiva mai nulla.
Se ne era accorto, che qualcosa era scattato tra la sua spalla destra, e la soldata Harper Wallen.
 
Velocizzò quella riunione, e appena finì andò a cercare quella ragazza.
Girò un po’ per l’edificio. La trovò, raggomitolata sotto una vetrata che dava sulla pista d’atterraggio degli elicotteri. La stessa in cui era atterrato qualche ora fa.
Capì che aveva visto tutto.
Si abbassò, sedendosi a fianco a lei. La svegliò.
La ragazza sussultò, irrigidendosi, e si accorse delle guance umide e degli occhi rossi e stanchi.
«Stai bene?» decise di chiederle, attirando l’attenzione completa della ragazza.
Harper annuì velocemente.
In quel momento, Petty ebbe un idea.
«Alzati, sistemati e vieni con me. Andiamo a recuperare il tuo ragazzo.» e si alzò.
 
Harper in quel momento, sentiva di andare a fuoco, mentre il cuore iniziò a battere un po’ più velocemente, per l’imbarazzo e anche per la vergogna.
Erano soldati, non adolescenti al liceo.
«Come… come fa a saperlo?»
«Wallen, io so tutto. Allora, vuoi venire o no?»
Uno strano calore invase il suo petto. Sentiva che le era avanzata della speranza, dentro di lei.
Balzò in piedi, sistemandosi come meglio poteva la divisa militare e annuendo decisa.
«Si, signore.»
 
La fabbrica abbandonata aveva sempre lo stesso aspetto, rovinata e arrugginita dal passare del tempo.
Entrando, Harper tossì un paio di volte: c’era del fumo, e delle parti di quell’enorme stanza bruciavano, avvolti dalle fiamme.
Abbassando lo sguardo, notò vari corpi a terra, iniziando a controllarli; anche Petty, insieme a una squadra, faceva lo stesso.
 
Sbuffò: quello doveva essere il decimo corpo che controllava, che si rivelava esser senza vita.
Ma ancora non aveva trovato quello di Benjamin*.
Dove sei? continuava a chiedersi.
Petty, qualche metro più in là, attirò la sua attenzione, indicandole un preciso punto.
Annuì e si diresse dove indicando, trovandolo.
Era sdraiato quasi del tutto sul fianco destro, la gamba sinistra accavallata su quella destra, il braccio sinistro in parte sotto il fianco, con la mano che ancora teneva il fucile, e il braccio destro disteso.
Sembrava quasi una posizione naturale: bastava togliere l’arma, la divisa, e tutto sembrava normale.
Ma quella non era la realtà, e doveva accettarlo.
Si avvicinò cautamente, distendendolo lentamente sulla schiena, togliendogli il casco e allargando sotto al collo la divisa,
Poggiò l’indice e il medio sopra la vena del collo come aveva imparato dall’addestramento, avvicinando poi l’orecchio per sentire se respirava ancora.
In quello stesso istante, lei stessa sentiva di aver ripreso a respirare normalmente: era vivo.
Aveva ancora una minima speranza, e voleva fare di tutto per non farla estinguere.
 
Petty osservò la scena da una certa distanza.
Il sospiro di sollievo che fece la soldata, gli fece capire chiaramente che Sheppard era ancora vivo.
 

 
Si sentiva intorpidito.
Uno strano silenzio assordante lo circondava, interrotto soltanto da dei bip continui.
Mosse, anche se di poco, le gambe.
Sono ancora tutto intero?
Dove sono?
Cosa è successo?
Erano queste le domande che si stava facendo.
Avvertì un forte mal di testa che gli colpiva le tempie: era ancora vivo, quindi.
Cercò di muovere le braccia: quello sinistro si muoveva senza alcun problema, mentre in quello destro avvertiva una certa pressione, anche se leggera.
Aprì gli occhi, guardandosi intorno.
Era in uno dei lettini che si trovavano alla base, ne era sicuro. Voltandosi verso destra, ciò che vide gli fece sciogliere il cuore.
Harper era lì, con la testa appoggiata in una parte del lettino libera, e la mano sinistra, esile rispetto alla sua, appoggiata nella sua mano destra.
Sorrise.
Alla fine, aveva mantenuto la sua promessa, anche se avrebbe preferito tornare alla base senza una pallottola nel corpo.
Cercò di alzarsi, ma una mano lo costrinse a tornare sdraiato.
«Non ti conviene.»
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
«Buonasera anche a te, Sheppard. Dormito bene?»
«Più o meno..»
Seguì uno strano silenzio, e nel mentre Petty prese una sedia, sedendosi accanto al suo sottoposto, incrociando le braccia al petto.
«Ti è stata accanto tutto il tempo, sai? Non si è allontanata nemmeno per bere.»
«Immagino…» rispose, lasciando la frase in sospeso. Spostò la mano destra, per accarezzare il viso della ragazza.
 
Aveva percepito uno strano brivido percorrergli la schiena, costringendolo a rimanere rigido e immobile.
La prima fila delle nuove reclute era sempre interessante da controllare, ma quella volta c’era qualcosa di diverso.
Era lei, quella diversa.
Portava una targa, sul petto, in cui era inciso il nome di chi la indossava: Harper Wallen.
Non aveva mai visto degli occhi come quelli. Anche il portamento, il carattere.. ogni cosa.
Era come se quello scudo che negli anni lo aveva protetto, crollasse in attimo.
Bastava la sua presenza, per far sì che accadesse.
 
«Si sta svegliando.»
Tornò nella realtà dal mondo dei ricordi, voltandosi per vedere l’uomo per cui lavorava allontanarsi, facendogli l’occhiolino prima di lasciare quella stanza.
Bastò quell’azione per fargli capire che sapeva tutto: sapeva della sua relazione segreta con Harper, e sapeva che si era follemente innamorato.
 
Harper aprì gli occhi, rendendosi conto che si era addormentata.
Scattò seduta, notando solo poi di due occhi azzurri che la osservavano, con una certa nota di felicità dentro di essi.
Istintivamente gli gettò le braccia al collo, sentendo qualche lacrima di gioia solcargli il viso.
Benjamin* sorrise, abbracciandola e inspirando il profumo della ragazza. Le era mancata maledettamente.
 
Non persero tempo, e fecero congiungere, finalmente, le loro labbra, in un bacio delicato ma pieno di significato e frasi non dette.

 
 
 
«Forever, and ever, the scars will remain.»
(«Per sempre, e sempre, le ferite rimarranno»)

 
~Give Me A Sign; Breaking Benjamin.





Benjamin*: nome inventato. In Fast & Furious 7 non appare/dicono il suo nome, per cui, per comodità, io ho scelto un nome per lui.
 
   
 
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