Anime & Manga > Gintama
Ricorda la storia  |      
Autore: _Alexis J Frost_    26/12/2018    2 recensioni
[ 3.078 parole - Scritta per l'iniziativa natalizia del gruppo Facebook Gintama Fanfiction ITA]
[Christmas ; GinHiji ]
"La notte del 23 Dicembre, il giorno prima della Vigilia, Hijikata uscì da quella che era stata la caserma della Shinsengumi. Sulle scale lo attendeva Gintoki che lo guardò con le labbra lievemente curvate in un malinconico sorriso indecifrabile.
Ti stavo aspettando, sembrava star dicendo pur non proferendo parola alcuna.
Hijikata parve rivivere un ricordo lontano e ricambiò il sorriso, annuendo con un cenno del capo.
«Sapevi di trovarmi qui, vero?»
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gintoki Sakata, Toushiro Hijikata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
"There's just one thing I need
I don't care about the presents
I just want you for my own
More than you could ever know"
 
La neve cadeva silente, lenta e indisturbata sulla città rinata dopo la distruzione. Il cielo era candido, puro nella sua immensità che donava alla terra la magia invernale, impreziosita dal totale candore che or ora l'avvolgeva tutta.
Anche alcune anime risiedevano reduci dal cremisi metallico, guardando con stupore lo stesso colore che assumeva tonalità del tutto opposte, fatte d'amore, famiglia e calore. Quelle anime si erano rialzate in piedi dopo le perdite e nel loro mostrarsi come incandescenti fenici, decisero insieme di gioir durante la festa madre dell'inverno per gettarsi ancor di più alle spalle il vicino dolore vissuto.
Tutto iniziò con un'idea improvvisa, quasi del tutto casuale: un gioco innocente e scherzoso che prevedeva dei biglietti rossi e un cesto nel quale metterli. Su ogni biglietto era scritto in nero il nome di tutte le persone presenti, riunite a cerchio intorno ad esso e pronte a pescar il nominativo che la sorte avrebbe scelto.
«Oh, ti prego, fa' che sia Otae!» Stava implorando Kondo, il quale sarebbe stato il primo a dover dare inizio alle danze.
«Non devi dire chi è-aru!» Lo rimproverò Kagura, incrociando le braccia sotto al seno, ora più prospero e dalle forme ben definite. «Pesca e basta.»
Kondo si scusò e, muovendo ripetutamente il capo su e giù, allungò la mano e lesse il biglietto in silenzio, seppur dal suo sguardo intristito e in disappunto, fu chiaro che non doveva essergli uscito il nome della sua amata.
Dopo di lui seguirono in ordine Katsura, Sakamoto, Otae e Kyubei. Quest'ultimi si mostrarono più capaci di nascondere il loro pensiero riguardo la casualità...eccezion fatta per la cara Yagyuu, che non riuscì a nascondere né il tenero sorriso, né il porpora che colorò le guance.
Arrivò poi il turno di Sougo che mostrò un sorriso ambiguo quando passò il cesto ad Hijikata, lo stesso sorriso che Kagura invece mostrò a Gintoki. Tuttavia i due in questione non compresero alcunché e cercarono di mantenersi impassibili nel leggere il nome dell'altro sul proprio biglietto, imprecando contro il maledetto fato che pareva divertirsi proprio in ciò che non doveva. Non si rivolsero neanche uno sguardo fugace, evitandosi del tutto per evitar di lasciar trapelare qualcosa, mentre la dualità di quella malaugurata coincidenza rideva sotto i baffi.
E' proprio vero, in fondo, che due demoni potrebbero cooperare solo se rivolti contro un unico nemico: sebbene qui non si trattasse affatto di un male, bensì di uno scherzetto fatto con tutte le buone intenzioni! Lo giuravano!
Tuttavia, era divertente pensare che invece fu proprio il caso a far comparire il nome di Kagura ad Okita, mentre a quest'ultima toccò Elizabeth. E non vi è null'altro da aggiungere, giacché è già divertente così.
 
L'indomani Hijikata e Gintoki erano ancora ignari del complotto subito e quando aprirono gli occhi, cominciarono a pensare al regalo che avrebbero dovuto farsi l'un l'altro.
Lo yorozuya sbuffò sonoramente guardando il soffitto e quando richiuse gli occhi ripensò a tutti i trascorsi avuti con quell'uomo isterico, concentrandosi soprattutto su una vecchia promessa e su quel che accadde poco dopo. Su quel che era accaduto più di una volta, a dire il vero; il segreto di sempre, i ricordi dalla consistenza di un'illusione che svanivano allo spuntar del sole, rinchiudendosi in uno scrigno ben custodito dalla luna.
Gintoki si alzò, fermando le membra dinnanzi la finestra; gli occhi scuri guardarono lontano, pur non vedendo davvero. Davanti a sé sfilavano soltanto infinite immagini mentre la bocca s'impastava di un amaro sapore, una distante consapevolezza che appesantiva terribilmente il petto e faceva male allo stomaco.
Il dolore aumentava soprattutto quando dinnanzi gli si ponevano le figure di Kagura e Shinpachi. Era un sentore insopportabile che toglieva qualsivoglia pensiero o sentimento positivo, lasciando semplicemente un'intensa rassegnazione cullata da un vento di malinconia.
Scosse il capo, il samurai. Si passò una mano tra i capelli mossi, sbuffò ancora una volta. Tuttavia, adesso aveva in mente cosa fare. Forse non avrebbe dovuto neanche pensarci su.
 
Hijikata teneva lo sguardo puntato sul nuvoloso cielo. Il regalo era già pronto, lo era sempre stato da due anni a quella parte. Ben chiuso in una scatoletta, ben nascosto allo sguardo del mondo.
Espirò via il grigio fumo che si dissolse verso l'alto, socchiudendo gli occhi per lasciarsi andare a ricordi lontani, talmente distanti da lasciar il beneficio del dubbio sulla loro effettiva veridicità. Avrebbero potuto esser semplicemente dei sogni, delle immagini partorite dalla parte più profonda del suo essere. Tuttavia, certi odori, certe sensazioni, certi sapori...oh, erano sin troppo vividi per essere mere illusioni. Parevano invero più reali del mondo stesso.
Camminò a lungo, raggiungendo una tomba a lui ben conosciuta. Tra le mani aveva un pacchetto di patatine piccanti ed una lettera dal contenuto noto a lui soltanto. Era sua tradizione far visita a quella pietra, parlarle come mai aveva fatto in vita, soffrendo per un'immagine perduta che mai sarebbe tornata indietro.
«...Se non ho mai saldato la promessa fattogli fin'ora, è stato per la stupida scaramanzia di allungare il tempo. Ma ora ho quasi timore di ripetere lo stesso errore due volte, Mitsuba. Di giungere alla fine con il senso di colpa di aver lasciato qualcosa in sospeso per sempre.»
Si pentì di aver pronunciato quelle parole subito dopo, seppur consapevole che nessuno avrebbe mai saputo. Era stato solo uno sfogo, la voce data al presagio che avvertiva tutt'intorno. Desiderava sbagliarsi, si convinse persino di non comprendere il significato di tale malessere, ma per quanto si comportasse come il solito, incorreggibile cocciuto, per quanto si sforzasse di dimenticare ciò che l'anima stessa suggeriva, non poteva spogliarsi di quella negatività. Non poteva strapparsela di dosso, non poteva ignorarla. Quella sensazione esisteva e con lei il desiderio di apprezzare quei momenti che avrebbero potuto anche essere gli ultimi.
Quando le sue ginocchia si allontanarono dalla fredda ed umida terra, la bocca non espresse l'ultimo pensiero formulato dalla mente, il peggiore, il più tragico tra tutti.
Chiunque amo...alla fine giunge alla morte. Davvero...davvero sarà così anche per lui?
 
La notte del 23 Dicembre, il giorno prima della Vigilia, Hijikata uscì da quella che era stata la caserma della Shinsengumi. Sulle scale lo attendeva Gintoki che lo guardò con le labbra lievemente curvate in un malinconico sorriso indecifrabile.
Ti stavo aspettando, sembrava star dicendo pur non proferendo parola alcuna.
Hijikata parve rivivere un ricordo lontano e ricambiò il sorriso, annuendo con un cenno del capo. Tutto era stato ricreato come quel giorno, seppur adesso non poteva far altro che avvertire le sensazioni amplificate. Lo sconforto, il brivido della battaglia e...qualcosa di più nascosto che si mescolava amaramente con il sentore della tragedia.
«Sapevi di trovarmi qui, vero?»
«Come sapevo che non mi avresti mai dato il mio regalo davanti agli altri. Cos'è, un sex toy?»
Hijikata scosse il capo rassegnato ma non sorpreso. Quel tipo di battuta era tipico da parte di Gintoki.
«So che ne hai bisogno ma non sarò così magnanimo da regalartene uno. Due anni devono essere proprio terribili.»
«Ma senti chi parla! Non credo che tu in questi due anni te la sia passata meglio. O devo davvero credere di sì?»
Hijikata gesticolò con una mano, scacciando via quella frecciatina e approfittandone per accendersi una sigaretta. Sul gomito pendeva una busta che fino a pochi istanti prima l'uomo reggeva dai due sottili manici. Anche Gintoki aveva una busta con sé, messa tra le gambe per tenerla ferma, giacché egli era ancora seduto sull'umida pietra. Poi si alzò, prendendo il pacchetto tra le mani, oltreché voltarsi verso l'uomo dagli occhi della notte.
«Non è importante cosa io abbia o non abbia fatto in questi due anni.» Sentenziò il vicecomandante, non osando incrociare lo sguardo del tuttofare. Quel che fece durante gli anni trascorsi non doveva esser rivelato, non poteva essere ammesso dinnanzi il diretto interessato.
L'orgoglio era un masso invalicabile, alto metri di parole taciute, largo chilometri di verità nascoste. Come avrebbe potuto, in fondo, rivelare di averlo cercato per tutto il tempo? Di non aver perso un momento solo per ritrovarlo? Era troppo da ammettere, né avrebbe mai trovato parole per esprimersi.
«Lo sapevo! Te la sei passata peggio di me!» Continuò Gintoki, con il solito tono di scherno. «Ma cosa potevo aspettarmi. Dopo esser andato a letto con un fuoriclasse, chi mai potrebbe piacerti?»
Hijikata sembrò strozzarsi con il fumo. Inspirò troppo violentemente il tiro e cominciò a tossire, tingendosi il volto di rosso.
«Ma che cazzo dici!?» Imprecava tra un colpo di tosse ed un altro, mentre Gintoki cominciò a ridere di gusto, con gli occhi che si riempivano di lacrime.
«E non ridere, coglione!» Continuò ancora Hijikata, respirando profondamente. Gintoki ovviamente non si fermò.
«Ti detesto. » Blaterò nuovamente, gettando di lato la sigaretta oramai persino spenta.
Il tuttofare si asciugò le lacrime con una mano rivestita da un guanto bianco, ridendo ancora seppur con un riso più fievole.
Hijikata rimembrò che quelle battute erano state a lungo normali per loro, quando eran lontani da occhi indiscreti e malelingue. Appartenevano allo scenario nascosto che condividevano loro due soltanto, alle memorie segrete che il Sole mai avrebbe conosciuto. Tuttavia, risentirle dopo due anni e dopo altrettanto tempo ricordare cos'erano stati loro due...non sapeva spiegarlo. Fu strano, improvviso, imprevisto.
«Dovresti, sì.»
Hijikata sgranò appena gli occhi per la risposta ricevuta, soprattutto per il tono di voce con la quale era stata pronunciata. Per la prima volta in quel lasso di tempo si costrinse a guardare Gintoki, ignorando la morsa che per un attimo aveva agito come un macigno sullo stomaco.
Tuttavia, non pose domande, non ricercò risposte che mai avrebbe avuto e che nemmeno voleva sapere.
«Penso che Okita e Kagura abbiano truccato i nostri biglietti, comunque.» Disse Hijikata, sospirando.
«Sì, l'ho sospettato anche io.»
«E dire che immaginavo che uno scherzetto simile la piccoletta lo avrebbe potuto tramare con te e Tsukuyo.»
«La piccoletta, così come il sadico, vede molto più di quanto noi non vogliamo.»
Hijikata sospirò ancora una volta, accendendo una sigaretta con l'intento di fumarla per intero, questa volta.
Il vicecomandante non si era mai domandato perché Gintoki fosse finito a trascorrer alcune notti con lui anziché con la donna di Yoshiwara: sapeva quale fosse la risposta giacché era la medesima che lo aveva portato ad allontanarsi da Mitsuba. Entrambi erano uomini incapaci di star al fianco di una donna, incapaci di consentirle una stabilità, di donarle una normale famiglia...e benché Tsukuyo fosse una donna differente, più forte ed indipendente, immaginava che Gintoki avrebbe desiderato che avesse un marito capace di darle quella normalità e quell'equilibrio che da lui non avrebbe mai potuto avere. Per questa ragione Hijikata non aveva mai posto domande e, se proprio era doveroso esser sinceri, una parte di lui avrebbe preferito che Gintoki seguisse lei, provando a godere di quel qualcosa che gli era sempre stato negato. Un controsenso, d'altra parte, eppure il vicecomandante era sempre stato un uomo che anteponeva il bene dei propri cari al proprio. Se fosse stato necessario, avrebbe lasciato andare Gintoki come aveva fatto con Mitsuba.
Ma sapeva che non sarebbe accaduto, perché tra i due legami, il loro era l'unico che poteva esser troncato senza troppi sensi di colpa o freni; il loro non richiedeva aspettative da soddisfare, timori da evitare, responsabilità a gravar sulle spalle. Erano anime affini, maledette dagli stessi demoni, che percorrevano lo stesso pericoloso sentiero in cui tutto era ignoto.
Le loro mani avvolte da rovi erano le uniche in grado di stringersi senza sanguinare.
Lo sapeva lui, lo sapeva Gintoki. Inconsapevolmente avevano creato una via di fuga perfettamente calzante per loro e chissà se il fato non avesse davvero macchinato il tutto appositamente per farli incontrare, aggrovigliando un filo rosso capace di confondersi ma anche scavalcare gli aggrovigliati rovi.
«Cosa c'è in quel pacco?» Hijikata sviò nuovamente il discorso.
«Aprilo.» Lo incitò Gintoki, porgendogli il regalo. Hijikata fece lo stesso.
Scambiandosi un ultimo sguardo, infine decisero tacitamente di aprirlo nel medesimo momento, scoprendo con sorpresa e forse un minimo di ironico divertimento di essersi regalati esattamente la stessa cosa. Una bottiglia di liquore, bianca; la bottiglia della promessa.
Tra le due vi era una sola differenza: quella regalata da Gintoki era terminata quasi del tutto, all'interno era rimasto quanto bastava per un ultimo bicchiere tra due persone. Hijikata assunse per un istante un'espressione nostalgica, accompagnata da un lieve sorriso che Gintoki non si lasciò sfuggire.
«Avevi detto di berlo lentamente e l'ho fatto. Ma non ho voluto finirlo, preferivo berlo con l'idiota che me l'aveva regalato.»
«Come ci si aspetterebbe dall'idiota a cui ho fatto il regalo.»
Gintoki osservò la bottiglia regalatogli, piena del tutto. Ricordò la promessa che Hijikata aveva fatto.
Quando tornerò lo berremo insieme.
«Hai mantenuto la promessa huh? Dove sei riuscito a trovarlo? Qui i negozi sono ridotti all'osso.»
«Posso scovare qualsiasi cosa, se voglio farlo.»
«Oh-oh, interessante.»
Una folata di vento gelido li investì. Il cielo sembrava minacciare di nevicare.
Hijikata alzò lo sguardo verso l'alto, dopodiché fece cenno a Gintoki di rientrare all'interno della ex-sede della Shinsengumi.
Si sedettero sul pavimento impolverato, non badando a qualche topo che correva indisturbato tra i corridoi dimenticati, un tempo pullulanti di vita.
Gintoki non commentò lo stato di quel luogo, immaginando quanta tristezza avrebbe potuto recare al vicecomandante che guardava il tutto con occhi distanti, prima di decidere di non guardar più nulla e puntare il suo serio sguardo sull'altro.
Prese i due bicchierini che Gintoki aveva messo all'interno della sua busta e li riempì con le rimanenze della prima bottiglia. Ora era finita: la prima parte di promessa era stata mantenuta.
Senza dirsi nulla, bevvero tutto d'un fiato il liquore.
Poi presero l'altra bottiglia e riempirono i bicchieri nuovamente.
«Non finiamola.» Disse Hijikata, secco. Gintoki parve sorpreso da tale frase.
«Più facile a dirsi che a farsi.» Rispose ironicamente, le labbra curvate in un sorriso. «E perché mai non dovremmo finirla?»
Hijikata restò in silenzio.
Non poteva dire di averlo cercato due anni.
Non poteva dire di volersi aggrappare ad una promessa per salvarlo dalla morte.
Poi inspirò profondamente e così parlò: «Chissà porti bene anche questa volta. Qualche portafortuna serve, di tanto in tanto.»
Gintoki lo guardò. Hijikata immaginava che avesse compreso il suo pensiero, Gintoki era consapevole che Hijikata sapesse. I rovi erano ormai così stretti da non lasciar dubbi, tra loro forti come la telepatia stessa.
«Come vuoi tu.»
Così, bevvero ancora.
E ancora.
E ancora una volta. Abbastanza da poter dire che ogni parola e azione non fosse altro che frutto dell'alcool, sebbene consapevoli di essere entrambi perfettamente sobri.
«Pensi davvero di lasciare quei due ragazzi da soli?» Chiese improvvisamente Hijikata.
«Non sono cazzi tuoi.»
«Gintoki.»
«Tu perché sei così misterioso su ciò che hai fatto in questi due anni?»
«Non cambiare discorso.»
«Se vuoi che ti risponda, aspettati che voglia anche io delle risposte in cambio.»
Hijikata sbuffò, alzando lo sguardo verso l'alto. «Sei peggio di un bambino.»
«Tu sei coglione direttamente.»
«Va bene, va bene! Io risponderò a te, ma prima rispondimi tu.»
Gintoki brontolò delle parole incomprensibili ma, alla fine, si arrese. «Non lo so. Dico sul serio, non lo so. Ma se penso a come debba finire questa storia...credo che dovrò farlo. Soprattutto per loro due.»
«E come pensi che reagirebbero dopo tutte le perdite che hanno già subito?»
«Andando avanti, come hanno sempre fatto. Inoltre...»
«Inoltre?»
«So che li sto lasciando in buone mani. Tu, Kondo, Otose...tutti, so che non li abbandonerete. Voglio credere che non lo farete.»
«Certamente non lo faremo.» Rispose Hijikata con tono di ovvietà. «Puoi contare su di me.»
Gintoki gli accennò un sorriso, annuendo in un cenno di assenso.
«Credevo che mi avresti fatto storie o che avresti provato a persuadermi.»
«In altri casi, lo avrei fatto. Ma non in questo. Hai sempre lottato per restare vivo e rompere le palle ancora a lungo: se pensi che questa sia la scelta più giusta...non posso che assecondarti.»
Gintoki sospirò, distogliendo lo sguardo. Ciò che pensò non venne detto a voce.
«Ti...ti ho cercato, in questi due anni.»
«Lo immaginavo.»
Hijikata rimase in silenzio. Era già costato troppo averlo ammesso.
«Ti ringrazio, Toshi.»
«Non c'è nulla per la quale ringraziarmi.»
Gintoki si alzò, portandosi dinnanzi Hijikata. Allungò una mano per intrecciarla ai suoi capelli corvini e si avvicinò al suo volto per poterlo baciare.
Due anni. Erano trascorsi più di due anni dall'ultima volta che lo aveva fatto.
Hijikata chiuse gli occhi, lasciandolo fare, ricambiandolo. In un attimo sentì che una mancanza era stata ricolmata e si abbandonò a quel momento, pensando che avrebbe potuto essere l'ultima volta l'ultima memoria riposta nel segreto cassetto. Già...Quella avrebbe potuto essere l'ultima immagine prima di sigillare per sempre i ricordi con chiave e lucchetto.
Non dissero più nulla quando si allontanarono, né osarono abbandonarsi ad altro. I corpi ne avevano desiderio, le membra richiedevano qualcosa di maggiore, ma nessuno dei due aveva intenzione di soddisfarle. Se era lì che doveva finire...se doveva esser quella la conclusione, che fosse con un bacio coperto dall'ennesima bugia, che fosse con una bevuta e una nuova promessa.
Era il modo migliore per lasciarsi tutto alle spalle senza rimpianti.
Gintoki decise infine di andarsene, non portando con sé la bottiglia, né i bicchieri. Hijikata sapeva cosa simboleggiasse quel gesto, pertanto non diede tempo all'altro di parlare. Ad occhio e croce, erano rimasti quattro bicchieri ancora.
Custodiscili, nella speranza che un giorno potremmo finire di berlo insieme.
«Se non tornerai, il prossimo Natale te lo riporterò, in un modo o in un altro. E lo berremo insieme ai ragazzi.»
Gintoki sparì tra la neve. Le sue labbra erano curvate in un sorriso, nonostante le guance fossero rigate di lacrime.
Lontano vide l'immagine di tutta la sua famiglia riunita a Natale: vi erano Katsura, Otose, Tama, Sakamoto...c'erano proprio tutti. Kagura e Shinpachi erano seduti alla sua sinistra mentre Hijikata a destra, ad urlargli contro come sempre.
Sembrava tutto così lontano. Così impossibile. E tuttavia, covava in sé ancora una speranza.
«Maledetto coglione», borbottò. «Ora anch'io proverò credere alla fortuna di quella stupida bottiglia... nonostante tutto.»
 

 
"I'm just gonna keep on waiting
Underneath the mistletoe
I won't make a list and send it
To the North Pole for Saint Nick
I hear those sleigh bells ringing
Santa won't you bring me the one I really need
Won't you please bring my baby to me"


 
Angolo dell'autrice.
L'idea l'ho elaborata con Anna Sakata su facebook. Parte del merito va anche a  lei che mi ha anzitutto proposto di scriverla e mi ha anche fornito qualche buona idea. E' giusto specificarlo.
So che dovrei continuare la fanfiction a capitoli e giuro che il nuovo capitolo è quasi concluso e lo pubblicherò presto. Intanto ho colto la palla al bazo per poter scrivere l'ennesima GinHiji natalizia, per la quale spero non mi linciate per il suo essere pregna di angst e feels. Ammetto di non essere in pari con Gintama. Mi sono solo spoilerata che Hiji abbia cercato Gin due anni e che per qualche assurdo motivo molti pensano che il nostro permanente-man preferito sia vicino alla morte. So solo questo e ho ben pensato di giocarmelo per scrivere tutto ciò.
Spero possa piacervi sebbene temo che non sia poi splendida come fic: magari mi sbaglio, sarebbe fantastico.
A presto!
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Gintama / Vai alla pagina dell'autore: _Alexis J Frost_