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Autore: Dreamer_of_dreams    24/12/2018    0 recensioni
Una cosa è certa: l'aristos achaion, l'orgoglio della Grecia, è una forza con cui fare i conti.
Non ha paura di nessun dio, e sicuramente di nessun uomo - ma non si può dire lo stesso per un certo insetto.
[Patroclo/Achille]
•••
Questa storia non è mia, io l'ho soltanto tradotta. Tutti i diritti vanno ad Ambrxsia su Wattpad, che mi ha gentilmente dato il permesso di tradurla. // This story is not mine, I just translated it. All rights goes to Ambrxsia on Wattpad, who kindly gave me the permission to translate it.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non è mia, io l'ho soltanto tradotta! Tutti i diritti vanno ad Ambrxsia su Wattpad, che mi ha gentilmente dato il permesso per farlo.

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"Patroclo" iniziò Achille, la sua voce particolarmente bassa e seria in confronto al tono spensierato che aveva avuto fino a qualche secondo prima, "non muoverti."

Patroclo congelò, la sua mente fuori controllo con i pensieri dei peggiori scenari possibili. C'era un ladro?

Anche se Patroclo trovava altamente improbabile che un ladro volesse viaggiare fino alla cima della loro montagna in cerca di vittime a cui rubare, non era insolito per gli ignari essere derubati e lasciati a morire in posti isolati dove sicuramente non sarebbe arrivato aiuto.

E quali vittime migliori di due adolescenti mingherlini che si trovavano per caso sulla cima di una montagna dove sicuramente nessuno li avrebbe sentiti urlare?

Chiunque - o qualunque - fosse il pericolo, aveva scelto l'obiettivo sbagliato. Con la coda dell'occhio, Patroclo vide il compagno allungare il braccio per prendere il coltello che teneva nella cintura.

Rendendo onore alla sua reputazione, Achille lanciò il suo coltello così rapidamente che tutto quello che Patroclo vide fu la macchia offuscata e il debole fischio che fece quando passò accanto alla sua testa. Sentì il coltello impalare l'albero dietro di lui e vide i lineamenti di Achille rilassarsi, un gran sorriso orgoglioso in mostra sul volto. "Ecco, il pericolo è sparito ora."

Patroclo si voltò lentamente, aspettandosi di vedere un ladro impalato dal coltello di Achille, ma invece vide che l'unica cosa che il coltello aveva infilzato era il povero ulivo che aveva offerto loro ombra.

Le sue sopracciglia si accartocciarono verso l'alto in confusione mentre avanzava più vicino all'albero, realizzando che il coltello aveva, in realtà, colpito qualcos'altro. Un insetto. Un calabrone, per essere precisi.

"Un'ape?" chiese, inarcando un sopracciglio mentre si girava verso il migliore dei Greci. "Il grande pericolo... era un'ape?"

"Sì," confermò Achille, ancora sorridendo, i suoi denti perfetti splendenti alla luce del sole, "ma non dovrebbe più darci problemi." Eccolo lì, il più grande guerriero di tutta la Grecia, il ragazzo che poteva massacrare dozzine di uomini in meri secondi, raggiante di orgoglio riguardo l'aver ucciso un insetto.

Patroclo sospirò, metà di sollievo perché non erano in vero pericolo, ma anche perché si sentì ingannato ad aver creduto che lo fossero.

"Non l'ho trovato divertente" disse, passando oltre il compagno. "Hai interrotto il nostro gioco per questo?" chiese, la sua faccia rossa dalla vergogna al pensiero di aver creduto che l'innocuo insetto fosse un pericoloso ladro.

Il sorriso di Achille scivolò lentamente via dal suo viso. "Cosa intendi?"

"Sai molto bene cosa intendo. Che quello," disse Patroclo, sciogliendo le braccia per gesticolare verso il povero insetto, "non è considerato un grande pericolo".

Achille sbatté le palpebre, registrando cosa avesse detto il suo compagno. "Ovviamente, non è più un grande pericolo perché l'ho ucci-"

"No" lo interruppe Patroclo, scuotendo la testa. "Non è più un gran pericolo ora tanto quanto quando era vivo."

Achille fissò Patroclo, studiandolo prima di scuotere la testa. "Ho paura che ti sbagli. Le api sono mostri feroci, Patroclo. Il loro scopo è distruggere e cercano di non fare altro se non del male."

Il principe esiliato inclinò leggermente la testa, uno sguardo di scetticismo fermo sul viso. "Mi sbaglio?" chiese in modo incredulo. "L'obiettivo delle api è di aiutare il fogliame. Perché-"

"Lo pensavo anch'io," lo interruppe Achille, guardando Patroclo come se fosse lui quello a dover essere compatito per la sua disinformazione sulle api, "poi sono stato punto. Adesso so che sono una forza da tenere in considerazione. Capisci?"

Patroclo fissò il vuoto, scendendo a patti con quello che aveva appena sentito. "Penso di capire adesso" disse alla fine, mentre un sorriso si faceva strada sul suo viso.

"Tu," iniziò, camminando per chiudere la distanza tra loro fino a che Achille poté piuttosto letteralmente sentire il compiacimento irradiare dal compagno, "-hai paura delle api" finì, il ghigno che non lasciò le sue labbra nemmeno per un momento.

La postura di Achille si raddrizzò immediatamente, nel modo in cui faceva spesso quando sentiva che il suo onore era stato sfidato. Incrociò le braccia e lanciò un'occhiataccia al compagno. "Non ho paura di niente" insistette. "Di nessun dio, nessun uomo, e sicuramente di nessun insetto."

Achille si sentì offeso dal fatto che Patroclo avesse anche solo suggerito una cosa del genere. Non c'era modo che l'aristos achaion* avesse paura di un umile insetto. Anche se sapeva che le parole che aveva detto Patroclo non erano vere, non poté fare a meno di sentire le sue guance arrossire dall'imbarazzo. Recitando una silenziosa preghiera a Teti, sperò che Patroclo non ci prestasse attenzione.

Ovviamente lo fece.

"Imbarazzato, vero?" disse Patroclo, il suo ghigno - quello che Achille stava iniziando a detestare - che cresceva più ampio. "Non posso crederci. Il migliore dei Greci con tutta la sua forza e velocità, ha paura di un insetto."

"Non ho paura" insistette vigorosamente Achille. Sarebbe stato più convincente, tuttavia, se la sua voce non fosse stata di un'ottava più alta del solito. "Se tu fossi stato punto allora sapresti che creature crudeli sono davvero."

Patroclo si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. "Una puntura non è abbastanza per convincermi-" si fermò quando fu bruscamente zittito dal compagno.

Achille fece cenno col capo verso l'intruso, gli occhi verdi che si stringevano nel modo in cui facevano spesso quando trovava qualcosa che non gli piaceva sulla sua strada.

"Il fratello della defunta ape," sussurrò duramente, allungando il braccio per prendere il coltello. "È venuto per esigere la sua vendetta." Poi realizzò che la sua arma era ancora conficcata nell'albero.

Patrolco gemette dalla frustrazione. "Achille, sono insetti," insistette, scacciando la dannata ape. Si chiese perché lo seguisse. La sua amica era riuscita a rovinare quella che era una serata perfettamente piacevole. Cosa volevano ancora da loro quei fastidiosi insetti?

"Non 'esigono vendetta', non hanno la mente per farlo quindi-"

Si fermò a metà frase quando sentì un acuto dolore al braccio, che gli fece emettere un piccolo strillo.

Era stato punto.

"E stavi dicendo?" Chiese Achille in tono sarcastico, le braccia incrociate e un leggero ghigno sulla faccia. "Adesso capisci cosa intendo a proposito del pericolo delle api?"

Patroclo gelò con lo sguardo il suo compagno, sfregando il braccio pulsante. "E cosa, di grazia, hai intenzione di fare a proposito di questa grande minaccia?" chiese, ogni parola che trasudava sarcasmo.

"Lo stesso che faccio con ogni grande minaccia" disse Achille semplicemente, come se la risposta fosse ovvia. "La combatto."

Un altro lamento. "Hai intenzione di batterti con un insetto? Sei impazzito?"

"Certo che no." Rispose Achille come un dato di fatto. "Un uomo pazzo combatterebbe disarmato, io, però, non sono pazzo." Poi girò sui tacchi, camminando verso l'albero per recuperare il coltello.

"Progetta di combattere un insetto con un coltello" borbottò Patroclo. "Questo mi sembra abbastanza pazzo" aggiunse, arrancando dietro al compagno. Notò che, con suo sommo dispiacere, l'ape non era molto lontana.

"Non disperarti, philtato**" disse Achille, notando lo sguardo di fastidio sul volto del suo amante. "Ti vendicherò eliminando quelle api. Una volta che non potranno più infastidirci, potremo finire il nostro gioco."

Patroclo stava per rispondere. Stava per far notare di nuovo che le api non fossero grandi mostri, che Achille stesse prestando alle api molta più attenzione di quella che stava dando al suo stesso amante.

Ma prima che potesse aprire la bocca, Achille aveva già vigorosamente strappato via il coltello dalla corteccia, l'albero che vibrava dalla forza, qualche oliva che cadeva nel processo.

Achille si girò, il coltello pronto a impalare l'ape che aveva disturbato il suo compagno, ma poi si fermò di colpo.

A quanto pare aveva tirato il coltello così forte che la forza aveva buttato giù più di qualche misera oliva. Davanti ai piedi di Achille, cadde qualcos'altro dall'albero.

Un alveare.

Ebbe solo il tempo di aprire la bocca a forma di 'o' prima che eruttasse, con api che si disperdevano ovunque.

Davvero, il più grande dei Greci non era un codardo. Aveva combattuto contro uomini normali e somiglianti a dei, e sconfitto tutto quello in cui si era imbattuto. Non aveva mai ceduto in una battaglia, e certamente non era mai corso via da una.

Quando si girò e scattò verso la loro grotta, tuttavia, decise che, solo per quella volta, avrebbe dovuto fare un'eccezione.

Le persone normali avrebbero problemi a superare in velocità un'orda di centinaia di api volanti, ma Achille non era normale.

No, era molto più veloce del normale.

Era oltre la metà della distanza dalla cava entro pochi secondi, le piante dei piedi che sembravano toccare a malapena il terreno.

Una volta che riuscì a vederla, sorrise di sollievo alla sua casa, al suo rifugio sicuro. Al sicuro dalle api, lontano da quelle violente creature. Ma non riusciva a togliersi di dosso l'opprimente sensazione di essersi dimenticato qualcosa, qualcosa di importante, qualcosa-

Si fermò di slittata quando sentì un urlo familiare provenire dalla direzione da cui era appena arrivato.

Un lamento.

Patroclo, aveva dimenticato Patroclo.

Mandando giù la sua estrema antipatia - non paura, badate bene - per le api, girò i tacchi e corse nella direzione dell'alveare quasi al doppio della velocità con cui ne era scappato.

In meno secondi di quante dita aveva in una mano, aveva raggiunto lo sciame. Non era per niente difficile da individuare; centinaia di piccoli fagotti gialli e neri che giravano rumorosamente in aria. Anche se non avesse avuto idea di dove trovarle, era sicuro che avrebbe udito il coro di ronzii arrabbiati anche da un miglio di distanza.

Al centro di tutto il caos era stesa una figura solitaria, raggomitolata a palla in un disperato ma inutile tentativo di farsi scudo dalla rabbia delle api.

Achille sentì il proprio cuore fermarsi, ma fortunatamente il suo corpo non fece lo stesso.

Immediatamente fu all'interno del nugolo, la sua figura agile che serpeggiava attraverso la nube di insetti con facilità. Si muoveva così rapidamente che quando qualsiasi insetto particolarmente audace decideva di volerlo pungere, lui si era già spostato, lasciando alla piaga nient'altro da colpire che aria.

Sembravano impossibili, i movimenti disumanamente veloci che faceva, evitando con grazia contatti con ogni singolo insetto nella nube. E aveva fatto tutto questo senza che i suoi occhi rompessero mai il contatto con la figura sgualcita del suo amante.

Tirò su Patroclo dall'orlo della sua toga, raccogliendolo nelle sue braccia. Serpeggiò via dallo sciame altrettanto velocemente di com'era arrivato, il peso aggiunto che non intaccò in alcun modo la sua velocità.

Stringendo forte Patroclo, come se avesse avuto paura che sarebbe caduto, Achille scattò verso casa loro. Il ronzio delle api diminuì dietro di loro e Achille si ritrovò a sospirare di sollievo, il costante battito del cuore del suo amante udibile a malapena oltre l'insistente colpo sordo del proprio.

•••

"Non quello."

Achille sobbalzò, facendo quasi cadere il vasetto che teneva in mano. "Cosa?" chiese, girandosi di scatto per fissare il suo 'paziente'. Patroclo era steso sullo stomaco esattamente dove l'aveva lasciato Achille, gli occhi ancora chiusi.

"Non usare quello," ripeté Patroclo, la voce bassa e rauca. Anche se quello c'era da aspettarselo, dato che aveva almeno due pungiglioni soltanto sul collo.

"E perché no?" chiese Achille, le sopracciglia aggrottate. "Ho bisogno di sterilizzare l'ago e le punture, no?"

Patroclo rise sommessamente, tirandosi su con i gomiti prima di appoggiare il mento sulle mani.

"Sì, ne hai bisogno. Ma quel particolare barattolo," disse, gesticolando verso di esso con la testa, "contiene il grasso del cinghiale selvatico che hai macellato due settimane fa."

"Scarsa scelta per la sterilizzazione" aggiunse, chiudendo di nuovo gli occhi.

Achille sospirò di frustrazione prima di stringere il coperchio del vasetto e rimetterlo sopra la mensola dove doveva stare. Benché avessero entrambi imparato quello che sapevano di medicina da Chirone, Patroclo era stato verosimilmente il più veloce a imparare dei due.

La cosa non aveva dato fastidio ad Achille quando avevano iniziato a imparare. Lui era un guerriero, nato per combattere, per uccidere. Aveva immaginato che l'ultima cosa che avrebbe avuto bisogno di sapere su un campo di battaglia sarebbe stato come rammendare gli uomini che avrebbe sicuramente ucciso. Aveva anche deciso che se, nella bizzarra eventualità, fosse stato ferito, non avrebbe comunque avuto bisogno di preoccuparsi di curarsi.

Patroclo ci sarebbe sempre stato per quello, dopotutto.

Ma in quel momento, quando realizzò che aveva quasi usato grasso di suino per sterilizzare le ferite del suo amante, iniziò a sentirsi diverso a proposito dell'evidente necessità di conoscenza in medicina.

E poi cominciò lo scrupoloso e noioso compito di rimuovere i pungiglioni. Achille non sarebbe senza dubbio stato in grado di portare a termine l'incarico così meticolosamente come avrebbe fatto Patroclo, ma il lavoro sarebbe sicuramente stato completato più velocemente.

Ma anche con mani veloci come quelle di Achille, ci sarebbe comunque voluto un po' di tempo per estrarre ogni singolo pungiglione.

"Sto iniziando a credere che avessi ragione" ammise Patroclo con fare abbattuto, il corpo che pulsava in vari posti.

"È così?" si sentì Achille chiedere da dietro. Patroclo avrebbe giurato di aver sentito un pizzico di divertimento nella sua risposta, ma quando si girò l'espressione di Achille era concentrata come quando aveva iniziato il suo lavoro.

"Sì" confessò Patroclo, stringendo i denti quando il suo amore affondò di nuovo l'ago nella sua schiena per rimuovere un pungiglione particolarmente profondo. "Le api sono davvero creature terribili."

"Lo sono" concordò Achille, non provando neanche più a nascondere il divertimento nella sua voce.

Patroclo si lamentò quando, senza avvertimento, fu girato sulla schiena. Sapeva che alla fine ci sarebbe stato bisogno di voltarlo in modo da permettere più facilmente di avere accesso e rimuovere i pungiglioni sul davanti.

Saperlo, comunque, non fermò il dolore lancinante

"Magari la prossima volta potrei essere avvisato" mormorò Patroclo, lanciando al suo amante uno sguardo d'accusa.

"Scusa" disse Achille impacciatamente, facendo una risatina. "Non succederà di nuovo."

Patroclo permise ai suoi occhi di guardare in alto, studiando il suo amante per quella che poteva benissimo essere la milionesima volta. Gli occhi verdi di Achille erano fermamente fissati sul suo lavoro, le sue sopracciglia aggrottate dalla profonda concentrazione.

Si fermava di tanto in tanto per spostare la coltre di biondi riccioli dorati che cadeva di fronte al suo viso, non volendo che oscurassero la sua visuale sul compito in questione. Di solito la sua mascella si tendeva dalla concentrazione quando si allenava, ma in quel momento le sue labbra morbide erano lievemente separate.

Patroclo guardò la lingua di Achille guizzare fuori dalla bocca, percorrere le sue labbra per inumidirle prima di tornare velocemente dentro.

Deglutì. Perché la temperatura della stanza era aumentata così improvvisamente?

Nei momenti successivi restarono seduti in silenzio. Achille non disse nulla mentre si concentrava sul suo lavoro, e Patroclo disse ancora meno mentre si concentrava su Achille.

"Dovresti considerarti fortunato che sono arrivato quando l'ho fatto" disse Achille come un dato di fatto, rompendo il silenzio tra loro. "Se non l'avessi fatto, la faccenda sarebbe stata molto peggiore."

"'Ritornato' sarebbe il termine più appropriato da usare, visto che in primo luogo sei stato tu a lasciarmi" fece notare Patroclo, i suoi occhi castani luccicanti di divertimento.

Achille gemette. "Sono tornato, no? Inoltre, dopo essere stato salvato da un così grande pericolo, qualcuno nella tua situazione di solito sarebbe più riconoscente nei confronti del proprio eroe."

"Lo sarebbe? Da quando?" chiese Patroclo, il sorriso scherzoso nonostante il suo corpo stesse ancora urlando in agonia.

"Non hai ascoltato i racconti da bambino?" chiese il più grande dei Greci, ammirando il sorriso del suo philtato. Era sollevato nel vedere che sebbene quegli irritanti parassiti fossero riusciti a rovinare il loro pomeriggio non erano riusciti a rovinare il loro buon umore.

"È stato così fin dall'inizio dei tempi. Specialmente quando il salvatore è bello come me. Una damigella mi avrebbe ricompensato con almeno una raffica di baci."

Patroclo rise di cuore, il suono melodioso per le orecchie del suo amante.

Achille con una damigella? Era più probabile vederlo perdere un combattimento.

"Sì" disse Patroclo finalmente. "Dovrebbero raccontare storie sul grande Achille, che nel momento del bisogno del suo amante fuggì da un esercito di insetti. Davvero, sei il mio cavaliere senza macchia e senza paura."

"Almeno sono tornato" disse Achille sulla difensiva, realizzando di aver rimosso quasi tutti i pungiglioni. "Non è colpa mia se non hai pensato di correre dietro di me non appena l'alveare è caduto."

Non è che Patroclo non avesse il senno per farlo. Era intelligente, lo sapevano entrambi.

Era semplicemente impossibile per lui reagire tanto velocemente quanto Achille. Entrambi sapevano anche quello. Era solo umano, dopotutto.

Solo un umano.

"Hai ragione" disse Patroclo dopo un momento, tentando di fare un altro sorriso. Quello che fece, tuttavia, fu a malapena incerto.

"Se avessi anche solo una piccola parte della velocità che hai, non ci sarebbe bisogno che tu mi rattoppassi ora" ammise, la bocca ancora sorridente nonostante i suoi occhi non lo facessero più.

L'espressione di Achille si fece vuota mentre studiava silenziosamente i lineamenti di Patroclo prima di aprire la bocca per parlare.

"Va bene" disse infine, sdraiandosi sul pavimento accanto al suo amante.

Sollevò con cura la mano di Patroclo verso il proprio viso, esaminandola prima di piazzarci sopra un bacio risoluto ma gentile.

"Non ho problemi a sistemare questa" disse dolcemente, prima di sfregare di nuovo le labbra sulla sua mano.

"O questo" mormorò, lasciandone un altro sul suo braccio.

"Questa." Poi sopra la sua spalla, leggero ma sensuale.

"Questo." Il suo collo, questo tenero e deciso.

"Questa." La sua fronte, questo breve e tuttavia pieno di calore.

"O queste" disse infine, posando un bacio finale sulle sue labbra. Questo fu più appassionato, e durò nettamente più a lungo del resto.

Patroclo sorrise quando aprì gli occhi per ritrovarsi Achille con un ampio sorriso sfacciato, gli occhi verde mare che scintillavano dal piacere.

"Non penso che le mie labbra avessero bisogno di riparazioni" commentò Patroclo scherzosamente, sistemando alcune solitarie ciocche dei suoi capelli castani.

"Non sapevi neanche che le api fossero davvero pericolose" fece notare Achille. "Eppure eccoci qua."

"Sai" iniziò Patroclo, gli occhi nocciola che seguivano ogni movimento di Achille mentre finiva la fasciatura, "non abbiamo mai avuto la possibilità di finire il nostro gioco."

"Be', propongo" disse Achille, piegandosi verso il suo amante e facendo nuovamente passare la lingua sulle labbra che Patroclo trovava oh così invitanti, "di iniziarne uno nuovo."


Fine

*aristos achaion: in greco significa 'il miglior Greco'
**philtatosempre in greco, 'il più amato'

  
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