Crossover
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Autore: evil 65    18/12/2018    15 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco un nuovo aggiornamento!
Consiglio a tutti di revisionare i capitoli 6 e 13, nel caso non vi ricordiate bene la storia di Angel e la sua conversazione con Yūko
. Saranno molto importanti per questo capitolo.
Buona lettura!



Capitolo 13 - Non c'è pace per i maligni


Anakin Skywalker sentiva tutto con estrema nitidezza, come per compensare i mesi trascorsi nell’insensibilità più totale. Quando si risvegliò, allungò una mano sul piumone scomposto del letto, ma di Aphra restava solo l’impronta lieve, l’odore che lui ancora sentiva. La luce che penetrava all’esterno era più calda, intensa.
Aphra, nel frattempo, aveva preso a zampettare per la stanza, osservando attentamente tutto ciò che la circondava. Era la prima volta che Vader la portava nella sua abitazione, da quando avevano iniziato a frequentarsi, e non si sarebbe certo lasciata sfuggire un’occasione del genere.
Il padre di Aphra era stato uno di quelli che cominciano a perdere i capelli sui vent'anni e sono completamente calvi intorno ai quarantacinque. 
Era un trafficante di oggetti rari e aveva esalato l'ultimo respiro sul pavimento del suo negozio. La morte per infarto a trentasei anni aveva risparmiato alla donna un destino simile, anche se lei non poteva saperlo. Quando era spirato, il possibile acquirente era intento a cercare di chiamare un'ambulanza da un telefono scollegato.
All'epoca, Aphra aveva solo tre anni. Conservava ricordi vaghi di un uomo che gli faceva il solletico e la baciava sulle guance e sulla fronte. Era più che sicura che quell'uomo fosse suo padre. HA LASCIATO UN VUOTO COLMO DI TRISTEZZA, era stato scritto sulla lapide dell’uomo, ma sua madre non era poi così triste e quanto alla mora... be', come si può rimpiangere una persona che non si riesce a ricordare?
Abbandonata a se stessa, cominciò ad intraprendere la carriera di contrabbandiere all’età di 15 anni. E poi venne il giorno in cui incontrò il suo destino.
Chelli Lona Aphra, che aveva perso il padre a tre anni e non aveva mai conosciuto i nonni, non si sarebbe mai aspettata di trovare un mentore quand'era ormai alle soglie dei vent’anni, eppure andò proprio così. Vader la scovò durante uno dei suoi numerosi raid di contrabbando ma, invece di ucciderla, decise di prenderla sotto la sua ala e usarla per accrescere le fila dell’Impero.
Era rimasto impressionato dalle sue abilità meccaniche, motivo per cui aveva scelto d’inserirla nel programma di sviluppo armamenti. Entro pochi anni, la donna era riuscita a farsi strada tra le fila del settore, diventandone la responsabile.
Ripensando a questo, Aphra non poté fare a meno di arricciare le labbra in un sorriso nostalgico. Era tutto merito suo. Grazie a lui… ora aveva una vita che i suoi genitori avrebbero potuto solo sognare.
Lo amava? Quella domanda aveva preso a tormentarla senza che nemmeno lei sapesse cosa significasse la parola amore. Non lo aveva mai provato. Ma ogni volta che stava assieme a lui… si sentiva in pace. Sì, forse lo amava davvero. Ecco perché cinque anni fa aveva scelto di baciarlo, durante una colluttazione privata. Avevano iniziato ad avere rapporti da allora.
Dio, rimuginò a se stessa, ci erano voluti ben cinque anni affinché quell’uomo si fidasse abbastanza di lei da permetterle di venire in casa sua. Ma del resto, quando si sceglie d’intraprendere una relazione con una persona come Darth Vader, bisogna sempre essere disposti a fare qualche sacrificio.
Non era difficile immaginare la sua sorpresa, quando scoprì che l’uomo più temuto della galassia aveva l’equivalente di una doppia vita. Anakin Skywalker, dopotutto, non era certo un volto qualunque, tra le fila dell’Impero.
I pensieri della mora vennero bruscamente interrotti quando i suoi occhi si posarono su una foto posta al di sopra dell’unico comodino presente nella camera da letto. L’immagine raffigurava una donna dalla bellezza ultraterrena.
Senza pensarci, Aphra prese l’oggetto e cominciò ad analizzarlo ulteriormente.
Poi…
<< Non toccarla >> sibilò una voce improvvisa alle sue spalle, facendola sussultare.
La direttrice si voltò di scatto, proprio mentre una mano forte e callosa le afferrava il polso, costringendola a perdere la presa sulla foto.
<< S-scusa, ero solo curiosa >> balbettò Aphra, fissando Anakin con timore a malapena celato.
Andati erano gli occhi azzurri dell’uomo, caldi e accoglienti, sostituiti da un a paio di orbite dorate, fredde e senz’anima. Internamente, un brivido percosse la spina dorsale della mora. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, e la cosa la spaventava. Sembrava una persona completamente diversa.
Dopo quello che parve un tempo interminabile, tuttavia, Anakin scosse la testa e le sue pupille tornarono turchesi come la superficie di un lago.
<< Perdonami, mi sono svegliato dalla parte sbagliata del letto >> borbottò, apparentemente imbarazzato.
Mise ambe le mani sulle spalle della donna, facendola irrigidire.
<< Tu vai pure a prepararti per la colazione, ti raggiungerò a breve >> offrì, con voce calma e piena di calore.
La direttrice lo scrutò con sospetto. << Sicuro che sia tutto okay? >> domandò, visibilmente preoccupata.
<< Assolutamente >> ribatté lui, con un sorriso disarmante.
Aphra annuì incerta, prima di piantargli un rapido bacio sulle labbra, che l’uomo restituì con piacere. Fatto questo, la mora gli inviò un ultimo sorriso, prima di uscire dalla camera.
In quel preciso istante, l’espressione allegra sul volto di Anakin divenne improvvisamente seria. Prese un paio di respiri calmanti e volse lo sguardo in direzione dell’unico specchio presente nella stanza.
<< Che diavolo pensi di fare, Vader? >> domandò con un ringhio, lo sguardo fisso nei confronti del proprio volto riflesso.
Per un attimo non accadde niente. Poi, come dal nulla, gli occhi dell’uomo cominciarono ad assumere una colorazione molto vicina al giallo, evidenziando le striature rosse dei vasi sanguigni.
<< Stava toccando la foto >> rispose improvvisamente l’immagine speculare di Anakin, utilizzando una voce molto più bassa e profonda del solito.
Ora, la situazione sarebbe parsa del tutto folle alla maggior parte delle persone, ma era più logica di quanto qualcuno avrebbe mai potuto inizialmente pensare.
Ogni essere umano, infatti, ha in sé due personalità. Una di loro è la persona di tutti i giorni, della vita pubblica, mentre l'altra è l'esatto opposto. La personalità nascosta nel subconscio viene chiamata "Ombra" in termini psicologici. L'Ombra nega il suo opposto simmetrico, la persona "Luce", e in certi casi si espande fino allo stesso livello.
Se riesce ad espandersi abbastanza, assume una forma propria, si separa dal corpo, e può andarsene in giro per conto proprio. Quando ciò avviene, entriamo nell’ambito scientifico di quello che viene considerato il Santo Graal della psicologia: il disturbo di personalità multipla. Due personalità distinte che occupano uno stesso corpo.
Una personalità alternativa poteva comparire più volte, mettersi al centro della azione, fare ciò che voleva e poi sparire. Per la personalità originale era l’equivalente di specchiarsi nell'acqua e trovarvi riflesso un perfetto sconosciuto. Come se riuscisse a vedere solo una maschera.
E Vader e Anakin erano proprio l’immagine speculare l’uno dell’altro, il risultato di un processo psicologico iniziando nel momento esatto in cui il giovane ragazzo di Tatooine aveva perso la madre più di 30 anni fa. Nient’altro che un meccanismo di difesa atto a proteggerlo dalle insidie della vita, cimentatosi con l’addestramento intrapreso per comprendere e dominare la Forza.
Due esseri collegati, eppure incredibilmente diversi. Anakin Skywalker era un uomo dall'aspetto affabile, il volto quasi sempre illuminato da un sorriso. Calmo, misurato e abile nel parlare, mai riservato nell'esprimere i propri sentimenti. Era un uomo di bell’aspetto, dal passato misterioso, eppure, in un certo senso, amabile. Nelle riunioni a cui partecipava frequentemente, quando l’atmosfera era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare quando era in solitario.
Darth Vader, al contrario, era un uomo severo nei riguardi di se stesso, Come la bontà splendeva nell'aspetto di Anakin, così la depravazione era scritta sul volto dell'altro. Il male lasciava su quel corpo un'impronta di deformità e di decadenza, un paio di occhi gialli come il sole stesso, adornati da cerchi rossi.
Eppure, guardando quella brutta immagine allo specchio, Anakin non provava alcuna ripugnanza, ma un moto di soddisfazione. Anche questo era lui, dopotutto.
Con quella consapevolezza in mente, l’uomo lanciò al suo doppio un’occhiata furibonda.
<< Non m’interessa se stava toccando la foto! O hai forse dimenticato come funzionano le cose? >> domandò con un sibilo, spingendo Vader a roteare gli occhi.
<< È stato solo per un secondo >> borbottò questi, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
Anakin lo fissò incredulo. << Solo un secondo, dici? Anche un fottuto millesimo di secondo sarebbe stato di troppo! >>
<< Penso che tu stia sopravvalutando la gravità della situazione. Dovresti rilassarti >> ribatté l’altro, arricciando le labbra in un sorriso a mala pena percettibile.
In risposta all’affermazione del doppio, l’uomo strinse i denti, facendo trasparire la propria irritazione.
<< Rilassarmi? Se fossi più rilassato, sarei morto! >> esclamò, sollevando le braccia in direzione del soffitto << O forse è questo quello a cui miri? Ti sei stufato di dividere l’appartamento, Vader? Vuoi spostarti e prendere il comando dell’azienda in modo permanente? >>
<< Non essere ridicolo, è stato solo un lapsus involontario, niente di più >> disse il Sith, visibilmente indignato dall’accusa della controparte.
Anakin lanciò al doppio un’occhiata indagatrice. Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, rilasciò un sospiro frustrato.
<< Abbiamo impiegato anni per arrivare a questo punto, Vader. Tu ed io, insieme. Non possiamo permetterci di avere un conflitto d’interessi, per quanto possa sembrare minimo >> mormorò, il tono di voce ornato da una lieve punta di stanchezza.
Vader rimase in silenzio a sua volta, prima di sbuffare. << Sì, lo capisco. La prossima volta ti darò un avvertimento. >>
<< E io dovrò darti il permesso >> ribatté l’altro, indicando il suo riflesso con fare imperioso.
La copia si limitò a sorridere ferocemente. << Così come io dovrò darti il mio, quando prenderò il posto di guida. >>
<< Vedo che siamo nuovamente sulla stessa lunghezza d’onda >> commentò Anakin, con un ghigno di suo.
Questi battibecchi erano fastidiosi ma necessari. Dopotutto, un corpo era forte solo finchè lo era anche la sua mente. Meglio un rompicapo ora, piuttosto che una discussione durante una potenziale situazione di morte.
<< Non avresti dovuto portarla qui >> disse Vader all’improvviso, facendo cenno con la testa verso la porta da cui era appena uscita Aphra.
Questa volta, fu Anakin a roteare gli occhi. << Ora chi è quello eccessivamente drammatico? Ha solo toccato una foto, non è certo un crimine. >>
<< È curiosa. E se decidesse di esplorare? >>
<< Oh, mi assicurerò di intrattenerla a dovere >> rispose l’uomo, agitando le sopracciglia con fare lascivo.
Vader corrucciò la fronte, irritato dall’atteggiamento infantile del suo alternativo. << Trovo insopportabile la leggerezza con cui hai scelto d’intraprendere questa relazione, Anakin. >>
<< E io trovo insopportabili i tuoi continui tentativi di trasformarmi in una copia di te. Rassegnati, sono la parte migliore di questo corpo e intendo rimanere tale >> disse allegramente il doppio, per nulla intimorito dalle parole del suo lato oscuro.
Vader lo fissò freddamente. << Se non fosse stato per me, saresti morto. >>
<< E tu con me, quindi non fingere di averlo fatto con intenti altruistici >> contrastò l’uomo, inducendo l’altro a rilasciare un secondo sospiro.
<< Non era mia intenzione. Ma un riconoscimento per il lavoro che faccio sarebbe apprezzato >> borbottò il Sith.
Anakin ridacchiò divertito e si voltò, pronto a vestirsi.
<< Cerca di non soffocare nei tuoi doveri, Lord Vader, ho una festa da preparare >> disse porgendo al suo riflesso un rapido saluto con la mano destra.
Vader lo fissò con aria impassibile.
<< E una riunione olografica al Senato da presenziare, se la memoria non m’inganna >> ribatté con tono canzonatorio.
Quasi come ad un segnale, il doppio si bloccò di scatto.
<< Esibizionista >> borbottò con fastidio, ricevendo un sorriso di sufficienza da parte del Sith.
<< Non c’è di che. >>
 
                                                                                                                                                                   * * *


Terra (Centro Imperiale) - Tokyo

<< Corri! >> gridò il Dottore, seguito rapidamente dalla figura di Angel.
<< Non lo ripeta di nuovo, per favore! >> esclamò il rosso, il volto adornato da un’espressione che rasentava il panico.
La piccola avventura per i condotti dell’aria era durata meno del previsto. Il Signore del Tempo non aveva tenuto conto del fatto che le condutture dell’edifico non sarebbero state in grado di sostenere a lungo il peso suo e di Angel combinati.
Dopo una mezz’ora buona, i cunicoli di metallo non avevano retto e i due erano miseramente caduti sopra una squadra di soldati imperiali. Il lato positivo fu che li avevano stesi, ma i rinforzi non avevano tardato ad arrivare e inseguirli.
<< Dove accidenti sono le scale? >> si lamentò l’alieno, continuando a correre.
<< Non ne ho idea. >>
Il ragazzo non sapeva nulla della planimetria di quel piano. L’unica cosa che poteva fare era seguire l’uomo e sperare per il meglio.
La loro avanzata fu presto bloccata dalla comparsa un droide d’assalto.
<< Fuggitivi identificati. Fermi o verrete sterminati >> dichiarò la macchina, puntando un blaster in direzione del duo.
Aveva un aspetto vagamente umanoide, color terra, con la testa allungata e un antenna radio che gli pendeva dalla spalla.
<< Scusa, ma abbiamo fretta >> gli rispose il Dottore, mettendo una mano nella tasca ed estraendo il cacciavite sonico.
Lo puntò in direzione dell’avversario e il dispositivo rilasciò un sonoro ronzio. La macchina esplose da parte a parte, senza aver avuto manco il tempo di premere il grilletto.
La coppia fece per oltrepassare i resti del robot, ma…
<< Fermi! >> ordinarono cinque stormtroopers, uscendo dall’angolo del corridoio.
Angel fu preso dal panico. Essere intrappolato lì, senza possibilità di fuga, gli riportò alla mente un altro dei sogni che aveva fatto.
“Ascolta attentamente, perché questa tecnica potrebbe salvarti la vita. Per generare la Haōshoku, immagina una sfera che ruota vorticosamente, nera come la notte. Poi, quando sembra sul punto di esplodere, aumentane di colpo le dimensioni. Se poi hai anche dei compagni, pensa a loro. Non verranno investiti dall’esplosione.”
Fu tentato di afferrarsi la testa, ma riuscì a trattenersi. Ancora quella voce… con un altro consiglio e un’altra verità. Poteva davvero realizzare qualcosa di simile? C’era solo un modo per scoprirlo: provarci in quel preciso istante.
“Non che abbia molta scelta...”
Un forte brivido gli attraversò la schiena. Una sorta di energia dalla conformazione ondulante partì dalla sua testa, diramandosi attorno a lui come una ragnatela.
I soldati furono investiti dal colpo improvviso, cadendo a terra. Perfino le pareti che erano intorno al ragazzo si lesionarono.
Angel osservò la scena con fare incredulo. Era stato davvero lui a farlo? Davvero era riuscito a battere così tanti nemici da solo?
Accanto a lui, il Dottore stesso era senza parole. Evidentemente, il blocco mentale che impediva al rosso di accedere ai suoi ricordi si era molto indebolito, a causa della consapevolezza che gli aveva instillato il Signore del Tempo.
Sospettava che il ragazzo fosse pieno di sorprese, ma questo... aveva una padronanza dell’Haki così forte da permettergli di usare tecniche così avanzate senza essersi completamente risvegliato? Chi diavolo era stato nella sua vita precedente?
I due si fissarono per qualche secondo. Erano entrambi scioccati da quell’improvvisa svolta degli eventi, ma quello non era certo il momento per approfondire la cosa. Dovevano muoversi, e alla svelta. 
Ripresero a correre, svoltando l’angolo. Il Dottore usò più volte il suo cacciavite sonico per eliminare i droidi occasionali, mentre Angel si servì dell’attacco appena scoperto per contrastare gli stormtroopers.
La loro resistenza sembrò funzionare, almeno per un po’. Finalmente, trovarono le scale che conducevano alla cima dell’edificio e raggiunsero il tetto in pochi minuti.
Sembrava che la fortuna fosse finalmente dalla loro parte. Questo fino a quando due sagome ben distinte presero a sorvolare la struttura, gettando un’ombra minacciosa sulla coppia.
Il Dottore alzò lo sguardo, seguito da Angel, e si bloccò.
<< Mi stai prendendo in giro? >> borbottò il Signore del Tempo, visibilmente infastidito.
Le navette che avevano appena fatto la loro apparizione erano piccole, veloci e pesantemente armate. Caccia imperiali.
Afferrò la mano del rosso e lo tirò in avanti, appena in tempo per evitare numerosi colpi di laser dalle torrette dei veivoli. Braccati, i due non ebbero altra scelta se non quella di usare i tetti come via di fuga, saltando da una copertura all’altra.
La loro corsa, però, non durò molto. Dopo l’ultimo salto, videro che oltre c’era un ampio incrocio. Di conseguenza, non avrebbero potuto continuare a scappare da quella parte.
L’unica opzione era saltare sugli edifici che avevano ai lati, ma si resero presto conto di essere stati anticipati. I caccia erano atterrati proprio lì, con numerosi soldati e droidi pronti a bloccare loro la strada.
<< E ora che facciamo? >> chiese Angel, mentre respirava affannosamente.
<< Ci sto pensando >> gli rispose il Dottore, nelle medesime condizioni. In vita sua ne aveva passate tante e sapeva che c’era sempre una soluzione. Doveva solo trovarla.
<< Arrendetevi e alzate le mani. Questo è l’ultimo avvertimento >> ordinò il capitano.
I soldati avevano puntato tutti i blaster, e anche i caccia li avevano sottotiro. Sarebbe bastato solo un gesto ad opera del comandante e avrebbero fatto fuoco.
<< Anche se ci arrendiamo ci giustizieranno senza pensarci due volte, vero? >> chiese Angel, sicuro di questo.
<< Be', tecnicamente, prima ci tortureranno per ottenere la locazione della base ribelle >> gli rispose il Dottore << Mi spiace di averti coinvolto in questa faccenda. >>
E lo intendeva davvero. Altro non poteva dire.
<< Non deve. Anche se per poco, mi ha fatto piacere conoscere qualcuno come lei >> disse il ragazzo, porgendo all’uomo un sorriso imbarazzato.
Il Signore del Tempo lo guardò con un cipiglio sorpreso. Era da tempo che qualcuno non gli rivolgeva parole così. Per un attimo, ripensò ai compagni che aveva avuto prima di finire in quell’universo, a tutti coloro che aveva perso durante i suoi numerosi viaggi. Non voleva aggiungere anche il suo a quella lista di caduti.
Il ragazzo, nel frattempo, rilasciò un sospiro interno. Era troppo stanco per usare nuovamente l’Haki. Troppo agitato per concentrarsi. Che cosa poteva fare in una situazione del genere? Avere paura? Poteva implorare per la sua vita? Disperarsi? Non ne aveva la minima idea.
<< Non permettere che la tua volontà vacilli in questo modo. >>
A rispondere alle sue domande ci pensò ciò che lo aveva costantemente perseguitato da quando si era svegliato in quel letto d’ospedale. Ora era tornato, ma con parole di incoraggiamento.
Il drago… era riapparso.
La sua imponente figura si rese visibile agli occhi del giovane. Anche il Dottore riuscì a vederlo, rimanendo senza parole. Dopotutto, quella bestia era una proiezione psichica, e percepirla non era poi così diverso da leggere le onde celebrali di qualcuno. Per i soldati, invece, non era che un cumulo di vento alzatosi di colpo.
Il rosso fissò la creatura con occhi in cui paura, stupore e persino speranza si mescolarono insieme.
<< La tua strada è tutt’altro che alla fine. Se questi sciocchi pensano di poterla bloccare, allora ci penserò io a spianarla >> continuò la bestia, con voce solenne.
Poi, la creatura si voltò verso i soldati imperiali. I suoi occhi sembravano delle ardenti fiamme pronte a generare un incendio. Spalancò le fauci... e ruggì.
Una folata di vento partì verso i soldati. Molti di loro furono spazzati via. Persino i caccia imperiali furono disabilitati da quella potente folata, perdendo quota.
<< È un tuo amico? >> chiese il Dottore, mentre si parava gli occhi.
Il rosso non riuscì a rispondergli. Non sapeva nemmeno lui come interpretare quell’improvvisa svolta degli eventi.
<< Be', ci ha comunque aperto un varco. Approfittiamone. >>
E, detto questo, il Signore del Tempo afferrò il giovane e iniziò a correre verso la sua sinistra.
<< Non lasciateli scappare! >> ordinò il capitano degli stormtroopers, mentre i suoi soldati iniziarono a sparare.
Un laser colpì il punto esatto che Angel stava per calpestare, creando una crepa. L’adolescente non riuscì ad evitarla e scivolò di lato, verso il  bordo del tetto.
Il Dottore se ne accorse troppo tardi.
<< Angel! >> urlò, lanciandosi verso il ragazzo.
Cercò di prenderlo, ma le sue dita afferrarono solo il vuoto.
<< No. No, no, no, no! >> ripeté il Signore del Tempo, battendo selvaggiamente i pugni sul colonnato.
Non era riuscito a salvarlo. Non aveva fatto in tempo a salvare un ragazzo che non c’entrava nulla con lui, e che aveva irrimediabilmente coinvolto. Questo errore non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma la sorte aveva voluto diversamente. A poche decine di metri, con la forza della disperazione, il ragazzo era riuscito a conficcare le dita della mano destra sulla parete dell’edificio.
Il dolore che sentiva era assurdo, ma non poteva lasciare la presa o sarebbe morto. Eppure, che altro poteva fare? Non aveva più forze. Era solo questione di tempo prima che si esaurisse anche l’ultimo barlume di energia. 
Poi, come dal nulla, il misterioso drago riapparve, una zampa tesa verso di lui.Il giovane lo fissò con paura.
<< No, stammi lontano! >>

Perché, anche in un momento come quello doveva essere così cocciuto? Stanco di dover sentire l’ennesimo rifiuto, la mistica creatura gli ruggì contro con rabbia: << Dannazione, marmocchio, fidati di me! >>
<< Perché mai dovrei fidarmi!? >> gli gridò il rosso, mentre la sua presa si allentava.
In tutta risposta, la bestia si limitò a roteare gli occhi.
<< Ho cercato salvarti. Perché credi lo abbia fatto? >> gli chiese la creatura, assumendo un tono di voce più calmo << Che cosa ti dice il tuo istinto? >>
Angel deglutì a fatica. Ormai prossimo a cedere del tutto, pose la domanda che non aveva mai avuto il coraggio di fare, da quando quel mostro era entrato a far parte della sua vita.
<< Io… Io lo voglio sapere: chi sei tu? >>
<< Un tuo amico, forse il migliore che tu abbia mai avuto >> gli rispose il drago, con un sorriso gentile.
Al sentire tali parole, gli occhi del ragazzo parvero illuminarsi di consapevolezza.
<< Guarda col cuore >> sussurrò a se stesso << Se è inevitabile… allora così sia. >>
Non aveva nulla da perdere, ormai. Con tutto il coraggio che gli era rimasto in corpo, tese la mano destra, afferrando volontariamente la zampa del drago.
Nel momento in cui le sue dita entrarono in contatto con le squame della creatura… tutto il mondo divenne luce.

Angel si ritrovò in uno spazio bianco, completamente solo. Pareva un enorme foglio di carta, immacolato, un dipinto in attesa di manifestarsi.
Il pavimento era adornato da una nebbiolina sottile, piacevole al tatto. Era forse morto?
Mentre rimuginava su questo, di fronte a lui si stagliarono numerose figure, dall’aspetto assai familiare.
<< Dove mi trovo? >>  chiese il ragazzo, confuso come non mai.
<< E tu saresti l’Angel che ho conosciuto? Fai quasi ridere >> commentò ironico un ragazzo dai corti capelli argentei e dagli occhi azzurri, vestito con un completo nero.
<< Suvvia, Vali, non essere così scorbutico. Dopotutto, ne ha passate tante >> si intromise una creatura umanoide dalla pelle azzurra, con occhi rossi e una lunga coda dalle fattezze rettiliane.
Nel trovarseli davanti, il rosso riuscì a stento a trattenere il proprio dolore.
<< Voi… Voi siete…. >>
<< Evita di piangere, amico, non è da te >> lo riprese allegramente un curioso ragazzo dai capelli castani, vestito con un’armatura rossa di fattura orientale. Nella mano destra teneva un bastone alto quasi quanto lui.
Poi, lentamente, apparvero i volti sorridenti di altre persone. Ricordi... i ricordi che tanto aveva cercato si fecero finalmente largo nella sua mente. Lui ora… ricordava. 
<< Vali, Ice, Bikou e… voi tutti. Io… >>
Gli occhi di Angel iniziarono a versare lacrime amare. Davanti a lui apparvero i volti di persone che aveva conosciuto e con cui aveva vissuto avventure ed esperienze uniche nel loro genere. Come aveva potuto dimenticarsi di loro?
<< Non piangere, figliolo. Ora devi andare avanti >> disse un uomo, mettendogli una mano sulla spalla.
Sembrava quasi una versione più adulta dello stesso Angel.
<< Tu sei il mio piccolo angelo. Sono sicura che lo sarai anche per tutti coloro che ti conosceranno >> continuò una donna, affiancando il rosso. Aveva lunghi capelli rosati,  coronanti un paio di occhi scarlatti come il sangue, che la facevano somigliare ad una creatura ultraterrena .
<< Padre… madre... >> sussurrò l’adolescente, fissandoli con aria incredula.
L’uomo arricciò le labbra in un sorriso gentile.
<< Anche se non siamo più vivi, ti saremo sempre vicini >> si intromise una terza voce.
I suoi genitori si spostarono per permettere a una giovane e bella ragazza dai lunghi capelli neri e dai profondi occhi blu mare di avvicinarsi a lui.
La giovane donna gli asciugò le lacrime, sfiorandogli le labbra con un dolce e delicato bacio.
Il rosso dilatò le pupille e le posò una mano sulla guancia.
<< Mato…  sarai sempre nel mio cuore >> mormorò con un sorriso acquoso << Lo sarete tutti voi, amici miei… ognuno di voi >> continuò, volgendo lo sguardo in direzione della folla riunita.
Li vide sorridere… e poi, come dal nulla, le loro figure si smaterializzarono in tante piccole luci. Queste rimasero sospese nell’aria, per poi raggrupparsi in un unico punto. Dopo pochi secondi, dal grappolo illuminato fuoriuscì un ciondolo dalla forma simile a quella di una lancia, blu come il mare stesso.
Angel lo afferrò con esitazione. Nel mentre, l’enorme drago apparve davanti a lui, il volto adornato da un’espressione serena.
<< Adesso ti ricordi chi sei? >> gli chiese con la sua voce tonante ma calma al tempo stesso.
In tutta risposta, il rosso si limitò a sorridere, portandosi una mano al petto.
<< Io… sono Angel Arthur Hikaru, uno dei Dieci Guardiani del Multiverso. Figlio dell’ultimo Soleano Blu e della strega d’Irlanda,
Scáthach l'Ombra >> gli rispose, con determinazione rinnovata << E tu sei il mio partner, Blue… una delle bestie custodi >> sussurrò, fissando la creatura con fare nostalgico e tendendo un pugno in avanti.
<< Esatto >> rispose il drago, battendolo con la zampa destra << Ora… andiamo a salvare il tuo amico? >> 
<< Sembra un buon piano >> sorrise il rosso, mentre, da dietro la schiena, cominciarono a protrarsi un paio di ali simili a quello dello stesso rettile.


                                                                                                                                                            * * *

Contrariamente a quanto pensava la maggior parte della Terra, i due terzi di Londra non erano costituiti da grattaceli, metropolitane affollate e spietati centri commerciali.
Mentre Vorkye Blodbless, direttore della Blodbless Corporation, passeggiava tranquillamente per il loggiato in legno, lo sguardo fisso in direzione del complesso inglese, avrebbe potuto benissimo ricostruire mentalmente la cartina geografica della regione: estesa dalla costa fino all’apice del Tamigi, consisteva in circa duecentocinquanta ettari di lussureggianti terreni pubblici e privati,disseminati di fiumi impetuosi e migliaia di laghetti.
Vorkye sapeva tutto questo, essendo dotato di quel genere d'intelligenza cristallina che automaticamente afferra, archivia e utilizza i dati significati.
A seguirlo lungo il corridoio del palazzo, vi era un piccolo gruppo di persone, tutte vestite in abiti costosi.
<< Grazie per essere venuto, signor Vorkye… >>
<< Governatore Vorkye. >>
<< Sì, Governatore Vorkye >> si corresse rapidamente l’uomo che aveva parlato, un cinquantenne dall’aria smilza, indossante un paio di occhiali da vista << Il ramo marketing ha ideato una nuova strategia di vendita che penso potrebbe rivelarsi davvero utile per i nostri recenti affari, ma vorremmo prima ottenere la sua approvazione… >>
Ugh, è già terribilmente noioso, rimuginò il soleano. E non erano nemmeno arrivati alla Sala Conferenze! Certe volte odiava davvero quel lavoro, ma tali frivolezze erano parte dell’essere un sovrano, e lui non le avrebbe certo liquidate come un tiranno qualunque.
Brevemente, si chiese se pure il Maestro aveva a che fare con situazioni del genere. Forse gli incontri a cui presenziava assieme ai membri della cerchia erano proprio l’equivalente di queste riunioni. Perlomeno, erano sicuramente molto più movimentati.
Con quei pensieri in mente, l’uomo fece per aprire la porta della sala in cui si sarebbe tenuto l’incontro… e si bloccò di scatto. Un brivido improvviso gli percosse la spina dorsale, inibendone i sensi. Una sensazione familiare, che non aveva percepito da innumerevoli anni.
Quell’energia… come se fosse stata rilasciata tutta in una volta, dopo essere stata dormiente. Non c’era alcun dubbio: Vorkye stava percependo la presenza di un soleano!
Ma… com’era possibile? Era l’ultimo rimasto! Il suo mondo era perito nello Scisma, assieme a suo fratello… a meno che…
<< Sei tu… finalmente ti ho trovato >> sibilò attraverso i denti, attirando l’attenzione degli impresari.
<< Ha detto qualcosa, governa-… ma che diavolo ?! >> esclamò l’uomo di pochi minuti prima, facendo un passo indietro.
Il corpo di Vorkye, infatti, era drasticamente cambiato nella frazione di un secondo. Andate erano le membra umane, il colore rosato della pelle, i capelli biondi e gran parte dei vestiti. Al loro posto spiccava la figura di un drago alto quasi tre metri, rosso come il sangue, il volto adornato da uno sguardo che rasentava la collera più pura.
La creatura ruggì e prese il volo, sfondando il soffitto e lasciandosi dietro degli impresari visibilmente scossi. Alcuni di loro erano svenuti per lo spavento.
Di fronte ad una simile scena, Ellen non poté fare a meno di rilasciare un sospiro rassegnato.
<< Avrò bisogno di molti inibitori di memoria. >>

                                                                                                                                                                      * * *

<< Fermo dove sei >> intonò il comandante degli stormtroopers, puntando il  blaster in direzione del Dottore.
Il Signore del Tempo strinse i denti. << E ora che faccio? >> borbottò, afferrando il cacciavite sonico.
Poi… accadde qualcosa di decisamente inaspettato. Una colonna di luce si alzò dalla strada sottostante.
L’atmosfera serale fu illuminata dal raggio e una voce assai familiare lo raggiunse alle spalle.
<< Lasci fare a me, Dottore. >>
<< Angel?! >> esclamò l’uomo incredulo, fissando il ragazzo che credeva fosse ormai spacciato.
Ora, l’adolescente sfoggiava un paio di enormi ali blu che gli spuntavano da dietro la schiena, simili a quelle tipicamente osservate negli schizzi dei draghi, mentre la sua figura era avvolta da una candida luce bianca.
Dopo un iniziale stupore, il capitano degli stormtroopers puntò minaccioso in direzione del rosso.
<< Non so che cosa diavolo sei, ma in nome dell’Impero ti ordino di arrenderti! >> ringhiò, mentre il resto del suo plotone alzava i blaster.
Angel si limitò a sorridere.
<< Io non credo >> fu la sua risposta, mentre chiudeva gli occhi e prendeva un respiro profondo.
Poi… accadde. L’Haōshoku fu rilasciato a piena potenza. A suo confronto, quello usato sui soldati appena pochi minuti prima non era altro che una leggera brezza. Tutti gli stormtroopers ne furono investiti e persero i sensi, crollando a terra. Rimasero solo i droidi.
Angel mise mano al ciondolo. Il piccolo monile s’ingrandì di colpo, diventando una lunga lancia cremisi, illuminata da un bagliore azzurro. Essa fu spinta in avanti e, come se avesse vita propria, iniziò a zigzagare, trapassando con precisione chirurgica tutti i nemici che avevano avuto la sfortuna di trovarsi nella sua traiettoria.
Nello stesso momento, Angel si lanciò in avanti e abbatté due droidi usando le proprie mani, spingendo i loro corpi metallici contro la superficie del tetto e mandandoli in pezzi. Pochi secondi dopo, la lancia gli ritornò tra le mani.
Di fronte a quello spettacolo, un certo Signore del Tempo si ritrovò a sorridere.
<< Sta bene, Dottore? >> gli chiese il ragazzo, atterrando ad appena pochi passi da lui.
<< Suppongo di sì. Ma tu… che cosa sei diventato?  >> gli domandò l’alieno, estraendo il cacciavite sonico e passandoglielo sopra, nel tentativo di analizzare la sua struttura biologica.
Angel lanciò una rapida occhiata alle sue nuove sembianze.
<< Be'… è una storia molto lunga, una che sarebbe meglio riprendere in seguito >> ribatté il giovane, notando che le navette di prima avevano ripreso quota.
Nel mentre, altri dieci veivoli si erano uniti alla coppia di mezzi.
<< Ti prego, dimmi che quella lancia è solo il primo dei tuoi trucchi >> commentò il Dottore, fissando la flotta con uno sguardo impassibile.
Il ragazzo ridacchiò, alzando le mani in direzione del cielo. << Non si preoccupi, ho quale altra freccia al mio arco. >>
Come a voler rispondere al suo gesto, dalla strada sotto di loro esplosero idranti, tombini e fontane. Tutta l’acqua che contenevano si sollevò verso l’altro, in direzione del tetto su cui posavano, fino a raggiunge la figura di Angel.
Il ragazzo cominciò a plasmare la massa liquida, dandole una forma simile a quella di un grande uccello, per poi scaraventarla verso le navette. I veivoli, colpiti in pieno dall’attacco, precipitarono al suolo. Al contempo, numerosi stormtrooper cominciarono a fuoriuscire dalle porte collegate alle scale dei palazzi.
<< Vediamo se mi ricordo ancora come si fa >>  disse il rosso, stringendo ambe le palpebre degli occhi in direzione dei soldati.
Prese un grosso respiro, mentre il suo corpo fu avvolto da quella che sembrava una scarica elettrica in piena regola. Poi, dalla bocca dell’adolescente eruttò una grossa saetta che si abbatté contro i militari, sbalzando i loro corpi per diversi metri.
<< Un saluto a dir poco scioccante! >> esclamò il Dottore, impressionato da quello che aveva appena visto.
Ormai poteva vederlo… quello che si trovava davanti a lui non era più il giovane pieno di dubbi che aveva incontrato questa mattina. Ora era un essere completamente nuovo, libero dalle sue catene. Un vero guerriero.
Angel gli inviò un sorriso.
<<  Allora penso che questo trucchetto le piacerà ancora di più >> disse chiudendo gli occhi una seconda volta.
All’improvviso, l’aspetto dell’adolescente cominciò a cambiare radicalmente. Il suo corpo s’ingrandì, lacerando i vestiti, fino a raggiungere i due metri e mezzo di altezza. La pelle cambiò colore, diventando blu come le sue stesse ali, mentre una lunga coda spuntò dalla parte posteriore del corpo. I piedi seguirono a ruota, assumendo l’aspetto di poderosi artigli di rapace e le unghie delle mani divennero lame gialle e acuminate. La testa si allungò, diventando molto simile a quella di un'aquila, mentre dalla nuca spuntarono un paio di grandi corna, proprio ai lati della testa.
Il Dottore osservò il tutto con sguardo rapito, analizzando i cambiamenti in ogni minimo dettaglio.
<< Solo una domanda: da che pianeta vieni? >> chiese all’improvviso, ricevendo l’attenzione della creatura.
<< Sono un soleano… be', non proprio puro, ma quasi. Sono nato sulla Terra, però >> gli rispose lui, afferrando l’uomo e mettendoselo sulle spalle.
Questi rilasciò un guaito di sorpresa.
<< Si regga forte! >> esclamò Angel, per poi spalancare le ali e prendere il volo, sparendo verso la volta celeste.
 
Pochi minuti dopo, una figura ben distinta calò nel punto esatto in cui, fino a poco tempo prima, si era svolta la battaglia che aveva messo a ferro e fuoco il quartiere.
Vorkye fissò il tutto con un cipiglio, i denti scoperti in un ringhio a malapena celato. Era arrivato troppo tardi. Poteva ancora sentire l’immenso residuo di energia generato dal risveglio del soleano, ma proprio per questo gli era del tutto impossibile identificare la scia che poteva indicargli dove fosse andato. Era come cercare un ago in un pagliaio!
<< Presto… >> sussurrò la creatura << Molto preso… sarai mio. >>

                                                                                                                                                                               * * *

Terra (Centro Imperiale) - Washington D.C. 

All’interno di un edificio non meglio identificato, vi era una stanza perennemente avvolta tra le ombre, con quattro grandi finestre che ne adornavano le pareti, e un lungo tavolo di mogano posto proprio al centro.
Al di sopra del mobilio, poggiavano alcune valigie di metallo, contenenti una quantità cospicua di banconote, illuminata solo da un numero imprecisato di televisori incastonati nel muro, che facevano da sfondo alla scena: vari uomini, vestiti tutti con abiti sgargianti e maschere da clown, e insieme con loro Spaventapasseri, Harley Quinn e Killer Croc, ad osservare la figura che stava davanti a loro. Era girata di spalle, motivo per cui era possibile intravederne solo l'abito viola e una verde chioma ribelle.
L'individuo spalancò le braccia, indicando dei rudimentali grafici apparsi sugli schermi, disegnati a matita e con diversi smile sorridenti lungo i bordi, come se fossero stati realizzati da dei bambini di cinque anni.
<< Amici, malavitosi… benvenuti alla prima valutazione trimestrale di produttività >> enunciò la figura, con un tono di voce gratturale e decisamente maschile << Come vedete dagli schermi davanti a voi, le forniture di Polvere sono ben al di sotto delle proiezioni... è una cosa alla quale noi dobbiamo porre rimedio >> terminò, rilasciando una breve risata.
Dopodiché, si girò verso il gruppo di criminali, lanciando sul tavolo un'altra valigia ricolma di soldi. Ora era possibile vederlo in faccia: un inquietante viso pallido, completamente bianco,  gli occhi verdi corrucciati e delle labbra color rosso sangue inarcate in un largo quanto inquietante e malefico sorriso.
Quest'uomo pareva un clown alla vista, ma quell'espressione sociopatica perennemente dipinta sul volto lasciava trasparire ciò che gli era davvero: il Male. Il male incarnato nell'avatar del caos. 
Lui era il capo dei malavitosi che il Team JEKP aveva affrontato quella sera, il Kingping più famoso di Battleground, ed era conosciuto con tanti nomi: il Re della Risata, Jack Napier e il Principe Clown del Crimine, ma tra tutti gli pseudonimi ve ne era uno in particolare, il più famoso di tutti... Joker.
Nessuno conosceva il suo vero nome, né se quel viso pallido e i capelli verdi fossero naturali. Alcuni dei suoi uomini più fidati, in passato, presi da impeti di coraggio, avevano provato a chiedergli delle sue origini.
Tuttavia, ogni singola volta, l’uomo si era inventato una storia diversa, affermando sempre che, se proprio doveva avere un passato... preferiva avere una scelta multipla. Non è il caso di chiedere che fine fecero i poveri sventurati, il cui unico peccato fu quello di essere troppo curiosi.
<< E per noi... intendo voi! >> esclamò l’uomo, riprendendo il discorso << Capito, razza di babbei? Ora, pretendo di sapere cosa è successo. Cosa ha fatto saltare il nostro piccolo affare innocente? Harley, Croc, prego, parlate pure, sono tutto orecchi. >>
<< Ecco, capo... >> prese parola il coccodrillo umanoide, facendo qualche passetto in avanti, << Stavamo per caricare la merce di Roman, quando sono spuntati fuori questi tizi dall’aspetto strano. Erano giovani, probabilmente apprendisti Cacciatori. Ci hanno sopraffatto nel numero e... >>
<< Avete perso il carico, dico bene? >>
<< Sì, capo... >>
<< Mmmh, e qual è la mano che non ha difeso la mia preziosa scorta di Polvere? >>
<< Ehm... questa... >> rispose il mutante, alzando la sua mano destra.
Era visibilmente confuso, non riusciva a capire dove il boss del crimine volesse andare a parare.
<< Mettila qui sul tavolo, per favore >> ordinò il Joker.
Croc obbedì e appoggiò l'arto sul bancone. Poi, nella frazione di a mala pena un secondo, la mano venne recisa di netto dal suo arto, con una mannaia fatta di puro adamantio. La creatura urlò dal dolore, tenendo stretto il moncherino per impedire all'emorragia di espandersi, il tutto contornato dalla grossa e perversa risata del suo carnefice.
<< Che vi sia di esempio! Quando vi dico di concludere un affare... chiudete il becco e concludete l'affare! >> esclamò l’uomo, conficcando la mannaia nel tavolo e passando lo sguardo su ognuno dei presenti << È chiaro il concetto? >> domandò con un ringhio, ricevendo rapidi cenni ad opera dei sottoposti.
Soddisfatto, Joker lanciò un altro sguardo al suo sicario, ancora a terra in preda a forti spasmi. Rilasciò un sonoro sbuffo e ordinò che fosse portato in infermeria per farsi medicare.
<< Ironico, adesso è il coccodrillo quello col moncherino, e non più Capitan Uncino >> commentò, scoppiando in un’altra fragorosa risata << Harley! >> urlò poi, facendo scattare la bionda come un soldato << Voglio un resoconto sull'attacco. Chi erano questi individui? Erano una gang rivale? Devo saperlo se voglio organizzare loro una... sorpresina coi fiocchi! >>
<< Ecco... non abbiamo inteso bene a quale fazione appartenessero... >> balbettò la ragazza << Non sembravano Cacciatori professionisti, quindi è possibile che facessero parte della truppa ribelle. >>
<< I ribelli? Vuoi dire che quel vecchio trombone del Dottore ha finalmente deciso di mettersi all'opera? Ma è... fantastico! >> esclamò, sedendosi sulla sua sedia girevole << Immagina la crisi che dovrà affrontare il caro Maestro riguardo a tutto ciò. E noi potremmo agire indisturbati e... perché no... contattare quel bel faccino in giacca e cravatta e vendergli informazioni personali sulla ribellione. Una guerra civile! Ecco cosa scoppierebbe! >>
Si alzò di getto e prese Harley per un braccio, portandola alla finestra, mostrandole il panorama della città: << Immagina questa galassia ricoperta di fiamme, pullulante di cadaveri, mentre noi passeggiamo allegramente tra di loro portando la nostra contagiosa risata! Ahahaahaahahaha! Ma ci deve essere dell'altro... questi boy-scout che vi hanno attaccato... avete scoperto chi sono? >>
<< Onestamente no, non tutti... uno di loro mi pare di aver capito si chiami... Kirby, o qualcosa del genere>>
Al sentire quel nome, gli occhi del Joker parvero illuminarsi di luce propria. Si incamminò lentamente alla sua postazione, dando le spalle alla bionda.
<< Kirby? Capelli rosa... un po' effemminato? >>
<< Sì, esatto. Non fosse stato per la corporatura formato armadio, sarebbe sembrato una femmina. Lo conosci, puddin? >>
Harley Quinn non poteva vederlo, ma il sorriso del Joker si fece ancora più largo del solito, talmente macabro e inquietante da gelare il sangue anche all'individuo più risoluto. Si girò verso di lei, e, per un attimo, la donna fu visibilmente tentata di correre via.
<< Il mondo è davvero piccolo, non trovi? >> ridacchò il clown, mantenendo quell'espressione raccapricciante << Kirby, il figlio del buon vecchio Meta Knight, si palesa dopo tutti questi anni e cosa fa? Sventa un piano PROPRIO del sottoscritto! Una coincidenza davvero buffa >> commentò, avvicinandosi a lei << Non sembra anche a te? >>
Detto questo, la scaraventò contro il muro, tenendola per le spalle, e scoppiando in una fragorosa e psicopatica risata, udibile in ogni angolo dell'edificio in cui risiedevano.
Harley, però, non sorrise. Era spaventata dall'uomo che amava… e quella non era la prima volta nella sua vita.
 
                                                                                                                                                                        * * *


Terra (Centro Imperiale) - Londra

Angel atterrò proprio di fronte ai giardini dell’abitazione di
Yūko. Una volta a terra, il Dottore si scrocchiò il collo e cominciò a pulirsi le orecchie.
<< Tutto bene ?>> domandò il soleano, inclinando la testa.
L’uomo compì un gesto sprezzante con la mano destra. << Sì, sì, tutto a posto, sono solo un po’ scombussolato. A quanto stavi andando? >> chiese con una lieve smorfia.
Il rosso scrollò le spalle e disse: << Circa 300 km/h. Potrei andare più veloce, ma non volevo rischiare di recarle qualche danno. >>
<< Oh, hai fatto un ottimo lavoro >> commentò l’altro, sarcasticamente.
In quel momento, un gruppo di figure ben distinte si fece strada verso di loro.
<< Ben arrivati, ragazzi >> li salutò Ichihara, con uno dei suoi enigmatici sorrisi, seguita da Mokona e dalle sue assistenti.
<< Siamo tornati >> le rispose Angel, mentre recuperava le sue sembianze umane.
La donna prese ad osservarlo con vivo interesse, passando la testa da lui al Dottore.
<< Però, sembra che sia stata una giornata ricca di eventi >> commentò, gli occhi illuminati da un bagliore consapevole.
Il Signore del Tempo rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Oh, lei non ne ha la minima idea >> borbottò, con aria stizzita.

Yūko si coprì la bocca, nel tentativo di sopprimere una risata assai poco signorile. Fatto questo, volse la propria attenzione nei confronti del Solenao.
<< Ora dimmi, giovane Angel… tu quale Calak’ant sei? >> domandò, il volto adornato da un’espressione colma d’aspettativa.
Il rosso dilatò le pupille, mentre il Dottore lo fissò con sospetto.
<< Io sono la Calak’ant bianca >> gridò allegramente Maru.
<< Io sono la rosa >> proseguì Moru.
<< Io il viola >> esclamò Mokona, saltellando sulla spalla di Yuko.
<< Io sono la nera >> finì la suddetta entità, sorridendo piacevolmente << E tu invece, Angel? Quale Calak’ant sei? >>
In tutta risposta, l’adolescente si limitò a porgerle un sorriso nostalgico.
<< Io… sono il Calak’ant blu. Al vostro servizio >> dichiarò, porgendo loro un rapido inchino con la testa.
Quasi come ad un segnale, il ciondolo che il ragazzo portava al collo s’illuminò di un debole bagliore. Di fronte a quella conversazione, il Dottore non potè fare a meno d’indossare un’espressione visibilmente confusa.
<< Perdonate, credo di essermi peso qualcosa >> si intromise, grattando la testa con un cipiglio sconcertato.
Yuko ridacchiò divertita e posò una mano sulla spalla dell’uomo.
<< Si unisca a noi per una bicchiere di sakè, Dottore. Abbiamo molte cose di cui parlare. >>

                                                                                                                                                                       * * *


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

<< La prego, signorina Marie… >> esordì Landa, bevendo un poco di tè e accennando un piccolo sorriso, onde a mostrare il suo apprezzamento per la cura nella scelta delle erbe << Non si crucci, comprendo appieno la situazione in cui si trova. Mi creda, questo giro di ispezione, quanto per me, che per lei e le altre donne… be', è una seccatura. >>
Detto questo, fece vagare lo sguardo lungo le pareti della stanza.
<< Quasi ora di pranzo, una così bella giornata… e gli infausti eventi ancora una volta ci legano a mansioni delle quali faremmo volentieri a meno >> continuò, con tono calmo e gentile.
Brevemente, i suoi occhi si posarono sul grande tappeto in velluto violetto che ricopriva la maggior parte del pavimento dalle assi in legno. Erano lucide, certo, ma anche leggermente impolverate, il che confermava la storia della meravigliosa donna che gli stava davanti.
Non si sarebbe certo attardata a pulire la stanza pur sapendo del suo arrivo, o non si sarebbe presentata con un tè pronto e la possibilità di rendere credibile la sua storia. Oppure aveva trascurato volontariamente la polvere, per rendere ancora più verosimile una storia inventata?
Al suo posto, molti avrebbero gettato una rapida occhiata alla casa, osservato le candide membra della proprietaria, e si sarebbero congedati. Tuttavia, in quell’occasione, era stata Marie stessa a farlo entrare.
Aveva detto di aspettarsi una sua visita e questo era palese, anche il più rozzo dei bifolchi avrebbe potuto prevederla. Ma allora… perché ospitarlo? Perché farlo entrare nella propria sfera privata? Era come se volesse urlare che lei non aveva niente da nascondere e che niente avrebbe trovato contro di lei.
In pratica, stava confessando di essere coinvolta. O no? D’altro canto, poteva essere cordialità e, visto che lui era influente in città, forse la donna cercava di ottenere del prestigio… non richiedendolo apertamente.
Questo lo fece sorridere. Tutto poteva essere stato fatto senza malizia o con tutte le intenzioni di fargli credere una cosa e un’altra.
<< Cosa può dirmi di ieri notte? L’ora era tarda, immagino che lei si fosse addormentata da un pezzo quando la cometa o il meteorite si è schiantato. Mi lasci  aggiungere che sono quantomeno sollevato nel vederla in salute. Qualcuno, anzi, potrebbe arrivare a pensare che, magari, lei fosse al corrente di ciò che sarebbe avvenuto. Forse ha preso le contromisure necessarie per evitare un disastro. Dopotutto, a questa distanza, l’impatto del meteorite, sempre che di un meteorite si trattasse, avrebbe dovuto spazzarle via la casa, e invece…  >>
Concluse bevendo altro tè, sempre amabile e sorridente, senza far trapelare alcuna ostilità dalla voce.
La Nosferatu sorrise a sua volta, chinando appena il capo. Un semplice gesto di cortesia, per ringraziare Landa della propria preoccupazione per lei. Ma era anche una strategia di difesa. Non aveva previsto che il comandante della milizia mettesse sul tavolo quelle carte. In una frase le aveva rivoltato contro il suo stesso alibi.
Lei non aveva pensato alle innumerevoli contromosse che quella situazione offriva al suo avversario. La sua mente lavorò veloce. In quei pochi istanti che le servivano per tirare su il capo, scrutò alla ricerca di una via di fuga. Come fare? Mostrarsi sorpresa? No, mostrare quel lato non le avrebbe giovato a nulla, anzi. Hans poteva trovare sospettoso il fatto che lei movesse delle consolazioni a tal proposito, solo in quel momento.
Avrebbe dovuto dire fin da subito che quando era tornata, poche ore prima, era stata travolta da un sollievo inaspettato nel trovare i suoi possedimenti nel medesimo stato in cui li aveva lasciati.
<< Vede, Landa, mi sono allontanata da casa appena ho sentito il boato causato dell’oggetto infrangeva l’atmosfera. In quel momento non ho pensato a nulla se non a correre il più lontano possibile da quel bagliore. Non ho idea del come la casa abbia resistito all’impatto e… posso essere sincera? Preferisco non saperlo, sono solo felice di avere ancora un tetto sulla testa >> terminò con timore reverenziale.
Sentendola dire questo, Hans annuì appena, poggiando delicatamente la tazza e osservando di sfuggita le candele che riempivano l’ambiente. Lo stelo in cera era consumato senza dubbio, ma la fiamma era recente e della cera fusa di fresco colava placidamente lungo il fianco dell’oggetto; non dovevano essere state accese da molto o sarebbero state molto più corte e la miccia più annerita dal calore.
Evidentemente, le aveva accese quella mattina, quando era tornata a casa per analizzare eventuali danni. Poi, le aveva poggiate dove probabilmente le posava ogni qualvolta doveva fare le pulizie. Inclinò appena il capo per osservare le fiammelle, mentre si piegavano dolcemente sotto gli spifferi di vento… ovvio.
<< Sa, io gradisco molto le candele… posso accendere la pipa? >> chiese con il suo solito sorriso.
<< Ovviamente, non si disturbi a chiedere. Anch’io alle volte mi concedo il vizio del fumo >> rispose l’altra, con un’espressione comprensiva.
<< Ovviamente >> commentò l’uomo, con tono gioviale << Siamo schiavi di un piccolo vizio, ma non ce ne crucciamo, eh? Ho visto uomini rovinarsi per molto meno. Ad ogni modo, stavo dicendo… adoro le candele. >>
Si alzò lentamente, mettendosi in piedi e portandosi la pipa alla bocca, accendendo poi il fornelletto con il tabacco fresco.
<< Le trovo uniche, una grandiosa rappresentazione di quella che è la vita umana, non crede anche lei? Ci pensi, signorina: nel momento massimo della loro beltà… in quel momento sono appena nate, come gli umani, puri e bellissimi quando vengono al mondo. Poi, col passare del tempo, la loro lucentezza viene meno, come le persone. Mentre scorrono gli anni della loro vita, il peccato le corrompe, cedono all’errore, al male, e quindi la loro anima si consuma, esattamente come la fiamma. E, assieme a questa, anche il corpo >> continuò, indicando la cera che colava << E, alla fine, annegano nella propria miseria… Mi scusi, devo averla annoiata >> aggiunse, dopo un brevissimo atto di silenzio.
Dando le spalle a Marie, si avvicinò alla parete opposta della stanza, facendoci scorrere una mano privata del guanto. Indugiò fra i punti di incontro fra le assi in legno e il bambù, picchiettando di volta in volta con le nocche e battendo il pavimento col tacco dello stivale.
<< Signor Landa, la prego, se vuole controllare la presenza di scompartimenti nascosti o nascondigli sotto il pavimento può dirlo. È  il suo lavoro ed è nella piena funzionalità dei suoi diritti agire in questo modo, faccia come se fosse casa sua >> disse la donna, alzandosi in piedi a sua volta e riponendo le tazze ormai vuote nel catino posto su di un mobiletto traballante in legno.
<< Mi scusi, nilady, ho effettivamente agito senza delicatezza. Ma mi creda, è mio desiderio… >> e qui si portò la mano destra al petto, chinando il capo con espressione contrita << concludere al più presto, affinché lei possa tornare al suo lavoro senza la mia presenza ad arrecarle fastidio. È solo che… proprio ora, lei mi ha messo un dubbio. Un profano del gioco vedrebbe la sua frase come una scherzosa ironia mossa dalla comprensibilissima irritazione che nascerebbe dal vedere un uomo indagare in maniera tanto… arrogante, se così posso dire, nella propria casa, e io le assicuro che se questa frase me l’avesse rivolta una qualsiasi altra donna da me interrogata mi sarei scusato e me ne sarei andato. Ma lei, Marie, lo sappiamo entrambi, non è una donna qualunque, lei è tremendamente acuta, intelligente e da quando sono in questa casa… be', non ho fatto altro che dubitare. Tuttavia, è logico dubitare in queste situazioni, è il mio lavoro dopotutto, come capo della sezione investigativa. Ma qui… sorge un problema. Non tanto nella sua ricostruzione dei fatti quanto, piuttosto… su tutto il resto. Lei è assolutamente sicura che non troverò niente, perché non c’è effettivamente nulla che io possa trovare e questo lo sapevo anche io, ha avuto di tempo per nascondere qualsiasi cosa al meglio e sono certo che mi sarebbe inutile cercare qualcosa celato dalla sua persona. Ed è per questo che mi chiedo… perché? E la risposta è improbabile, ma non del tutto. Vede, se lei avesse salvato un qualcosa venuto dal profondo dallo spazio, portato qui… cosa mi proverebbe che quel qualcosa NON potrebbe rendersi invisibile e immateriale? Nulla? Questo discorso ai più parrebbe forzato, come messomi in bocca solo per arrivare alla fine di questa pagliacciata che ha portato avanti con tanta maestria… ma io, Marie, sono abituato a muovermi così, a pensare alle cose più impossibili fino a sfidare ogni logica naturale possibile, ed è per questo che IO sono venuto qui, perché solo io sono un avversario alla portata della sua abilità nel gioco. Ma le do un’ultima possibilità: mi convinca che effettivamente tutto questo è una mia fantasia e me ne andrò con le mie più sincere scuse >> terminò con un’espressione improvvisamente seria.
Marie non attese a rispondere. Prendersi del tempo avrebbe significato far capire all’avversario che stava cercando di raccogliere delle idee, di trovare una scappatoia. Ciò avrebbe confermato tutte le ipotesi da lui formulate. Doveva continuare giocare e sperare di pescare la carta giusta.
<< Sa, Landa… ci sono delle domande che io definisco senza risposta poiché non vi è la risposta giusta. Pensateci? Cosa dovrei rispondere? Dicendo che io non so nulla, magari denigrando le vostre elucubrazioni, non farei altro che accentuarle. Ovviamente, non potrei mai darle ragione, non in senso esplicito, almeno. E dovrei forzarmi di trovare un modo per farle capire che ha ragione, che effettivamente sono coinvolta. Quindi cosa dovrei dire? Starmene zitta e ammettere una colpevolezza? Scappare? Piangere, spaventarmi per farle provare empatia quando sappiamo entrambi che lei non ne prova? No. Io dico solo che niente di ciò che potrei dire o fare le farebbe effettivamente cambiare idea, e come potrei? Faccia quello che ritiene giusto, non ho paura del destino, ho subito troppo nella mia vita per temere il domani >> finì con un sussurro.
 
Pochi minuti dopo, Landa se n’era andato. Non perché fosse convinto che la donna fosse effettivamente innocente, no, se n’era andato per poter riflettere.
Dal suo punto di vista, compiere un’azione come la distruzione di una casa, l’arresto e l’eventuale esecuzione di una persona amata dalla comunità come lo era la signorina Marie, senza una prova schiacciante, magari fornita dalla donna stessa, poteva danneggiare gravemente il prestigio presso la città di Hong Kong . I cittadini avrebbero sicuramente invocato il suo nome.
Si sfiorò quindi il mento con la mano destra e portò indietro la sedia ondeggiando sulle gambe posteriori del mobile cigolante, fumando lentamente l’amata pipa, riflettendo su quale poteva essere il modo migliore per farla cadere in trappola. Provocarla? No, quella donna sapeva mantenere il sangue gelido, non sarebbe cascata in una sciocchezza del genere.
Durante lo scorrere delle ore che passò a riflettere, rimuginò su quanto riportato dai soldati che aveva mandato ad indagare e, come si era aspettato, nessuno era tornato con notizie rilevanti, ma parlavano di ragazza spaventate che avevano pianto sui loro petti consolate di essere salve.
Era normale, pensò, buttando fuori il fumo in tanti cerchietti concentrici, tutti avevano paura…
Ma proprio tutti? Quel pensiero lo folgorò come un fulmine a ciel sereno.
Poggiando la pipa sul ripiano della scrivania, si alzò in piedi e girò attorno al tavolo, posando gli occhi sulla punta delle scarpe. Tutti avevano paura, vero, persino lui, ma era normale. Era… umano, dopotutto.
Ma Marie non era umana, lo sapevano tutti in città. Aveva sentito numerosi voci riguardo alla sua vera natura, ma nessuna prova era mai stata trovata per confermare quelle dicerie.
Lavorava al sole con tutti, agli stessi orari… eppure, non era umana, almeno secondo alcune delle donne che abitavano nella città. Le stesse donne che la ritenevano responsabile di alcune sparizioni avvenute negli anni lungo le mura di Hong Kong, sparizioni per cui nessuno era mai venuto ad indagare, dato che avevano coinvolto solo persone di basso ceto sociale.
E visto che Hans non sapeva con esattezza cosa fosse, nulla gli impediva di immaginarsela con due grandi ali, e di certo non sarebbe sfuggita davanti ad un evento come quello avvenuto la scorsa notte. Se davvero non temeva la morte, e di questo ne era assolutamente sicuro, non avrebbe avuto motivo di fuggire e anzi, magari avrebbe protetto la sua casa, l’ultimo rifugio sicuro in un mondo in cui le persone anormali erano cacciate per volere del Maestro.
Corrugò le sopracciglia, scrutando freddo il legno traslucido, sorridendo, o meglio, ghignando. Un angolo della bocca si sollevò verso l’alto e un luccichio percorse le pupille dardeggianti. Ora sapeva bene come si sentiva un leone prima di squartare la preda e divorarne le interiora. Lentamente, mentre la gazzella, ancora viva, si dimena urlando.
Aveva una prova? No, ma aveva la sua certezza e con quella certezza poteva tranquillamente rivoltare il dubbio contro Marie, spingendola a sbagliare, ad attaccare… ma senza provocare.
Dopotutto, come aveva detto la stessa donna quella mattina, era suo diritto entrare in casa sua, perquisire… fare domande e ancora domande. Pacate certo, gentili ovviamente, e proprio per questo snervanti.
Era ora di ribaltare la situazione.




Nuovi Personaggi 

Joker
Opera: DC Comics
Razza: Umano
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=YVGfu-WXPgw
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=1zyhQjJ5UgY
Autore: Alucard97


I personaggi che compaiono nella visione di Angel sono:
Vali Lucifer e Bikou da Highschool DXD;
Ice, un OC la cui specie è basata su quella di Freezer della serie Dragonball;
Mato, da Black Rock Shooter;
Il padre di Angel, un OC della razza dei soleani blu;
Scáthach, dalle serie dal Nasuverse (le serie di Type Moon)

Sono tutti a cura di Nick Nibbio. Il loro rapporto con Angel sarà ulteriormente esplorato in seguito, non vi preoccupate. 

 
  
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