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Autore: Kim WinterNight    25/12/2018    2 recensioni
La mia prima storia su questi ragazzi.
Un piccolo scritto per augurare a tutti voi un felice Natale, e per ricordarci che a volte basta davvero poco perché una giornata qualsiasi diventi magica.
- SECONDA CLASSIFICATA a pari merito a "Il contest del fluff" organizzato da wurags sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Price, Joe Langridge-Brown, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You taught me how to love'
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ReggaeFamily

Get Better





«Price?»

Sollevai il capo di scatto e incrociai gli occhi scuri di Dominic.

Tenevo tra le mani una bottiglia di birra e me la rigiravo con fare annoiato. «Dimmi» risposi.

Il chitarrista mi si sedette accanto, per poi fare un sorso dal bicchiere di plastica che teneva in mano. «Pensavo una cosa. La prossima volta che siamo in studio, voglio arrangiare meglio il brano che stavamo provando durante il sound check, prima.»

Annuii. «Buona idea. Sembrava un'idea carina.»

«Lo è, cazzo, fratello. Ti rendi conto? Siamo una forza, tutti ci amano...»

Gli lanciai un'occhiata sospettosa. «Sei ubriaco o è l'atmosfera natalizia a farti male?» buttai lì.

«Coglione.» Dominic mi mollò una gomitata, poi rimase per un attimo in silenzio.

Lo conoscevo abbastanza bene per capire che quel silenzio era piuttosto strano.

«Devi dirmi qualcosa, Craik?» lo interrogai.

Lui sospirò. «Price, non voglio farmi gli affari tuoi, però... non hai ancora deciso cosa fare con Joe?» chiese infine.

Alzai gli occhi al cielo, poi abbassai il capo e ringraziai la visiera del mio cappellino che mi proteggeva dagli occhi pungenti di Dominic. «Eh... mmh...»

«Andiamo! Ti ha invitato a un fottuto pranzo di Natale, che sarà mai?» proseguì il mio amico con semplicità.

«Non so se sia il caso» farfugliai.

«Ma qual è il problema, fratello?» volle sapere.

Senza guardarlo, sospirai. «Questa cosa sta diventando più grande di me, non so se... Craik, è tutto così ufficiale!»

«La sua famiglia sa tutto, quindi... fregatene» mi consigliò Dominic.

Lo guardai. «Per te è facile. A te piacciono le ragazze.»

«E allora?» se ne uscì, inclinando leggermente il capo di lato.

«Non lo so. Joe è molto sensibile, non vorrei deluderlo. Non vorrei che lui pensasse... magari i suoi parenti penseranno che io sia un coglione.»

Il chitarrista rise. «Avrebbero ragione.»

Gli mollai un pugno sulla spalla. «Pensa per te, stronzo.»

Dominic rise. Era un ragazzo allegro e loquace, mi piaceva chiacchierare con lui perché era sempre sincero e non risparmiava mai di dire ciò che pensava davvero, qualunque fosse l'argomento che si stava affrontando.

«A parte gli scherzi, io ti consiglio di accettare. Joe ne sarebbe molto felice» aggiunse poi, battendomi fraternamente sulla spalla.

«Ci penserò» risposi, ancora dubbioso.

Dominic si mise in piedi e poco dopo fummo raggiunti da Philip; la sua figura corpulenta si stagliò sulla soglia della stanzetta in cui ci trovavamo, coprendo quasi del tutto la visuale sul corridoio.

«Che si fa? Torniamo in albergo? Conor è stanco morto, e anche io non ne posso più... domani finalmente torneremo a casa!» esordì il nostro amico, incrociando le braccia sul petto.

Notai che aveva indossato una felpa, nonostante avesse suonato con una delle sue solite canottiere; succedeva spesso che, una volta finita l'adrenalina del live, il bassista indossasse qualcosa sopra il suo solito outfit da palcoscenico.

«Sì, andiamo» accettai di buon grado.

Non vedevo l'ora di buttarmi a letto, prendere Joe tra le braccia e dormire per almeno cinque ore filate. Ero distrutto, e poi stare in tour in inverno non mi piaceva più di tanto. Preferivo mille volte suonare all'aperto, sudare come un dannato e poi buttarmi sotto il getto d'acqua fresca. Preferivo trascorrere le notti a bighellonare sulla terrazza di qualche albergo o per le strade di una città qualunque.

«Dov'è Joe?» chiesi a Philip.

«Sono qui!» esclamò il ragazzo biondo, intrufolandosi nella stanza dopo aver dato una leggera spinta al bassista.

Philip gli lanciò un'occhiataccia truce, ma non fece in tempo ad aprir bocca che si ritrovò Dominic addosso. Il chitarrista lo abbracciò senza alcun preavviso, poi prese a scompigliargli i capelli. «Ehi, cucciolo!»

L'altro se lo scrollò di dosso e prese a imprecare, mentre la voce stridula di Conor risuonava nel corridoio. «Datevi una mossa, non mi reggo in piedi!» strillò.

Joe mi si accostò e sorrise, quel sorriso dolce e meraviglioso che era in grado di scaldarmi il cuore come nient'altro. «Eri preoccupato?» mormorò, prendendo la mia mano.

Intrecciai le dita con le sue e mi avviai verso l'uscita. «Solo un po'» replicai.

«Non capisco perché mi fate sempre aspettare un'eternità!» stava frignando Conor.

«Ma piantala, non rompere i coglioni e cammina!» lo rimbeccò Dominic, spintonandolo lungo il corridoio.

Io scoppiai a ridere, mentre Joe e Philip si scambiavano un'occhiata esasperata e sospiravano.



«Buonanotte tesori!» strillò Dominic, per poi spingere Conor e Philip dentro la loro stanza e richiudersi la porta alle spalle.

Io e Joe ci scambiammo un'occhiata.

«Da quando ha visto Bohemian Rhapsody si comporta come Freddie Mercury» borbottai.

Joe aprì la porta della nostra camera e mi fece cenno di entrare, per poi seguirmi. «Craik è un cretino, lo sai» commentò.

Mi voltai di scatto e lo intrappolai tra le mie braccia, stringendo il suo corpo esile al mio. «Ora non mi importa di lui» mormorai al suo orecchio, per poi baciare lentamente il suo collo e godere di quella pelle chiara e soffice che tanto mi faceva impazzire.

Joe reclinò il capo all'indietro e si offrì completamente a quella dolce tortura, mentre con le mani sfilava gentilmente il cappellino da baseball dalla mia testa e lo lasciava cadere a terra.

«Andiamo a letto» sussurrai, mentre percorrevo con le mani la sua schiena e giocherellavo con le ciocche morbide dei suoi capelli.



Ci eravamo cambiati e avevamo fatto tappa in bagno, anche se era stato difficile stare distanti in quei pochi minuti.

Quella sera era talmente stanco che non riuscivo quasi a rispondere ai dolci baci di Joe. Se ne stava steso su di me e mi accarezzava, baciava la pelle del mio viso e del mio collo, riuscendo a rilassarmi completamente e a sciogliere qualsiasi tensione.

«Joe, ci ho pensato» sussurrai, percorrendo delicatamente uno dei suoi fianchi con la mano.

«A cosa?» soffiò lui nel mio orecchio.

«Al tuo invito. Credo che si potrebbe fare» gli comunicai con un poco di incertezza.

Lui sollevò il capo di scatto e mi guardò dritto negli occhi. «Davvero?» chiese conferma con entusiasmo.

«Davvero» ripetei, regalandogli un sorriso.

Joe mi gettò le braccia al collo e cominciò a riempirmi di baci rumorosi, mentre mi ringraziava tra uno schiocco e l'altro.

«Okay, okay, basta!» risi, rotolandomi con lui tra le lenzuola.

Rimanemmo abbracciati in silenzio. Joe mi fece posare il capo sul suo petto e prese ad accarezzarmi i capelli e il viso.

«Sono distrutto» farfugliai.

«Allora dormi» mi suggerì, mentre le sue mani gentili si spostavano con dolcezza sulla mia pelle.

«Ma domani non mi scappi» grugnii, per poi allungarmi a baciare il suo collo.

«Sì, sì... adesso dormi, piccolo teppista. Domani vedremo cosa fare» mi rimbeccò.

Sorrisi. Adoravo il mio amato Joe, non avrei potuto fare a meno di lui neanche se lo avessi voluto.



Presi un profondo respiro e feci partire la chiamata, il cuore che mi martellava nel petto come se volesse scappare via dal mio controllo.

Le dita della mano sinistra si serrarono ancora di più attorno ai manici della busta di carta che tenevo in mano, mentre quelle della mano destra si stringevano con forza sul cellulare.

La voce familiare di Joe fece capolino all'altro capo del telefono. «Pri, sei arrivato?» esordì.

«Sì, sono sotto casa tua» ammisi in tono piatto.

«Arrivo» annunciò, poi chiuse la chiamata.

Osservavo il palazzo che mi trovavo di fronte senza neanche vederlo, senza riuscire a notare i particolari che lo caratterizzavano; provavo molta ansia per quel primo incontro con la famiglia del mio ragazzo, non avevo mai fatto niente del genere, me la stavo facendo sotto.

E se non fossi piaciuto ai suoi genitori? E se suo fratello mi avesse giudicato un idiota?

Joe mi avevo sempre detto che Louis era particolarmente abile nel farsi un'idea precisa e corretta delle persone. Dovevo stare attento a come mi comportavo quel giorno, ne andava della mia reputazione.

Joe aprì il portone e mi venne incontro, abbracciandomi. Indossava una giacca a vento verde militare sopra un maglione a righe verdi e bianche, un paio di pantaloni neri felpati e delle scarpe da ginnastica.

Lo tenni stretto per un attimo e gli lasciai un rapido bacio sulle labbra. «Ehi. Me la sto facendo sotto.»

Joe ridacchiò e sciolse l'abbraccio, per poi intrecciare le sue dita alle mie. «Non essere sciocco. A loro piacerai un sacco, non vedono l'ora di conoscerti.»

«C'è anche tua nonna?» domandai, mentre raggiungevamo l'ascensore.

«Certo! Nonna Caroline e anche zia Bridget» annunciò con un enorme sorriso.

Una volta all'interno del box metallico, mi chinai su Joe per intrappolare le sue labbra carnose e dolci in un bacio, spingendo la mia lingua dentro la sua bocca.

Lui infilò le dita tra i miei capelli e mi tirò più vicino a sé. Poco dopo si staccò e mi osservò perplesso.

«Che c'è?» borbottai.

«Non hai messo il cappellino» notò.

«Già, non mi sembrava il caso» ammisi.

«Sei un cretino! Devi essere te stesso, non ti venga in mente di...»

«Non potevo presentarmi con quell'affare a un pranzo di Natale, è un'occasione importante» lo contraddissi.

Le doppie porte dell'ascensore si spalancarono e noi ci ritrovammo su un ampio pianerottolo, sul quale spiccava un enorme e coloratissimo albero di Natale.

«Sarà... Pri, siamo arrivati!» annunciò, accennando a una porta socchiusa.

Poco prima che potessimo aprirla, qualcuno la spalancò e si stagliò sulla soglia. Si trattava di un ragazzo biondo come Joe, che portava i capelli corti e sistemati con il gel in un'acconciatura ordinata. I lineamenti non erano molto più marcati di quelli del fratello, ma le labbra erano più sottili e il naso un poco più grosso. Gli occhi erano identici a quelli di Joe, grandi ed espressivi.

Louis Langridge-Brown era muscoloso, indossava abiti piuttosto alla moda e pareva un ragazzo come tanti. Non aveva qualcosa che lo distinguesse da tante altre persone.

Mi sorrise, e a quel punto mi resi conto che quel gesto semplice e luminoso era davvero caloroso e accogliente, amichevole nei miei confronti.

«Ehi, tu devi essere Price!» mi salutò Louis, invitandomi a entrare.

Joe, senza smettere di tenermi la mano, mi guidò dentro casa sua. Suo fratello richiuse la porta e si piazzò di fronte a me, scrutandomi con curiosità mentre le sue ciglia lunghe sbattevano di tanto in tanto.

«Ciao, tu devi essere Louis» buttai lì, stringendo con più forza la mano di Joe.

«Indovinato! Oh, amico, ti piace il vino?» mi chiese.

Un sorriso spontaneo sbocciò sulle mie labbra e la tensione di botto si sciolse. Lasciai andare la mano del mio ragazzo e sollevai il braccio per mollare un'amichevole pacca sulla spalla di Louis. «Puoi scommetterci!»

L'altro sorrise e mi strizzò l'occhio. «Sei okay. Andremo d'accordo.»



Myra Langridge-Brown era una donna mora, aveva gli stessi occhi grandi dei suoi figli e la pelle chiara come quella di Joe. Era in carne, il suo viso dolce e solare mi fece sentire fin da subito a mio agio.

«James, finalmente ti conosco!» esclamò Myra, accostandosi a me per stringermi la mano.

«Signora, per me è un piacere. Ecco, ho portato qualcosa per voi, spero di aver fatto bene» replicai, porgendole la busta che tenevo ancora in mano.

Louis si intromise e rubò subito l'oggetto, frugando per controllare cosa contenesse il sacchetto. «Wow, adoro questi cioccolatini alla liquirizia! Se non fossi già impegnato con mio fratello, ti sposerei, Price!» esclamò, cominciando subito a scartare uno dei piccoli dolcetti avvolti in carta stagnola colorata.

«Sei un maleducato, Louis!» lo rimbeccò una donna più anziana, che somigliava molto a Myra. Raggiunse il ragazzo con passo lento e gli tirò leggermente un orecchio. «Mascalzone!»

«Scusa, nonna!» farfugliò Louis, masticando voracemente il cioccolatino.

Risi, notando Joe che si premeva una mano sulla fronte.

«Salve, James! Sono nonna Caroline, mi fa piacere conoscerti» mi si rivolse l'anziana, sorridendomi cordiale.

«Salve, signora. Sono onorato di conoscerla, Joe mi parla sempre molto bene di lei» ammisi, sorridendo timidamente in direzione di nonna Caroline.

Aston Langridge-Brown si avvicinò a noi e mi porse la mano. «Piacere, sono Aston, il padre di Joseph» disse.

Sapevo che era un uomo piuttosto timido, Joe me lo diceva sempre. Eppure non mi diede l'impressione di essere burbero o indisponente, mi regalò perfino un breve sorriso. Portava i capelli biondi lunghi, come il mio ragazzo, ma i suoi lineamenti erano decisamente più marcati e mascolini.

«Myra! Corri in cucina, presto!» gridò qualcuno dall'interno della casa, poi una donna robusta fece irruzione nella sala da pranzo. Non appena mi vide, mi squadrò da capo a piedi e mi sorrise con fare malizioso. «Oh, ma guarda un po' chi c'è! Tu devi essere il famoso James Price!» esclamò.

Mi sentii avvampare e la osservai senza sapere cosa replicare, limitandomi a sorridere imbarazzato.

«Zia, non cominciare...» balbettò Joe.

«Che bel bocconcino, Joey caro! Sai com'è, alla mia età desidero sempre di vivere avventure emozionanti con dei bei giovanotti come lui» proseguì zia Bridget, facendomi l'occhiolino.

«Zia Bri, a lui non piacciono le donne» la contraddisse Louis.

«Ah no?»

«Piantatela!» esclamò Myra, fulminando suo figlio e sua sorella con un'occhiataccia.

Joe sospirò e mi guardò con una punta di dispiacere nei grandi occhi scuri. «Mi dispiace» mormorò.

Gli lasciai una breve carezza sui capelli. «È tutto okay» lo rassicurai.

Quella famiglia mi piaceva, mi sentivo bene e non provavo il senso di disagio che mi ero immaginato fino a poco prima.



«Quindi, tu e Joseph suonate nello stesso gruppo musicale» commentò nonna Caroline, mentre finivamo di mangiare i numerosi e deliziosi antipasti che erano stati sparsi per l'enorme tavola.

Annuii. «Sì. Io suono la batteria, Joe la chitarra.»

«Mio nipote è un bravo musicista, vero? Ha preso da suo nonno, sai?»

Sorrisi. «Ne ho sentito parlare.»

Lpuis mi riempì per la terza volta il bicchiere di vino rosso. «Bevi, fratello! Dimmi, com'è stare in tour con questo imbecille?»

Joe si allungò per mollare un pugno a Louis. «Bada a come parli.»

«Non litigate, bambini!» esclamò nonna Caroline.

«Si sta bene in tour con lui. Joe è tranquillo, il problema principale è Dom» scherzai.

«E Conor dove lo lasci? Quando fa l'isterico è insopportabile» commentò Joe con una risatina.

«Il più calmo e ragionevole è Phil. Lui riesce sempre a tenerci a bada, a farci ragionare... senza di lui la band sarebbe un disastro» proseguii in tono divertito.

«Joe, quand'è che mi fai conoscere uno dei tuoi giovani amici?» chiese zia Bridget, per poi scoppiare a ridere.

«Perché non le presenti Dom? Lui con le donne ci sa fare» mormorai, dando di gomito al mio ragazzo.

Lui ridacchiò. «Zia Bri, non so se sia il caso. I miei compagni di band potrebbero essere tuoi figli» le fece notare.

«Che importa? A me non fa schifo nulla!»

«Bridget!» strepitò Myra, guardando con aria severa sua sorella.

Continuammo a scherzare e chiacchierare per un po', finché il pranzo non si concluse e tutti ci alzammo da tavola sazi e soddisfatti.



Nonna Caroline si era addormentata sulla poltrona, Myra e Bridget erano sparite in cucina e chiacchieravano animatamente, Louis e Aston si sfidavano alla playstation. Il pomeriggio scorreva tranquillo, mentre io e Joe osservavamo senza troppo interesse la partita a Tekken tra padre e figlio.

«Papà, sei un rammollito! Che c'è, non mi picchi solo perché sono tuo figlio? Ricordati quando da piccolo ti facevo dannare e vacci giù pesante!» strillava Louis in continuazione.

«Ora ti faccio vedere io!» esclamò all'improvviso Aston, premendo convulsamente sul joystick.

Joe si voltò a guardarmi e sorrise appena. «Andiamo in camera mia?» mi propose.

Annuii e mi alzai, seguendolo fuori dal salotto. Mi guidò lungo un breve corridoio, alla fine del quale si fermò per aprire una porta.

Entrai nella sua stanza e la trovai piccola e accogliente. Era piuttosto ordinata, ma immaginai che fosse opera di Myra, dal momento che Joe non era affatto un ragazzo ordinato.

«Carina» commentai, guardandomi attorno.

Joe richiuse la porta, poi mi posò le mani sul petto e mi spinse all'indietro, fino a farmi appoggiare con la schiena contro il legno chiaro.

I nostri occhi si incrociarono, poi il biondo si fiondò sulle mie labbra e le fece sue, premendo il corpo esile sul mio. Portò le braccia a circondarmi il collo e socchiuse gli occhi, approfondendo il nostro contatto.

Con calma, sollevai una mano e la feci scivolare sotto il suo maglione, accarezzando lentamente la sua pelle calda.

«Pri...» sussurrò Joe.

«Ehi» risposi.

«Grazie per essere venuto.»

I nostri sguardi si incrociarono ancora, e rimanemmo a fissarci senza dire niente per un po'.

«La tua famiglia è fantastica» gli confessai.

Joe fece spallucce. «A parte Louis e zia Bri...»

Scossi il capo. «Anche loro sono particolari. Mi piacciono.»

Joe mise su un broncio talmente tenere che mi fece venir voglia di baciarlo senza sosta per almeno un'ora. «Dai, non fare così.» Tracciai il profilo delle sue labbra con un dito. «Tu sei sempre il mio preferito, non ti tradirò mai con zia Bridget, promesso!» scherzai.

Joe si esibì in una smorfia disgustata. «Ho i brividi al solo pensiero» borbottò.

Mi chinai a baciarlo. «Grazie per l'invito» dissi.

«Per fortuna hai accettato» replicò.

«Sappi che è tutto merito di Craik» buttai lì.

Joe mi guardò dubbioso. «Cosa intendi?»

Mi strinsi nelle spalle. «Ha insistito perché accettassi. Ha detto che ne saresti stato felice.»

«In fondo è un bravo ragazzo» scherzò il mio ragazzo.

Ci scambiammo qualche altro bacio, ma fummo interrotti da un grido straziante proveniente dal salotto.

Ci guardammo allarmati.

«Ti ho battuto ancora una volta, Aston Langridge-Brown!» tuonò Louis in tono trionfante.

Scoppiammo a ridere fragorosamente.





◘ ○ ◘ ○ ◘ ○ ◘


Carissimi lettori, quest'anno ho deciso di festeggiare il Natale nella categoria (si spera) nascente dei Nothing But Thieves!

Ebbene sì, anche io sono giunta alla conclusione che dovevo assolutamente scrivere qualcosa su di loro, in particolare sulla coppia PricexJoe ^^

Da cosa nasce questa ship? Be', è tutta colpa di Soul_Shine e della sua All in a Night, nella quale c'è stato un momento in cui ho veramente shippato il chitarrista biondo con il batterista un po' scemo XD

Spero che questa piccola storia vi sia piaciuta, e ne approfitto per augurare a tutti buon Natale e buone feste :3

Mangiate tanto, divertitevi e lasciate sempre che la fantasia galoppi, mi raccomando!!!!

Alla prossima ♥

  
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