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Autore: Emmastory    25/12/2018    6 recensioni
Un anno è trascorso alla foresta delle fate. Ormai è inverno e non più primavera, e con il tempo che scorre e la neve che cade, la giovane Kaleia non sa cosa pensare. Il tempo si è mosso lesto dopo il volo delle pixie, con l'inizio di un viaggio per una piccola amica e il prosieguo di uno proprio per lei. Che accadrà ora? Nessuno ne è certo oltre al tempo e al destino, mentre molteplici vite continuano in un villaggio e una foresta incantata. (Seguito di: Luce e ombra: Il bosco delle fate)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Capitolo XXXV

La promessa a me più grande

Addormentata fra le braccia di colui che tanto amavo, avevo dormito bene, senza più alcun tremore a turbare il mio sonno o alcuna voce a echeggiarmi nella testa. Senza accorgermene, avevo stretto la mano di Christopher continuando a farlo per tutta la notte, ma ore dopo, con il sole alto nel cielo e brillante oltre il vetro della finestra, fui la prima a svegliarmi. Muovendomi lentamente, scivolai fuori dalla sua presa avendo cura di non disturbarlo, e una volta in piedi, mi accorsi anche di Willow. Sempre sdraiata sul divano, aveva aperto a fatica un solo occhio, e dopo avermi guardata, l’aveva richiuso, ignorandomi completamente. “Sei tu, buongiorno.” Sembrava voler dire, evidentemente seccata per essere stata ridestata così presto. Poco dopo, e con un’espressione di chiara noia dipinta sul muso, la gatta mi diede le spalle, tornai a dormire acciambellandosi fra i cuscini. Non aspettandomi nulla di diverso, ridacchiai sommessamente, e attimi dopo, il silenzio cadde ancora nella stanza. Per pura fortuna non faceva freddo, e camminando lentamente, arrivai alla libreria. Era lì che tenevo i due libri che in tutto quel tempo fossi mai riuscita a leggere sulle mie origini, e fra i due ne spiccava uno soltanto. Non il primo, dalla copertina nera e le orribili notizie impresse in ogni pagina, ma bensì il secondo, che bianco e immacolato, mi attirò subito. Sapevo bene di non averlo ancora letto, e difatti giaceva intonso al suo posto in quel ripiano, ma attimi dopo, non resistetti oltre. Curiosa, ne sfiorai il frontespizio, avvertendo una sorta di solletico corrermi lungo le dita. Stranita, mi ritrovai a scacciarlo come un qualunque brivido, per poi non sentire che un rantolo alle mie spalle. “Christopher?” chiamai, giocosa. “T-Tesoro?” balbettò lui, stanco e disorientato. Affatto sorpresa dallo stato in cui versava, mi avvicinai per salutarlo, e non appena fui abbastanza vicina da toccarlo, la mia mano fu più veloce dei miei stessi pensieri, andando quasi automaticamente ad accarezzargli la guancia.“Buongiorno, finalmente. Da quando i protettori sono così pigri? Scherzai, tornando a sedermi al suo fianco e sorridendo apertamente. “E da quando le fatine sono così dolci e mattiniere?” rispose lui a tono, voltandosi a guardarmi e cingendomi un braccio intorno alle spalle. Stando ai miei ricordi, quello era un gesto che non compiva da molto, e che per quanto semplice, mi fece sentire ancora più innamorata e a mio agio. Lo amavo, lo amavo davvero, e più passava il tempo, più ne ero sicura. “Da sempre.” Replicai, continuando a sfoggiare quel sorriso e facendomi ancora più vicina. Divertito, lui non provò a fermarmi, e nello spazio di un momento, ricambiò il mio bacio. “E dimmi, credi che cambierai mai?” mi chiese poi, lambendomi per una seconda volta la guancia con le labbra, innamorato. “No, mai. Non in questa vita.” Dissi soltanto, negando con la testa e osando quanto bastava per abbracciarlo e stringerlo a me. Lasciandomi fare, ricambiò quella stretta, e più vicini di quanto non fossimo mai stati, ci ritrovammo di nuovo l’uno fra le braccia dell’altra, ad occhi chiusi per assaporare meglio quel momento. Ad occhi estranei il nostro rapporto poteva sembrare eccessivo e fin troppo sdolcinato, ma non a quelli di chi ci conosceva davvero. Certo, Sky tendeva ad avere pareri alquanto discordanti su di noi, ma lasciandomi trasportare da sciami di pensieri e grappoli di ricordai, rimembrai il primo e unico incontro avuto con i genitori di Christopher. Edgar e Andrea, due persone squisite che sembravano essersi innamorate di me a prima vista, proprio come lui. Distratta, mantenni il silenzio, e tornando ad essere me stessa dopo quella che a entrambi parve un’eternità, lo guardai. Muto come un pesce, lui non seppe cosa dire, e tentando di spezzare l’improvvisa tensione che sentì fra di noi mi baciò ancora, e pur non allontanandomi, allora non provai nulla. Non che quell’improvvisa valanga di attenzioni non mi dispiacesse anzi, ma in quel momento, qualcosa di molto simile a un sesto senso mi diceva che tale comportamento non era da lui. Ci amavamo, e lo sapevo bene, ma così tanta insistenza era troppa perfino per lui.  “Chris, ma cosa… che fai?” azzardai, confusa e stranita. “Cosa? No, niente. Mi sei mancata, nient’altro.” Ammise, facendosi da parte e abbassando lo sguardo in segno di vergogna. “Amore, anche tu, ma posso sapere cosa ti è successo? Insomma, tu eri scomparso, ci siamo cercati ovunque, ma ho avuto paura.” Confessai, dando in quel momento voce al mio terrore. Ero sincera, sapevo bene di non mentire, e con il silenzio come mio unico compagno, attesi. Lenti, alcuni secondi sparirono dalla mia vita, e stringendomi delicatamente la mano, il mio amato si preparò a prendere la parola. È stato difficile anche per me, Kaleia. Quando abbiamo litigato ci siamo allontanati di nuovo, lo ammetto, ma sappi che non volevo, non per la ragione che credi.” Esordì, guardandomi negli occhi e accarezzandomi le nocche con lentezza. “Ma allora perché? Perché, Chris, spiegami. Non ti ho visto per giorni, ero così preoccupata, non sai quante volte avrei voluto...” biascicai in risposta, avendo di nuovo il folle timore di sbagliare e mettere metaforicamente un piede in fallo. “Arrenderti?” continuò lui, precedendomi e togliendomi incredibilmente le parole di bocca. “Io no.” Aggiunse poi, serio come mai prima. A quelle parole, piombai nel silenzio, e iniziando inconsapevolmente a tremare, sperai con tutto il cuore che non se ne accorgesse. Lo conoscevo bene, forse perfino meglio di me stessa, e mai, mai l’avevo visto così irrequieto. “Io no, ed è per questo che sono sparito ancora una volta. Hai sofferto, e posso solo immaginare quanto, ma sta pur certa che ora non accadrà più. Mai più tesoro mio, davvero.” Quelle le parole che completarono il resto del suo discorso, che ascoltai senza proferire parola, ma comunque con le lacrime agli occhi. Nel silenzio di quei momenti, lasciai al mio muto pianto la libertà di sfogarsi, e solo allora, lui indicò con lo sguardo un punto nel salotto. “Prendi il libro.” Pregò, con gli occhi intrisi di una tristezza forse più grande della mia. Annuendo, mi alzai in piedi, e facendo ciò che mi era stato chiesto, tornai indietro. In breve, mi sedetti con lui tenendo quel tomo sulle gambe, e nell’esatto momento in cui la mia mano si accostò alla copertina prima e alla prima pagina poi, ebbi un nodo alla gola e un tuffo al cuore. Volendo solo aiutarmi ed esorcizzare le mie paure, Christopher mi prese per mano, e nel farlo, sorrise. Fattami più sicura, lasciai che voltassimo una pagina insieme, ma poi mi fermai. “Su, leggi.” Provò a dire, incoraggiandomi. Rimanendo ferma e inerme, mi limitai ad annuire, e respirando a fondo per sciogliere il nodo che mi attanagliava la gola, non cercai che il momento adatto per iniziare la lettura. “Avanti, ormai sai che puoi fidarti.” Continuò Christopher, liberando grazie alla sua stessa voce un secondo incoraggiamento, che in un momento di quel calibro funse per me da vera e propria iniezione di fiducia. Aveva ragione, potevo fidarmi, e così, con quell’unico pensiero in testa, gli strinsi una mano poco prima di iniziare davvero a leggere. Senza fretta, ma lentamente, come d’abitudine. “Il legame di complicità che si crea fra fata e protettore è quanto di più magico possa esserci.” Quella fu la prima frase che vidi, l’introduzione al primo capitolo di quel pesante tomo sulla magia, e che mentalmente rilessi più volte. “Continua.” Mi sussurrò poi il mio amato, sostituendo alla mestizia un sorriso dolce e orgoglioso. “Un protettore è sempre tenuto ad assicurarsi del benessere della fata che ha a cuore.” Sul momento, ammetterlo mi parve sciocco, ma anche quella seconda frase mi colpì, come un tuono era spesso in grado di fare ad un albero durante un temporale. Ascoltandomi leggere, Christopher annuì impercettibilmente, e posando la mano sulla pagina che insieme stavamo esaminando, mi fermò. “Aspetta, ora arriva la parte migliore.” Disse, estraendo il segnalibro di raso bianco dall’indice del libro e marcando un altro paragrafo molto più avanti. Un’azione semplice che richiese alcuni secondi, allo scadere dei quali, sentii il cuore battermi nel petto con una forza e una velocità tali da poter essere udito nella quiete della stanza stessa. “Ci siamo, leggilo pure.” Mi disse, indicando con il dito la stringa di parole in questione. “Alla fine dell’addestramento e del loro tempo, il protettore e la fata non sono costretti a separarsi. Secondo alcuni allontanarsi è possibile, ma in condizioni favorevoli, la separazione non è mai consigliata. Altre guide affermano il contrario, ma spesso è come se i loro cuori si unissero per sempre.” Parole sagge, leggere e tanto belle quanto vere, che inaspettatamente, mi fecero piangere ancora. Chiudendo subito il libro, Christopher fu lì per sostenermi, e abbracciandomi teneramente, baciò con dolcezza le mie guance umide di lacrime, parlando poi con calma e sussurrando parole di conforto. “Sfogati, fatina mia, sfogati.” Diceva, serio e premuroso come sempre. Scuotendomi nei singhiozzi, annuivo a fatica, e quando finalmente riuscii a calmarmi, mi crogiolai nella calda accoglienza di quell’abbraccio, stupendomi di come il mio battito cardiaco decelerasse gradualmente. “Dì, va meglio ora, amor mio?” chiese poi, preoccupato. “Sì, sì, molto meglio, tesoro, grazie.” Risposi fra le lacrime, piagnucolando come la bambina che ormai più non ero. “Sai, leggere questo libro mi ha aiutata davvero, e avevi ragione a dirlo, ma non capisco, come mi hai trovata?” risposi, per poi raccogliere le mie forze e il mio coraggio formulando l’unica domanda che fino a quell’istante non avevo mai lasciato uscire dalla mia mente e dal mio cuore. Improvvisamente in ansia, attesi una risposta che tardò ad arrivare, ma che alla fine riuscì a scaldarmi l’anima come poche cose al mondo. “L’amore è una bussola potente, Kaleia. Ogni volta che calmo la mente e fermo il cuore, questo mi riporta sempre da te.” Una risposta tanto chiara quanto sincera, e in altri termini, una rivelazione. Cogliendomi di sorpresa, un brivido mi corse lungo la schiena, e abbracciandolo ancora, azzardai nel baciarlo. Lasciandomi pazientemente fare, Christopher non si sottrasse al mio amore, e quando arrivò per entrambi il momento di separarsi e respirare, si alzò in piedi, tenendomi la mano. “Ti va di uscire?” propose, sorridendo leggermente e avendo come sempre cura di non andare contro la mia volontà. “Certo.” Soffiai, sentendo il corpo scosso da tremiti che non avevano nulla a che fare con la paura. Ne avevo avuta, e l’avevo provata più volte, ma non certo in quel momento, quando, afferrando la sua mano con rinnovata sicurezza, mi alzai. Imitandomi, anche Willow si ridestò dal suo sonno, e capendo che da lì a poco ce ne saremmo andati lasciandola da sola, miagolò in protesta, volgendo il supplichevole sguardo verso la porta e sfiorandola più volte con una zampa. “Permetti che venga?” azzardò il mio amato, come sempre fintamente sorpreso dai capricci della gatta. “Non vedo perché no.” Risposi, azzardando un ennesimo sorriso prima di aprire la porta. Decisa, ero ormai vicina a farlo, ma più veloce di me, Christopher scelse di fermarmi. “Lascia, faccio io.” Mi diede modo di capire, afferrando la maniglia e abbassandola lentamente. Colpita, arrossii lievemente di fronte a quel gesto di pura galanteria, e soltanto attimi dopo, ci ritrovammo insieme nella foresta. Il mattino era scomparso da poco, e al suo posto un magnifico tramonto ci illuminava entrambi, circondando i nostri corpi come un’aura. Respirando a fondo, mi sentii, libera, speciale e felice, e nonostante sapessi di osare nel dirlo, del tutto rinata. Ad essere sincera, non avrei davvero saputo spiegare il perché, ma con l’imbrunire a farsi sempre più vicino, sentivo allo stesso modo l’avvicinarsi di nuovi inizi. Ora che eravamo tornati insieme, io speravo in un avvenire tutto nostro, e conscia della vastità del verde che ci circondava, sognavo letteralmente ad occhi aperti, lasciandomi controllare dalle emozioni e dai sentimenti.“Adoro questo paesaggio! Non ti sembra che tutto sia possibile?” gli chiesi, muovendomi al suo fianco e trascinandolo con me nel camminare. Ridendo divertito, Christopher non fece che annuire, e perdendo l’equilibrio per un attimo, rischiò di cadere. La colpa fu mia, ma sorridendo nel riacquistarlo, lui decise di non badarci. Imbarazzato, non seppe cosa dire, e all’improvviso, il grido di un uccello in lontananza parve riportarlo alla realtà. Ebbra com’ero di felicità, quasi non mi accorsi di nulla, e fra un passo e l’altro, improvvisai una goffa e stramba danza, durante la  quale diedi altrettanto goffo sfoggio dei miei poteri, non riuscendo a fare altro che riempire il roseo cielo di luci color speranza. “Che stai facendo?” non potè evitare di chiedermi Christopher, immensamente divertito. Ignorandolo, rimasi concentrata sui miei divertimenti, trovando pace solo quando un secondo stridio squarciò il silenzio. “Per favore, calmati, ho una cosa da mostrarti.” Mi fece notare, sperando di riuscire a riportarmi alla calma e alla ragione. “Va bene, scusami, ero solo… felice, ecco.” Ammisi, tentando di espiare la mia colpa e tornare con i piedi per terra. “Comprensibile, piccola mia, ma ora seguimi, è importante.” Vengo.” Lasciai presto intendere, seguendo i suoi passi e sentendo appena quelli felpati della gatta fra la vegetazione. Insieme, Christopher ed io camminammo per quelle che mi parvero ore, e alla fine del viaggio, non credetti ai miei occhi. Unicamente concentrata sul percorso a me dinanzi, non mi ero affatto guardata intorno, e guidata da colui che amavo, raggiunsi presto la nostra meta comune, lasciandomi poi travolgere e bagnare da un vero e proprio fiume di ricordi. Era incredibile, eppure la marcia al suo fianco mi aveva ricondotta in un posto conosciuto, che mai, in nessuna circostanza avrei dimenticato. La radura. Sì, la radura. Il luogo per me più magico del mio intero mondo, sede del radicale cambiamento della mia vita e della mia esistenza, unicamente paragonabile al giorno in cui scoprii le mie parziali discendenze dal popolo  umano. “Christopher, ma questa è…” biascicai, lasciandomi vincere dalle emozioni e non riuscendo a terminare la frase, che come mille altre mi morì in gola. “La nostra selva, amore. Bentornata.” Rispose subito lui, finendo per me e mostrando per l’ennesima volta il sorriso pieno di luce di cui mi ero innamorata. Non riuscendo quasi a respirare, mossi un singolo passo nella sua direzione, e afferrandomi il polso, il mio amato annullò la distanza che ci separava, donandomi un nuovo bacio al quale non osai sottrarmi. Da quel momento in poi, la fretta divenne nostra consigliera, e abbracciati, ci abbandonammo alla dolcezza di quel contatto, mentre muta ma felice, desideravo che non avesse mai fine. Per pura sfortuna, il mio desiderio non si tramutò in realtà, ma in compenso, qualcos’altro accadde. Ancora una volta, i miei pensieri viaggiarono liberi, e fallendo nel tenere a freno la lingua, pronunciai l’unica frase della quale non avrei mai potuto pentirmi. “È tutto assolutamente fantastico. Potrei… potrei restare con te per sempre!” nulla di dissimile dalla confessione di una ragazza profondamente innamorata, ma in quel momento, il vero simbolo della purezza e della forza dell’amore che provavo per Christopher, e che di conseguenza mi legava a lui. Orgoglioso ed emozionato, mi ascoltò senza proferir parola, ma poi si decise, e in quieta adorazione, restai a guardarlo, come ipnotizzata. “Magari non qui, amore, ma… perché non per sempre, proprio come dici?” rispose, guardandomi con i veri occhi di chi ama. “Come? Chris… io non…” ebbi a la sola forza di dire, stordita e confusa. Senza dire nulla, il mio amato mi intimò mutamente di voltarmi, e fu allora che lo vidi. Il panorama da quel punto era magnifico, e alla vista di alcune piccole e sporadiche lucciole unite nella danza, mi sembrò di vivere un bellissimo deja vu. Fu allora che ricordai il nostro primo bacio, e con esso l’inizio del nostro grande amore. Poco dopo, un fruscio fra gli alberi poco distante mi mise paura, e voltandomi, mi accorsi della verità. Tutti i miei amici, uno dopo l’altro, tutti presenti per quel momento di grande gioia. Sky, Noah, Major, Lucy, Lune e i loro genitori, la sorella del mio amato, la mia stessa madre, e incredibilmente, anche gli animali a cui ero tanto affezionato e che nel rogo del bosco ero convinta di aver perso. Bucky e la sua compagna, Red con i suoi cuccioli e la propria dolce metà, perfino Ranger, Midnight e il piccolo Bandit. Un vero branco di fidi compagni, capaci di amare e dare amore. Nel buio che era sceso, notai la presenza di due figure che in tutta onestà non mi aspettai di trovare, e ultime, ma non per importanza, la mia amica Marisa e sua madre Zaria. Una apprendista, l’altra strega per mestiere, invitate a presenziare a quel momento. Stentavo a crederci, ma nell’euforia del momento, l’aria sembrava essere diventata elettrica, e fuori di me dalla gioia, mi voltai di nuovo verso colui che amavo, per poi comprendere finalmente la realtà della situazione. Emozionato come e più di prima, Christopher era ormai in ginocchio, e aveva con sé una piccola scatola al cui interno era custodito un anello. Sbalordita, trovai faticoso perfino respirare, e coprendomi la bocca con la mano, sperai ardentemente di non svenire. Seppur flebilmente, lo chiamai per nome, e in risposta, una frase che non dimenticherò finchè in me aleggerà un anelito di vita. “Kaleia, sei speciale. Sei la mia fata, la mia gioia, il mio sostegno e quanto di più bello la vita mi abbia dato. Ti amo, ed è per questo che desidero che i nostri destini rimangano uniti per sempre, ora e negli anni. Ho mosso mari e monti per te, per il nostro amore e per noi. Io ho già preso la mia decisione, ma vorresti sposarmi?” quelle le dolcissime parole del suo discorso, a cui ogni battito diede un senso perfino più profondo del normale. Ascoltando, mi sforzai di non piangere, ma fallendo nel mio intento, mi ritrovai in lacrime, che per una volta non furono figlie di una perpetua tristezza. Piangevo, piangevo e non riuscivo a parlare, ma tendendogli la mano, lasciai che tremando, mi infilasse l’anello. Attimi dopo, non fui capace che di annuire, e rialzandosi, Christopher mi strinse a sé, nell’abbraccio più forte, tenero e caldo che ci fossimo mai scambiati. Un casto bacio suggellò quella promessa d’amore, e versando calde lacrime, desiderai di poter restare stretta a lui per l’eternità. “Christopher, sei l’uomo della mia vita.” Sussurrai nel pianto, con il cuore a battermi impazzito nel petto e il respiro ancora irregolare. “Sei la fata della mia vita.” Mi rispose lui, calcando la voce su quella terza parola e baciandomi ancora, proprio lì e davanti a tutti. “E finchè vivrò, amore mio… sarai la fata della mia vita.” Concluse, parlando in un sussurro dolce e innamorato ma allo stesso tempo pieno di verità. Non riuscendo a pensare ad altro, mi concentrai sul futuro che presto avremmo avuto, capendo solo allora che quella non era una semplice frase, e che come i miei sogni, per noi significava tutto. Ad occhi chiusi, sentii la fresca brezza della sera fra i capelli, e in lontananza, un rumore mai sentito, come di zoccoli che colpivano ritmicamente il terreno. Seguendo lo sguardo di Christopher, lo fissai verso il buio della radura, e all’improvviso, su uno sfondo di sola erba, eccolo. Non un destriero qualsiasi, ma in tutto la sua regale magnificenza, uno splendido unicorno. Richiamato da qualcosa che non vidi, l’animale si voltò verso di noi, e alla mia vista, nitrì con fierezza. Notandolo perfino prima di me, Marisa lo indicò con un gesto della mano, e nel farlo, sorrise. “Avvicinati, non ti farà del male.” Sembrò dire, parlando con il solo uso dello sguardo. Titubando, presi la mano del mio amato sfiorando le sue dita, e non appena fui vicina abbastanza, il fianco dell’animale. Allietato da quel tocco, questo chiuse gli occhi, e con un secondo nitrito, diede luce al magico corno che aveva in testa. Brillando come e più delle stelle, rivelò nell’oscurità una strada diversa da quella del ritorno, e come per magia, la mia veste divenne un vero abito adatto a quella romantica occasione. La stessa sorte toccò al mio Christopher, e insieme, sulla groppa di quel maestoso animale, ci avviamo verso l’ignoto a noi dinanzi, non dimenticando di salutare ad uno ad uno quegli amici tanto fidati. Piena d’orgoglio, mia madre finì per commuoversi e piangere, e nonostante il trotto a cui il nostro destriero si era ormai abbandonato, potei giurare di riuscire a sentire la sua voce portata dal vento. “Buona fortuna, piccola mia!” un grido d’amore materno e speranza, corona di un giorno in cui aveva preso forma la promessa a me più grande.





Una buonasera e un augurio a tutti voi, miei cari lettori. Spero che abbiate passato un sereno Natale e che vi stiate godendo le sue ultime ore, come ho fatto e sto facendo anch'io. Come avete visto, questo trentacinquesimo capitolo chiude la seconda parte delle avventure della fata Kaleia, e quale occasione più gioiosa per lei del proprio matrimonio. Nessuna, conoscendola, o almeno per ora è così. Prima di andare, voglio ringraziarvi tutti indistintamente per il sostegno mostratomi, con la speranza di un Felice Anno Nuovo e di un prosieguo per questa saga, la cui terza parte sarà pubblicata solo al termine di una piccola raccolta a tema natalizio a cui lavoro, che ha come protagonisti fate e umani del bosco incantato. Ci rivedremo quindi nel 2019, perciò non temete, e ancora una volta grazie a tutti,


Emmastory :)
   
 
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