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Autore: queenjane    17/12/2018    1 recensioni
Fu il fondatore di una dinastia nelle terre dell'Est, la Russia fu il suo altrove. Era un guerriero, un pirata, un amante leggendario. Aveva gli occhi di ambra e miele. Si chiamava Felipe de Moguer, nelle battaglie conquistò titoli e onori, diventando il principe Rostov-Raulov, una fenice multiforme, come la sua discendente, Catherine Raulov.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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San Pietroburgo, 1917.
Continuavo a leggere con piacere i diari e gli appunti di Felipe, un grato esercizio per me, sua discendente per parte russa, Catherine Raulov, che aveva sposato un Fuentes, Andres, del ramo spagnolo, che proveniva da uno dei fratelli di Felipe. Io e Andres ci eravamo scoperti e amati come una vertigine, nonostante la guerra, quella appellata, al termine, prima guerra mondiale, uno scontro di tutti contro tutti.


Incinta del primo figlio che avrei avuto da Andres, passavo molto tempo a rileggere quei fogli.
Mi ritrovai a sfogliare i suoi resoconti su Borodino, tra i tanti, andava per i sessanta anni e ancora non mollava, da perfetto testone qual era.
Mi era pure capitato tra le mani il rublo coniato per il centenario della battaglia di cui sopra. Al diritto, un’aquila coronata, simbolo degli zar,  e la scritta circolare ” ALESSANDRO I PER GRAZIA DI DIO IMPERATORE E AUTOCRATE DI TUTTE LE RUSSIE”. Al rovescio, la frase “1812 ANNO GLORIOSO È PASSATO MA NON SARANNO DIMENTICATI GLI EROISMI COMPIUTI”. Sono sicura che Felipe avrebbe gradito, tranne che nel 1912 era ormai polvere e fumo.
 La battaglia ebbe luogo il 7 settembre 1812 e vide la vittoria formale delle truppe napoleoniche. L’esercito russo si ritirò alle spalle di Mosca. Napoleone entrò in città e la trovò vuota di cose e persone. Dopo poco tempo il condottiero corso, non avendo ottenuto un successo definitivo, con l’esercito debilitato dal freddo, dalla difficoltà dei rifornimenti, dalle perdite, piccole ma continue causate dalla guerriglia russa, che imitava quella spagnola, (coincidenza??), decise di ritornare in Francia.
La grande armata napoleonica contava 600 mila soldati di cui 312 mila francesi. Duecentomila perirono nelle varie battaglie, duecentomila furono fatti prigionieri e almeno la metà di essi morirono. Nel dicembre 1812 solo 25 mila del gruppo centrale dell’esercito (450 mila soldati) riattraversarono il fiume Niemen e dei 47 mila della Guardia rientrarono solo in millecinquecento. Le perdite russe furono pure ingenti, nella sola battaglia di Borodinò morirono 52 mila soldati, contro i 28 mila di parte francese.
La disfatta numerica in Russia fu un araldo della fine di Bonaparte.
Felipe de Moguer, alias Rostov-Raulov era tra gli ufficiali schierati, come il suo primo figlio.
Per celebrare la ricorrenza di cui sopra, la famiglia imperiale giunse a Mosca. Lo zar Nicola II e le sue figlie visitarono i luoghi, guardando quindi i luoghi della battaglia dal Chistoprudny Boulevard, visitando poi il Cremlino.
Il figlio dello zar, Alexei Nicolaevich, era apparso smagliante e giocoso, nella sua uniforme su misura, un promettente erede al trono, sicuro e sorridente, nella cerimonia rievocativa sulla spianata. E poi si era inchinato con perfetta modestia, quando veniva posta la prima pietra di una cattedrale sul luogo della battaglia, vennero letti i nomi degli ufficiali.
“Cat, ma c’era anche  il tuo antenato tra gli ufficiali?” mi chiese poi in privato. “Certo” la mia solenne risposta, ridendo. “Racconta” mi ingiunse “Subito “Era un portento, lui, un pirata, un guerriero”
Alexei was, also, a sweet boy who loved to draw ships and play with his toy soldiers. He loved to eat bliny (Russian pancakes) and he adored his family and friends. “Come te” anche Alexei era un portento. Felipe aveva combattuto contro la sua nascita oscura, lo zarevic con la sua malattia che lo tormentava da quando aveva solo sei settimane di vita. L’emofilia, il sangue che non coagulava, ogni caduta che poteva essere fatale e tanto non mollava, come mai aveva ceduto Felipe.
Per quanto monitorato a vista, era impossibile prevenire ogni minimo incidente. Sbattere un polso, un gomito contro una sedia, od un mobile causava esiti terrificanti.
 Le  emorragie articolari erano le peggiori, i nervi erano compressi, con dolori atroci e solo la morfina avrebbe attenuato gli spasmi.
Tuttavia i medici, per evitare dipendenze, non la somministravano, così che il suo unico rimedio era svenire per fuggire dal dolore.
Il sangue corrodeva le ossa, i tessuti e le cartilagini, tanto da fare assumere agli arti posizioni contorte, con angoli innaturali, che scemata la crisi,  era poi costretto a letto per settimane e a usare apparecchi ortopedici, appunto, per correggere la situazione.
Tanto, pur sorvegliato a vista, trovava sempre una via di fuga e si feriva spesso, con esiti quasi estremi.
Per paradosso, sfidava la malattia, il suo carattere vivace mal sopportava i limiti imposti dalla sua condizione.

 Nel settembre 1912, dopo le celebrazioni di Borodino, la famiglia imperiale si recò a caccia nelle tenute polacche di Spala, un classico,  dopo che Alessio era rimasto a letto qualche giorno per una botta alla gamba sinistra, mai appurato se il suo malore derivava dall’urto contro una vasca o lo scalmo di una barca, che in verità non lo sapeva nemmeno lui.
Si era ripreso abbastanza in fretta, tuttavia,  e la zarina decise che poteva imparare meglio il francese, che Spala offriva ben pochi diversivi, oltre alla caccia, che il bambino non praticava di certo.
I suoi studi, irregolari a causa della malattia, erano molto indietro, non certo per colpa sua, quando stava male la convalescenza era spesso lunga, ma quando era in salute non stava fermo, si annoiava nel dovere restare seduto e ascoltare le lezioni.
Era troppo intelligente, bisognoso di stimoli e non solo di nozioni, usare un frustino o picchiarlo sulle mani per indisciplina erano strumenti educativi coevi che su lui non sarebbero mai stati applicati, Felipe ne aveva fatto l’esperienza e la sconsigliava, a chiare lettere nei suoi scritti.
Per distrarlo, la zarina decise di portarlo a fare un giro in carrozza, insieme alla imprescindibile Anna Vyribova.
Gli urti e  gli scossoni gli provocarono spasmi di dolore, si lamentava di un malessere allo stomaco e alla gamba sinistra, quando rientrarono era praticamente svenuto per il dolore.
L’emorragia era ripresa, intensa, violentissima.
Ma Alessio resisteva, senza cedere, la sua sopravvivenza lasciava di stucco, come quella di Luigi Giuseppe, primo figlio maschio di Luigi XVI e Maria Antonietta, non mollava la vita, mai.
Gli somministrarono l’estrema unzione. E sopravisse, un guerriero combattente, pur se la ripresa fu lunga, dura e logorante.
But HE was like Felipe, an hero.
   
 
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