Capitolo 54
(Very stupid inclination that one of yours)
Kumals finì di
trascinare la poltrona traballante e ammaccata accanto al letto nella camera
dell’appartamento, e si raddrizzò di nuovo in piedi, riprendendo fiato e osservandola con le
sopracciglia aggrottate. Non ricordava affatto che la sua poltrona fosse in uno
stato così ammaccato l’ultima volta che l’aveva vista. E naturalmente aveva
immediatamente notato quel particolare non appena ci si era riseduto da quando
era tornato, dal momento che essa traballava ora notevolmente a causa di uno
dei quattro piedi quasi spezzato. Altrettanto ovviamente, aveva chiesto agli
altri se fosse successo qualcosa alla sua poltrona, ma Uther e Ramo avevano
negato con le loro migliori espressioni di sincerità, anche se, conoscendoli
abbastanza, lui non era ancora del tutto sicuro di potersi fidare. E anzi,
avrebbe volentieri provveduto ad insistere maggiormente sull’argomento per
costringere i due a crollare nel corso di un serrato interrogatorio spietato… o almeno fino a riuscire a farli desistere
dall’ostentare tanto convincentemente quelle loro facce innocenti e ignare, ma
il fatto che persino Mordecai avesse scosso appena la testa con la sua
espressione placidamente tranquilla lo aveva in effetti lasciato un poco disorientato.
Alzò lo sguardo e gettò con una certa
delusione un’occhiata a Danny, notando che, nonostante il notevole rumore di
una poltrona trascinata per metri dal salotto fino a lì, non aveva dato segno
di risvegliarsi.
Sospirò appena con annoiata pazienza, e
si sistemò a sedere sulla poltrona, cercando di trovare un equilibrio decente
nonostante il suo traballare vistosamente ad ogni minimo suo movimento; quindi si
aprì sulle ginocchia un grosso album polveroso e vecchio, iniziando a
sfogliarlo distrattamente ma con espressione intenta e immersa nei ricordi,
mano a mano che il suo sguardo viaggiava tra le pagine, come sfiorando appena
ogni singolo articolo di giornale ritagliato e altri appunti scribacchiati in
fretta che si riferivano ai primi casi dei ‘4 di picche’.
Dopo qualche minuto, tuttavia, risollevò
lo sguardo su Danny. Di nuovo, l’altro appariva perfettamente ancora del tutto
addormentato. Kumals sospirò di nuovo, più
profondamente e come arreso.
«D’accordo…»
disse piano e con calma, parlando a se stesso, nonostante apparentemente si
stesse in un certo senso riferendo al dormiente, ben consapevole che non lo
poteva udire. Corrugò la fronte e, suo malgrado, disse «Danny…
Mi dispiace… sul serio… »
Con sua enorme sorpresa, Danny esclamò «Kumals??»
Kumals trasecolò,
guardandolo. E tuttavia sembrava che Danny stesse parlando nel sonno.
«Hummm…»
mugugnò riflessivamente Kumals tra sé e sé «Questo
non può essere quello che si definirebbe un buon segno…»
E poco dopo vide Danny spalancare gli
occhi di colpo, fissando il soffitto per qualche istante, prima di abbassare lo
sguardo e, individuandolo lì seduto di fianco al letto sulla poltrona,
concentrarlo su di lui.
«Danny?» indagò Kumals
dopo un poco, dal momento che l’altro continuava a guardarlo fisso, con uno
sguardo tra l’assonnato e il quasi spiritato, con una strana calma assoluta e
allo stesso tempo apparentemente assai confusa, senza dire nulla.
Danny continuò a guardarlo in silenzio
in quel modo. Kumals si sentì un poco preoccupato, ma
si sforzò di assumere un certo contegno e accolse il suo risveglio con un
affabile «Beh… ben svegliato.»
Poi fu colto da un dubbio, uno scomodo
dubbio. Principalmente sospettando che l’altro potesse aver udito le sue parole
nel dormiveglia. Corrugò le sopracciglia. «Aspetta un momento… da quanto sei
sveglio esattamente?» si informò.
Danny continuò semplicemente a fissarlo
in quella maniera per qualche istante, e alla fine disse «Kumals…
mi hai appena… fatto una telefonata dentro un sogno?»
Kumals sbatté le
palpebre un paio di volte. «D’accordo…» disse poi, lentamente e
circospettosamente, osservando Danny più accuratamente. «Questo è più
preoccupante.» sancì.
Danny proseguì a guardarlo ancora con
aria confusa e non del tutto sveglia. «Eh?»
Kumals alzò un indice
davanti a sé per fargli segno di aspettare e disse cortesemente «Solo un
attimo.»
Quindi si alzò dalla poltrona,
attraversò la stanza fino a raggiungere la porta e la spalancò, gridando al di
fuori di essa attraverso tutto l’appartamento per farsi udire, in tono tranquillamente
interrogativo «Ramo! Quanto sono gravi esattamente gli effetti collaterali
degli anti-dolorifici che gli hai somministrato?»
Danny udì provenire dall’altra stanza un
confuso e rapido rumore come di qualcuno che si svegliasse di soprassalto, seguito
da un tonfo assai simile a quello di qualcuno che cade giù dal divano sul
pavimento.
«Che diavolo… che diavolo…?? Cosa?! Che
succede?!» esclamò la voce allarmata e ancora confusa dal sonno di Ramo.
«Oh. Stavi dormendo?» si informò Kumals, con compassata e cinguettante gentilezza candida.
«No… certo che no… stavo solo meditando
sul divano… l’ideale dopo una notte insonne, no?» rispose con pesante e
irritato sarcasmo la voce di Ramo dall’altra stanza «Cavolo, Kumals, giuro che se mi hai svegliato per una stronzata a
caso io…»
«Okay, come non detto, non
preoccuparti.» lo interruppe giovialmente e pragmaticamente Kumals,
facendosi indietro di nuovo dentro la camera da letto e iniziando a chiudere la
porta.
«Cosa?» trasecolò la voce di Ramo «No,
no, ora mi dici che cosa accidenti…!»
Kumals chiuse la porta
tranquillamente in faccia al resto della frase e tornò con passo leggero
accanto al letto, risistemandosi con una certa difficoltà sulla poltrona
traballante, prima di tornare a guardare Danny e rivolgerglisi con un tono
irritantemente imitante qualcuno che sta cercando di comunicare con un completo
fuori di testa assecondandolo con paziente disponibilità per non farlo agitare.
«Dunque, mi dicevi a proposito di quell’interurbana tra sogno e realtà?»
Danny sbatté di nuovo un poco le
palpebre, come cercando ancora di mettere meglio a fuoco. «Sei qui.» disse
semplicemente.
Kumals lo fissò per
qualche istante in silenzio, quindi allungò un braccio e prese un barattolo di
compresse dal comodino. «Humm… forse dovremmo dare
un’occhiata al libretto delle istruzioni in effetti…» constatò, scrutando le
piccole scritte sull’etichetta con sguardo piuttosto corrucciato.
«Voglio dire…» si schiarì la voce Danny
«Sei arrivato.»
Kumals tornò a
guardarlo alzando un sopracciglio. «Sì…» disse, ancora con quella sua paziente
lentezza di chi è convinto di stare parlando con qualcuno in preda ad una
qualche sorta di delirio «Mi sembra un’evidente concausa-effetto… una di quelle
difficilmente eludibili, diciamo…»
Danny sorrise allora, tenuemente ma
profondamente, e chiuse gli occhi scuotendo un poco la testa divertito,
sbuffando un accenno di breve risata sardonica. Tentò di dire qualcosa, ma si
ritrovò la voce bloccata dalla gola riarsa.
Come intuendo precisamente il problema, Kumals prese dal comodino una bottiglia di plastica piena
di acqua, la aprì e gliela passò; Danny ne vuotò praticamente metà a lunghe
sorsate, prima di riallungargliela e ritentare di parlare.
«Ne sono contento…» mormorò
sinceramente, sospirando appena con un che di sollevato.
Kumals si bloccò
nell’atto di riavvitare il tappo alla bottiglia e lo fissò incredulo. «Di tutte
le cose che mi aspettavo dicessi… Dev’essere la febbre. Se siamo fortunati,
intendo.»
Danny inarcò un sopracciglio, ancora con
quel sorrisetto divertito. «Perché, non ti aspettavi che…?» accennò.
Kumals sospirò,
riappoggiò la bottiglia e riprese a parlare con pazienza. «Onestamente, Danny…
tralascerò la parte con le domande noiose… come quella sul come ti chiami…»
«Anche perché mi hai appena dato un
suggerimento abbastanza scoperto, direi…» commentò Danny, sogghignando appena,
impertinentemente.
Kumals ignorò con
sciolta dimestichezza il commento e proseguì. «E quella sul dove ti trovi e in
che anno siamo e in che continente e così via… Ma sai almeno che momento è
questo?»
Danny lo fissò perplesso, aggrottando le
sopracciglia. «Momento…?»
«Avanti, trova gli indizi!» lo esortò
con la sua ironia salace Kumals «Tu sei in un letto
conciato male, e io sono al tuo capezzale, giusto?»
«Hmmm…»
mugugnò Danny, non particolarmente convinto, ma con un principio di sospetto
ben poco piacevole, una nota di inizio di leggera protesta in sottofondo.
«Quindi, dal momento che sai benissimo
che cosa seguirà…» proseguì Kumals, guardandolo più
apertamente e familiarmente negli occhi «Sul serio, Danny, come puoi dire che
sei felice di vedermi qui ora?»
«Una ramanzina.» constatò Danny.
Kumals inarcò un
sopracciglio, con un’espressione ancora vagamente divertita ma non convinta.
«Questo potrebbe risultare un eufemismo. In realtà, se dovessi scegliere un
termine adatto a questi momenti… non ne sceglierei uno così… risibile.»
«Perché invece non torniamo alla parte
precedente…?» propose Danny, lanciandogli un’occhiata che a Kumals
non fece presentire nulla di buono.
«Quale parte?» domandò comunque,
inarcando un sopracciglio.
«Quella in cui stavi dicendo che ti
dispiace per qualcosa.» rispose Danny, godendosi l’espressione di Kumals che tentava al meglio possibile di rimanere
impassibile. «Perché sai, non vedo l’ora di sentire per che cosa ti dispiace,
esattamente…» precisò, sogghignando di nuovo un poco, impertinentemente e con
gusto. Davvero non riusciva a ricordarsi una sola volta in cui Kumals avesse mai detto così sentitamente e onestamente
qualcosa che andava vicino ad un’ammissione di un suo errore.
Kumals sbuffò appena,
e agitò un poco la mano a mezz’aria come a scostare delle assurdità. «Quello te
lo sei sognato…» ribatté, anche se sembrava assai consapevole di non poter
essere del tutto credibile.
Dopo avergli lanciato un’ultima occhiata
vittoriosamente soddisfatta e complicemente
consapevole, Danny rivolse lo sguardo al soffitto come rilassandosi un poco di
più, e sospirò appena. «Credo sia il caso di dire… alla buon’ora. No?»
Kumals gli rivolse un
accenno di sorrisetto sogghignante e allo stesso tempo sinceramente un poco
dolente. «Oh, beh… sai come si dice, no? Meglio mai che tardi.»
Danny riabbassò lo sguardo su di lui,
inarcando le sopracciglia divertito. «Veramente, credo che l’espressione
corretta sia tutto il contrario.»
«Già.» commentò placidamente Kumals, schioccando appena le labbra. «È un errore comune.
Ma sono convinto che sia proprio così invece: meglio mai che tardi.»
Danny si rassegnò a lasciar perdere e
tornò sull’argomento principale. «A questo proposito… non credi che potresti
essere tu quello che si merita una ramanzina, stavolta?»
Kumals lo fissò con
espressione più seria e sincera. «Danny… veramente… come ti ho detto, se avessi
potuto arrivare prima…»
Danny sospirò appena e scosse la testa,
interrompendolo con calma rassegnata «Okay, okay… ho capito. Motivi urgenti e
irrimandabili e via dicendo… D’accordo…»
«Hum…» mugugnò
Kumals, studiandolo senza troppa convinzione, notando
che quello non sembrava esattamente un moto di comprensione o perdono vero e proprio,
quanto piuttosto una resa «Comunque, sul serio… Sta iniziando a diventare un dejà-vou fin troppo ripetitivo e sgradevole, questo.»
Danny lo guardò senza capire.
Kumals sospirò e
riprese, senza risultare particolarmente più comprensibile. «Sai, volevo
raccontarti questa storia… di una bottiglia di ottimo spumante. Eccellente
annata, marca prestigiosa, probabilmente sarà costato un sacco di soldi. Un
cliente particolarmente riconoscente me l’ha regalata una volta dopo che avevo
brillantemente risolto un caso, come mio solito naturalmente.»
Danny continuò a fissarlo, senza dire
niente, evidentemente cercando invano di comprendere dove volesse andare a
parare, anche se, se tanto gli dava tanto, sospettava già che Kumals stesse preparando con tranquilla meticolosità
arzigogolata una stoccata pungente.
«Fin dalla prima volta che l’ho vista,
ho capito subito che una cosa del genere non poteva che essere aperta in
un’occasione eccezionalmentissimamente speciale.»
proseguì Kumals in tono apparentemente tranquillo e
colloquiale «Così mi sono detto: scegliamola bene questa occasione in cui
brindare con qualcosa di così estremamente prezioso. E pensa che da allora
questa bottiglia giace ancora intatta a prendere polvere, da diversi anni a
dirla tutta. Tutta colpa del fatto che io abbia scelto un’occasione così
estremamente eccezionale che… a quanto pare non si verifica mai. Vuoi sapere
quale occasione ho scelto per celebrare con questa rarità meravigliosa? Beh,
una volta in cui alla fine di un caso in cui io non sia stato esattamente dove
ti trovavi tu per più di qualche ora, tu non abbia finito per quasi rimetterci
la pelle in un modo o nell’altro.»
Danny si limitò a sostenerne lo sguardo
per qualche momento in silenzio, mentre Kumals lo
contemplava aspettando placidamente la sua reazione, le mani incrociate in
grembo e l’aria più tranquilla e candida del mondo, a vedersi.
Infine disse «Non hai perso tutto questo
tempo prima di arrivare qui per prepararti questa cosa, vero?»
Un angolo delle labbra di Kumals si piegò appena verso l’alto in un traditore segnale
di sogghigno trattenuto, evidentemente apprezzando la replica a tono, ma
comunque finse un’aria ponderante e rifletté ad alta voce «Hum,
okay… forse questa era più adatta da usare con Uther, vero? A te cosa potrei
promettere di allettante? Un giocattolo di gomma da mordere, forse?»
Danny alzò gli occhi al soffitto e
sospirò eloquentemente. «Comunque… sono felice che tu sia qui… davvero.»
«Oh, anch’io sono felice di constatare
che hai seguito le mie istruzioni alla lettera.» ribatté Kumals,
in tono compostamente calmo, l’ironia già abbastanza scoperta nelle parole «Sul
serio, Danny, sei stato impeccabile…»
Danny gli rivolse uno sguardo
corrucciato, e a tono replicò «Sai come si dice… è facile giudicare quando non
ci si è dentro con le proprie zampe… o piedi.»
Kumals si limitò a
fissarlo con un che di significativo.
Danny sospirò più pesantemente.
«D’accordo… immagino che tu abbia… ragione… da un certo punto di vista…» ammise cautamente, osservando le sopracciglia di Kumals inarcarsi mentre lui fingeva un’espressione
teatralmente sorpresa «Ma non è stato…»
Danny esitò, guardando il soffitto e
mordendosi un poco le labbra.
«Stavolta era… diverso. Era una faccenda… tra
mezzi lupi. Tra me e Mara. Non potevo… sottrarmi. O meglio, forse potevo. Ma ho
scelto di non farlo. È così che volevo risolverla… Non in altro modo. Non con
trucchi o astuzie o stratagemmi… o altro del genere.»
Kumals rimase in un
quieto silenzio, l’espressione ora seria e riflessiva e intenta, e infine annuì
un poco. «Capisco…»
Danny riabbassò lo sguardo spalancato e
stupito su di lui. Kumals di rimando inarcò
significativamente un sopracciglio.
Danny sospirò di nuovo e tornò a
guardare il soffitto. «Sai…a volte penso proprio che le nostre vite non funzionino
allo stesso modo, la tua e la mia.»
Kumals inarcò anche
l’altro sopracciglio, incuriosito. «Che cosa intendi?»
«Beh… la tua vita sembra funzionare come
se la organizzassi ordinatamente in sequenze, come una serie di cartelle di un
archivio, o qualcosa del genere. La mia ha sempre funzionato più… a strappi… o
a schegge…» mormorò Danny, riflessivamente e distrattamente. Non udendo alcuna
replica, tornò a riabbassare lo sguardo su Kumals,
che lo stava ancora osservando con attento interesse. «Lo so, detto così non
sembra avere molto senso…»
«Oh, non ti preoccupare. Non lo stavo
propriamente cercando, un vero e proprio senso a quello che stai dicendo. Non
ci stavo nemmeno provando.» commentò tranquillamente Kumals.
Danny sbuffò un breve e nasale accenno
di sarcastica risata. «Comunque…» proseguì, tornando a fissare il soffitto
«Tutto quello che ho sempre potuto fare… è stato tentare di mantenere il ritmo,
confuso e… frenetico. Di rimanere a galla o… cavarmela alla meno peggio in
qualche modo. Non credo ci sia molto altro da fare quando hai una vita in
schegge e strappi.»
Dopo qualche istante di silenzio, Kumals sospirò profondamente. «Va bene… mi dispiace, sul
serio, di non essere riuscito ad arrivare prima. Mi rendo conto che dev’essere
stato difficile. Molto, anche. Avrei voluto essere qui prima.»
Danny, che aveva riabbassato lo sguardo
stupito e colpito su di lui, lo fissò con più calma intenta ora. «Dimmi che hai
fatto del tuo meglio, allora… Andrà benissimo.»
Kumals gli rivolse un
accenno di sorriso sincero. «Ho fatto del mio meglio…»
Danny gli sorrise tenuamente. «Sai… non
avevo dubbi che l’avresti fatto.»
«Nemmeno io… a tuo riguardo.»
contraccambiò Kumals.
Danny spalancò di nuovo gli occhi,
colpito.
Kumals inarcò un
sopracciglio. «La cosa ti sorprende così tanto?»
«Non avrei definito… quello che sono
riuscito a fare qui così… in quel modo. Non così facilmente, perlomeno.» ammise
Danny.
«Allora, è un bene che ci sia io a
dirlo, dopotutto.» sorrise gentilmente Kumals, prima
di riprendere un’espressione appena incuriosita «Ma di che cosa dubitavi così
tanto esattamente? Che avresti fatto del tuo meglio, o che io avessi fiducia in
te per questo?»
«Probabilmente… di entrambe. Sempre.»
ammise Danny.
«Oh beh…» alzò le spalle Kumals, alleggerendo il tono «Un po’ di dubbio non fa mai
male. Dà quella spinta irresistibile a rimettersi sempre in gioco per
riconfermarsi prima di tutto a se stessi, di volta in volta, no? E magari a
fare di tutto per evitare le mie ramanzine?»
Danny sorrise appena e sembrò osservarlo
meglio «Sembra che tu abbia avuto qualcosa di veramente impegnativo a tenerti
così occupato da non poter arrivare prima, sai…? Perché dai proprio
l’impressione di essere così stanco da non riuscire nemmeno ad evitare di farti
sfuggire queste bordate pericolosamente troppo gentili per appartenere ad una
delle tue solite temibili ramanzine…»
Kumals alzò un sopracciglio,
piuttosto divertito. «‘Temibili’, eh…? Questo è già
un po’ meglio, come definizione. D’altro canto, se è per questo nemmeno tu stai
lontanamente avendo un atteggiamento adeguato a quello di qualcuno che sa di
meritarsi una… temibile ramanzina.»
Danny chiuse gli occhi, sorridendo
quietamente soddisfatto. «Sì… lo so.» replicò con impertinente tranquillità.
«Quello seriamente stanco sembri tu.» osservò
Kumals, gentilmente «Forse questo è uno di quei
momenti in cui puoi concederti una pausa dal tuo… ‘cercare di tenerti al passo
col ritmo frenetico’, e riposarti…»
«Tu dici…?» mormorò distrattamente e con
tono assonnato Danny, a occhi chiusi.
«Dico.» rispose semplicemente Kumals.
«Allora… credo che…» mormorò ancora
appena Danny, già scivolando di nuovo nel sonno.
Kumals si limitò a
osservarlo per qualche momento ancora, mentre l’altro si riaddormentava del
tutto
Quindi sussurrò distrattamente «Già…»
E recuperò dal letto su cui l’aveva
appoggiato l’album di ritagli di giornale e di appunti dei vecchi casi,
risistemandoselo in grembo e riaprendolo, riprendendo a sfogliarlo, immerso
chissà dove in qualche punto dei suoi ricordi, con un tenue sorriso tra il
malinconico e l’affettuosamente divertito.
Soundtrack:
Mr. E’s beautiful blues (the Eels)
See you again (Wiz Khalifa feat. Charlie Puth)
Note Sciocchezze dello scribacchiatore: il sindacato di Uther protesta
vivacemente perché Uther si è beccato un’orribile
ramanzina e Danny no; il fansclub di Kumals risponde con compassata e candida noncuranza.