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Autore: MarioAlexAle    26/12/2018    0 recensioni
Ennill, il sovrano del Regno di Génos, al raggiungimento dell'età di trentasei anni non aveva ancora alcun erede al trono, e questo turbava l'ormai anziano padre, il quale temeva che quella sarebbe stata la fine della stirpe dei Dùyn.
Ennil rifiutava qualsiasi donna offertagli dai nobili del regno poiché il suo cuore apparteneva alla dama Hélen, principessa di Màthiel, la città degli Elfi Nevosi in oriente. Ma questa era una creatura immortale, ed egli l'avrebbe prima o poi abbandonata.
Lhoén, padre di Hélen, spaventato dalla bramosia di potere che domina il cuore degli uomini, non aveva mai approvato un loro eventuale matrimonio.
Tutto si opponeva al loro amore, m'Amor s'oppose ad ogni cosa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Era un fresco e pallido mattino di autunno quello in cui la sentinella di turno sul muro che volgeva a sud vide in lontananza qualche decina di uomini a cavallo diretti verso la città, al cui capo ve n'era uno che teneva alto fieramente lo stendardo della città di Adelais, su cui v'era cucita su uno sfondo bianco una corona ornata da zaffiri e smeraldi e da motivi floreali dorati all'interno della quale s'incrociavano due lunghe spade le cui else riportavano la scritta "Guerra al fine della Pace". 

Le guardie della città, con agitazione, bussarono alle porte di tutte le abitazioni per svegliare gli abitanti; tutti avrebbero dovuto assistere al glorioso ritorno del re.

I grandi e pesanti cancelli di Adelais vennero aperti in anticipo dai soldati, frementi dall'impazienza di poter riaccogliere a braccia aperte il loro sovrano e le sue truppe.

La maggior parte dei cittadini uscì per presenziare all'importante evento; alcuni di loro si coprirono con indumenti più pesanti e caldi, mentre altri rimasero negli abiti da notte nonostante la fresca brezza che soffiava.

Giunse infine Ennill, portando dietro di sé pochi degli uomini con cui era partito: questo incusse inizialmente timore nei cuori delle persone che videro il glorioso arrivo, spaventate dall'evenienza che fra coloro che non erano tornati ci fossero i loro amici o familiari.

Sorridenti erano però i rientranti, poiché felici di rivedere le loro amate mura in granito e i cancelli di legno di ebano su cui v'erano raffigurate le gesta degli antichi re.

Di fronte a loro si trovarono una folla pronta ad osannarli per il successo ottenuto in battaglia, seppur subendo gravi perdite. Molti erano radunati nella piazza all'entrata della città, al cui centro si ergeva imponente la bronzea statua di Ēnk, monarca vissuto più di quattrocento anni prima che aveva riunito sotto il suo dominio le città di Kronos e di Lluoed, fondando il Regno di Génos, e aveva stabilito un'alleanza con gli elfi di Màthiel, con cui il suo popolo era in rapporti ostili da tempi immemori. Egli era raffigurato in piedi, eretto, mentre teneva nella mano sinistra una possente spada e con la destra alzava al cielo la sua corona come in segno di provocazione ad esso e di paragone con la sua grandezza. Ai suoi piedi verdeggiavano ancora cespugli i cui fiori cominciavano a morire per mano dell'autunno.

Le architetture degli edifici erano squadrate e spesso semplici e spoglie.

La folla si divise in due e fece strada al re e ai suoi soldati sulla via principale della città, fiancheggiata su entrambi i lati da file di giovani frassini le cui foglie iniziavano a perdere il loro intenso verde e colorarsi delle più varie sfumature di giallo per poi cadere e formare tappeti fruscianti che il vento avrebbe fatto turbinare e viaggiare per i sentieri cittadini. L'insistente e fitta pioggia d'autunno che si scagliava sulle pietre delle strade, sui muri delle case e sulle piante aveva lasciato dietro di sé il petricore che inebriava l'olfatto di tutti e permetteva finalmente ai reduci dalla battaglia di rilassarsi e di sentirsi a casa. Quando il lieve venticello che aleggiava tra gli edifici raggiunse le loro labbra, fece sentire un sapore nuovo ed insolito, simile a quello di una fresca e spumeggiante birra.

Procedevano lentamente, con passo adagio, quando il suono di due tromboni e due tamburi che suonavano una marcia trionfale cominciò ad accompagnarli; il loro ritmo era scandito dal rumore degli zoccoli dei cavalli.

Da parte del pubblico v'era un impaziente e ansioso silenzio poiché attendeva trepidante di conoscere i dettagli della battaglia. La tensione era palpabile.

Attraversarono la piazza del mercato, in cui i venditori avevano interrotto l'allestimento delle loro bancarelle. Persino i cani che vagavano per le strade si fermavano per guardare il re che portava lo stendardo di Adelais. I bambini più piccoli chiedevano ai genitori cosa stesse succedendo e loro rispondevano semplicemente: «È tornato il re!», come se le parole stesse dessero l'idea della grandezza dell'evento a cui la frase si riferiva senza il bisogno di spiegarlo.

Svoltarono a sinistra e attraversarono il ponte sul fiume Xalor, le cui acque, più cupe, quasi grigie, gorgogliavano con veemenza producendo alle volte anche suoni rombanti.

Alcuni popolani, principalmente contadini senza freni inibitori, applaudivano e acclamavano il re e i suoi uomini, nonostante nessun altro lo facesse.

Avanzavano lentamente assaporando nuovamente la vista delle case della loro città, ammirando anche le case meno belle e più povere. 

Intravidero anche la colossale arena da combattimento in cui si assisteva a scontri fra animali selvaggi e schiavi, e alcune rare volte, quando si riusciva a catturare nani o troll, anche loro venivano inseriti negli spettacoli. Di rado si utilizzava l'arena per esibizioni di maestri del circo, e ancor meno per guardare opere teatrali. La razza degli uomini era rinomata per la sua barbarie, seppur loro si ritenessero civili. 

Quando iniziava ad emergere dietro gli edifici il maestoso castello, al sovrano sfuggì un breve sorriso di commozione, visibile più negli occhi che sulla bocca. Venne sopraffatto però dalla sensazione di essere osservato da sguardi biechi e sospettosi, e diede un'occhiata intorno a sé: vide alcuni vecchi inviperiti dalla credenza che Ennill avesse costretto il padre a nominarlo re, profittando della debolezza datagli dalla sua vecchiaia. Questi erano ancora sostenitori del precedente sovrano, che aveva istituito un periodo di pace e un governo la cui economia era basata più sulla produzione intensiva interna, al contrario del figlio, che aveva impostato una politica estera aggressiva. L'aspetto positivo era che non aveva mai perso alcuna battaglia, e di questo gli anziani torvi non potevano lamentarsi; essi rimanevano però ottusi e si chiudevano all'idea che il nuovo monarca potesse fare qualcosa di buono per il Regno di Génos.

Arrivarono infine davanti al castello, che s'innalzava di fronte a loro solennemente. 

Due ampie scalinate si aprivano lateralmente e salivano a semicerchio al cui centro vi era un manto erboso, e terminavano a pochi passi dall'entrata, di fronte alla quale si trovava una piccola fontana a pianta quadrata costituita da tre colonne di pietra da cui sgorgava acqua a volontà.

Il re solamente entrò, mentre i soldati si fermarono davanti alle grandi porte in legno ai cui fianchi vi erano due grifoni d'argento seduti con le ali spiegate e gli occhi vigili, chiamati spesso "i custodi del re".

   
 
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