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Autore: Xandalphon    16/12/2018    0 recensioni
Il cantore non vorrebbe che io parlassi di lui, che raccontassi della sua ultima avventura. Ma questa è una storia che vale la pena di essere cantata in molti lai. E' la storia del lontano oriente, dove il tempo non vuole scorrere, dove le maree del mondo non sembrano toccare poi molto la vita delle creature che vi abitano. Ma anche nella terra dove primo sorge il sole, la lotta contro l'oscurità ha avuto luogo, in modi strani e inaspettati...
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maglor, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Insonnia

Dormire. Anche gli elfi, per quanto siano resistenti molto più dei secondogeniti ai bisogni corporali primari, ne hanno bisogno. Ma il sonno era un privilegio che Maglor non conobbe più. La sua stanchezza verso Arda, il suo desiderio di fuggire per sempre da quelle lande in cui l'incomprensibile disegno di Iluvatar l'aveva gettato... Tutto questo era la sua ossessione, la sua angoscia. Ogni sforzo gli era insopportabile. Si sarebbe detto un animale in letargo, forzato all'inerzia dal gelo invernale.

Ma il gelo, nel suo caso, era dentro al suo cuore. E non era un gelo gentile, che induce al torpore nella certa attesa di una nuova fioritura. Era un freddo crudele, che mordeva le carni, le divorava senza pietà, giorno dopo giorno e notte dopo notte.

Era un circolo vizioso. Più era stanco di lottare, più avrebbe voluto riposarsi, essere in pace per qualche momento... E meno vi riusciva.

Non c'erano malie di uomini, elfi o nani in grado di aiutarlo. La sua non era più vita. Si sentiva un guscio vuoto, in preda ai suoi tetri pensieri.

Nel contempo, gli uomini cui era misteriosamente legato dai fili del fato riprendevano lentamente e faticosamente la loro esistenza. I morinethari ricostruirono i loro villaggi, pur tra lutti e pianti e, con orgoglio, tramandarono le storie degli innumerevoli loro caduti. Quelle narrazioni però rimanevano entro la loro cerchia e mai erano trasmesse ad altri popoli. I nuovi signori della terra-di-mezzo, che dominavano dalla città di Osgiliath, non avevano che una vaga contezza della loro esistenza, che ritenevano di poco superiore a quella di bestie selvatiche: barbari miserandi in lande lontane e desolate. Del resto, non avevano mai dissimulato un certo qual disprezzo per qualsiasi tribù che dimorasse al di qua del grande mare prima dell'inabissamento di Numenor.

Dopo mezzo millennio iniziarono le campagne di conquista del regno di Gondor a oriente. Subito i figli di Bòr, nella loro ingenuità, li ritennero amici, come tutti coloro che si opponevano alle creature di Sauron invece di venerarle. Grave errore. Per i sovrani delle città di pietra loro non erano poi differenti dalle altre schiere di Easterlings, per quanto accettassero la loro sottomissione e la loro offerta di amicizia di buon grado, almeno in un primo momento. I Morinethari godettero di un periodo di pace apparente, in cui crebbero di numero e in cui sperarono di rinverdire i fasti del loro popolo. Pur tuttavia, una nuova piaga calò su di loro. Si trattava dei biondi uomini settentrionali. Dalle sorgenti dell'Anduin essi si espansero nelle terre brune, che iniziarono a chiamare 'casa'. Erano belli, forti e coraggiosi e somigliavano alle genti del Dor Lomin al tempo del Beleriand sommerso dalle acque. Nulla a che vedere con loro, bassi e olivastri, dai capelli e dagli occhi scuri... Era ovvio e logico che il favore di Gondor andasse ai nuovi venuti, che sentivano simili a loro.

Nacquero delle dispute territoriali e, sistematicamente, l'arbitrato di Osgiliath dava il proprio favore alle tribù del Rhovanion.

Qualche raro animo sensibile sarebbe stato in grado di oltrepassare la coltre del pregiudizio e dell'apparenza e guardare ai cuori?

Borgil dei Morinethari si innamorò perdutamente della figlia dell'autoproclamatosi 're del Rhovanion', Vidugavia. Vidumavi era il suo nome. Inizialmente il signore nordico aveva benedetto l'occasione di un'alleanza strategica attraverso un matrimonio. Presto, tuttavia, la situazione mutò. Un altro uomo, di ben più antico e nobile lignaggio (o almeno, Vidugavia così riteneva) si interessò della bella fanciulla: niente di meno che Valacar, nipote del re di Gondor. Come poteva Borgil competere con il fascino, la potenza e la ricchezza del signore del sud?

Convinto di essere ricambiato da Vidumavi, sfidò, in un impeto di rabbia, Valacar a duello, ma ne venne sconfitto. La donna nemmeno per un istante volse il suo sguardo verso di lui.

Ferito nel corpo, ma ancor di più nello spirito, Borgil si chiuse in se stesso, meditando vendetta. Lui non lo notò, ma almeno una persona era stata colma di pietà e dispiacere per quell'evento. Essa era Vinnili, sorella minore di Vidumavi; per lei essere un gondoriano o un orientale non cambiava poi molto. Quel che contava era la nobiltà di animo.

E ne vedeva molta di più nello sconfitto di quel duello, piuttosto che nel vincitore.

Spinta da una strana inquietudine, ella una sera diede di sprone al suo cavallo e, in pari tempo, libero corso ai propri pensieri. Non si accorse che troppo tardi che, mentre era assorta, si era persa nelle foreste del Dorwinion. Lì, incontrò una creatura che mai aveva visto.

Essa era splendente e, almeno così sentiva, immensamente più antica e nobile di quanto lei potesse anche solo immaginare. Era un elfo dal volto scavato e dalle evidenti occhiaie. Quel viso trasudava sofferenza e dolore.

Quell'essere fece per andarsene, scomparire dalla sua vista, ma una forza misteriosa indusse Vinnili a supplicarlo di conversare un po' con lui.

Di malavoglia quegli accettò.

Parlarono per tutta la notte, di cose antiche e nuove, banali e profonde. Ma più di ogni altra cosa, parlarono dei Morinethari:

Fanciulla umana, quanto sapete della storia degli uccisori d'ombra?


So che sono antichi. Erano qui molto tempo prima della nostra venuta in queste valli. Per loro non siamo altro che streghe e usurpatori. So anche che usano nomi elfici come la gente di Gondor. Vengono detti uccisori d'ombra, ma il motivo di ciò non mi è noto.”


Niente altro?


Niente altro. Però non avete ancora risposto alla mia domanda, sire.”


Con un tenue sorriso, l'elfo rispose: Dovete sapere che le imprese dei morinehtari non sono inferiori a quelle degli Edain. Vengono così chiamati perché durante il principio del mondo vissero sotto il dominio del signore oscuro. Gli Edain giunsero nelle terre ora sommerse da liberi, e da liberi rifiutarono di sottomettersi alle nequizie di Morgoth, mentre loro non videro altro che le torri di Angband sin dai loro albori. Eppure, nonostante questo, pochi coraggiosi riuscirono a scuotere il giogo e volgere lo sguardo oltre il velo di paura e sottomissione posto sui loro occhi, accettando le offerte di amicizia dei Noldor. Chissà se le tre case sarebbero riuscite a fare la stessa cosa, se si fossero trovate nelle stesse condizioni... Sia come sia, condivisero in tutto con gli Eldar i dolori e i lutti delle battaglie contro l'Ombra, senza mai tradire i giuramenti prestati nemmeno una volta. Eppure, per il loro sembiante, che li fa apparire simili alle stirpi che hanno sempre servito Morgoth e Sauron, il loro destino è sempre stato quello di essere disprezzati e guardati con diffidenza; le loro numerose imprese sono poco conosciute e di rado cantate. Loro stessi non le menzionano volentieri. Sono infatti certi che sarebbero tacciati come bugiardi o vanagloriosi, se lo facessero. Sono convinto che le famiglie più nobili di Gondor conoscano tali storie, ma che allo stesso tempo temano di di divulgarle. Forse perché credono che ciò sminuirebbe la loro gloria. Dopotutto, la storia della terra della stella è la prova lampante che gli Edain furono, almeno in una occasione, più deboli e più spergiuri di loro.

E' per questo che i morinehtari aprono difficilmente il proprio cuore a uomini di altre razze e tanto più ne soffrono, se da essi si sentono traditi.



La ragazza meditò a lungo quelle parole nel suo cuore e, guidata delle indicazioni di quella strana creatura, tornò alle sue dimore con l'animo in tumulto. Da quel giorno, incuriosita, iniziò a conversare con Borgil, cercando di capirne la vera indole. Inizialmente egli la chiamava 'strega del nord' e amaramente sosteneva che cercasse la sua compagnia per prendersi gioco dello spasimante sconfitto di sua sorella. Anch'egli capiva che non era la verità, eppure non riusciva a capire perché mai Vinnili volesse conoscerlo. Man mano, però quel nomignolo scomparve per essere sostituito da una parola ben più preziosa.

Drauga.

Nella lingua dei morinethari voleva dire 'amica'.

Usare il loro idioma per parlare con altre razze, se non apertamente vietato, era dai morinethari considerato qualcosa di impossibile. Era un linguaggio troppo simile a quello di altre schiere di orientali, di seguaci di Sauron. Non potevano non provare vergogna nell'utilizzarlo con altri. Eppure, istintivamente, Borgil si era concesso a quell'impossibile eccezione. Il suo cuore tremava di paura al pensiero di aver trovato qualcuno, straniero per di più, con cui aprire il cuore.

Era davvero possibile che la loro stirpe maledetta dalla sorte avesse ancora un senso per cui vivere, in tutta quella dannata terra-di-mezzo?

La risposta era racchiusa da nuvole di diffidenza e di sconforto, ma avrebbe tanto voluto che quella persona che aveva davanti, quella strana ragazza di nome Vinnili, lo potesse accompagnare oltre quelle nuvole.

Da lontano un altro essere scrutava i cuori di quei due umani. Era un elfo con la stessa domanda. E' possibile essere 'amico' di qualcosa, no, di qualcuno, in tutta Arda? E' possibile abbandonare la via dell'insonne terrore per la vita e lasciarsi sorprendere dai giorni che il futuro riserva?

Forse.

Forse è possibile.

Abbassare la guardia per un istante e lasciare che il buio della notte ci avvolga con il suo manto e ci dia... Pace, per quanto fuggevole.

  
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