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Autore: sam_tommo    26/12/2018    0 recensioni
Non ero nessuno, nessuno sapeva il mio nome, chi fossi, da dove venissi... Eppure ero sempre stata lì, nata e cresciuta in quel piccolo paesino.
Essere nessuno mi faceva comodo, ma a volte la solitudine uccide ed io stavo proprio per impazzire... Fino a quando è arrivato lui, una persona che io nemmeno conoscevo al contrario di tutto il resto del mondo, ma alla fine della storia scoprirete che sono stata l'unica a conoscerlo davvero.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Index
Stavo camminando lungo il corridoio
della scuola, i libri in mano e
la testa che pensava solamente a
quanto siano stupidi i ragazzi
della mia età: tutti avvinghiati
come sanguisughe al sesso opposto,
divisi in gruppi in base alle
loro passioni; il club del libro
era in cerchio accanto agli
armadietti alla mia destra,
discutendo su una trilogia dal
nome impronunciabile, scritta da
qualcuno con un nome altrettanto impronunciabile;
il club di canto era in piedi di
fronte agli armadietti alla mia
sinistra, che intonavano qualche
ridicola sinfonia o come le
chiamano loro; il club di scienze
era alla fine del corridoio,
sempre sulla sinistra, a
confabulare qualche strano
progetto da portare poi alla
mostra; le cheerleader e i
giocatori di football, invece,
erano davanti all'enorme portone
della scuola, così imponente da
farli sembrare minuscoli, mi sono
sempre chiesta il perché su
quella scelta di 'ritrovo'…
insomma dato il loro egocentrismo
ed il loro complesso di
superiorità se fossi stata in
loro avrei optato ad un luogo che
li facesse sembrare enormi,
magari di fianco alla fontanella
dell’acqua, oppure vicino alla
piccola pianta posizionata sul
giardino interno (di cui
ovviamente non so il nome, non
faccio mica parte del club di botanica).

Arrivai al mio armadietto, che stava
esattamente al centro di quell’enorme
corridoio, uno fra i tanti presenti in
quella scuola, lo aprii e riposizionai i
miei libri di storia e quelli di algebra,
per recuperare quello di spagnolo e di
biologia, quest’ultimo solo per poter
ripassare durante la pausa pranzo, che di
fare di nuovo tutta quella strada proprio
non avevo voglia.
Chiuso con forza lo sportello, altrimenti non
si sarebbe chiuso affatto, lezione
imparata a mie spese nell’anno
precedente, il mio primo anno di liceo,
quando due ragazzi che ormai si sono già
diplomati hanno trovato il mio armadietto
aperti e hanno ben pensato di lanciare tutto
ciò che c'era all’interno nei bidoni
della mensa, inutile da dire che ho
dovuto ricomprare tutto, dato che eravamo
a meno di metà anno e che i libri erano
completamente inutilizzabili.
Feci un respiro profondo e mi incamminai
nuovamente lungo il corridoio, verso
l'aula di spagnolo.

Entrai e mi sedetti sul primo posto, davanti
alla cattedra della professoressa
Ramires, ottima docente, una delle poche
che a mio parere fosse veramente in grado
di insegnare in quella scuola, che mio
malgrado non era ancora arrivata… il che
è molto strano, solitamente già in aula
al mio arrivo e restavamo qualche minuto
a chiacchierare su come fossero andate le
nostre ore precedenti, evidentemente
aveva avuto qualche contrattempo; dunque
aspettai.

Non ci misero molto gli studenti ad arrivare,
e dopo poco entro anche la professoressa,
che stava accompagnando due ragazzi ed
una ragazza, probabilmente il motivo del
suo ritardo.

“Ragazzi vi presento tre nuovi compagni,
Michael” disse indicando il più alto,
spalle da giocatore di football, con un
sorriso smagliante ed alquanto
fastidioso, due occhi verdi come il prato
che si poteva ammirare fuori dalla
finestra ed i capelli corti, neri come la
pece “Thomas” disse poi rivolgendo lo
sguardo al ragazzi leggermente più basso,
ma per il resto molto simile al primo,
probabilmente erano fratelli “e Sophia”
disse in fine alludendo alla bellissima
ragazza alla sua sinistra, con dei lungh
i capelli castani ed un fisico mozzafiato.

“Resteranno con voi per questo anno, siate
gentili e ricordatevi che in questa
scuola tutti gli studenti sono uguali,
quindi comportatevi con loro come fate
con gli altri"
Non capii bene il senso di quella frase
inizialmente, poi mi resi conto dei
sussulti delle due ochette sedute dietro
di me, che, quasi svenendo, continuavano
a ripetere quanto fossero fortunate ad
essere state bocciate, insomma incontrare
i meravigliosi figli del meraviglioso
James Bletch non era cosa da tutti i
giorni, per poi continuare con un
imbarazzante: sicuramente si è trasferito
qui perché ama me.
Insomma, io non so chi sia, ma sicuramente se
ha dei fogli della nostra età avrà minimo
il doppio dei nostri anni, sarebbe dunque
una supposizione alquanto raccapricciante
da immaginare.
“Bene ragazzi, sedetevi pure sui banchi là in
fondo, ora inizierò la lezione, ditemi se
devo rispiegare l’argomento da capo o se
lo avete già affrontato ala Bluburry”
Affermò la signora Ramires, indicando con la
mano tre banchi vuoto in fondo all’aula,
che nemmeno avevo notato.

Così i ragazzi mi passarono affianco e solo
ora lo notai: Il secondo ragazzo che la
professoressa aveva presentato non era
poi così simile al primo, i suoi occhi
erano verdi si, ma molto più chiari,
sembravano quasi coperti da una lastra di
ghiaccio.
La lezione proseguì, e giunse al suo termine,
così al suono della campanella mi alzai e
così al bagno, dovevo sbrigarmi, prima
arrivavo alla panchina più tempo avevo
per ripassare.
Fortunatamente nei bagni non c'era ancora
fila, e quando tornai si lavandini per
lavarmi le mani potei guardarmi allo
specchio qualche minuto: i capelli rossi
erano in ordine, stranamente, e il
mascara sembrava ancora presente, mentre
il leggere filo di matita che avevo messo
per far sembrare i miei occhi castani
meno piccoli rispetto al resto del viso
era totalmente sparita, e niente, ora
sembravo quasi un alieno… ma in fondo a
chi importa, io non sono nessuno in
questa scuola, nessuno fa caso a me, per
i miei coetanei io non esisto, per
fortuna, dunque nessuno lo avrebbe
notato.

Mi accorsi di aver perso troppo tempo a
guardarmi, così mi asciugati velocemente
le mani con un prezzo di carta e corsi
fuori dal bagno, urtando qualcuno con la porta.
“Ahia” disse lui, uno dei ragazzi nuovi.
“Oh, mi dispiace… ehm… scusa ma come ti chiami?”
E, con uno sguardo un po’ sbalordito,
accompagnato con quello dei suoi fratello, mi rispose: “Thomas”.
“Beh, allora scusami, Thomas, non ti avevo
visto” replicai io, per poi correre sulla panchina sotto al grande pino in giardino..
dovevo ripassare.
  
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