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Autore: Hebi_Grin    23/12/2018    0 recensioni
[Scritta per l'iniziativa natalizia del gruppo Facebook Gintama Fanfiction ITA]
Katsura ricorda nostalgicamente un Natale vissuto con i suoi compagni e Shouyou, quando erano appena dei bambini.
Nevicava anche diciannove anni esatti prima.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Takasugi Shinsuke, Yoshida Shouyou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con una storia natalizia! Questa One Shot è nata da un’iniziativa che ho intrapreso con altre ragazze del Fandom, ovvero un gruppo Facebook dedicato a chi legge/scrive in questo Fandom per spronarci a ravvivarlo un po’!

Chi fosse interessato, clicchi qui e richieda pure l’iscrizione.

In particolare, questa fic nasce da una serie di prompt natalizi suggeriti nel suddetto gruppo da AleDic.

Io, nello specifico, ho scelto l’#a (uno dei tre allievi di Shouyou ricorda un Natale passato alla Shouka Sonjuku), ma siccome sono una bestia [non la stessa di Takasugi, al limite Elizabeth] l’ho un po’ unito al #d (in cui c’era l’elemento neve con gli stessi protagonisti in epoca post guerra). Teoricamente, era un prompt che richiedeva perlomeno un elemento malinconico, ma di tale c’è veramente solo una piccola traccia e la fic è perlopiù demenziale/fluff perché così ha dettato l'ispirazione e l'importante è scrivere.

 

Ulteriori piccole precisazioni a fine testo.


Buona lettura e buone feste!

Enjoui Enjoy

 


 

A volte è semplicemente impossibile che l’intera famiglia possa riunirsi per le feste



 

«No, così non va bene, Maeda! E hai il coraggio di farti chiamare Samurai?! Guarda che disastro, sono completamente storte!».

Kotarou scosse il capo nervoso, osservando con estremo disappunto le stelle filanti rosse sopra la finestra pendere terribilmente da un lato.

«Katsura-san… Sono solamente decorazioni nataliz—». L’uomo Joui che aveva osato parlare incontrò per un solo attimo lo sguardo del Leader – assottigliato, affilato come la Katana che con tanta destrezza maneggiava e che fortunatamente non aveva al fianco – e deglutì.

In momenti come questi, i suoi uomini sapevano di non avere a che fare con Kotarou il Fuggitivo, ma con il Nobile Furioso, implacabile e privo di misericordia, per nulla ammantato dallo spirito natalizio che predicava ormai da settimane, come ogni anno in quel periodo.

Sentì un brivido percorrergli la schiena, ancora più di quanto non stesse facendo per la gelida e nevosa aria di fine dicembre attraverso la finestra semiaperta.

L’espressione di Katsura era ora completamente cambiata, ma non per questo meno terrificante. La sua risata, fragorosa e isterica, aveva richiamato l’attenzione di un piccolo drappello di ribelli che si erano affacciati dallo shouji incuriositi e altrettanto velocemente e in silenzio si erano defilati per non incorrere anche loro nell’ira del capo come il loro sfortunato compagno.

«‘Solo decorazioni’, eh?» cominciò a dire con tono calmo – fin troppo –  come un insegnante che abbia sentito uscire dalla bocca di un suo allievo una immane sciocchezza durante una lezione, lasciando sfuggire un motivetto derisorio di dissenso. «Sbagliato!» tuonò all’improvviso, giusto un attimo prima di sospirare rassegnato.

Come Katsura potesse cambiare tono e atteggiamento da un momento all’altro era sempre stato un mistero per i suoi seguaci.

«Mi chiedo come possa pensare di reggere dignitosamente lo sashimono in battaglia se sei incapace di appendere dritte delle decorazioni natalizie. Devi pensarle come lo stendardo di Santa Claus!».

Il reietto strabuzzò gli occhi e deglutì una seconda volta, tormentandosi le dita sudate le une con le altre, terrorizzato alla sola idea che il Nobile Furioso potesse intuire cosa stesse pensando: aveva di nuovo detto una cosa senza alcun senso.

«Mi… Mi dispiace, Katsura-san. Credo di non essere portato per queste cose. Forse sarei più utile in cucina. Probabilmente Arai-san è più adatto a fare questo tipo di—».

«E così ti stai arrendendo» lo interruppe Katsura compassato.

«Non credo che… Uhm, ‘arrendersi’ sia la parola giusta».

Una lievissima tensione muscolare sul viso dell’altro lo fece nuovamente rabbrividire, spingendolo a correggersi agitando le mani con fare nervoso.

«È solo che, ecco, riconosco di avere altre qualità e che qualcun altro sia più portato di me a fare questo tipo di lavoro!».

«Certo, anche un bambino sarebbe più portato di te ad appendere lo stendardo di Santa Claus».

Maeda spalancò la bocca, strabuzzando gli occhi.

Di nuovo la storia dello stendardo di Santa Claus.

Ancora una volta Katsura aveva puntualizzato e sminuito come se fosse una cosa ovvia, un dato di fatto scientificamente assodato.

E soprattutto, perché accidenti dava tutta quell’importanza a qualcosa di così superfluo come le decorazioni natalizie, che peraltro si dovrebbero mettere ad inizio dicembre?

«D’accordo, vai pure in cucina. Manda qui Arai, e fammi portare del tè, per favore».

«Va… Va bene» balbettò Maeda incredulo di averla scampata, cominciando a zampettare veloce verso l’uscita e sparendo dalla visione del Leader.

 

 

Katsura si era avvicinato alla finestra e sfiorava con le punta delle dita le decorazioni appese sgraziatamente penzoloni, facendo risuonare le campanelline attaccate con un sorriso mesto.

«“Anche un bambino le appenderebbe meglio”, eh?» disse tra sé e sé volgendo lo sguardo alla finestra, da cui ora potevano vedersi cadere i primi fiocchi di neve.

 

Nevicava anche diciannove anni esatti prima.

 

 

***

 

 

«Gintoki, Shinsuke, Kotarou!».

Shouyou-sensei li aveva chiamati, dopo essere entrato nella sala principale dove i tre ragazzini si trovavano. Katsura alzò gli occhi dal libro che stava leggendo, Takasugi scostò lo sguardo dal ciliegio spoglio sui cui rami si stava posando la neve che guardava attraverso la finestra e Gintoki continuò a dormire col viso coperto dal volume arretrato di seconda mano di Jump.

Il loro maestro li guardava sorridente, con uno scatolone tra le mani da cui sbordavano degli oggetti luccicanti.

«Forza, datemi una mano. Ci sono delle altre scatole del corridoio».

Katsura era scattato per eseguire la richiesta, e sbirciava incuriosito all’interno della scatola mentre la portava all’interno. Takasugi si era alzato e tastava la spalla di Gintoki con un piede.

«Alzati, scansafatiche. Non lavoreremo anche al posto tuo».

«Sensei, cosa sono queste cose?» chiese Katsura, incuriosito, reggendo in una mano una palla di Natale dorata e una stella filante rossa con l’altra, cui erano stati attaccati dei campanellini.

«Ohi, Zura, in che mondo vivi? È ovvio che sono decorazioni natalizie», rispose annoiato Gintoki, sbadigliando mentre portava dentro uno scatolone.

«Non è ovvio, Gintoki. Zura non sa nulla del Natale o delle decorazioni natalizie».

«Sono Katsura! Gintoki, copriti la bocca quando sbadigli e… Takasugi ha ragione» arrossì leggermente, distogliendo lo sguardo una volta colto in fallo. «Quando i miei familiari erano vivi abbiamo sempre festeggiato il capodanno, mangiato l’osechi e visitato il tempio per l’hatsumoude, ma il Natale...».

«Sì, sì. Le nobili famiglie samurai non festeggiano il Natale. Blablabla. Chissà perché quest’altro scemo lo conosce invece. Non ci avrà mica mentito sulle sue origini?».

«Lo so perché io osservo—» aveva cominciato a ribattere Takasugi, che già muoveva la mano per afferrare il colletto dello yukata di Gintoki.

«Su, su, ragazzi. Non serve discutere» li interruppe Shouyou con un sorriso gioviale mentre schioccava le nocche del pugno. «Non fatemi rovinare il pavimento proprio durante le feste».

I ragazzi si allontanarono, affaccendandosi subito a togliere le decorazioni dai contenitori per timore del pugno del loro maestro.

«Psss, Zura, lo sai che la notte di Natale passa Santa Claus per portare dei regali?» sussurrò Gintoki liberando una ghirlanda da una stella filante attorcigliata. Takasugi occhieggiò nella sua direzione fingendo disinteresse, ma tese le orecchie.

«Dei regali?» ripeté Katsura sgranando gli occhi stupito. «E perché? Nessuno dà nulla per nulla». Il suo tono era ora sospettoso. «… E mi chiamo Katsura».

«Li porta solo ai bambini buoni. Agli altri porta carbone».

«Allora saremo a posto per il resto dell’inverno grazie a te, Gintoki. Siine fiero» rintuzzò Shinsuke. Gintoki si apprestò a lanciargli addosso una palla natalizia.

«Sssh, voi due. Farete arrabbiare il sensei e Santa Claus» li rimproverò sottovoce Katsura.

«Ragazzi, forza, cominciamo ad appenderle ai cornicioni delle finestre. Voi fate da quel lato, io mi occupo di questo».

«Ohi, Shouyou, Takasugi non ci arriva fin lassù». Gintoki indicò l’altro bambino col pollice, che era già pronto a caricarlo furente trattenuto per le spalle da Katsura.

«Nemmeno tu ci arrivi, cretino!».

«Nessuno di noi ci arriva, dovremmo salire l’uno sull’altro» propose Katsura afferrando con la mano sinistra delle palle e una stella sulle spalle.

«Ottima idea, Kotarou-kun!» esclamò Shouyou.

«Gintoki, prendi sulle spalle Takasugi. Io salirò sulle sue per appendere questa stella filante».

«Eeehhhh?» dissero gli altri due all’unisono voltandosi verso Katsura.

«Non ci penso nemmeno ad avere le palle di questo idiota addosso!» gridò Gintoki.

«Sono io che non voglio mettertele addosso, deficiente!» precisò Takasugi.

Katsura guardò la propria mano sinistra che reggeva le palle di Natale, poi quelle vuote dei compagni.

«Che sciocchezze state dicendo? Sono l’unico con delle palle qui».

«Zura, dico quelle col bastone in mezz—Totoro!». Un forte scappellotto di Shouyou gli impedì di continuare a parlare, e ora Gintoki si massaggiava la nuca indolenzita.

«Potreste fare a turni, non credete?» propose gentilmente Shouyou. «Niente litigi, altrimenti Santa Claus vi porterà solamente carbone. Intesi?».

I tre bambini si affrettarono ad annuire e decisero i turni giocando a morra cinese.

Più volte barcollarono rischiando di cadere e ancora di più furono le volte che rischiarono di battibeccare su come o dove andasse messa una tale decorazione e discutere se fosse o meno dritta, sempre interrotti dal sensei che mostrava loro il pugno.

Ma ce l’avevano fatta infine, la sala era stata interamente decorata e ora la contemplavano, soddisfatti e orgogliosi del loro operato, assieme al sensei.

 

 

*

 

 

Katsura fissava il soffitto al buio, coperto fino al naso dalle pesanti coperte. Voltò il capo verso Takasugi alla sua sinistra, poi Gintoki dal lato opposto.

«Takasugi» provò a chiamarlo, sottovoce. «Takasugi, sei sveglio?» ripeté. Nessuna risposta.

«Gintoki, stai dormendo?». L’unica reazione che ottenne fu il suono del corpo dell’interpellato che si girava su un fianco e delle sue unghie che grattavano contro la sua pelle. Quella del sedere, presumibilmente, da come si era mosso.

Sospirò profondamente. Il compagno più sveglio si stava grattando il deretano nel sonno. Come potevano dormire in un momento del genere, proprio quella notte? Non fremevano anche loro dall’eccitazione nell’attesa di Santa Claus?!

Katsura si mise seduto sul materasso, rabbrividendo quando le coperte gli lasciarono il corpo. La notte era fredda, e gli strati di neve continuavano ad accumularsi nel cortile.

Stava avvolgendo un lenzuolo al busto quando sentì gli scricchiolii delle assi dell’engawa provenire dall’esterno.

Dei passi?

«Ragazzi, c’è qualcuno fuori» disse sottovoce, ma scrollandoli per una spalla ciascuno per svegliarli.

«Chi se ne frega, lasciami dormire» borbottò Gintoki si rigirandosi tra le coperte.

Takasugi si portò una mano alla bocca sbadigliò rumorosamente prima di stropicciarsi gli occhi.

«È arrivato Santa Claus, Zura?».

«Non lo so, e non sono Zura!».

«Shh!».

Un’ombra passò di fronte alla loro porta, e i bambini intravidero l’ombra di un uomo grasso con una lunga barba, un buffo cappello e un grande sacco sulle spalle.

I due bambini guardarono la figura con gli occhi sgranati e colmi di aspettativa, sentendo una strana sensazione a metà tra eccitazione e paura artigliare loro lo stomaco. Una reciproca, veloce, occhiata fu più che sufficiente.

«Gintoki, andiamo. È arrivato Santa Claus» sentenziò Takasugi, mentre Katsura gli scrollò nuovamente una spalla e si alzò per indossare qualcosa di più pesante.

Gintoki sbuffò pesantemente, levandosi di dosso le coperte e si mise seduto.

«Se l’anno prossimo mi porta carbone per colpa vostra vi pesto entrambi».

«Come vuoi, ora metti questo e alzati» ordinò Kotarou passando sia a lui che a Shinsuke un haori. «Fuori si gela».

I tre bambini uscirono dalla camera, percorrendo l’engawa in fila indiana e punta di piedi.

«Dove sarà andato?» chiese sottovoce Katsura.

«Da quella parte» rispose Takasugi indicando il lato opposto. «Sicuramente è andato nella sala che abbiamo decorato con Shouyou-sensei»

Gintoki sbadigliò.

«Giusto! Dovremmo svegliare Shouyou-sensei!» esclamò sottovoce Katsura.

«Se svegliate Shouyou in piena notte è la volta buona che mette un lucchetto alla nostra stanza e addio vita notturna» mormorò Gintoki.

«Ssh, siamo vicini» li silenziò Takasugi portando l’indice sotto il naso.

 

I tre bambini percorsero nel mutismo più assoluto, facendo attenzione a non emettere alcun suono mentre si sporgevano dallo shouji.

Osservarono stupiti la figura di un uomo che, nonostante la barba bianca, aveva la pelle decisamente giovanile, come le sue mani aggraziate. Tra i capelli bianchi e riccioluti potevano intravedersi delle ciocche biondo cenere, e da sotto la giacca spuntava fuori il lembo di un cuscino. Si sarebbero accorti che Santa Claus era nientemeno che Shouyou travestito, se non fossero stati troppo piccoli e ingenui, pienamente immersi nella magia del Natale.

Lo videro tirare fuori dal sacco in tela un unico pacco ricoperto di una carta colorata e luccicante e tre coccarde – argentata, viola e verde – a fermare un nastro riccioluto.

Per un attimo a Katsura parve che l’uomo li stesse guardando con la coda dell’occhio e trascinò i compagni fuori dalla visuale facendoli tirando i colletti degli haori per farli nascondere dietro lo stipite.

«Dovremmo andare, se ci scopre è finita» mormorò con un sussurro appena udibile. Gli altri due annuirono e tornarono nella loro stanza, fremendo dalla curiosità ma ancora eccitati dalla breve avventura appena vissuta.

«Cosa ci sarà in quel pacco?».

«Zura, è la quinta volta che lo chiedi, ne sappiamo quanto te» rispose Shinsuke rassegnato, ma non meno curioso di Kotarou. Aveva contato quante volte l’altro avesse domandato, e quante –molte di più– si era trattenuto dal fare altrettanto.

«Io spero solo non sia carbone...» bofonchiò Gintoki.

«Questo perché hai la coscienza sporca, Gintoki!» ribatté Katsura.

 

Kotarou passò la notte a fantasticare su cosa potesse contenere quel pacco fino a quando non si addormentò, stanco e felice.

 

 

*

 

 

La mattina dopo a colazione Shouyou li accolse col suo consueto sorriso e una tazza di cioccolata calda. Un lusso estremamente raro, ma a quanto Shouyou disse loro, parte dei “miracoli di Natale”, mentre la assaporavano felici pur non vedendo l’ora di poter scoprire il regalo portato loro da Santa Claus.

«Nella sala grande c’è una cosa per voi, ragazzi»

«Quel pacco che ha portato ieri notte S—» cominciò con tono entusiastico Kotarou, ma gli altri due lo ammutolirono premendo una mano contro la sua bocca, mentre Shouyou li guardava interrogativo.

«Non stare a sentire questo idiota, Shouyou» disse Gintoki.

«È il generale degli idioti» aggiunse Takasugi.

«Non sono il generale degli idioti, sono Katsura!» provò a lamentarsi, ma con la bocca tappata tutto ciò che uscì fu un mugolio che tutti capirono comunque.

Shouyou portò alle labbra la tazza di cioccolata.

«Perché non andate a dare un’occhiata e vedere cos’è?».

Non dovette ripeterlo una seconda volta. Doveva ancora finire di pronunciare l’ultima sillaba che i tre erano scattati in piedi, cominciando a correre verso la sala.

Shouyou li seguì e rimase sulla soglia, mentre i suoi allievi avevano finito di scartare rivelando una console NES e delle cartucce di Super Mario, entusiasti.

«Dovrete fare i turni anche per questo, e solo dopo gli allenamenti e aver studiato. Ricordate che conta come il televisiore, quindi non più di un’ora al giorno!».

«Sì, Shouyou-sensei!» risposero all’unisono i tre.

 

 

***

 

 

«Katsura-san».

L’uomo non rispose alla voce che lo chiamava, contemplando alla finestra i fiocchi di neve posarsi sui tetti, rivivendo nostalgicamente i ricordi dell’infanzia vissuta con i suoi compagni e il sensei e perduta definitivamente dieci anni prima.

«Katsura-san...».

Kotarou sospirò profondamente.

Se solo fosse possibile per loro tornare nuovamente come a quei tempi, e ridere assieme...

«Katsura-san, ti ho portato il tè».

Il Leader trasalì, come improvvisamente svegliato nel bel mezzo di un sogno, riacquisì compostezza, schiarì la voce e si voltò.

«Ti ringrazio, Arai-san. Ora, al lavoro! Cerca di far meglio di Maeda con queste decorazioni».

 

 

 

 

 

NdA:

Glossario/riferimenti:

sashimono: lo stendardo/bandiera che i samurai portavano in battaglia, con il simbolo della casata/fazione.

shouji: la porta scorrevole tradizionale

osechi e hatsumoude: sono due tradizioni tipiche del capodanno giapponese. Il primo è il cibo che tipicamente si mangia per l’occasione; l’hatsumoude la prima visita dell’anno al tempio.

engawa: quel “corridoio” che generalmente circonda le case tradizionali e dà sul cortile.

NES: Nintendo Entertainment System, console uscita negli anni ‘80, che aveva tra i suoi giochi di punta proprio Super Mario (da qualche parte doveva pur venire quanto succede nell’Owee arc!)

 

Il “Totoro” che Gintoki dice quando Shouyou lo colpisce è ovviamente un riferimento al film di Miyazaki, ma è messo lì come riferimento al fatto che Gin faccia citazioni a caso quando viene colpito più volte nel corso della serie. Qui degli esempi: X

 
   
 
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