A chi è sincero. Chi può davvero definirsi tale?
A STUPID MISTAKE
Fa male.
L’amore,
pensi.
L’amore fa
male.
Il tuo cuore scoppia, il tuo cuore esplode, il tuo cuore si arrampica
lungo la
tua gola e ti assale le tempie, stringendole e comprimendole fino ad
oscurarti
gli occhi, fino a sfregiare le iridi e le pupille tormentate.
Amare troppo è fatale. O no?
Non è così?
Vivi bene, vivi male. Vivi?
Non lo so,
risponde la tua coscienza.
Vorrei saperlo, ma non
lo so. Non credo neppure di sapere più quale sia il modo
giusto di vivere, ho il terrore di non sapere più che cosa
significhi vivere.
Come si vive? Come?
Peter ti sta parlando, mentre siete seduti sul divano e davanti a voi i
piatti
della cena sono ormai freddi e vuoti, ti sta parlando della sua
giornata e tu
non riesci ad ascoltarlo, non riesci neanche a vederlo dietro le tue
ciglia
scure che si abbassano, dietro le tue palpebre stanche che si chiudono
e si
serrano con forza.
Le tue dita le massaggiano, l’unghia del tuo indice trova
una lacrima che si era nascosta lì, all’angolo
dell’occhio destro, e la sradica,
lascia che venga seccata dall’aria.
Sei esausto.
Vorresti smetterla di pensare, vorresti trovare invece un modo di
spegnerti, come una tua armatura, e questo pensiero folle ti fa
comprendere di
essere diventato ancora più incredibilmente patetico di
quanto già non fossi.
Sogni talmente spesso di essere una tua armatura, - fredda, immobile, vuota -
che
sei arrivato a credere che sarebbe bello, sarebbe appagante, spegnerti
e
riposare in un angolo senza luce.
Ti formicolano i lampi delle vene sulla tua fronte e ti scontri, ti
schiacci,
contro una distesa d’acqua immaginaria che ti schiaffeggia il
cervello, ti
stritola i polmoni con lunghe zanne d’avorio, ti sfigura il
viso.
Tu sei bloccato.
Tu sei bloccato in qualche claustrofobica scatola scarabocchiata, in
una bolla
arrugginita della tua anima difettata, e vedi oltre.
Vedi oltre e, la certezza è sconcertante, vedi chiaramente
che l’incubo
peggiore di ogni essere umano, quello che sveglia gli uomini in piena
notte e
spaventa i bambini con delle semplici ombre, è la
consapevolezza di essere
inseguiti: da se stessi nessuno riesce mai a scappare, da se stessi
nessuno è
mai fuggito.
Neppure tu, - soprattutto
tu.
“Ti sto stancando? Ti sto annoiando? Perdonami, le mie
giornate sono monotone,
prevedibili e altamente noiose, lo capisco. Scusami! Davvero, non
volevo
annoiarti tanto”, ti dice, si scusa, e tu finalmente sbatti
le ciglia grumose e
lo osservi.
Sta sorridendo, innocente, e allora il tuo corpo si muove da solo,
tu agisci d’istinto, e lo attiri a te.
Una mano dietro la sua nuca, una presa forte e veloce, quasi
raffazzonata, e le
sue parole le senti sul palato, te le mangi tra le tue labbra che si
muovono
sulla sua bocca aperta.
Lo baci male, - e ti fai male, ti
fai del male -, lo baci seguendo un ritmo sordo
delle tue orecchie, lo baci e gli passi il rumore dei tuoi
pensieri.
Senti un
buco al centro della gola, un nodo di pianto, e questo ti fa annaspare
e ti
ricopre gli occhi di fulmini rossi strappati qua e là, ti
spezza la mente.
Eppure tu continui a baciarlo.
Tu devi baciarlo.
Baciarlo ti graffia l’anima, baciarlo ti rimescola le paure e
ti ricorda, nella
pausa di un suo respiro, il modo così naturale in cui il
piacere e il dolore si
mescolano, si aggrovigliano, ogniqualvolta dei pezzi di pelle sfiorano
e
giocano con le lingue e le creste bitorzolute di un fuoco.
Polpastrelli che
accarezzano fiamme viola, fogli bianchi ridotti a brandelli anneriti,
una
lastra di ghiaccio adagiata sulla giugulare.
Baciare Peter è come bere una sorsata di sale.
Riempirsi la bocca di lui, averlo sotto i palmi, sentire il calore
bollente
delle sue guance contro il naso e contro il labbro superiore.
Peter ti
costringe a donare a lui ogni minima parte buona di te, anche quelle
che ormai
credevi perdute, e lo fa con attorcigliarsi di lingue oppure con un
fastidioso
scontro di denti.
Basta un semplice contatto e tu sei disposto a donargli il mondo.
Ti amo,
vorresti dirgli.
Ti amo, Peter. E io non
credevo avrei mai potuto amare, non in questo modo.
Ma quando lui inizia a baciarti in maniera diversa, come un indifeso
che si
lascerebbe fare qualsiasi cosa da te, quando lui inizia a baciarti con
una foga
adolescenziale, una foga tanto innamorata e tanto persa, allora tu
vorresti
fare altro.
Vorresti urlargli terribili parole e minacce, vorresti strattonarlo e
fargli
scoppiare le sue stupide e folli bolle di sapone davanti agli occhi e
vorresti
farlo solo per ricordargli chi sei davvero.
Smettila, ti prego.
Smettila di tenerti il
mio cuore così stretto tra le mani, basta.
È solo un ragazzo, un diciottenne spaventato che vive ogni
secondo con il petto
aperto, il cuore troppo visibile da chiunque, troppo esposto.
I sentimenti, le emozioni, dipinte tra i suoi occhi e le labbra, lo
rendono un
facile bersaglio, un agnello sacrificale, una persona troppo buona che
può
facilmente essere accoltellata alle spalle.
La sua bontà e la sua ingenuità lo rendono
vulnerabile, - e tu lo sai, Dio,
lo
sai.
Perché Peter non è minimamente capace di
difendersi da solo, non è neanche in
grado di comprendere la realtà dell’universo, non
scende a patti con le sottili
e infide verità. Non accetta l’esistenza del male
nel mondo, non accetta la
possibilità che spesso ciò che viene considerato
buono e giusto, non è davvero
buono, non è davvero giusto.
Allora come potrebbe allontanarsi dal nero che ti cola dalle unghie,
dalle
cicatrici, dai pensieri?
Lui crede di sapere quanto è oscura la tua anima, crede di
averlo capito, ma tu
sai che non è così.
Non sarà mai così.
“Tony.”
Lui getta sulla tua pelle il tuo nome e tu inghiottisci il panico che
ti
riscalda l’esofago, che ti attraversa ogni costola, mentre
gli blocchi la testa
tra le tue mani, quasi in una trappola. Lo spingi a stendersi sul
divano, lo
fai crollare tra i cuscini neanche lo avessi battuto a duello, e ti
sdrai sopra
il suo corpo rilassato.
Peter non trema.
Tu lo stai letteralmente assalendo e lui ti lascia fare, lui
acconsente, lui ti
accoglie tra le sue gambe, nel suo cuore, nella sua bocca che si
allontana di
poco dalla tua e che poi ricade sulle tue palpebre ancora chiuse.
Desideri poterti strappare gli occhi, accecarti con enormi puntine di
metallo.
Non lasci avvicinare nessuno così tanto a te, non lo hai mai
fatto e adesso più
di prima non puoi farlo. Lo vedrebbero.
Se qualcuno osasse indirizzare i suoi passi verso di te, se qualcuno
osasse
anche solo alzare il proprio capo verso il tuo, vedrebbe le tue pupille
e
troverebbe Peter lì dentro.
Al centro di ogni tuo pensiero, di ogni tua speranza: la fine di
un’intera vita
che si è piegata su se stessa nella speranza di racimolare
un altro po’ di
tempo e di viverlo con lui.
E allora cosa c’è di sbagliato? Cosa ti lega le
ciglia in una ragnatela bianca?
“Tony.”
“Ne ho bisogno. Ne ho davvero bisogno.”
Lui ti ascolta e all’improvviso riconosce qualcosa nel tono
della tua voce.
Rilassa ancora di più le sue membra sotto di te, spazza
completamente via ogni
traccia di tensione come se qualcuno avesse appena tagliato i fili
sottili che
muovevano il suo corpo, e si imbroncia mentre ti tocca gli occhi che
ancora gli
neghi, con ostinazione.
“Perché sei tanto triste? Cosa è
successo?”
Già. Cosa è successo?
“Un brutto sogno. Tutto qui.”
Peter strofina i polpastrelli sulle tue ciglia e senti le sue labbra
distendersi contro il suo zigomo. Sta sorridendo.
“Tranquillo. Ho appena trovato le ultime briciole di sonno
che si stavano
nascondendo da te e le ho buttate via. Erano loro a trattenere il
brutto sogno
e ora non ci sono più.”
Le tue palpebre si sollevano da sole e tu ti scontri con
l’immagine
sfarfallante di lui che ti guarda e avvicina al tuo viso
l’indice su cui è
posata una tua ciglia, quasi una mezzaluna colta dall’aria e
in bilico verso la
terra.
“Vuoi esprimere un desiderio? Zio Ben mi diceva sempre di
farlo, ma devo
ammettere che quasi nessun mio desiderio si è mai avverato
in questo modo.
Forse chiedevo cose impossibili, fuori dalla mia portata. Stessa cosa
con le
torte di compleanno. E le stelle cadenti. Tu vuoi provare
comunque?”
Fai leva sui gomiti, senza allontanarti troppo da lui, e lo guardi
stranito.
Esterrefatto.
“Cosa dici?”, domandi boccheggiando.
Le sue guance si screziano di rosso e ti sembra che il modo in cui si
morde le
labbra sia un ennesimo pugno contro le tue emozioni anestetizzate.
“Perdonami, è una cosa proprio stupida.
Dimenticala pure”, e mentre lo sta
dicendo muove l’unghia nell’atto di gettare via il
tuo desiderio che ha assunto
le comuni sembianze di una ciglia nera. Il suo gesto la fa rotolare
giù e lei
vortica su se stessa e rincorre la terra, rincorre la sua coda, forma
svariati
cerchi aperti in cui tu infili un tuo sogno, un tuo incubo, un tuo
recondito
pensiero.
La ciglia si perde sul tappeto rosso e non la vedi più.
Cerchi di nuovo lo sguardo di Peter mentre lui ti spinge a riprendere a
baciarlo.
Ti chiede, goffamente, di lasciar perdere quelle sue parole
sciocche.
Perché
lui è migliore di te, - lo
è, anche se non lo sa -, e te lo dimostra
talmente
tante volte che tu ormai hai perso il conto delle occasioni in cui ti
sei
sentito in difetto. Delle occasioni in cui hai capito di non meritarlo.
Preferisci ignorare questa realtà dei fatti, preferisci
posare le tue labbra
sulla sua clavicola e mordere piano, riprendere a frugare il suo corpo,
una
mano tra i suoi capelli e l’altra sotto la sua maglietta, e
afferrare quanto più
lui ti offre.
E Peter ti offre tutto, -
sempre.
“Nessun desiderio mai realizzato? Nessuno?”
La domanda ti esce fuori dai denti prima che tu possa controllarla, si
riversa
fuori da te mentre la tua bocca si muove sulla sua pancia che
all’improvviso senti fremere.
Sta ridendo.
“Ho scoperto che i miei desideri si avverano solo quando mi
specchio in una
pozzanghera”, ride a bocca aperta e poi sposta la testa verso
un cuscino.
I polpastrelli formicolano al contatto con la sua pelle e il tuo
stomaco si chiude
in un nodo nel momento in cui noti come l’intimità
dei vostri movimenti si è
trasformata in familiarità.
Tu muovi un braccio e sai già che gli stringerai una mano,
rimanendo palmo
contro palmo, come sai già che le sue dita rincorreranno le
tue, che si
stringeranno, sussulteranno. Polsi a sbattere contro polsi, vene a
contatto.
Il tempo di un’intera vita che scivola via.
“Io non ho mai espresso un desiderio.”
Hai solo preso, hai solo preteso.
O Tony, che errore
stupido.
Hai rubato i sogni di un tuo ipotetico mondo futuro, hai saccheggiato
intere
esperienze del passato, eppure avresti potuto semplicemente chiedere.
Con cortesia, con gentilezza.
Con un po’ di umiltà.
Che errore stupido.
“Devi aver fatto davvero un brutto sogno”, sussurra
con la voce spezzata dalle
tue carezze, e poi si sporge e posa la sua fronte contro la tua.
Dovreste finirla e basta.
Dovreste smetterla di parlare, smetterla di perder tempo.
Dovreste solo
scambiarvi la saliva e stare zitti.
Ansimate, sospirate oscenamente e fermate tutto il resto.
Eliminate tra di voi
gli strati di anima, i rimasugli di alcune speranze puerili, e unitevi
alla
stregua di sacchi vuoti.
Sarebbe meglio così, questo lo riconosci anche tu, poco al
di sotto della
superficie, poco al di sotto della scorza del tuo petto, ammetti almeno
con te
stesso che sarebbe meglio così.
Dovreste smetterla di scoprirvi i fianchi con le parole, con le
confessioni,
con le mezze verità: è troppo rischioso.
Chiudetevi in voi stessi e unite soltanto i corpi, scoprite la
consistenza
delle scelte indolori e rimanete lì fermi, dentro un vuoto e
profondo squarcio
in cui le braccia e le gambe si muovono frenetiche senza mai trovare
nulla a
cui aggrapparsi.
La tua vita era questa un tempo.
Avevi infinite possibilità di oblio, tra le linee spezzate
dei palmi chiari,
avevi tutto.
La semplicità delle relazioni umane superficiali ti scorreva
tra
le asole delle dita e tu continuavi ad essere infelice, perpetuavi
caparbio il
tuo inseguire l’infelicita, ma non lo sapevi, e dunque non lo
eri davvero.
O forse sì? Forse una parte di te lo sapeva? È
per questo motivo che adesso il
tuo petto brucia?
Peter sembra ascoltare ogni tuo segreto e paura, percepire il tuo
respiro
cambiare e diventare più rumoroso, più profondo.
Posa una mano sul tuo addome,
piano, lentamente, prima i polpastrelli e poi le dita, prima il palmo e
poi
anche il polso, poi anche la vena blu, e ripete il tuo nome, ripete il
tuo
nome, ripete il tuo nome.
Ti incanti dinanzi al movimento della sua bocca e ascolti il ticchettio
del tuo
cuore che si sgranchisce fino a tirarti un pugno doloroso sulle
gengive.
Sei un adulto, Tony Stark.
Comportati come tale.
Lascia le farfalle ai ragazzini e ricordati che tu, nel tuo stomaco e
nella tua
pancia, hai solo i vermi delle mele marce.
Ciò succede a chi non esprime mai un desiderio. Non sapevi
neanche questo?
“Mi ami, Peter?”
Carogna. Sei
una carogna, Tony Stark, sei un mostro.
Lui spalanca le palpebre al suono della tua domanda, sbatte
freneticamente le
ciglia -o quelle ciglia, quelle
ciglia- e deglutisce a fatica.
Le guance sono ancora più rosse e sono rosse anche le
orecchie, gli occhi sono
lucidi.
Atomi di anima e di innocenza: si sono agglomerati insieme e hanno
formato lui, un ragazzino composto di vetro e di ragnatele, di bolle e
di
piume.
Il ragazzino più coraggioso che tu abbia mai conosciuto.
“Sì. Ti amo”, ti risponde e non tentenna
neppure un momento.
Il suo amore per te equivale ad un buco nero in cui immergerti e in cui
osservare un orizzonte sconfinato di stelle spezzate e conficcate in un
terreno
ghiacciato.
Lui ama te.
E tu non riesci neanche a rispondergli, a dirgli che lo ami anche tu,
che
ricambi i suoi sentimenti, che li ricambi con la stessa
intensità o che forse
li ricambi in una maniera ancora più disperata della sua,
più folle, ed è così
- tu senti che è proprio così - solo
perché l’età ti ha piegato le spalle e
ingrigito il cuore.
Il suo viso è bello, la sua fronte è liscia,
- nessuna linea tremolante a
sfregiare la sua tranquillità -, e la pelle vicino agli occhi
è spiegazzata dal
giorno in cui avete deciso di iniziare una storia insieme, di vivere
una vita
insieme.
Sono i pianti trattenuti, le nottate in bianco, i litigi, le
incomprensioni, i
baci voraci lasciati su di voi come pezze squadrate.
Peter ti guarda, gli occhi sono ancora lucidi, e con i polpastrelli e i
palmi
rimane aggrappato alla tua camicia blu.
Si aggrappa a te e tu non senti alcun
peso, non provi alcun dolore, alcun fastidio.
Allora almeno una cosa risplende certa e luminosa nella tua mente: lui
è
diventato la consistenza stessa del tuo corpo. È talmente
entrato dentro le tue
membra, senza che tu te ne accorgessi, ed è talmente tanto
vicino a te, oltre
il sangue e i respiri, che la sua mano ora è un
prolungamento della tua, il suo
petto è il tuo, la sua schiena è la tua, le sue
labbra sono le tue.
E non è una mera questione di possesso, non è
questa la verità e non la sarà
mai.
È qualcosa di ancestrale, come l’essere destinati
ad incontrarvi, l’essere
destinati ad appartenervi, l’essere destinati a vivervi,
nonostante il tempo e
nonostante lo spazio.
Voi eravate seduti sugli estremi opposti di una linea temporale, in due
punti
distanti della vita umana, talmente lontani da scorgervi come aloni
sfocati,
eppure avete desiderato così tanto trovarvi, lo avete
desiderato così tanto,
così tanto, da aver deciso di inclinare le assi
dell’esistenza, di appendervi
ad esse, e di ricongiungervi con un intreccio di mani.
Avete piegato il viso, vi siete sfiorati l’anima ticchettando
con le unghie, e
nulla è stato più lo stesso.
Che errore stupido che avete fatto.
Che errore stupido.
“Peter. Peter. Peter io...”
Spingimi via da te,
fallo pure, ma sulle mie ossa troverai ancora la tua forma
e le tue impronte.
Cerca te, cerca te in
me, e scoprirai di essere ovunque.
Peter, io...
“Sai cosa ho desiderato quando ho guardato per la prima volta
dentro una
pozzanghera?”
Non ti muovi e lui posa l’indice contro la tua tempia destra,
leggero.
“Ho desiderato di riuscire a vedermi. L’ho
desiderato intensamente, l’ho
desiderato davvero con tutte le mie forze, come non ho mai desiderato
nulla
nella vita. E io ora mi vedo, io riesco a vedermi, ma non sono felice.
Perché
ho un nuovo desiderio, molto più importante: che tu possa
vederti nello stesso
modo in cui ti vedo io. Allora sì, sarei felice. Allora
saremmo felici
entrambi.”
Ragazzino.
Hai saccheggiato i miei
ultimi sentimenti, che non erano altro che briciole di
pane rimaste attaccate alle croste mangiucchiate.
Peter.
Cascasse il mondo,
cascasse il Sole, cascasse tutta la neve, la grandine, la
pioggia e i fulmini, anche l’arcobaleno.
Peter.
Sono stanco di vivere a
metà, sono stanco di non vivere affatto.
Non ti chini a baciarlo, ma rimani sospeso - con il corpo e con
l’anima - sopra
di lui e inizi a parlargli.
Formuli frasi che ti dimentichi subito dopo.
E non ti rendi conto neanche di una delle promesse d’amore
che gli fai.
Angolo autrice
Ciao a tutti! Almeno, finalmente posso dirlo, ho concluso un progetto. La mia prima idea era in realtà di scrivere una Shot natalizia con Wanda e Vis, ma purtroppo le cose sono andate diversamente. La Shot naturalmente non mi convince, è stata iniziata in un momento di euforia dopo un bellissimo e speciale weekend, ma ha avuto diverse battute d'arresto.
Spero possa esservi comunque piaciuta :)
Ringrazio con il cuore in mano le persone che ho conosciuto in questo anno su questo sito, che ora sono parte integrante delle mie giornate e che mi vogliono realmente bene, il che non è facile. Voi lo sapete, come sapete che vi voglio immensamente bene.
Auguro a tutti Buon Natale e Felice Anno Nuovo!