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Autore: The_winter_honey    20/12/2018    0 recensioni
"Una camera stranamente vuota e silenziosa, che un tempo aveva ospitato due giovani fuggiaschi, rei di aver sognato e sperato in una vita migliore, amanti in un mondo d'odio."
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Carta, lacrime, vestiti





"Mi sembra che sia passato solo un breve istante, da quando te ne sei andato. Scrivo su questo foglio di carta mezzo strappato, perché è un po' come me. Apparteneva a qualcos'altro, un libro, un blocknoteso a un quaderno... Non lo so, so solo che adesso è sperduto, lontano da tutto ciò che gli era familiare.
Esattamente come me, in questo momento.
Appartenevo a qualcos'altro, a un'altra vita, che ormai mi è sfuggita di mano. E so che non tornerà. 
Tu non tornerai mai più."

La penna le sfuggì di mano, scivolando sul foglio fino a rotolare giù dal tavolo della cucina, mentre le sue mani si immergevano in quella massa scompigliata e disordinata di capelli scuri, lunghi fino alle scapole. Scapole nascoste sotto una maglietta larga nera, che le scendeva morbida in pieghe delicate sulla schiena curva e sul ventre, lasciandole scoperta una spalla chiara, su cui torreggiava un piccolo tatuaggio rosso fuoco. 
Una chiave di violino.
Intrecciata con una rosa nera. 
Un tatuaggio perfetto, che racconta un'unica storia, con miriadi di ricordi. Un segno indelebile di ciò che era stato e che non sarebbe mai più tornato. 
Non da lei. 
Non dalla stessa ragazza. 
Quella ragazza curva su quel foglio, con la faccia nascosta tra le mani sottili e bianchissime, segnate da effelidi appena accennate. Lui le aveva detto mille volte che erano le sue stelle, che percorrevano il suo corpo come la via lattea, appena più chiare del normale, non completamente visibili, ma meravigliose per uno sguardo attento come il suo. Stelle che non saranno più sfiorate da nessuno. Perché lei lo sa. 
Nessuno avrà più il permesso di entrarle nel cuore e di spezzarglielo. Non riuscirebbe più a sopportarlo, a resistere a un dolore del genere, perché è sempre stata una ragazza forte, ma non così forte. 
Un tempo lo aveva creduto, ma ormai a nulla poteva portarla ricordarsi dell'altra sé stessa, perché in realtà si cambia già quando ci si innamora di qualcun altro. Di qualcuno che avrà sempre un posto dentro di te, perché si è conficcato così affondo nel tuo cuore che uscendovi ha lasciato qualcosa oltre a un foro, e ha preso quella parte di te che ormai ti mancherà.
Per sempre.
Le tremano le mani mentre le scosta dal viso, ricordando un abbraccio che avrebbe potuto rimettere assieme tutti i frammenti che ormai custituivano il suo cuore. Un abbraccio caldo, che unisce e ricostituisce. 
Si alza dalla sedia, accartocciando il foglio di poco prima.
Gli occhi sono ormai asciutti, hanno versato tutte le lacrime che gli dovevano, che le erano state concesse. 
A lei che da sola aveva mandato a rotoli tutto, come sempre. 
Quante volte si era ripromessa di pensare prima di aprire quella dannata bocca? Quante volte aveva giurato che si sarebbe data una calmata? 
Ma quante volte, Lui le aveva detto che avrebbe messo la testa a posto? Che avrebbe smesso di lasciare in giro calzini o vestiti come se facessero parte dell'arredamento? Quante volte le aveva promesso che ci sarebbe stato sempre?
Quante volte si erano urlati contro, per poi baciarsi e chiedersi scusa reciprocamente, nel modo in cui solo loro sapevano e riuscivano a fare? Ormai non si contavano più sulle dita. 
Erano cresciuti praticamente insieme, solo in due vite completamente opposte. 
Lei con il viso da angelo, ma le ali spezzate, i segni sulla pelle come ricordo e monito. Monito di una vita basata sul sopravvivere.
Una famiglia che non l'aveva mai voluta, un padre violento, una madre priva della forza necessaria per proteggerla, un fratello morto troppo presto...
Ricordava perfettamente quella mattina di maggio, in cui aveva deciso di darsi alla fuga, ne aveva parlato solo con Lui.
Lui con gli occhi della notte, ma il sorriso rubato al sole. 
Un futuro incerto, ma deciso. Un futuro che, come le aveva detto lui stesso, non sarebbe mai potuto esistere senza di lei. Una famiglia troppo numerosa per poterlo mantenere, ma piena d'amore che le aveva fatto capire che la "vita" come la viveva lei non era vera vita. 
Era solo sopravvivenza.
Eppure quella sopravvivenza le era rimasta addosso, come una seconda pelle, le aveva formato il carattere rendendola difficile, alle volte intrattabile, scostante, irrazionale... Con quella voglia di ribellione che ormai l'avrebbe per sempre accompagnata e rovinata. Perché le stava portando via l'unica persona che l'avesse mai capita, l'unica che la conoscesse davvero.
E lei non poteva fare nulla se non andare di là, far scorrere l'acqua della doccia, prima di immergersi sotto la cascata bollente, per sentirsi meglio.
Rilassare i muscoli. 
Riprendere a respirare. 
Inizialmente aveva avuto paura. 
Paura dei ricordi che erano ancora vividi nella sua mente, ma poi Lui le aveva fatto capire di essere al sicuro, lì dentro. 
Posò le mani sulle piastrelle levigate di un blu oceano splendido, ricordando la sensazione fredda sulla sua pelle, i brividi mentre le labbra che tanto amava la percorrevano, sostituendo i segni di violenza con la delicatezza di un amore puro, vero, cristallino. Ricordava il suo respiro contro al collo, mentre le mormorava che ora ci sarebbe stato lui con lei, che poteva anche lasciarsi andare per una volta.

Essere solo una ragazza, la bambina che non era mai stata, non la donna cresciuta troppo in fretta.

E lei avrebbe voluto esserlo per una volta. Lasciarsi andare. 
Le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue guance senza che lei se ne accorgesse, miste con l'acqua bollente della doccia, ma vere, reali, vissute. 
Ogni lacrima, un ricordo.
Ogni singhiozzo, un segno più leggero sulla sua pelle. 
Fino a lasciarsi andare per la prima volta, cadere in ginocchio sulle piastrelle bagnate, con il volto rivolto verso l'alto senza vedere nulla. Gli occhi chiusi, il respiro incastrato tra quelle labbra carnose e rosse, forti delle loro ragioni e bisognose dei suoi baci. Baci che avevano il potere di sciogliere quel nodo che le si era costituito in gola, che la faceva sentire vulnerabile
Uscì dal bagno tremante, avvolta appena da un asciugamano striminzito, per rifugiarsi in camera. 
Una camera stranamente vuota e silenziosa, che un tempo aveva ospitato due giovani fuggiaschi, rei di aver sognato e sperato in una vita migliore, amanti in un mondo d'odio.
Un mondo che alla fine aveva vinto su di loro. 
Le mani si immersero tra i vestiti appesi nell'armadio, dalle stoffe diverse, dopo che si fu infilata l'intimo. Lo specchio su un anta le rimandó la figura slanciata e leggermente in carne di una ragazza sui ventitré anni. I capelli che prima erano stati una criniera disordinata, ora gocciolavano appiccicati alla sua pelle pallida. Le labbra carnose tremavano lievemente, ma non per il freddo, era abituata a fare così persino in inverno. 
No, tremavano per i ricordi felici e meno che quella stanza le suscitava. 
Tremava per quello che era successo quella mattina. 
Tremava per la mancanza, la perdita, l'abbandono. 
Tremava per l'amore che non avrebbe mai potuto dare. 
Si vestí velocemente, aggiungendo un felpone che le arrivava a metà coscia, pesante, di un rosso scuro. Aveva l'odore amaro del caffè e quello forte della liquirizia, inebriante e particolare allo stesso tempo. 
Ricordò la persona a cui apparteneva, stringendo gli occhi...

- È finita. -
La camera era crollata nel più assoluto e pesante dei silenzi. Era una stanza non troppo grande, ma sufficiente per far vivere un amore, un sentimento che iniziava tuttavia a farle male. Male come quei dannati fogli che le mani del ragazzo stringevano, che quegli occhi verdi fissavano, muti, e che ora si erano sollevati a guardarla. E la guardavano con dolcezza. 
Una dolcezza che la feriva come o peggio di mille pugnalate al cuore, al ventre. 
Una dolcezza che avrebbe voluto poter ricambiare, ma con cosa? Si sentiva così vuota. Priva di qualsiasi cosa che avrebbe mai potuto donare, lei non poteva farlo. Non avrebbe mai potuto dargli nulla di quello che Lui voleva, di quello che lei sognava di avere. 
- Tesoro...- si era alzato, con la sua massa imponente e protettiva, prendendole delicatamente una mano e avvicinandola a sé, ma lei si era sottratta di scatto. 
Si sentiva troppo sbagliata. 
Si sentiva in errore, come una bambola difettosa che per uno scherzo del destino non era stata scartata fin da subito. Una persona che non avrebbe mai potuto avere qualcosa di così normale, che non le era mai stato concesso, e che non avrebbe mai potuto costruirlo. 
Non lei. 
Mai. 
- Ehi piccola, non è finito proprio niente...- aveva riprovato, con una voce così tenera, pareva che stesse cercando di convincere un bambino a mandare giù una medicina amara. 
Ma in realtà stava parlando solo con lei. 
E lei... Lei non era mai stata una bambina, le parole dolci non la incantavano, sapeva riconoscere le bugie velate, le speranze vane.
- Invece, sì. È finita. Te lo sto dicendo adesso. È finita, perché non potrà mai iniziare.- la sua voce era aspra, ma improvvisamente divenne piatta, incolore, lontana - E non trattarmi così, non ho bisogno della tua pietà. 
- Pietà?- gli occhi gli si erano sgranati per lo stupore, mentre qualcosa aveva scintillato sullo sfondo. Irritazione. -Ti sembra che io possa provare pietà di te? Io ti amo, e ti sto dicendo che non sono disposto a perderti per questo. Non sono disposto a sentirti dire che "è finita"! 
- Ma è vero!- aveva gridato lei, prima di aprire l'armadio e tirare fuori dei vestiti, sotto il suo sguardo basito. 
- Che diavolo stai facendo, Jen
- Me ne vado...- aveva affermato, fredda. 
- Ah... è così che reagisci? Scappi? E dov'è finita la ragazza con le palle, che rimane e affronta i problemi, eh? Dov'è finita quella che non si tira mai indietro quando c'è da discutere? Quella ragazza con le palle, che non scapperebbe mai in questo modo? Quella che starebbe qui con me, che risolverebbe tutto. Dov'è?- l'aveva afferrata con delicatezza per le spalle, per obbligarla a guardarlo, ma lei era trasalita, lasciando cadere tutto e alzando le braccia. 
Ma stavolta non era per spingerlo via, era per proteggersi. 
Per un istante si era dimenticata di dove fosse e aveva ceduto all'istinto dei ricordi. 
Lui si era allontanato di scatto e l'aveva guardata, ferito.
Quegli occhi...

Si decise a chiudere il borsone sul letto, ma poi rimase ferma a fissarlo per lunghi istanti. L'aveva voluto lei, non riusciva più a sopportare tutto quello che la circondava, quella promessa che non avrebbe mai potuto mantenere. Quei sentimenti tanto potenti quanto letali, che ormai la stavano avvelenando da dentro. 
E la voragine nel suo ventre diventava sempre più ampia, più dolorosa. 
Perché l'aveva perso, lo stava perdendo per sempre. 
E non avrebba mai potuto ricevere niente. 
Lui era stato tutto quello che aveva sempre voluto, ma ora l'aveva gettato al vento. Aveva gettato al vento quel noi che non sarebbe mai più esistito. 
Borsone in spalla. 
Mano sulla porta. 
Avrebbe voluto salutarlo per un'ultima volta. 
Ma poi la porta le fuggì di mano rivelando la presenza di un ragazzo sulla soglia. E non era un ragazzo qualsiasi. Le spalle ampie come i capelli scuri erano grondanti di pioggia, la mani calcate nelle grosse tasche della felpa, il viso che si pietrificó, guardandola. 
Poi fece un passo avanti, lasciando che la porta gli si chiudesse alle spalle, con un unico suono. 
Un tonfo sordo, simile al borsone che era caduto per terra.

E il rumore di due respiri che divenivano uno solo.

 
  
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