Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Ily Briarroot    22/12/2018    1 recensioni
#1) [Fanfic partecipante al "Contest Calendario dell'Avvento" della pagina Facebook "The writing spell"]
Shiho chiuse il portatile con un gesto rapido, conscia del fatto che ormai non sarebbe riuscita a lavorare.
Quando lui tornò con la tazza fumante tra le mani, le si sedette accanto e iniziò a parlarle, mentre qualcosa si scaldava anche nel suo petto.

#2) [Fanfic partecipante al "Christmas is Flash Contest", indetto da Freeshane sul Forum di EFP]
Shinichi le passò la tazza di cioccolata, facendo attenzione a non scottarsi. Il solo contatto con la bevanda calda riusciva a rasserenarlo dal freddo pungente.
Shiho era seduta sulla sedia pieghevole della veranda, lontana dalle mille voci che si sovrapponevano l'una sull'altra nel salone della villa. Lontana dagli occhi indiscreti e dalla vita degli altri, dai sentimenti e da tutto ciò potesse farle del male.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Tooru Amuro | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rinascita



Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato, in attesa di vedere scendere dal cielo i fiocchi di neve previsti da almeno tre giorni.
Il freddo penetrava attraverso gli spifferi delle finestre e, oltre i vetri sottili, il cielo appariva bianco e malinconico.
Nonostante ciò, l'agenzia era vuota e Shiho non poteva che esserne sollevata; aver accettato di tornare in quell'ufficio per recuperare alcuni documenti non era stato semplice, dal momento che non aveva mai avuto voglia di avere a che fare con scartoffie e simili e, soprattutto, con il rischio di incontrare Kogoro sull'orlo della disperazione per qualche caso che non riusciva a risolvere o, peggio, la figlia.
Non che avesse qualcosa contro Ran, ma il conflitto interiore che percepiva dentro sé quando la vedeva le creava un disagio enorme, dal quale sperava ogni volta di fuggire.
Shiho sospirò, raccogliendo l'ultima cartelletta verde rimasta sulla scrivania. Eppure era stata chiara: non avrebbe accettato un lavoro da segretaria, né in ufficio. Ma ormai le era perfettamente chiaro che non importava più, perché quando il suo interlocutore aveva bisogno di un favore - come quest'ultimo lo definiva - lei andava, puntuale come un orologio.
La giovane donna sorrise appena mentre raccoglieva la borsa. Varcò ancora quella soglia, stavolta per uscire, e percorse velocemente la rampa di scale dopo essersi accertata di aver chiuso bene la porta con le chiavi di scorta.


«Sì, pronto?».
Una voce che conosceva bene risuonava oltre l'edificio. Shiho prese il secondo mazzo di chiavi e spalancò il cancello, percorrendo poi il vialetto.
«Certo, mi dica pure. Sono il detective Shinichi Kudo».
La ragazza lesse la targhetta sulla porta con il suo nome per l'ennesima volta, prima di spalancarla.
Quando entrò nell'ufficio e lo vide al telefono dietro la scrivania, gli angoli della bocca le si incurvarono leggermente. Era bello, doveva ammetterlo. Vestito bene, la camicia bianca e la cravatta blu lo rendevano quasi un ragazzo d'altri tempi.
«D'accordo, se le vengono in mente altri dettagli non esiti a comunicarmeli. Grazie mille, buona giornata».
Shiho aveva appena posato tutta la documentazione sulla sua scrivania, senza dire una parola. Anche quando lui mise giù la cornetta, non gli parlò subito, anzi. Rimase a guardarlo negli occhi, durante istanti di silenzio nei quali si misero solo a osservarsi e, anche così, riuscivano a dirsi ogni cosa.
«Allora? Sei riuscita a trovare tutto?».
La sua espressione sghemba non potè fare a meno di irritarla.
«Sì, ma quando ho accettato di lavorare per te-»
«-con me» la corresse lui, fingendo la massima indifferenza.
«Con te? Chi è il capo qui? Chi è il famoso investigatore che preferisce l'azione alla burocrazia e che, per questo motivo, lascia le scartoffie alla sua aiutante?».
«Sei esagerata» rispose tranquillo Shinichi, posando entrambe le mani dietro la nuca. «Solo perché l'agenzia è mia non significa che sono il tuo capo. Sai perfettamente che sarei perso senza il tuo aiuto... e da un bel po' di tempo, ormai».
Nonostante fossero passati due anni dalla loro lotta contro i criminali che avevano reso a entrambi la vita impossibile, per il ragazzo era ancora sin troppo difficile esternare i propri sentimenti, anche verso di lei.
«Ecco perché sono diventata la tua segretaria e assistente».
«Partner» la corresse di nuovo, stavolta ridacchiando.
«Sì, certo. Partner, aiutante, quello che vuoi... comunque, pensavo di essere stata chiara riguardo il mio lavoro in agenzia. Preferisco essere la tua... partner... da fuori».
«Lo so, scusa. Avevo proprio bisogno di quei documenti, non ho potuto fare altro che chiederti una mano. Grazie mille» le rispose, scribacchiando qualcosa su un pezzo di carta. «Hai visto Ran?».
Shiho gli lanciò un'occhiata veloce, istintiva, prima di rispondergli.
«No, penso sia a casa a prepararti i biscotti di Natale. Come una perfetta mogliettina devota» gli disse senza la minima enfasi, poggiando la borsa sulla poltroncina accanto alla sedia. «Sei incredibile, Kudo. Pensi a lei anche quando lavori».
«Dai, smettila. Non è la mia mogliettina»
«Oh, beh. Di questo passo lo diventerà presto».
Il silenzio scese di colpo nella stanza, palpabile e pesante. Shinichi era ancora intento a scrivere, mentre l'amica lo osservava senza vederlo realmente.
Fu lui a parlare di nuovo dopo un paio di minuti.
«A proposito, volevo parlarti di una cosa» iniziò con espressione colpevole, forzando un sorriso. «Sai che quest'agenzia investigativa collabora con quella di Kogoro, no? Lui e Ran hanno deciso di organizzare una festa di Natale invitando un bel po' di persone e, di conseguenza, dovremmo partecipare anche noi».
Shiho inarcò un sopracciglio, immobilizzandosi qualche istante. Lo guardò in volto, accertandosi che il giovane detective burlone che aveva davanti non le stesse facendo uno scherzo. Ma comprese la veridicità delle sue parole quando notò la sua espressione mutare velocemente.
Era rassegnato.
«Ti si è raffreddato il cervello stamattina, Kudo?» gli chiese distaccata, percependo un brivido lungo la schiena. «Cosa ti fa pensare che io abbia voglia di partecipare a una festa? Oggi sono venuta qui solo per farti un favore, ma non sono ingenua. Avevo capito la tua intenzione di farmi uscire di casa con una scusa qualunque e non perché ne avessi davvero bisogno. D'altronde, avresti potuto farti portare quei documenti da Ran, no?».
Shinichi sgranò leggermente gli occhi, colto in flagrante. Avrebbe dovuto aspettarselo da una come lei, ma aveva deciso di provarci in ogni caso. Al limite lo avrebbe mandato al diavolo, come già stava facendo.
Ma non gli importava, non stavolta.
Vedere la porta della sua stanza chiusa, con Shiho rintanata in qualche angolo della sua camera da oltre un mese, gli aveva dato una spinta sufficiente per cercare di farla reagire.
Il dottor Agasa gli aveva chiesto aiuto molte volte, quando non la vedeva mangiare o nelle lunghe ore in cui non metteva piede neanche nel salone di casa.
Shinichi l'aveva vista così soltanto anni prima, a causa della paura per gli uomini che volevano ucciderla. E, adesso che la situazione era tornata insostenibile da affrontare da sola, si era chiusa di nuovo in se stessa. Non poteva permetterglielo ancora.
«Lo so, ne sono consapevole. Ma è meglio così che stare chiusa in casa, no?».
Shiho non gli rispose; si rabbuiò, abbassando lo sguardo, senza riuscire a reggere nuovamente quello di lui. Il suo corpo fu colto da un tremore strano, un peso in gola che ostentava a scomparire e che rimaneva lì, fisso, facendola soffocare.
Shinichi la guardò, ammorbidendo lo sguardo. Cercò di incrociare i suoi occhi verde mare abilmente nascosti dalla frangia ramata.
«Dovresti cercare di guardare oltre, la vita va avanti».
Di colpo, la ragazza percepì le gambe cedere. Si sedette sulla sedia davanti alla scrivania, arrivando alla sua stessa altezza adesso. Respirò a fondo, realizzando quanto male le stesse facendo quel discorso.
«No, non mi va di farlo di nuovo».
Il detective comprese al volo il suo stato d'animo, ascoltò quelle parole non dette e il suo desiderio di scappare che ogni tanto tornava alla ribalta.
«Vieni con me alla festa. Sarà una buona occasione per distrarsi» la incitò, facendole l'occhiolino. La vedeva ancora fragile dopo tanto tempo, sotto quella maschera che non sempre riusciva a celare la profondità del suo essere donna.
«No, Shinichi» gli rispose, scuotendo appena la testa. «Non c'è bisogno che ci sia anche io. Vai tu e divertiti, ho solo voglia di tornare a casa».
Si alzò dalla sedia in modo composto, ma fugace. Non fece in tempo a dirigersi verso la poltroncina dove aveva precedentemente lasciato la borsa, perché Shinichi si era sporto verso di lei e le ora le stava tenendo il polso con decisione.
«Non ti tormenterò più con i documenti, promesso. Però vieni anche tu, fai una prova» le disse più serio, attento a ogni sua possibile reazione. «Non puoi trattarti in questo modo. Non puoi passare il tuo tempo a deprimerti in quella stanza, né puoi evitare di mangiare. Soprattutto ora, lo sai».
Shiho sollevò finalmente lo sguardo, totalmente stupita dalle sue parole. Sentì le sue dita allentare la presa, probabilmente convinte del fatto che non sarebbe più scappata.
Rimase in piedi, a disagio, sfiorandosi appena il ventre accentuato con la mano libera.
«Tentare non costa nulla, no? Nel caso puoi sempre tornare indietro. Quindi, sei con me?».
Si specchiò nei suoi occhi blu, bellissimi e profondi. Solo quelli le diedero la forza per annuire, annullando ogni sorta di conflitto interiore.
Forse Shinichi aveva ragione.


Il detective aveva deciso di offrire a Mouri la sua villa quale location perfetta per la festa di Natale e nulla si poteva dire a riguardo.
Casa Kudo era decorata per l'occasione: la ringhiera era ornata con fili di luci colorate che funzionavano a intermittenza, così come quelle in giardino, tra i cespugli. Il grande salone, invece, vantava un enorme albero di Natale posto accanto alla libreria e, con le luci soffuse del soffitto, creava pienamente l'atmosfera adatta a una festa natalizia.
Shiho varcò la soglia molto lentamente, un passo dopo l'altro, senza osare. Si fermò appena dopo l'ingresso, senza muoversi, e neanche fece caso agli sguardi indagatori rivolti alla sua figura slanciata dal vestito blu sopra le ginocchia. Non si tolse il cappotto bianco, ancora titubante sull'andarsene a gambe levate da quell'ambiente pieno di gente sconosciuta.
Riuscì a notare Shinichi in mezzo alla folla che chiacchierava rilassato con gli invitati che si complimentavano mentre Ran, alla sua destra, lo teneva a braccetto.
I volti tranquilli e felici, in quel clima festoso che si respirava da ogni dove, erano l'esatto contrario di ciò che provava lei.
Abbassò lo sguardo e si voltò con l'intenzione di uscire dalla porta, quando il ragazzo fece in tempo a vederla e la raggiunse in fretta, da solo.
«Ehi» le disse, afferrandole il polso prima che potesse sparire oltre la porta socchiusa. «Aspetta! Perché non rimani?».
Shiho si voltò, stupita. Non lo aveva neppure visto raggiungerla.
«Shinichi, per favore... » lo implorò, mentre il suo intero corpo cominciava a tremare. Non poteva controllarlo, così come il respiro che le si mozzava nei polmoni ogni volta che percepiva troppe persone intorno.
«Ascoltami! Fidati di me».
«Questo non è il mio posto» concluse lei, specchiandosi ora nei suoi occhi. Si aspettò una risposta dura, eppure il volto di Shinichi assunse un'aria decisamente confortante.
«Vieni a prendere qualcosa di caldo, dai. Hai mai visto il cortile di casa mia dalla veranda?».
La ragazza s'interruppe, del tutto stupita. Poi sorrise sinceramente. Il primo vero sorriso dopo mesi.
«Hai una veranda?».

«Tieni. Attenta, è bollente».
Shinichi le passò la tazza di cioccolata, facendo attenzione a non scottarsi. Il solo contatto con la bevanda calda riusciva a rasserenarlo dal freddo pungente.
Shiho era seduta sulla sedia pieghevole della veranda, lontana dalle mille voci che si sovrapponevano l'una sull'altra nel salone della villa. Lontana dagli occhi indiscreti e dalla vita degli altri, dai sentimenti e da tutto ciò potesse farle del male.
Nonostante il cappotto ancora sulle spalle e gli stivaletti pesanti, il detective le aveva posato addosso due coperte pesanti, riservandone un lembo per se stesso.
La ragazza prese la tazza con entrambe le mani, prima di ringraziarlo per le premure - seppur particolari - del giovane.
«Hai ragione, è proprio bello stare qui» gli confessò, stendendo il sorriso malinconico. Bevve un sorso di cioccolata, godendosi la quiete di quel momento.
«Hai visto? Ti avevo detto di rimanere. Qui non c'è nulla da temere».
Shinichi le si sedette accanto, coprendosi a sua volta.
«Ho pensato che fosse arrivato il tempo per riprendere in mano la mia vita» confessò, percependo il calore piacevole della tazza. «Ma la verità è che non ci riesco. Sono venuta qui solo perché me lo hai chiesto tu».
Il detective le lanciò un breve sguardo, cogliendo il significato di quelle parole. Un significato che conosceva già, ogni volta che lei aveva deciso di rimanere chiusa in casa.
«Non ti piace il Natale?» le chiese poi, sinceramente incuriosito da quegli occhi spenti e solo a tratti illuminati dalle luci soffuse e colorate.
«No, non è quello. Da piccola lo festeggiavo con mia sorella, vedi... in America si usa più che qui» spiegò, mentre si poteva notare il suo fiato dal freddo. «Lei aveva sempre qualche regalo in più per me. Nonostante fossimo solo noi due, mi sentivo appartenere a qualcuno. Mi sentivo importante, parte di una famiglia. Adesso avrei voluto, ma non è più così».
«Adesso hai qualcun altro a cui puoi tramandare la magia del Natale, no?».
Shinichi sorrise dolcemente, indicandole il ventre arrotondato con un cenno della testa. Shiho lo imità di riflesso, sospirando appena.
«Avrei voluto, ma... c'è sempre qualcosa che manca nella mia vita. Ho perso tutti coloro che amavo. Prima Akemi, adesso Rei... sempre per colpa mia».
«Ehi, ascoltami».
Shinichi le si avvicinò, accovacciandosi appena sulla sedia nel tentativo di raggiungere la sua altezza. Si specchiò in quelle iridi profonde, prima di continuare.
«Non è mai stata colpa tua. Non sapevamo dove si fosse nascosto Gin».
«Ma avrei dovuto prevedere che mi avrebbe cercata e trovata. Per questo motivo è colpa mia».
«La colpa è di quel pazzo criminale che-».
«-Kudo, è colpa mia! Lui voleva colpire me».
«Rei lo ha fatto per proteggerti, è stata una sua scelta. Voleva proteggere te e la sua futura famiglia, davvero non lo capisci?».
Shiho si bloccò di colpo, mentre il magone le si bloccava all'altezza del petto.
«E tu come puoi saperlo?».
«Davvero non ci arrivi? È la stessa cosa che sto cercando di fare da quando ti ho conosciuta... proteggerti».
«Non farlo» disse freddamente Shiho, trattenendo a stento il tremolio della voce. «Non farlo o finirai anche tu come loro. Chiunque io ami sembra sia destinato a fare una brutta fine».
Sapeva benissimo che il tempo trascorso era troppo poco per un cambiamento, eppure riuscì ad ascoltare le parole di Shinichi, ancora una volta. Un Natale che non significava più nulla; non avrebbe mai potuto farsi coinvolgere dagli eventi, quando aveva ancora davanti agli occhi l'immagine di quell'assassino che le puntava addosso la pistola e il giovane uomo di cui si era innamorata pararsi davanti a lei in meno di un istante; ricordava il corpo di quest'ultimo cadere in avanti, di aver seguito la scena quasi a rallentatore, con il cuore palpitava affannato.
Gli aveva stretto la mano, si era macchiata la pelle con il suo sangue.
Rei non era riuscito a parlare, ma sembrava non voler mostrare la propria debolezza neanche in quella situazione. Le aveva appoggiato una mano sulla guancia, sussurrandole poche parole. Le più impegnative, quelle che avrebbero significato qualcosa solo con lui al suo fianco.
"Stai... stai tranquilla, è finita".
Dopodiché, il suo braccio era caduto al suolo e Rei non aveva più accennato alcun movimento.
Shiho aveva forse iniziato a piangere, aveva urlato, facendo poco caso al corpo inerme del criminale steso a terra più avanti. Un contatto caldo sulle spalle, due braccia che l'avvolgevano: Shinichi aveva cercato di trascinarla via da quel dolore, con l'intento vano di calmare quei singhiozzi bruschi. 
Piena di quei momenti, di quella sofferenza, il Natale scivolava via in un attimo. Non c'era nulla a tenerla in piedi, neanche quella festa particolare che aveva sperato potesse esserle d'aiuto.
«Non dire così» mormorò Shinichi, rompendo il silenzio, «non sei sola, ricordi?».
Lei non rispose, senza la minima voglia di ascoltare oltre. Si sentì stupida per aver accettato l'invito e ancora di più per essere rimasta.
Il detective le poggiò una mano sulla spalla, probabilmente senza capire fino in fondo.
«Io vado dentro, tu stai quanto vuoi» dichiarò, appoggiando la sua tazza sul tavolino accanto a loro. «Non prendere troppo freddo».
Shiho annuì, seguendolo con lo sguardo mentre si allontanava. Non avrebbe mai potuto pensare che lui rimanesse lì tutta la sera, quando Ran - la sua fidanzata Ran - era sola all'interno della villa. Una volta, nel momento in cui si erano trovati nella stessa situazione di prigionia in un corpo da bambini, si erano assomigliati. In un certo senso, la loro vicinanza era palpabile, erano uno l'appoggio dell'altra.
Ma adesso non era più così, preda del tempo e delle situazioni che trascorrevano senza tregua.
La solitudine di quel silenzio le confermò di essere da sola, ancora una volta. Da quell'angolazione riusciva a vedere le famiglie unite, gli amici insieme, la felicità negli occhi dei presenti.
Forse, il suo destino era sul serio quello di continuare da sola, di andare avanti per forza, in un modo o nell'altro.
«Sai, Shinichi... ».
Lui sentì appena il suo tono di voce basso e si fermò sul posto, il cuore stranamente palpitante, un cuore pieno di preoccupazione e di voglia di lottare per non lasciarla di nuovo nell'oblio. Si voltò appena, osservandola con la coda dell'occhio e attendendo.
«Forse non è il caso di dirlo proprio a te, visto che dentro c'è Ran che ti sta aspettando. E che ti ha sempre aspettato» mormorò Shiho, chinando il capo. «Ma credo sia arrivato il momento di lasciar perdere tutto. Ti ringrazio per ciò che hai fatto per me e anche il dottor Agasa. Però mi sono accorta che amare è una grossa responsabilità, perché rischi di perdere molto, alla fine. E io non voglio più rischiare».
Il ragazzo sospirò, riflettendo. Si aspettava da lei un discorso del genere, ma non credeva glielo avrebbe mai confessato. L'aveva vista prendere la decisione di andarsene molte volte e in modi differenti; ma lui glielo aveva impedito. Le aveva trasmesso il coraggio necessario per combattere, le era corso dietro senza esitazione quando pensava che avesse preso il primo treno per andare via.
Adesso era seria, ancora di più. Lo sentiva.
Tornò da lei e le si inginocchiò davanti, poggiando la mano sulla coperta pesante.
«No, non è così... la vita è breve. Rompi le regole. Perdona in fretta. Bacia lentamente. Ama veramente. Ridi incontrollabilmente e non pentirti di niente che ti abbia fatto sorridere» le spiegò, arrossendo lievemente. Si stava concentrando sui propri pensieri per cercare di risolvere la situazione, di darle di nuovo il modo di non arrendersi. Shinichi Kudo era cresciuto e quelle frasi erano rivolte solo a lei. «Non avere paura di provare certi sentimenti perché sarebbe come non vivere. E tu devi farlo, mi hai capito? Se non per me, per lui».
Shiho sollevò di scatto la testa, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. Non poteva essere sul serio la stessa persona con la quale aveva condiviso lo stesso destino per più di due anni.
«Sei veramente tu o è davvero il freddo a farti agire in questo modo?» gli chiese ironica, sorridendo. «Non ti immaginavo capace di tanto».
«Ehi piccolo, hai sentito cosa mi dice?» rispose Shinichi, posando la mano sulla coperta all'altezza del suo ventre. «Mi raccomando, non prendere da lei».
La giovane donna rise appena, ancora un po' confusa da quel comportamento. Dopodiché si tranquillizzò, scrutandolo.
«È ancora troppo piccolo perché tu possa sentirlo».
«La cosa importante è che lui senta me».
Risero e i loro sguardi in quel momento s'incrociarono. Gli occhi blu di lui in quelli verdi di lei, entrambi luminosi e pieni di un rinnovato sentimento d'affetto.
«Rei era felice di avere questo bambino, vero?».
«Sì... » gli rispose, mentre il senso di soffocamento la costringeva a respirare profondamente. «Sì, lo era».
Bastava ricordare quegli occhi azzurri pieni di entusiasmo, la premura con la quale le faceva mille domande ogni volta. Avrebbe voluto ricordarlo sempre così.
«Coraggio, adesso torniamo dentro prima di prenderci una polmonite» ordinò l'amico, porgendole la mano. «Non voglio che la mia partner si ammali proprio in questo periodo, con il lavoro che c'è da fare».
La ramata iniziò a seguirlo e inarcò un sopracciglio. Dopodiché si fermò, sfoggiando il migliore sorriso che avesse potuto mostrare.
«Ehi, Kudo» lo chiamò, aspettando di avere la sua attenzione, «grazie».
Ora riusciva a sentirlo un po' di più, lo spirito del Natale, come il senso di serenità che provava ogni volta attraverso la sua presenza.
Non aveva bisogno di altro, non ancora.
«Buon Natale, Shiho».
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Ily Briarroot