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Autore: Lila May    16/12/2018    1 recensioni
|VictorianAge!| |RosalyaxLeigh, LysanderxRosalya, LysanderxDolcetta, CastielxDebrah|
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Regno Unito, 1881.
Durante gli ultimi respiri della Victorian Age, il giovane Lysander Ainsworth, orfano e fratello minore di un ricco produttore di tessuti, sente il bisogno di liberarsi per sempre dall'oppressione di una società che non sembra averlo mai voluto accettare. Il suo sogno è quello di andare in America, dove la realtà sui giornali appare molto più diversa dalla miseria e le ingiustizie con cui convive da quando è nato. Tuttavia, un incidente invertirà la rotta del suo destino, incatenandolo ad una condizione che dovrà accettare per il bene comune; sarà solamente l'incontro con una ragazza, Alice, una come lui, a decidere quale sorte gli toccherà subire, per porre fine al grande supplizio che non smette di torturarlo da anni.

Storia terminata.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Leigh, Lysandro, Rosalya
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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xii.
 

Ti ho vista.
 
Hai il sole, negli occhi.
Raggi di luna
piovono, sui tuoi capelli selvaggi.
Sei la natura
in cui cerco rifugio
quando
il mondo diventa
un indugio.
 
Alice accarezzò la pagina del taccuino di Lysander, gli occhi color dell'ambra attraversati da un delicato bagliore orgoglioso. Quella poesia aveva dello splendido. C'era una nota musicale in ogni dolce parola, in ogni accordo pensato con cura all'ombra dell'immensa quercia che solo qualche giorno prima li aveva protetti dal mondo intero. Sembrava quasi lo specchio della pace. Emanava freschezza, e carezzò con tocco delicato le righe fitte di inchiostro, felice di aver dedicato innumerevoli notti alla lettura solo per poter scoprire il lato più intimo del suo uomo. Le sue poesie. Il suo ego evasivo e libero, che tanto la faceva impazzire. Si voltò per guardarlo. Erano di nuovo su quel prato, sotto la loro amica quercia. Lysander stava fissando l'orizzonte in lontananza, e sorrideva, esalando piccole nuvolette di freddo dalle narici appena dilatate. -a cosa pensi?- gli chiese lei, e chiuse il taccuino senza togliere l'indice dalla poesia appena letta.
-A mio fratello.
Gli tolse la tuba dalla testa e se la rigirò tra le mani, curiosa. Era calda della sua testa, e un capello bianco stava attaccato sul fondo foderato di seta blu. -Come... come sta?
-Male.
-Lys... non poteva affidare il mondo a mani migliori.
-Ieri gli ho promesso che non lo avrei deluso. Che avrei reso tutti felici, così sarebbe stato felice anche lui. Sai...- Lysander si guardò le mani attonito, quasi le sue stesse dita gli avessero rivelato di possedere chissà che magico potere persuasivo. -vedere mio fratello piangere per la prima volta mi ha toccato. Non potrei mai perdonarmi un fallimento. Non adesso.- guardò la sua donna dritta negli occhi, si specchiò all'interno di quelle iridi intrise delle tonalità del tramonto lontano. -mi impegnerò per la mia famiglia.- poi le prese le mani, e gliele baciò chiudendo piano le palpebre pesanti. -mi impegnerò per te. E sarà tutto più bello.
-Non hai mai smesso di farlo, Lys. Hai già reso bella ogni cosa.
-Non voglio smettere.- si baciarono sulle labbra, e lei gli saltò addosso abbracciandolo con forza innata tra le braccia coperte di piccoli brividi. Rimasero stretti così per un tempo che parve infinito ad entrambi, petto contro petto, cuore contro cuore mentre i respiri si allacciavano a formarne uno solo. Unico, indispensabile.
Non avevano bisogno di nient'altro per stare bene.
Poi Alice spinse le labbra sull'orecchio sinistro del ragazzo, e liberò una risatina al sapore di dolcezza mentre lo teneva appoggiato con affetto ai seni. -Ho letto la tua poesia.
Lysander sollevò la testa con uno scatto sorpreso, spalancando la bocca. -Hai imparato a leggere? Quando?
-La notte.
-Ti hanno aiutata?
-Mi ha aiutato ricordarmi la tua voce che mi leggeva il primo paragrafo della Austen.
-Allora sei stata un po' attenta.
-Quel tanto che bastava.
Alice aprì il taccuino sulla pagina dedicata a lei, felicissima. La poesia tornò a brillare sotto il suo sorriso, inondandole il volto d'oro. -E' stupenda.
-Sei tu.
Lo aveva immaginato, ma sentirselo dire con tanta naturalezza le mandò il cuore in febbricitante euforia. -quando mi insegnerai a scrivere ricambierò il favore.
-Non è una cortesia, è un dono che ti faccio. Anzi.- Lysander le prese gentilmente il quaderno dalle mani, poi lo aprì e strappò la pagina su cui aveva scritto la poesia per Alice. Gliela consegnò, e lei lo tirò dalla cravatta per ringraziarlo a furia di baci. Lo fece ridere. -Sono geloso delle mie composizioni, ma questa posso dartela. Così la leggerai quando accanto a te ci sarà l'altro uomo. Lo farà sparire.
-E' una promessa?
-Una specie.
Alice piegò con cura il foglietto, piena d'amore. -Vuoi fare il poeta, per caso?
-Purtroppo non in questa vita. Magari nella prossima- Lysander le prese il viso tra le mani e la guardò come un padre guarda la sua bambina, e il tramonto gli riempì le iridi, facendo risplendere l'occhio dai riflessi mielati. Alice non resistette alla tentazione di toccarlo tra i capelli. Era suo, anche sotto i raggi deboli di quel sole, anche in mezzo a quelle tombe che un giorno li avrebbero separati.
-Dove io sarò un poeta, tu una narratrice, e ci faremo tutta l'America in macchina.
Rise e lo baciò. -Andrò in giro in pantaloni lunghi, e mi farò chiamare da tutti Miss Ainsworth.
-Un onore per me.
Avvicinarono le bocche, ascoltando ognuno il respiro dell'altra. Se quelle erano le prospettive, allora che li uccidessero pure.
Non tutti gli eterni sono eternamente morti.

 


Aveva appena accompagnato Alice a casa, e già gli mancava alla follia.
 
Guardò il taccuino lasciato sul posto del passeggero, pesante di troppe poesie, e gli parve quasi di poter vedere ancora i suoi occhi gialli scrutarlo curiosi, i suoi capelli scossi dal vento freddo. Alice. Appoggiata allo sportello mentre faceva pratica di lettura a voce alta, le labbra strette e tutta l'aria di non volersi arrendere per nessun motivo. Pensò che un giorno le avrebbe dedicato un libro. Forse anche un secondo, gli argomenti delicati, si sa, vanno trattati con cura e qualche pagina in aggiunta. Come partorì l'idea sorrise, e le spalle gli si sciolsero contro il sedile cigolante.
L'avrebbe chiamato "La strada per la felicità ha gli occhi del colore dei limoni". Perché così era stato per lui, e tutti meritavano di trovare la pace. Castiel, Debrah, Rosalya.
Leigh, che sperava di rivedere anche quel giorno, perché ancora non era pronto a dirgli addio. Non c'era più sicurezza su nulla, nemmeno il più infimo dettaglio della sua vita. Ma non importava.
Bisogna essere forti, per andare avanti. Altrimenti, tanto vale rimanere indietro.
E lui era stanco, di rimanere indietro. Aveva la felicità, e non avrebbe sprecato un secondo di più. Né in questa vita, né nella prossima. All'improvviso, la voglia di fumare lo colse alla gola come una tentazione troppo grande. Accostò un attimo, scese e si accese una sigaretta. Avrebbe potuto consumare nicotina dentro l'auto, ma Leigh detestava il puzzo del fumo. E Lys teneva tantissimo, alle cose del fratello, per permettersi di fargli una cosa così stupida alle spalle. La macchina rimaneva sua. In quanto tale, l'avrebbe trattata col massimo rispetto che meritava. Si portò alla bocca la sigaretta, e posò le spalle contro i mattoni di un edificio abbadonato, rilassato.
Una voluta di fumo gli sfuggì dai denti, dal naso. Si immaginò Alice, il tatuaggio che le aveva preso forma sulle spalle, i suoi occhi bellissimi che lo avrebbero riempito per tutta la vita. Ma quando la nube si librò verso il cielo buio, un gruppo di uomini attraversò la strada deserta in sua direzione.
Aggrottò i fini sopraccigli bianchi e si scrutò intorno, aspettandosi qualcuno dietro di sé. Qualche puttana, qualche spacciatore abusivo senza una casa. Ma c'era solo lui, lui e la sua ombra magra che si stagliava allungata verso un vicolo buio circondato da un recinto di ferro. Si chiese che ci facessero dei signori vestiti così per bene in un quartiere dimenticato come quello. Non era da uomini di classe girovagare in frac e scarpe lucide in mezzo al vuoto. Quando si accorse di chi si trattava si mantenne sulla difensiva.
Gli aggressori di Alice. Perfetto, che visita curiosa all'ora ottava di sera. Ridusse la sigaretta al suo filtro, e la gettò con nonchalance sull'asfalto. Poi la schiacciò con la punta della scarpa, calmo da urtare i nervi persino ai gatti. I tizi lo raggiunsero, e il più grosso di loro sfoderò il bastone con cui si era solito appoggiarsi per camminare con più raffinatezza. -Vi ricordate di noi, vero signorotto?
Lysander gli vomitò il fumo in faccia in risposta, facendolo tossire. -Non salutate nemmeno, vossignoria? Partite subito in quarta, non so... sono un po' scombussolato.
Gli uomini si guardarono e trattennero qualche risatina di scherno, senza salutare.
Alché Lysander condivise con loro l'entusiasmo, e li fece subito smettere. Non aveva voglia di scherzare. Tantomeno di perdere tempo. Doveva andare da Leigh. -Che c'è? Volevo ridere anche io. Dai, coinvolgetemi un po'.
-Siamo venuti qui per porvi una questione.
-Delle domande, interessante.- si accese un'altra sigaretta, perché capì che la notte sarebbe stata piuttosto lunga. Per fortuna aveva accompagnato già Alice a casa. Non le sarebbe piaciuto essere lì, in quel momento. -Riguardo a cosa? O a chi, sarebbe più opportuno dire.
-Vorremmo semplicemente scambiare qualche chiacchiera con vostro fratello riguardo le denunce... e i giorni in carcere. Voi immagino lo sappiate, essendo un Ainsworth; non è bello farsi sfigurare dai potenti. La società giudica troppo, di questi tempi.
-Mmm.- Lysander si spostò la sigaretta sull'altro lato della bocca. -capisco. Mio fratello non è disponibile, al momento. Ma potete parlare con me, vossignoria, e io riferirò.
-Ci serve il capo dell'azienda.
-Ce lo avete di fronte, allora.
Gli aggressori di Alice questa volta scoppiarono a ridere in un modo che a Lysander non piaque per nulla. Si tolse la sigaretta dalla bocca e la puntò contro l'uomo che gli stava davanti da già troppo tempo. -sentite, ho da fare. Sbrigatevi a parlare, o sarò ben felice di andarmene, perché, sapete, essendo un Ainsworth, non ho una vita da sprecare bevendo- e annusò sprezzante l'aria che spirava tra i loro visi, che sapeva della stessa roba con cui Castiel si era ubriacato la notte dell'incidente con Debrah. -girovagando a zonzo per strade abbandonate a cercare un bel naso di signorina da spaccare. Prima di stuprarla, ovviamente. Non sia mai che...
Come osò provocarli, l'uomo gli tirò un portentoso calcio nel bassoventre, che gli fece saltare la frangia sulla fronte imperlata di sudore. Lysander gemette e si afferrò in mezzo ai pantaloni, mentre fitte di allucinante dolore gli attraversavano il cervello lanciando messaggi di urgenza ad ogni singolo reattore nervoso. Li guardò in cagnesco, quando si sentì afferrare per il collo e mettere brutalmente in ginocchio. Non si mosse, paralizzato da quelle bestie che ora parvero sfigurare ancora di più nei loro vestiti da gentlemen. -Ecco cosa vorrei da voi, signor Ainsworth. Ritirate le denunce, dateci per innocenti. E né voi né la ragazza si faranno del male.
Alice fu trascinata nel bel mezzo della conversazione, e gli occhi di Lysander divamparono come fuoco. Provò a liberarsi da quegli idioti, che però aumentarono la presa sulle spalle e il collo. Uno lo acciuffò anche per i capelli. Glieli tirò così forte da farlo urlare, ma non abbastanza da distrarlo o metterlo fuori guardia. Parlò, e quando lo fece la voce uscì ruggente dalla gola esposta al freddo. Non voleva arrivare alle mani. Aveva sempre preferito il dialogo alla violenza, ma quella era un'imboscata, un ricatto. Quattro contro uno. Rischiava di finire davvero male, se non si imponeva rimarcando sul cognome che possedeva. -Non toccate la ragazza, o sarete voi, quelli a finire male, qui, e adesso!! Sono stato CHIARO?!
-Chiarissimo, amico. Chiaro come il buio che ti aspetta, se non ci assecondi subito. Alzate sto cane, voi due.
I due uomini lo sollevarono senza dargli modo di liberarsi, e lo spinsero di cattiveria all'interno del recinto di ferro, sorvegliando ovunque.
Poi il più grosso chiuse il cancello, che sbatté su sé stesso prima di riaprirsi piano. Lysander lo guardò pieno di rabbia, il petto gonfio di un odio che non aveva mai provato in vita sua, per nessuno. -Lasciatemi, merda! LASCIATEMI!
Venne lasciato, ma solo perché lo ordinò il capo. Si rassettò la giacca e li trucidò con lo sguardo, ma dentro aveva paura.
Paura, per le minacce fatte ad Alice, di non riuscire a fermarli.
Paura per sé stesso. Perché non era più come in campagna, lui non aveva più sette anni. E soprattutto, non c'era più Leigh a difenderlo armato di bastone.
Gli afferrarono bruscamente il mento, e una zaffata al sapore di alcool e intestino gli arrivò dritta nel naso. Socchiuse gli occhi di schifo. -Te lo ripeto, bellino. Ritira le denunce, solo tu puoi farlo, sei un maledetto fottuto cazzo di Ainsworth. Perché se noi non possiamo campare, non camperai neppure tu. Intesi?
-Non lo farò mai. Quella ragazza merita vendetta, fatelo ancora e finirete in casini ben più grandi di voi.
-Ma quale vendetta si merita, sta così bene attaccata al vostro cazzo, signor Ainsworth, eh? Se si venisse a sapere, sarebbe piuttosto imbarazzante per la vostra famiglia.
-Voi siete imbarazzanti, cazzo!
La testata arrivò, ma andò paurosamente a vuoto, perché Lysander finalmente si decise a reagire. Schivò la craniata con uno scatto del collo e ricambiò con un bel calcio dritto nello stomaco. L'uomo cadde all'indietro, tossendo fuori tutta la merda con cui si era ubriacato. E magari fosse finita lì. Gli altri due gli vennero addosso gridando, ma Lys era sveglio e riuscì a sistemarne uno colpendolo con una gomitata nell'occhio destro. Mancò però di centrare l'iride dell'altro, che gli tirò un doloroso pugno dritto al viso. Riconobbe il gesto non appena sangue caldo prese a scivolargli copioso dalle narici fino alle labbra. Era stato lui. Lui a colpirla. Bastardo. -Ti è piaciuto il ricordino?
Gli si avventò addosso urlando, ma ricevette un altro pugno di ammonimento a non rifarlo. Prima che potesse riprendersi dallo stordimento, il più pesante gli venne dietro e gli infilò le dita in bocca. Cominciò a tirare ridacchiando parole sporche su Alice, quando Lys lo morse con violenza, assicurandosi l'interno della bocca ancora intatto. Ma i due non gli diedero modo di reagire, perchè lo schiantarono di peso contro il muro di mattoni, caricandolo come tori impazziti. La schiena scricchiolò e Lysander si esibì in un urlo muto di dolore. Fu allucinante. Gli occhi ruotarono all'indietro, il corpo scivolò verso il basso, ansante. Faceva così male che si accorse di aver perso la voce, di non riuscire a battere le palpebre. Tentarono di metterlo k.o con un altro pugno, ma lo bloccò sul polso con entrambe le mani, con tutte le forze che ancora aveva. Erano troppi, e lui solo uno. Lo infossarono con un calcio nello stomaco, un'altro, ancora, fino a quando non mollò la presa per cercare di pararsi con le parti più dure del corpo. Ci provò. Però la schiena urlava, e non voleva collaborare, e il tatuaggio bruciava, e tutto vorticava intorno a lui. Continuarono a sfogarsi, strappandogli i vestiti fino a lasciarlo a torso nudo. Si ritrovò vivo per miracolo, con gli occhi pesti e il volto coperto di rosso ovunque. Lo sollevarono per i capelli dalle punte incrostate di sangue, ridendo.
Lysander non pensava più. A malapena respirava.
-Pensa che ci sarebbe dovuto essere tuo fratello, qui a prenderle, non tu. Mah. Sei ancora in tempo per pensarci, Ainsworth. Accetta il patto, e ti pagheremo le cure private. Mi sembra che tu abbia un braccino un po' rotto, eh.
Li guardò con fatica, perché non riusciva a capire né dove fosse, né quale parte di lui fosse ancora vigile o assopita dal dolore. Si stupì di essere ancora in grado di usare la bocca per parlare. Si sentiva a pezzi. Come se gli fossero passati sopra mille cavalli al galoppo, martoriato un po' di qua, di là, mezzo morto. Le gambe non reagirono quando diede loro qualche spinta di nervi. Un braccio era fuori uso. La schiena lacrimava dolore da ogni osso. -No...
Fu spinto per i capelli contro l'orecchio del più grosso di loro, e gli venne da piangere all'idea che forse non sarebbe riuscito a salutare suo fratello. A cambiare un po' quel mondo ostile e pieno di grigio, a salvare Rosalya e i suoi nipoti dalla rovina, uscire con Castiel a parlare della vita che vola. Ad amare ancora Alice, come se fosse l'ultima mattina insieme della loro esistenza.
-Come hai detto? Parla forte, mica ti abbiamo tagliato la gola.
Risate gli accapponarono la pelle. Sentiva freddo, sentiva i lividi e i pesti reagire ad ogni folata di gelo notturno. Ma ebbe il coraggio di buttarsi nel fuoco, di scegliere il giusto, ancora. Perché questo gli avevano insegnato.
Ad essere vero.
Fino alla fine.
-Ho detto... di no... non otterrete un solo maledetto consenso da me... morite come anime dimenticate, questo vi meritate... pazzi...
Il grosso tirò fuori una calibro 8 dal taschino celato sotto la giacca. Poi gliela puntò contro e, nonostante l'esitazione degli altri due, lo sparò vicino al cuore senza dargli nemmeno il tempo di mettere a fuoco il buco della canna.
Lysander vomitò più sangue di tutte le agonie che avevano travagliato Leigh, si mise carponi e cercò di resistere per chiamare aiuto, tremando di convulsioni violente causate dallo sparo. Ci provò, ma il petto reagì con uno scossone, liberando fiotti di sangue che gli percorsero l'addome irto di freddo. La voce gli morì nella gola.
Tutto morì in lui, e si accasciò esanime contro il muro, annaspando mentre il buio gli oscurava le iridi socchiuse.
Sentì i vetri della macchina di Leigh spaccarsi, l'odore della benzina, fiamme che divampano e cancellano tutto, illuminando i dintorni con i loro bagliori dello stesso colore del tramonto.

Non ci fu più bianco, né grigio, nella sua vita.

Chiuse gli occhi, e il nero si prese tutto, per sempre.



___________________
nda
Sì. Sì.
Ho fatto morire Lysandro.
 
 
so che mi vorrete picchiare-- ma ho pensato, dentro di me, durante la stesura della storia... ma perché dovrebbe finire tutto bene, quando un finale felice sarebbe solo banalissimo? E dunque sono arrivata alla conclusione drastica che non potesse proprio esistere punto fermo più perfettamente perfetto della morte di Lysandro, perché lascia un sacco di domande e dubbi aperti. E Rosalya, quando rimarrà vedova, che fine farà?
E Alice? E la sua famiglia verrà a sapere del suo amore fugace con Lysandro? E il suo futuro marito come reagirà?
E Leigh, come prenderà il fatto che sia morto prima suo fratello di lui? E i loro figli?
Tutte domande che spaziano e trovano risposta solo nella vostra immaginazione. Per questo ho voluto gestirmela così. In più, trovo davvero affascinante il fatto che ad averlo ucciso siano stati proprio quelli che hanno tirato un pugno ad Alice, praticamente si sono vendicati di come Leigh, denunciandoli, li abbia messi alle strette in società. Che ne pensate?

E' finita anche questa storia, e per me è un grande traguardo, mi sono voluta mettere alla prova e mettere alla prova anche Lys, e sono abbastanza soddisfatta del risultato; sicuramente ci saranno tanti errori temporali, in mezzo, tante questioni non approfondite, ma l'importante per me è aver utilizzato un personaggio che non muore mai, LYS TI AMOOO (?), nell'epoca che tanto dice di amare.

Afterlife. Afterlife è l'aldilà, ciò che viene dopo la vita: per Alice e Lysandro, una sorta di speranza nel futuro, una fuga dalla monotonia, una vita che li avrebbe potuti vedere insieme e liberi come tanto insieme hanno sognato. Una rinascita dal torpore della società, un voler guardare al dopo con una nota di ottimismo nello sguardo. E' una promessa che permette a Lysandro di farsi carico di Rosa, di Leigh e dei suoi nipoti, e che da forza ad Alice per fronteggiare quello che ha subito, e il marimonio combinato che le ha tappato le ali.

Spero vi sia piaciuta
♥ 
 
come al solito, se volete lasciare una recensione fatelo pure, mi farebbe piacere!
Ringrazio tutti i lettori che hanno seguito la storia, chi l'ha messa nei preferiti e nei ricordati!
xoxo

 
Lila May
   
 
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