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Autore: meiousetsuna    22/12/2018    6 recensioni
Terza classificata nel fantastico contest di mystery_koopa: Senza tempo
Si tratta di riscrivere un avvenimento storico con un what if? che ne cambi la fine. Il mio pacchetto ha previsto la fuga di Maria Antonietta a Varennes.
[Personaggi: Maria Antonietta, la famiglia reale, personaggio a sorpresa]
Gli accadimenti precedenti il segno [o] sono reali . Anche nella parte “what if?”, le indicazioni geografiche restano tutte reali, e anche il secondo flashback in corsivo contiene informazioni vere.
Dal testo: Mentre il mezzo procedeva lento, la donna aveva spostato una tendina, approfittando del buio. Il cielo le stava sorridendo con i suoi infiniti occhi brillanti, o si prendeva gioco di lei? Il momento della sua nascita era governato dalla costellazione dello Scorpione, mentre il Cancro era alto sull’orizzonte, minacciato da Marte, pianeta aggressivo in opposizione al gran malefico, Saturno, che stazionava nel Capricorno. Rovesci di fortuna, morte violenta e vedovanza precoce. Sua madre non aveva mai ammesso un astrologo a corte, considerandoli ciarlatani da fiera, ma lei in seguito aveva avuto modo di ricredersi. Era molto che non ci ripensava, ma quella notte tutto era alterato, ogni segnale appariva una mossa del destino sulla scacchiera della sua esistenza.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Terza classificata nel fantastico contest di mystery_koopa: Senza tempo, che consiste nel creare un what if? che cambi la fine di un noto avvenimento storico.

Tutti gli accadimenti precedenti il segno [¤] sono reali (anche se non ogni frase pronunciata dai personaggi, perché non sono tutte riportare in modo accurato). Anche nella parte “what if?”, le indicazioni geografiche restano tutte reali, e anche il secondo flashback in corsivo contiene informazioni vere.

Hecubam-reginam

La pesante berlina verde con le ruote e i mozzi verniciati di giallo limone avanzava non senza difficoltà sul selciato danneggiato della strada che dal bivio di Viels-Maisons portava dritta verso Montmirail. I sei cavalli bai proseguivano la loro marcia sbuffando dalle narici sensibili, schiumando appena dalle bocche irritate a causa dei finimenti. L’ultima sosta era stata decisamente lunga, lasciandoli liberi di dissetarsi e pascolare con gli steli verdi di giugno, mentre le persone che viaggiavano trasportate dalle loro zampe salde e dalla possanza delle schiene muscolose avevano approntato una colazione sull’erba, non troppo veloce — non abbastanza veloce.
Maria Antonietta si fermò un istante a considerare il rovescio della cattiva sorte che la stava accompagnando dalla notte precedente. Sembrava un disegno irrealizzabile quello che il conte Von Fersen aveva pianificato per tentare di sottrare lei e tutta la famiglia reale alla morsa sempre più stretta del Direttorio. Il palazzo delle Tuileries era sorvegliato notte e giorno, ma la guardia nazionale non era composta da soldati di professione, e le sentinelle spesso erano ubriache o distratte; tuttavia sperare di uscire alla spicciolata senza essere fermati era un’aspettativa troppo rosea perché lei potesse crederci, finché non era successo davvero.
La prima a passare dal postiglione di guardia era stata madame de Tourzel col Delfino travestito da bambina, cosa che l’aveva fatto innervosire molto, creando un momento di panico. Ma l’influenza di sua madre era molto forte, così l’aveva convinto che avrebbero partecipato a una mascherata e il bambino si era adattato al gioco. Sei anni, per fortuna, erano un’età che consentiva di tentare quell’espediente, specie considerando la delicatezza dei tratti, i capelli acconciati in boccoli biondo cenere che arrivavano quasi alle spalle e gli occhioni celesti del piccolo Luigi Carlo.
Più difficile era stato far passare il secondo gruppetto, composto da lei stessa e madame Élisabeth, travestite da governante e dama di compagnia, infine la marchesa de Croÿ accompagnata dal Re. Quello era stato il momento di maggior terrore, per la Regina. Il profilo borbonico del monarca, col suo mento pieno e il naso importante, era riprodotto su ogni moneta d’oro e d’argento, in innumerevoli quadri e stampe, per non parlare delle molte volte che i parigini avevano oramai visto l’uomo di persona. Eppure, una stella propiziatoria brillava su di loro. Con diverse cittadine* si erano radunati in Rue des Échelles, per proseguire verso Barrière de la Villette, dove l’ingombrante berlina li avrebbe attesi, rischiando però di dare nell’occhio per la sua stravagante vistosità.
L’uscita dal confine di Parigi era stata ritardata di un’ora e mezza, cambiando di fatto la data decisa per la fuga… non era una gran differenza, ma Maria Antonietta era superstiziosa, e quello slittamento  dal previsto 20 giugno al 21 l’aveva fatta pensare a un cattivo auspicio. Durante il primo cambio di cavalli a Bondy il conte Fersen, che aveva accompagnato la famiglia reale, aveva dovuto dirle addio; era stato chiaro ai due innamorati che quelle sarebbero state le ultime parole della loro vita. Mentre il mezzo procedeva lento, la donna aveva spostato una tendina, approfittando del buio. Il cielo le stava sorridendo con i suoi infiniti occhi brillanti, o si prendeva gioco di lei? Il momento della sua nascita era governato dalla costellazione dello Scorpione, mentre il Cancro era alto sull’orizzonte, minacciato da Marte, pianeta aggressivo in opposizione al gran malefico, Saturno, che stazionava nel Capricorno. Rovesci di fortuna, morte violenta e vedovanza precoce. Sua madre non aveva mai ammesso un astrologo a corte, considerandoli ciarlatani da fiera, ma lei in seguito aveva avuto modo di ricredersi. Era molto che non ci ripensava, ma quella notte tutto era alterato, ogni segnale appariva una mossa del destino sulla scacchiera della sua esistenza. Esperti di esoterismo che aveva frequentato in incognito duranti i primi anni della sua vita in Francia ― finché aveva goduto della relativa libertà di futura erede a trono ― le avevano prospettato i più neri auspici, e malgrado l’apparente disincantata frivolezza delle sue reazioni di fronte alle dame del suo seguito, ne era rimasta scossa fin nel profondo. Il famoso cartomante Etteilla le aveva rivelato di aver scoperto nelle Centurie di Nostradamus una quartina che prevedeva la fuga del Re, descritto come “il monaco nero dentro Varennes”, e in effetti Luigi si era travestito da semplice valletto con la sua livrea nera. Ma non era quello il ricordo che la tormentava. Durante il viaggio che la vedeva sposa promessa ― o ceduta per trame politiche ― al nipote di Luigi XV, le pronosticarono che il suo destino sarebbe stato legato alla prima persona che avrebbe incontrato sul suolo francese. Ne aveva riso, fresca dei suoi quindici anni e sicura della sua dolcezza e fascino che la rendevano sempre benvoluta, ma si dovette ricredere presto.

La cerimonia di incontro col sovrano e il suo promesso sposo era stata una vera delusione. Il primo, che avrebbe dovuto diventare suo nonno, aveva un alito pestilenziale, una ingombrante parrucca che non mascherava la presenza dei pidocchi e l’aveva abbracciata con un entusiasmo poco adatto ad un anziano parente, mentre Luigi tremava dall’ansia, era sudato e le aveva dato un bacio su una guancia con labbra umidicce. La felicità coniugale non era la prima condizione per un matrimonio di stato, Maria Antonia lo sapeva bene. Anzi, Maria Antonietta, perché anche il suo nome doveva diventare francese; ma la sua anima non si sarebbe piegata. Quello che non riusciva a togliersi dalla testa era stato l’avvenimento di tre giorni prima.
Il cavaliere di Maison Rouge non disponeva di grandi mezzi per accogliere la sua regale ospite quando questa si era trovata a stazionare nei suoi possedimenti, ma stranamente una magnifica tavola imbandita era stata approntata nel giardino, con una tenda di seta a proteggerli dal sole di maggio, porcellane fini di Cina e posate d’argento. Non era merito suo, certamente…
“Principessa, lasciate che vi dia il benvenuto in Francia, sapevo della vostra visita da tempo”.
Il gentiluomo si era profuso in un inchino profondissimo, che aveva fatto sorridere la giovane: non era molto colta, ma alcune regole di corte le erano istintivamente state facili da recepire. I nobili non di antica data osservavano l’etichetta in modo rigidissimo, come per compensare le loro mancanze, mentre la casa di Maison Rouge era decaduta, ma illustre.
“Vi ringrazio, monsieur, ma temo che il mio arrivo vi abbia scomodato oltremisura, la mia scorta mi ha preceduta solo di due ore per annunciarmi”.
“Vi sbagliate, altezza. Sono due settimane che sono a conoscenza della vostra sosta in questa magione, per questo mi sono permesso di venirvi incontro. Sono il conte Giuseppe Balsamo di Cagliostro, il vostro umile servitore e, spero, miglior amico quando ne avrete bisogno”.
“Vi burlate di me?” La bionda principessa non era permalosa, amava ridere e scherzare, e questo primo incontro sul suolo francese stava diminuendo la tristezza che aveva provato nel separarsi dal suo seguito austriaco. “Il signore del castello non avrebbe lasciato il suo posto a un altro”.
In quell’istante gli occhi luminosi di Maria Antonietta si posarono su un uomo più anziano, vestito con un abito di velluto rosso di una moda sorpassata, visibilmente in imbarazzo.
“Altezza Reale, voi onorate troppo la mia misera casa… il conte di Cagliostro ed io abbiamo fatto una scommessa; ma forse questo è offensivo?” L’ansia dipinta sul viso rugoso del Cavaliere causò l’ilarità della futura sovrana.
“No, non vi crucciate, monsieur. Io ad esempio amo giocare a carte, anche se mia madre disapprova moltissimo!” Un sorriso complice e radioso ridiede la vita al pover’uomo.
“Il Conte ha predetto la vostra sosta a causa di un ritardo nel cambio dei cavalli, e ha provveduto personalmente a questo rinfresco per voi, chiedendomi solo il privilegio di essere il primo a baciare la vostra mano”.
“Affascinante, parola mia! Vi prego, ora vorrei riposare un poco, poi avrei piacere di conversare con voi, signori”.
La principessa si era lavata e cambiata l’abito intriso della pesante polvere delle strade malmesse che avevano percorso, visto che il caldo soffocante l’aveva obbligata a scostare le tendine di broccato.
Il pranzo, buono e leggero, si componeva di pollo in gelatina di rose, asparagi al burro, focacce con frutta secca e miele, pasticcini con la crema e champagne.** Verso la fine, una nipote del Cavaliere si alzò da tavola, avvicinandosi a Cagliostro con aria seducente.
“Conte, vi prego… vorrei conoscere il mio futuro, lo farete, vero?”
“Mademoiselle, quello che volete sapere è se sposerete quel giovane Barone che vi ha incantata con i suoi occhi verdi; datemi la mano sinistra, per favore”.
La ragazza porse il palmo rovesciato verso l’alto con fare civettuolo, trattenendo il fiato, malgrado tentasse di mostrarsi divertita.
“Le nozze si faranno, nasceranno quattro bambini, ma due moriranno in tenera età”.
“Non si può avere tutto, lo sopporterò”.
Maria Antonietta sorrise educatamente, ma con un brutto presentimento nel cuore di fronte a quell’indifferenza; ma la curiosità era troppo forte.
“Adesso è il mio turno, signor di Cagliostro”.
“Perdonatemi, Principessa, ma devo rifiutare”.
Un silenzio innaturale si impose sulla tavolata, e nessuno osava dire nulla.
“Non capisco perché no, già sono certa di fare il miglior matrimonio del mondo, cosa potreste annunciarmi? Suvvia…”
“Maestà fidatemi, non volete sapere”.
Maria Antonietta era una ragazzina caparbia, anche se gentile, e quell’opposizione le diede improvvisamente fastidio.
“Ma io ve lo ordino”.
Senza dire nulla, Balsamo si alzò, e presa una brocca d’acqua limpida la versò in una bacinella d’argento, reggendola perché la Principessa potesse guardare al suo interno. Lei lo raggiunse, provando un attimo di strano timore, ma il suo orgoglio sarebbe stato ferito se si fosse tirata indietro. L’acqua si era come addensata, formando una superfice riflettente quasi compatta come un vero specchio. In quel momento il Conte le apparve così differente, come se si fosse trasformato. I capelli castano scuro e le iridi dello stesso colore sembravano più cupi, quasi velati dalle tenebre e l’abito di pesante raso nero, che all’inizio era sembrato un tocco da attore, gli dava l’aspetto di un vero occultista. La fanciulla si curvò sulla bacinella, impallidì mortalmente e con un breve grido soffocato cadde a terra svenuta.
“Maestà!”
“Principessa!”
Tutti si affannarono intorno a lei, con boccette di sali ammoniacali e ventagli, e acqua fredda spruzzata sulle tempie. Quando dopo pochi minuti rinvenne, le sue dame le chiesero cosa avesse visto di spaventoso.
“Una lama triangolare… mi tagliava la testa”.

Mentre le ore di ritardo si accumulavano, anche per colpa della famiglia reale, che sembrava poco cosciente che non fosse quella l’occasione di riposarsi, mangiar bene e sgranchirsi le gambe, il progetto di fuga sembrava reggere ancora. Al momento del passaggio della barriera di Parigi, i finti passaporti della baronessa di Korff, con i suoi due bambini, la governante, un maggiordomo e tre domestici non avevano destato particolari sospetti. Erano mesi che tutto era stato preparato con la più grande cura; il conte di Mercy-Argenteau si era occupato di trattare con il generale Bouillé, che aveva chiesto all'Imperatore austriaco, Giuseppe, il fratello maggiore della Regina, di schierare delle truppe sulla frontiera e di chiedere rinforzi dei migliori reggimenti. Arrivati vicino al confine con l’Austria, alla piazzaforte di Montmédy sarebbero stati salvi.
[¤]
Improvvisamente il conducente tirò le redini, causando un forte spavento nei cavalli, che si fermarono in modo disordinato, strattonandosi l’un l’altro.
“Che succede?” Il Re aveva parlato per primo, temendo che la fine fosse giunta: dovevano essere stati riconosciuti lungo la via, e il cabriolet sul quale viaggiava la loro scorta con i fucili li precedeva per non destare sospetti con un vero e proprio convoglio. Possibile che non si fossero accorti di un’imboscata?
“Monsieur  Durand” il cocchiere si rivolse correttamente al sovrano con il suo falso nome, come d’accordo per evitare di sbagliarsi durante la fuga “c’è un uomo in mezzo alla strada”.
“È armato?”
Maria Antonietta era rimasta in silenzio, una sensazione inspiegabile che la stava attraversando dalle radici dei capelli alle dita dei piedi, mentre i bambini si stringevano le mani e le altre dame piangevano nascoste nei fazzoletti per non farsi udire.
“No, monsieur, ma i cavalli si rifiutano di passargli accanto, si sono impuntati!”
Senza dire nulla, la Regina aprì il pesante sportello, scendendo da sola anche se con qualche difficoltà, per guardare con i suoi occhi. Servì meno di un secondo per riconoscere il personaggio che li aveva aspettati, che non era affatto apparso dal nulla. Un centinaio di metri più avanti, quattro piccole carrozze di diversa foggia e colore erano ferme prima di una stretta curva, ma la cosa non la stupì eccessivamente.
“Signor Cagliostro”.
“Madame… siete sempre incantevole, anche in questa circostanza sfortunata. Certo immaginate perché sono qui, oggi; un’altra ora di percorso e sareste identificati, inseguiti e infine arrestati. Non posso permettere che questo accada, ne sento la responsabilità, ricordate? La vostra vita è legata alla prima persona che avete incontrato su questo ingrato suolo francese”.
Luigi XVI li aveva raggiunti, dopo aver raccomandato agli altri di non scendere per alcun motivo se non dietro suo ordine.
“Chi è questo gentiluomo, mia cara?”
“Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, per servirvi. Ascoltate, vostre maestà, purtroppo non abbiamo tempo per le giuste formalità, dovete prestarmi ascolto. Quando nel pomeriggio arriverete a Châlons-en-Champagne non troverete subito dei cavalli freschi per il cambio, portate troppe ore di ritardo, e da lì inizierà la vostra disgrazia”.
Il Re non trovava le forze per protestare, e la Regina si sentiva mancare la terra sotto i piedi. Sapeva bene quale fosse la capacità di Cagliostro, che si trattasse davvero di comunicare con gli spiriti, o che avesse semplicemente una rete di spie, una mente arguta e la capacità di manipolare i pensieri altrui.
“Il Duca di Choiseul ripiegherà verso Varennes, per non farsi scoprire dalla popolazione, e così faranno gli altri reggimenti di ussari, quelli di Lauzun  e del Duca di Choiseul che dovrebbero accogliervi a Pont-de-Somme-Vesle. Ricordate la profezia, quella cittadina sarà come una tomba, per voi”.
Maria Antonietta ricordava tutte le previsioni dell’alchimista che era di fronte a lei, tranquillo come se la stesse incontrando in un’udienza a Versailles, che stava ignorando il sovrano come se non contasse nulla. D’altronde suo marito era preda dei suoi proverbiali attacchi di insicurezza, e stava lasciando che fosse lei a sbrigare la situazione. O forse era ipnotizzato, non avrebbe potuto giurare.

“Come avete osato, bugiardo!” La maschera di seta che avrebbe dovuto lasciare in incognito la Regina di Francia non era certo un ostacolo per Cagliostro, e vederla entrare come una furia nel suo gabinetto di consultazioni era qualcosa che stava aspettando con certezza. Rilasciare dichiarazioni in pubblico sulla sua previsione che Luigi XVI non avrebbe avuto un erede diretto, e che la stessa Maria Antonietta, invecchiata precocemente con tutti i suoi bellissimi capelli incanutiti, sarebbe rimasta vittima della rabbia popolare, non poteva farlo benvolere dalla famiglia reale.
“Madame, voi stessa avete sperimentato che il mio potere è autentico, e viene dagli angeli, eravate presente almeno tre volte ai miei esperimenti di idromanzia e cristallomanzia. Avete udito cantare il Te Deum durante le pratiche, non potete pensare che fossero di origine maligna. Non vorrete negarlo, la vostra parola è sacra”.
Maria Antonietta si dovette mordere la lingua; ricordava benissimo le tre visite fatte per divertimento in quella casetta modesta vicino al Bois de Vincennes, seduta su una panca con delle semplici donne borghesi, tutte intorno a una vasca circolare, con i piedi nell’acqua che avrebbe favorito una trance ipnotica grazie alla conduzione di energia magnetica. Soprattutto non poteva dire di non aver provato nulla, anzi… quegli esperimenti occultistici le erano piaciuti molto, di certo spezzavano la noia dell’interminabile giornata scandita dal cerimoniale di corte.

“In quell’occasione, Madame, mi avete fatto imprigionare alla Bastiglia, ma non vi porto rancore, come comprendete. La mia loggia di Massoneria Egiziana mi ha sostenuto e aiutato a preparare questo piano. Sappiate che è l’unico modo per evitare un’orribile morte a tutti coloro che vi sono cari e a voi stessa”.
“Parlate, Conte”.
“Da soli”. Forse era davvero un mago, perché senza replicare il Re tornò sulla carrozza, come se eseguire le direttive di qualcuno fosse la cosa più normale del mondo, o forse voleva solo rassicurare i figli e la sorella.
“Dovete essere forte, Madame. Questo è il giorno in cui vi separerete dalla vostra famiglia. Uniti vi riconosceranno dovunque, il ministro Lafayette ha già diramato ordini di cattura su tutto il territorio; se vi dividerete vivrete tutti una lunga vita, vi do la mia parola. Aspettate prima di rispondere… se proseguirete sarete presi e portati in prigione a Parigi, voi e il Re verrete ghigliottinati, e vostro figlio morirà di inedia e tubercolosi. Madame Elisabeth sarà fatta a pezzi dalla folla, solo la principessa Maria Teresa si salverà, ma sarà infelice, senza patria e senza discendenti a causa di una malattia contratta durante la lunga prigionia. Il vostro sangue morirà, mentre se mi ascolterete ci saranno dei nuovi Borbone, anche se non potrete mai incontrarli”.
La donna rimase come pietrificata, fissando il vuoto davanti a sé. Tutte le forze residue le servivano per restare in piedi e a testa alta.
“Faremo l’unica cosa che non hanno previsto; dopo esserci separati, torneremo verso Parigi, mentre dei miei adepti prenderanno il vostro posto sulla berlina. Li inseguiranno, ma troveranno sei studenti di ottime famiglie borghesi in viaggio verso Vienna e non potranno trattenerli, i loro documenti sono autentici. Tra qualche giorno Madame Royale e Madame Elisabeth partiranno separatamente per la Germania accompagnate da due amici fidati che si fingeranno i loro mariti, e vivranno una vita sicura e discretamente agiata. Il Principe sarà portato in Grecia, e sarà in mani affidabili. Il Re vivrà in Rue de Lille, come un militare in ritiro per ferite di guerra”.
“Siete folle! Rue de Lille è…”
“A pochi passi dalle Tuileries. Il nascondiglio più sicuro è quello sotto gli occhi di tutti. Basterà che non lasci casa per un anno, poi tutto andrà bene. In quanto a voi, Madame, verrete in Italia con me”.
“Questo è il prezzo, dunque”.
Il Conte si inchinò profondamente.
“No, non è come credete. Come Gran Cofto della loggia Massonica d’Egitto non posso avere rapporti carnali, solo legami spirituali. Persino il mio matrimonio è stato bianco; la mia sposa, Lorenza, faceva parte della loggia anche lei. Purtroppo mi ha lasciato molto presto… voi la sostituirete, ho portato un suo abito e una parrucca nera, siete abbastanza somiglianti. Non abbiamo tempo, vi prego”.
Maria Antonietta poté solo fare un cenno d’assenso col capo. Ora avrebbe spiegato tutto ai suoi amati, sperando che avrebbero capito, e un giorno, perdonato. Non era colpa sua, ma di fronte al rifiuto che certamente avrebbero opposto sarebbe stata una roccia, la loro vita valeva più del dolore della perdita. Alzò gli occhi un’ultima volta verso la volta celeste cercando un segno, ma il firmamento rimase muto e freddo, insensibile alle piccole vite degli umani sotto di sé. Persino quella di una fanciulla che aveva sognato di essere una splendida Regina.


Note:
Il Titolo: “Fortuna plango vulnera”, (Lamento l’incostanza della fortuna); dai Carmina Burana:
Un re siede sulla cima/si guardi dalla caduta/infatti sotto il mozzo della ruota leggiamo/Ecuba regina
La regina Ecuba, madre di Ettore e Paride, come regina di Troia era considerata una donna potente e fortunata: eppure la sua famiglia è stata sterminata e la città bruciata, e lei data come schiava: la Fortuna può tradire le aspettative di tutti.
Maria Teresa Carlotta di Borbone nacque nel 1778
Luigi Carlo di Borbone nacque nel 1785
In accordo con la Treccani, quando il titolo nobiliare è seguito dal nome, ho usato la minuscola, tranne Madame e Monsieur per distinguere il loro uso come appellativi per i reali, da quello comune
* Piccole carrozze a nolo, ovviamente da città
** Non c’è alcuna menzione del vero pranzo, ma il pollo e i dolci di crema sono accreditati come i piatti più consumati dalla Regina (in generale)

  
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