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Autore: Vega_95    27/12/2018    1 recensioni
[SPOILER]
«Nino mi aveva raccontato qualcosa, ma non credevo... hai un sacco di cose fantastiche! E guarda che vista!» esclamò allungando lo sguardo oltre la vetrata da cui vide la Tour Eiffel tutta illuminata a festa.
Per quanto imbarazzato da come apparisse la sua stanza agli occhi dei suoi amici, non poté che compiacersi della luce apparsa nello sguardo di Marinette di fronte a quella vista. Attraverso i suoi occhi sembrava mille volte più bella di come non fosse. Forse perché non guardava più fuori attraverso delle sbarre, ormai poteva definirsi un ragazzo libero e per la prima volta guardò oltre in modo diverso, meravigliandosi a sua volta delle luci che coloravano Parigi.
«non avevo mai notato quanto fosse bello» ammise chiudendosi nelle spalle.
Restarono seduti in silenzio per un po' a contemplare quello spettacolo...
La Vigilia di Natale, tutti affaccendati nel regalo dell'ultimo minuti, in attesa della festa più amata dell'anno, ma qualcosa va storto...
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era la vigilia di Natale e l'intera Parigi era in fermento, tutti impegnati nella corsa del regalo dell'ultimo minuto.
Le luci addobbavano la città avvolta dal dolce tepore della feste, dai canti e dalle musiche natalizie. Alberi meravigliosamente decorati erano sparsi nelle varie piazze dove amici, familiari e innamorati si intrattenevano per scattare fotografie o scambiarsi romantici baci sotto al vischio, come da tradizione.

Giusto l'anno precedente, in quella stessa piazza, Adrien stava per trasformare in polvere quell'albero. 
Il secondo Natale senza sua madre. Non si sarebbe mai abituato alla sua assenza, ma almeno fece un po' meno male. La sua assenza, e anche quella di suo padre, stavano diventando una sensazione quotidiana. A volte Gabriel si sforzava di mostrargli maggiore interesse e attenzione e quegli sporadici momenti riuscivano a scaldargli il cuore.
Sapeva di non essere davvero solo, i suoi amici, per quanto impegnati con i festeggiamenti con le loro famiglie, sarebbero stati insieme a lui con il cuore e, forte di quest'idea, Adrien guardò con gioia quell'albero addobbato di luci, colori e neve candida.
Sarebbe stato un altro bianco Natale.

«Adrien, dobbiamo andare» lo chiamò Nathalie, già con la portiera aperta.
«arrivo» annuì voltandosi con un tenero sorriso stampato sulle labbra.
Raramente lo vedeva sorridere così spensieratamente. Le piacque pensare che fosse per merito del fortuito acquisto di quel giorno, l'ultimo regalo di Natale per la sua "amica speciale", così l'aveva chiamata quando aveva chiesto un consiglio alla commessa del negozio.
Era uscito dal negozio tutto giulivo con il suo pacchetto ben incartato e i guantini di cashmere rosa con un sottile manicotto di pelliccia sintetica bianca per la dolce signorina Marinette Dupain-Cheng.

«vuole passare a casa della signorina Dupain-Cheng a darle il regalo?» gli chiese Nathalie mentre salivano in macchina.
«pensavo di passare domani mattina» le rispose. 
L'aveva sentita parlare con Alya a scuola rivelandole che quella sera lei e i suoi genitori avrebbero preparato i dolci per Natale come da tradizione, non voleva disturbarla.

Era in dirittura d'arrivo per villa Agreste quando scorse, sul marciapiede opposto, proprio la protagonista della loro conversazione, mentre zampettava nella neve alta stringendo una busta al petto.
Si muoveva in modo goffo e incerto, tentando di scavalcare la montagna di neve accatastata dallo spartineve. Curioso di sapere cosa stesse facendo, chiese al suo autista di accostare e scese dall'auto chiamandola.

Marinette voleva sbrigarsi ad arrivare a villa Agreste prima che Adrien rincasasse. 
Anche quel Natale lei e Chat Noir avevano avuto la loro buona dose di akuma e proprio mentre cercava un punto per nascondersi e trasformarsi, dopo una rapida chiacchierata con i giornalisti, scorse Adrien vicino all'albero di Natale. Fu felice che non fosse rimasto coinvolto nello scontro e altrettanto di sapere che non fosse a casa. 
Si fiondò in camera sua, prese il regalo che aveva preparato per lui, tornò in strada ri-trasformandosi e incamminandosi per raggiungere i cancelli della villa prima del ritorno del giovane Agreste.
Le venne un colpo quando lo sentì gridare il suo nome dal lato opposto della strada.
Le sorrideva, bellissimo come sempre. Gli occhi luminosi, il berretto nero a coprire i suoi bellissimi capelli biondi e le gote leggermente arrossate dal freddo. Era davvero uno spettacolo per gli occhi.
Presa alla sprovvista e imbarazzata come la era da sempre, alzò timidamente la mano per salutarlo. 
Aveva fallito nel suo intento, perciò avrebbe trovato un altro modo per dargli il regalo. Si preparò a fare dietrofront, quando lo vide attraversare la strada per raggiungerla.
Sgranati gli occhi per lo stupore, Marinette non si mosse da lì, finendo per non notare la macchina che sopraggiungeva a tutta velocità e che schivò Adrien per un soffio sgommando su una pozza di neve bagnaticcia schizzando in pieno la ragazza. Si voltò in tempo per proteggere il pacco, ma non il suo cappotto color antracite.

Allarmato, Adrien corse da lei incurante dell'altra auto che sopraggiungeva togliendo qualche anno di vita alla segretaria di suo padre e alla sua amica quando la videro frenare e suonare il clacson per evitarlo.

«Marinette, stai bene?» si preoccupò per lei, sporca di neve e fango. «certi automobilisti sono davvero degli incivili!»
«già... ma tu stavi per farti investire!» lo rimproverò, spaventatasi per il balzo che aveva fatto il ragazzo per non essere travolto.
Non le diede una vera risposta, semplicemente le fece spallucce cambiando discorso. «ti... ti va di entrare?» la invitò indicando il cancello di casa sua a pochi metri. «ti asciughi e ci beviamo una cioccolata, che ne dici? O hai altri impegni?»
Forse per lo spavento, o per la rapidità dell'invito, Marinette accettò subito su due piedi senza pensarci.

Come Ladybug era entrata molte volte in quella casa, ma come Marinette una sola volta di cui Adrien non era al corrente. Dovette, quindi, fingersi sorpresa dell'immensità delle stanze, dello sfarzo e di tutto ciò che vi trovò all'interno e si appuntò mentalmente di sorprendersi anche della sua enorme stanza da letto qualora vi fossero entrati.

«dai pure a me» tese la mano Nathalie prendendole cappotto e sciarpa insieme a quello di Adrien, incaricandosi di farlo pulire dal fango. «dirò di portarvi le cioccolate in camera» riferì sparendo poi oltre la porta accanto alle scale.
Adrien le fece segno di incamminarsi su per lo scalone di marmo aprendole poi, galantemente, la porta.
A parte Ladybug, era la prima volta che una ragazza entrava in camera sua e la cosa lo fece sentire un po' a disagio, mentre la sua compagna di classe varcava la soglia passandogli accanto, ma poi pensò che non c'era assolutamente niente di male. Era Marinette, era la sua più cara amica, era ovvio che fosse lei la prima.

La invitò ad accomodarsi sul divano di fronte alla televisione sentendosi d'un tratto a corto di argomenti di conversazione. Di che parlare nell'attesa che arrivassero le cioccolate?
Scuola?
Meglio di no, era appena iniziata la pausa invernale, pensare alla scuola durante le vacanze non era proprio il caso.
Dei loro amici? Che dire di loro?

«come va? Ti sei scaldata un po'?» le chiese dopo una lunga riflessione. L'inizio di una conversazione era sempre importante, per di più alla vigilia di Natale e con un ospite così timido che, da quando erano entrati in casa, non aveva proferito parola.
«sì» annuì. «grazie. La tua stanza è enorme!» si finse sorpresa guardandosi intorno stupefatta.
«Nino mi aveva raccontato qualcosa, ma non credevo... hai un sacco di cose fantastiche! E guarda che vista!» esclamò allungando lo sguardo oltre la vetrata da cui vide la Tour Eiffel tutta illuminata a festa.
Per quanto imbarazzato da come apparisse la sua stanza agli occhi dei suoi amici, non poté che compiacersi della luce apparsa nello sguardo di Marinette di fronte a quella vista. Attraverso i suoi occhi sembrava mille volte più bella di come non fosse. Forse perché non guardava più fuori attraverso delle sbarre, ormai poteva definirsi un ragazzo libero e per la prima volta guardò oltre in modo diverso, meravigliandosi a sua volta delle luci che coloravano Parigi.
«non avevo mai notato quanto fosse bello» ammise chiudendosi nelle spalle.
Restarono seduti in silenzio per un po' a contemplare quello spettacolo, pensando a cosa fare e cosa dire e come riuscire a scambiarsi i regali, quando Nathalie entrò in silenzio lasciando loro le tazze fumanti di cioccolata e uscendo poco dopo. 
Adrien sentì improvvisamente il disagio assalirlo nel momento in cui realizzò di stare offrendo della banalissima cioccolata alla figlia di uno dei migliori pasticceri della città.

«scusa, forse non sarà buona come quella che fate voi...»
«è deliziosa», lo tranquillizzò subito la ragazza mandandone giù un primo sorso. Calda e dolce, con un pizzico di cannella.
Acquietati gli animi, entrambi si decisero che era ora di scambiarsi i regali.
«sai, stavo venendo a portarti...» iniziò Marinette mostrandogli la busta, ma si interruppe quando la luce si spense, forse per un blackout. Almeno fu ciò che pensarono prima che le finestre fossero sbarrate e coperte dai pannelli di protezione.

Spaventato, Adrien balzò in piedi rovesciando la tazza a terra.
«questa situazione mi è familiare...» borbottò, inquieto cercando di orientarsi nell'oscurità.
«Adrien?» si sentì chiamare e subito allungò il braccio in cerca della sua amica, ancora seduta sul divano.
«tranquilla, deve essere andato in tilt il sistema di difesa» rise nervosamente sentendo Marinette fargli eco.
«giusto... perché mai un'akuma dovrebbe prendersela con noi, a Natale poi» rispose lei. 
Avrebbe potuto sfruttare il buio per trasformarsi, ma Adrien aveva ragione, non c'erano prove che fosse davvero un'akuma.
«infatti... a meno che tu non abbia paura del buio» le diede ragione.
«no... non è il mio peggiore incubo» scosse la testa alzandosi accostandosi al ragazzo di cui intravedeva l'ombra. «pensi a Sandboy? Possibile che Papillon l'abbia akumizzato di nuovo?»
«l'altra volta non c'era oscurità... solo sbarre» ammise chiudendosi nelle spalle, mentre un brivido scese gelido lungo la schiena di Marinette; la sola idea di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con quel terrificante Adrien la fece tremare.
«vieni, forse Nathalie saprà spiegarci» asserì cercando la sua mano e stringendola per guidarla fuori dalla stanza, muovendosi intorno al divano e cercando di individuare la porta senza inciampare nel pianoforte.
«stai attenta» si raccomandò appena passò il limite del divano.
«eh... Adrien...», Marinette non si era mossa, il suo braccio era rigido come tutto il suo corpo, paralizzato; la sua voce uscì a scatti, soffocata in gola, mentre la sua mano aumentò la presa su quella dell'amico.
C'era qualcosa sulla sua spalla, il peso di una mano che non poteva assolutamente essere quella di Adrien, perché era di fronte a lei.


Avvertito il suo terrore dalla voce, il ragazzo si ricordò del cellulare e della torcia. Senza mollare la presa, lo sfilò dalla tasca avviando l'applicazione e puntandola su Marinette.
C'era una mano bianca appoggiata alla sua spalla e vederla spinse entrambi ad alzare lo sguardo trovandosi faccia a faccia con un uomo fin troppo alto, con un indosso una tuta sgargiante dai mille colori, il viso dipinto e buffi capelli ricci e color cremisi che strappò a entrambi un urlo di puro terrore quando la luce gli illuminò il volto bianco con un finto sorriso dipinto, un naso rosso e strani disegni sbavati intorno agli occhi.
L'istinto disse ad Adrien di fuggire, ma quando tirò la mano di Marinette lei non si mosse nuovamente, il clown la teneva ferma e lei, resasi conto di avere la tazza di cioccolata a portata di mano, la afferrò lanciandogliela addosso.
Lo spaventoso pagliaccio la lasciò spalancando la bocca in un urlo silenzioso mentre si toccava il viso scottato dalla bevanda, permettendo ai ragazzi di scappare, guidati dalla luce dei cellulari che li aiutarono a imboccare la porta.
Chiusero e sbarrarono entrambe le uscite prima che l'intruso potesse raggiungerli e poi scesero le scale.

«cos'era quello?!» strillò Marinette, ancora con il batticuore e la sensazione di terrore di aver avuto la mano di quell'essere inquietante addosso.
«non ne ho idea, ma a pensarci l'idea di un'akuma non mi sembra più tanto improbabile...» si convinse Adrien guardandosi intorno in cerca di una scusa per allontanarsi e far entrare in scena il suo alter ego.
La stessa cosa la stava pensando Marinette, ma non conoscendo bene la casa le fu difficile muoversi senza inciampare. Le bastò un passo in più per accorgersi che qualcosa non andava nel pavimento di Villa Agreste.
Puntata a terra la torcia, mostrò a entrambi il pavimento dissestato, anzi, più ispezionavano l'androne d'ingresso, più si accorsero di come la casa fosse caduta in rovina nel giro di pochi minuti.

«Nathalie! Papà!» chiamò Adrien spostandosi un po' verso l'ufficio di Gabriel, un po' verso la sala da pranzo. «mi sentite? C'è nessuno?»

Non ottenne risposta, se non dei tonfi dal piano di sopra, dal clown che cercava di liberarsi.
Ripresa la ragazza per mano, corsero verso lo studio di suo padre e, dopo essersi accertati che fosse sicuro, si chiusero dentro.

«qui da qualche parte dovrebbe esserci l'interruttore generale» le spiegò armeggiando con il computer del padre. «lui ci vive qui dentro, ha il controllo di tutta la cosa e...». Trattenne a stendo un'imprecazione quando si ritrovò tagliato fuori dai server nonostante avesse inserito la password corretta, l'unica possibile per un uomo come suo padre: il nome di sua madre.
Preoccupata dalla sua reazione, dal pugno che tirò sullo schermo, Marinette gli si avvicinò di corsa. Stava tremando, il petto che si gonfiava a ritmo con il suo respiro affannato e il sudore che iniziava ad accumularsi sulla fronte. 
Probabilmente stava per avere un attacco di panico, ricordava bene cosa le disse al museo del Louvre e, evidentemente, non capire nemmeno cosa stesse succedendo gli stava dando il colpo di grazia.

«Adrien, calmati, ci sono io. Andrà tutto bene» volle rassicurarlo toccandolo sul braccio e prendendogli la mano ancora stretta a pugno. 
Come un interruttore, il suo tocco riuscì a calmarlo, d'un tratto tutti i suoi muscoli tesi si rilassarono e, come se nulla fosse, si voltò verso di lei sorridendo.
«perdonami, è che odio...»
«essere rinchiuso, lo so» terminò per lui, mostrandogli tutta la sua comprensione. «se l'akumizzato ce l'ha con uno di noi, sicuramente si farà vivo»
«e Ladybug e Chat Noir interverranno», fu lui a completare la sua frase, decisamente più sicuro di sé.

Decisi ad affrontare il loro nemico, si mossero verso la porta, quando uno scricchiolio sinistro li fece sussultare e voltare verso la parete.
Il quadro di Emilie venne trafitto in più punti da sinistri e pericolosi rami che bucarono e invasero la parete propagandosi lungo il pavimento, avvolgendo la stanza.

«è un incubo! »venne spontaneo gridare a Marinette, ignara della fronda che si stava allungando verso di lei, ma Adrien la vide e con un balzo la spinse via.

Marinette si ritrovò fuori dalla stanza apertasi per colpa dei rovi; non fece in tempo a rendersi conto di cosa fosse accaduto che la sua attenzione fu attirata dalle condizioni dell'intera casa, completamente avvolta dalla natura, un edificio fatiscente e in rovina.

«Tikki» mormorò aprendo la borsetta.
Lo realizzò solo in quel momento, la kwami non c'era. Era stata troppo presa dagli eventi per notare la sua assenza. La cercò con lo sguardo, la chiamò, ma della sua amica non c'era traccia.
Non fece in tempo a disperarsi per la sua scomparsa che un ramo, alle sue spalle, si spezzò sotto il peso di uno stivale nero.
Spaventata dalla sola idea che quel clown malefico si fosse liberato, si voltò.
Si rilassò quando quei grandi e luminosi occhi verdsi la calamitarono scaldandole il cuore, sollevata, avrebbe tanto voluto correre ad abbracciarlo, ma visti i loro precedenti preferì limitarsi a un sorriso.

«Chat Noir, che bello vederti!»
L'eroe gatto roteo il bastone argentato andando poi a posarselo sulla spalla sorridendo a sua volta.
«sempre pronto a salvare una donzella in pericolo, M'Lady»
Stranita, Marinette storse la testa.
Da quando la chiamava in quel modo quando la credeva solo Marinette?
Scacciò quel pensiero per concentrarsi su cose più importanti.

«il mio amico Adrien, è qui anche lui. È probabile che un'akuma ce l'abbia con uno di noi» gli spiegò.
«no, lui vuole solo i nostri miraculous» asserì facendosi d'un tratto serio. «ma noi non glieli daremo, lotteremo fino allo strenuo delle nostre forze per impedire a Papillon di averli»
«certo... ti prego aiuta Adrien! Nel frattempo, sono certa, arriverà Ladybug e risolverete la situazione» si mostrò ottimista, indicandogli lo studio doveva aveva visto Adrien l'ultima volta.
«Ladybug non verrà» affermò a testa bassa l'eroe lasciando cadere le braccia a ciondoloni lungo il corpo, mentre il bastone toccò terra lasciando riecheggiare il rumore del metallo sul pavimento sconnesso di marmo. «lei non c'è più»
Confusa, Marinette cercò i suoi occhi sotto alla frangia bionda per capire meglio.
«lei non arriverà mai...» singhiozzò.
«non dire così...», ebbe pietà. Sapeva quanto tenesse a lei e vedere quanta sofferenza gli stesse provocando la sola idea di averla persa le spezzò il cuore. Non capiva il potere di quel nuovo nemico che stava facendo vivere loro in una casa stregata e credere a Chat Noir di aver perso la sua collega.
A volte pensava che se non fosse stato per Adrien, avrebbe finito per ricambiarlo, ma perdersi in quei pensieri non era giusto per nessuno dei due e meno ancora in quel momento.
«vedrai che arriverà» lo consolò posandogli le mani sulle spalle.
«no!» in un impeto di rabbia, Chat Noir la respinse alzando la testa. I suoi occhi erano troppo luminosi, sembravano fanali di un'auto e lentamente si tinsero di un terrificante rosso sangue. «lei non verrà, perché è morta» ringhiò avanzando minaccioso, seguendo passo passo la lenta fuga di Marinette che indietreggiava a ogni sua mossa.
«che ti prende? Non sarà che l'akuma...» pigolò finendo per trovarsi con le spalle al muro, bloccata da una colonna rivestita di rami aggrovigliati tutto intorno.
«l'akuma ha ucciso la mia Ladybug» sibilò bloccandola con le mani ai lati della testa.

Gli occhi iniziarono a pizzicarle, tremava come una foglia, sola alla mercè di quello che sembrava, ma non era Chat Noir.

«ti prego...» singhiozzò scivolando a terra, proteggendosi con le gambe strette al petto e le braccia incrociate sulla testa.
Dov'era Adrien? possibile che non sentisse le loro voci?
Cedette completamente quando il suo collega mascherato si chinò su di lei spalancando la bocca, mostrandole denti sottili e aguzzi, da predatore, pronti a infilzarsi nel suo collo.
Le sue grida riecheggiarono per tutta la casa, mentre Chat Noir si avvicinava per affondare i denti nella sua carne.

***

Spinta via Marinette, anche Adrien si ritrovò a rotolare a terra, ma quando rialzò lo sguardo notò di non trovarsi più nello studio, bensì nel cortile, di fronte al busto in pietra di sua madre.

«Chat Noir» si sentì chiamare da una voce familiare che lo portò a voltarsi.
Lei era lì, con un sorriso sollevato dipinto in viso e le braccia incrociate dietro la schiena.
«Ladybug, tu...» si stupì. Si era guardato bene e non indossava la maschera, senza contare che si era accorto ormai da un po' dell'assenza di Plagg. Ovunque fosse, avrebbe dovuto trovarlo per trasformarsi e portare Marinette fuori da quella casa maledetta.
Possibile che lei sapesse?
«io cosa? Chat Noir muovi, dobbiamo fermare l'akuma ,prima che...», non finì la frase che una mano metallica la afferrò sollevandola da terra.
Un robot gigante apparve dal nulla prendendo e stritolando la ragazza.
«no! Ladybug!» si agitò cercando con lo sguardo un modo per intervenire.
Era davvero un incubo, prima Marinette e poi Ladybug. Papillon stava accumulando una lista davvero lunga di debiti da scontare.
Strappato un pezzo di rampicante, si lanciò contro il robot colpendolo alle gambe con il bastone, intimandogli di lasciarla, ma non ci fu verso e prima che potesse fermarlo, lanciò via la ragazza con così tanta forza che batté violentemente contro un muro per poi ricadere a terra immobile.
Terrorizzato, corse da lei voltandola e sollevandole delicatamente le spalle.
«M'Lady? M'Lady, mi senti? Guardami, ti prego» pigolò sfiorandole il viso livido, lei non si svegliò, non si mosse e il terrore che fosse accaduto il peggio sconvolse Adrien. «è tutta colpa mia, se solo io... Insettina, mi dispiace!» urlò stringendola a sé, disperato e terrorizzato dalle sue condizioni .

Purtroppo non ebbe molto tempo per piangere la sua amata, perché il robot passò a lui, cominciando a lanciare raggi laser dagli occhi, ruotando completamente la testa e le braccia come un giocattolo.
Deciso a non dargliela vinta, Adrien si prese la ragazza in braccio iniziando a correre per sfuggirgli.
Inciampò cadendo rovinosamente, ma con la prontezza di proteggere la giovane. Sotto tiro del robot e senza vie di fuga, si preparò al colpo che, sicuramente, gli sarebbe stato fatale.
Chiuse gli occhi, ma poco dopo udì un suono sordo e un tonfo che fece tremare la terra. Quando si voltò, trovò Nino di fronte a lui con uno specchio in mano e il robot gigante steso a terra.

«Nino?»
«amico, serve una mano?» gli chiese porgendogliela.
«sì... Nino, Ladybug è...», tacque quando si accorse di non stringere più la ragazza tra le braccia, che lei era sparita. «dov'è? E tu che ci fai qui?» furono le domande che subito gli saltarono alla mente.
«Ladybug non l'ho vista, ma spero arrivi presto. Io... non lo so, ero a cena con la mia famiglia quando... puff! Mi sono ritrovato qui, con uno specchio in mano a fare da bersaglio a quel coso» spiegò rapidamente.
Ancora sconvolto, Adrien balzò in piedi quando un pensiero gli balenò in mente spingendolo a correre di nuovo in casa.

«Marinette! »

***

Sentiva il respiro di Chat Noir sulla pelle, non ebbe il coraggio di guardare. Qualunque akuma l'avesse ridotto così, stava per decretare la sua fine.
«ti prego...» singhiozzò. «Chat Noir, sono io...»

Udì un gemito e poi un tonfo e la voce di qualcuno che la chiamava.
Quando riaprì gli occhi, trovò di fronte a sé due grandi occhi blu, ansiosi di sapere se stesse bene.

«Marinette?»
«Lu-Luka...?» mormorò riconoscendo dall'ombra nell'oscurità il viso del ragazzo e scorgendo i suoi capelli colorati.
La aiutò ad alzarsi, ma sembrava ancora sconvolta.
«Marinette»
Entrambi si voltarono trovando Alya, confusa e preoccupata per la sua amica.
Alla sua vista, Marinette le corse incontro gettandosi tra le sue braccia in cerca di conforto.
«tranquilla, ci siamo noi» le mormorò la sua amica, voltandosi quando sentì dei passi giungere dall'esterno trovando Adrien e Nino raggiungerle.

Era preoccupato per lei e fece bene ad esserlo, perché quando arrivò la trovò tremante tra le braccia di Alya.
«stai bene?», si preoccupò toccandola sulla spalla.
«s-sì, ma Chat Noir...»

Solo allora si accorsero che il ragazzo non era più a terra, era sparito e ciò non poté che inquietarli.
Un clown, uno Chat Noir impazzito, un robot gigante.

«perché casa tua è diventata così inquietante?» pretese di sapere Alya scostando da sé l'amica ormai ripresa: «che sta succedendo? Ero a casa a giocare con le mie sorelline e poi... puff sono arrivata qui!»
«è successo a tutti a quanto pare» rifletté Luka studiando l'ambiente circostante, i rami che si muovevano strusciando lungo le pareti.
Adrien stava per rispondere alla prima domanda di Alya, quando una sesta voce si aggiunse anticipandolo

«questa non è di certo la casa del mio caro Adrien, anche se dentro ci somiglia molto» emerse da una porta Chloè, guardandosi intorno. «ma chiunque sia stato l'architetto ha davvero pessimo gusto. Sembra un'angusta casa delle bambole»
«direi che questo è l'ultimo dei nostri problemi» sbuffò Alya.
Ispezionati i ragazzi intrappolati, come lei, in quella casa spettrale, la biondina si soffermò sul ragazzo alto dagli occhi azzurri che catturò la sua attenzione.
«e tu saresti...»
Luka trattenne a stento un sorriso divertito, piegando leggermente l'angolo della bocca. Si conoscevano molto bene, ma lei non poteva saperlo e mentre fantasticava sulle avventure vissute come supereroi, Marinette rispose per lui.
«non ti ricordi? È Luka, il fratello di Juleka...».
«mh, il musicista...» scrollò le spalle Chloè, poco interessata. «il mio cellulare non prende», cambiò discorso. Il suo come quello di tutti gli altri.
«chissà perché, la cosa non mi sorprende» incrociò le braccia al petto Adrien. «è così in tutti i film horror. I telefoni non prendono, si spengono le luci... e arrivano i mostri!» gesticolò assumendo un'espressione tanto buffa quanto inquietante, cercando di alleggerire la tensione.
«non è divertente» lo freddò immediatamente Alya

Ormai era chiaro che ci fosse lo zampino di un'akuma e si soffermarono tutti a ragionare su come uscire da quella situazione anche senza l'aiuto dei supereroi, ignari che fossero tutti lì, riuniti, ma senza i loro kwami.

«deve esserci un'uscita» ipotizzò Nino.
«non c'è, vengo da fuori ed è tutto murato» lo smentì Chloé. «qua serve affrontare le nostre paure»
«non sono le nostre paure» la contestò a sua volta Alya. «qui nessuno ha paura di piante assassine o clown inquietanti»
«anche se restano spaventosi» rabbrividì Nino.

Mentre tutti discutevano sulla situazione, Marinette avvertì il bisogno di voltare lo sguardo verso un punto indefinito della stanza scorgendo nell'angolo una bambina con un pigiamino blu che li guardava intimorita.
Adrien, per primo, si accorse del suo sguardo distante e la richiamò all'attenzione, convinto che fosse ancora spaventata dall'incontro con quel falso Chat Noir.

«c'è una bambina...c'era» si corresse quando, indicando agli altri l'angolo in cui l'aveva intravista, trovò solo l'oscurità.

Un boato li spinse ad alzare lo sguardo verso l'alto trovando il clown chiuso in camera correre giù dalle scale armato di motosega in piena funzione.

«sul serio?!» sgranò gli occhi Chloé, schifata piuttosto che spaventata.

Allarmati dal pericolo dell'arma, i ragazzi si sparpagliarono dividendosi per rendere più difficile l'inseguimento alla creatura.
Intenta a lamentarsi della situazione assurda, toccò a Luka trascinare via la biondina prima che la catena affilata le facesse una nuova messa in piega, fuggendo con lei in una delle tante anticamere che si aprì in altri corridoi.
Prontamente, anche Alya spinse via Nino indirizzandolo verso la camera opposta, notando con la coda dell'occhio Adrien fare lo stesso con Marinette salendo rapidamente le scale per rifugiarsi in una delle stanze al piano superiore.
Sfortuna volle, inseguì proprio loro due.

«potrebbe essere lui» ipotizzò Marinette mentre si infilavano in una camera chiudendo e sbarrando la porta con una cassettiera.
«pensi che abbia lui l'akuma?» ragionò Adrien. «dove potrebbe essere? Nella motosega?»

Marinette non fece in tempo a rispondere che la porta fu squarciata. Non ci avrebbe messo molto a farla a pezzi costringendoli a fuggire di nuovo e ritrovandosi sul pianerottolo, con la scelta di salire o scendere.
«servirebbe un'idea geniale di Ladybug» pensò ad alta voce Adrien sforzandosi di pensare come lei in cerca di una soluzione, un attimo dopo ricordò di avere Marinette accanto e si sbrigò a ritrattare. «non che tu non sia geniale, parlavo del Lucky Charm in realtà...»
Lei aveva capito perfettamente, in fondo era la vera Ladybug, Lucky Charm o meno avrebbe tirato fuori dai guai tutti i suoi amici.
«anche il Cataclisma di Chat Noir farebbe comodo» gli rispose guardandosi intorno, focalizzandosi su uno dei tendoni che coprivano le finestre.
«ho un'idea!» esclamò lanciandogli uno sguardo da Ladybug che lo fece sussultare e arrossire. Non aveva mai visto tante somiglianze tra Marinette e la sua partner come in quel momento.
E se loro...
Scacciò velocemente quel pensiero focalizzandosi sul piano della sua amica.

Il malefico clown seguì le tracce dei ragazzi fino ad arrivare in una biblioteca scorgendo una testa bionda sparire tra gli scaffali. Lo seguì finché non ne perse le tracce.
Adrien non ricordava di avere una biblioteca in casa, anzi era certo di non averla, era immensa e addirittura con un piano superiore; arrivato sotto al soppalco, il pagliaccio sentì la voce di Marinette dal piano superiore.
«ehi! Jason mal riuscito, guarda su!»

Il telo gli volò addosso e anche se provò a farlo a pezzi con la motosega, le fibre del tessuto finirono nella catena inceppandola, allora intervenne Adrien che, con una corda, lo avvolse legandolo bene lasciando il posto a Luka che caricò a tutta velocità sul carrello dei libri travolgendolo e indirizzandolo alla porta dello stanzino aperto da Chloé e che si premurò di chiudere.
Liberatisi della mano, pensarono alla spada. Una spinta e uno scaffale ci cadde sopra schiacciandola, ma non videro uscire nessuna akuma.

«sicuri che si sia rotta?» obbiettò Chloé.
«direi» trovò ovvio Luka, mostrandole un bullone.
Avrebbero potuto continuare a discutere a lungo se fosse o meno l'akumizzato e che fine avessero fatto i loro supereroi, ma a gelare loro il sangue ci pensò la voce di Alya.
Scesi di sotto, trovarono la ragazza intenta a tirare il braccio del suo ragazzo che stava venendo inghiottito dal muro.

«Nino resisti! Aiuto!»

Benché impressionati da un muro che inghiottiva una persona e dai rami che lo stavano avvolgendo, i ragazzi corsero ad aiutarli tirando, ma non ci riuscirono e alla fine Nino fu inghiottito lasciando di lui solo il calco del suo viso spaventato nel muro.
Non ebbero il tempo di piangere la caduta di Nino che un rampicante afferrò Chloè per la vita trascinandola via. Luka fu il primo a correre afferrarla stringendole le mani.

«resisti!»
«prova a lasciarmi e te la vedrai con mio padre! Lui è...»
«il Sindaco di Parigi» finì per lei, «lo so. Adesso aggrappati»
Messa a tacere, Chloé si ritrovò, inconsciamente, a eseguire il suo ordine stringendo più che poteva alle sue braccia. 
C'era qualcosa in quel ragazzo che la intrigava, qualcosa di familiare.
Era a pochi passi dal muro, i ragazzi non l'avrebbero trattenuta a lungo, ma per sua fortuna arrivò Adrien che, con una spada trovata nelle mani di un'armatura mai vista in casa sua, fece a pezzi i rami liberando la ragazza che finì addosso a Luka.
«stai bene?» si preoccupò per lei sollevando la testa, notando lo strano modo in cui lo stava fissando; per un attimo ebbe il timore che lo stesse per riconoscere e la risvegliò da quella trans alzandosi e porgendole la mano.
«certo che sto bene, ma quegli affari mi hanno sgualcito i vestiti» si lamentò lisciandosi il golfino.

Non potevano stare lì, dovevano andarsene e trovare una soluzione.
Cercarono di uscire dalla casa, ma una mano metallica si parò davanti a loro. Il robot si era ripreso e tagliava via l'unica via di fuga.

«ma dove sono Ladybug e Chat Noir quando servono? Ah sono proprio degli incompetenti!» si lamentò ancora la giovane Bourgeois.
«sei un'eroina anche tu, potresti entrare in azione» la punzecchiò Marinette, stanca della sua impotenza e di tante lamentele inutili. Aveva il miraculous, ma non la sua kwami, non poteva trasformarsi senza Tikki e la cosa la stava avvilendo. Nemmeno Chat Noir si era ancora visto.
Possibile che nessuno si fosse accorto della loro scomparsa?
«non litigate» si mise pacatamente in mezzo Luka, poco abituato ai loro battibecchi.
«eravamo in camera mia quando tutto è iniziato» ragionò Adrien, mentre tornavano nell'atrio.
L'unica soluzione fu tornare di sopra continuando a farsi luce con i cellulari.

«vuoi giocare con me?»

Una voce terrificante li ghiacciò sulle scale.
Un altro mostro. Fu il loro pensiero comune, mentre si voltavano verso la bambola a dimensioni umane che si stava arrampicando per raggiungerli con la sua faccia rotta, un occhio mancante e il vestito logoro.
Come se non bastasse, un rumore sordo fece tremare l'intera casa costringendoli a tapparsi le orecchie. Sembrava il cigolio di un ascensore, ma amplificato. Fu così forte che i vetri andarono in pezzi spingendoli ad accucciarsi a terra, proteggendosi a vicenda dalle schegge che inondarono la casa.
La bambola, però, non si fermò e la prima che afferrò fu Alya.

«Alya!», Marinette sgusciò fuori dalle braccia di Adrien lanciandosi verso l'amica, afferrandole per prima la mano, ma non servì. Al posto della bambola, si palesarono i rampicanti che la avvolsero trascinandola contro la parete più vicina, esattamente come era accaduto a Nino e furono costretti ad arretrare e tirare via la loro amica, perché non facesse la sua stessa fine.

La porta della stanza di Adrien era a pochi passi da loro, eppure non la raggiunsero. Perché un altro bambolotto a forma di Babbo Natale con gli occhi rossi a palla emerse dal muro bloccando loro la strada e non poterono nemmeno tornare indietro, perché l'inquietante bambola si era alzata avanzando. Erano circondati

«li trattengo io» si parò davanti a loro Luka spaventandoli tutti quanti. «ci deve essere un modo per uscire da qui, Ladybug e Chat Noir prima o poi arriveranno e sistemeranno tutto, nel frattempo, cercate di uscire da qui!» spiegò loro preparandosi ad affrontare i mostri.

Non ebbero scelta, prima che potessero fermarlo, Luka si era già buttato sulla bambola immobilizzandola e permettendo agli altri di fuggire. Non tutti lo fecero, quando si voltò, convinto di trovare quel Babbo Natale gigante, vide invece Chloé armata di bastone.
«non ti prenderai tutta la scena, chitarrista dei miei stivali. Sono pur sempre un'eroina, poteri o no non mi tirerò indietro» affermò colpendo con tutte le sue forze il mostro, destabilizzandolo. 
Per quanto riluttante a trascinarla in quel pericolo, Luka sorrise, fiero di notare quanto la maschera poco influisse sull'eroina dell'ape.
Il loro vantaggio, purtroppo, durò poco, i rampicanti li imprigionarono trascinando anche loro contro la parete.
«mettete fine a questo incubo», intimò Luka, a Marinette e Adrien cercando la mano di Chloé per darle manforte. Lei lo ricambiò sebbene non ne avesse bisogno e mentre i loro corpi erano ormai del tutto assorbiti, lasciò un ultimo messaggio ai suoi amici.
«dite a Ladybug e Chat Noir che farò avere loro il conto della lavanderia!», un attimo dopo i loro volti apparvero impressi nel muro, immobili e terrificanti, protesi in avanti come se cercassero ancora di fuggire. Compresa la loro impotenza di fronte allo shock di Marinette, Adrien la prese ancora una volta per mano portandola via.

Arrivarono in camera dove si barricarono.
Non sapevano che fare, erano esausti e spossati. I loro amici erano caduti uno ad uno lasciandoli soli e disorientati. 
Era un vero e proprio incubo, nulla di tutto quello che stava accadendo aveva senso, cose che comparivano e sparivano, stanze che cambiavano, suoni incomprensibili, mostri che apparivano dal nulla...
Aveva visto cadere i suoi amici uno ad uno sotto i suoi occhi, di nuovo, ma la più sconvolta parve Marinette. La osservò trascinarsi fino al divano sedendosi nell'esatto punto in cui si trovava all'inizio di tutto, la testa chinata in avanti, mentre sussurrava qualcosa.

«Marinette? »

Con cautela, le si avvicinò sedendosi accanto a lei, temeva che si chiudesse in sé, mentre invece, era importante che tirasse fuori tutto per essere forte e combattiva come sempre.
«troveremo una soluzione, vedrai» la incoraggiò.
«è tutta colpa mia...» mormorò stringendo la borsetta tra le dita. «se solo fossi stata più attenta...»
Se solo avesse avuto Tikki con sé...
Adrien non capì di cosa si incolpasse, da quando era iniziato tutto non avevano fatto altro che scappare; lei era stata fantastica, geniale e coraggiosa. Aveva messo k.o. il pagliaccio con un ingegno degno di Ladybug, lui invece, non aveva fatto nulla se non lasciarsi andare allo sconforto e perdersi in stupide battute. Era stato una spalla, proprio come lo era come Chat Noir.
«non è colpa tua Marinette» provò a confortarla sfiorandole le mani strette intorno al tessuto della borsa, provando a farle allentare la presa. «vedrai che Ladybug arriverà presto e con il suo Lucky Charm sistemerà tutto»
«se avesse potuto, l'avrebbe già fatto» borbottò ormai succube della paura, alzando lo sguardo spento sulla vetrata andata in pezzi. «è passata la mezzanotte, è Natale».
«è vero... Buon Natale, Marinette ».
Istintivamente si spinse in avanti allungando la mano dietro alla sua schiena per abbracciarla, stringerla per darle quel conforto di cui sembrava avere tanto bisogno e che sperava ricambiasse. Quando sentì le mani della ragazza insinuarsi sotto alle sue braccia e stringersi intorno alla sua vita, gli sfuggì un sorriso. Starle così vicino gli dava una sensazione di familiarità e pace che non provava da anni. Marinette lo faceva sentire bene e protetto proprio come lei, la donna che con la sua scomparsa aveva lasciato un immensa voragine nel suo cuore e in quello di suo padre. Marinette era la sua luce. La sua prima vera amica, quella a cui si era aperto per la prima volta e con cui sentiva un legame forte.
Dopo qualche minuto, lo sguardo di Adrien finì per posarsi sul pacchetto per lei, l'aveva torturato così tanto che l'angolo della scatola si era consumato e sgualcito. Forse non era il momento più adatto per darglielo, ma forse l'unico che avrebbero avuto e, preso coraggio, allungò la mano verso il tavolino, scostandosi da lei senza, però, lasciarla.
«visto che è Natale...» iniziò, ma non finì, perché un tonfo e una risata lo fecero balzare in piedi trovandosi tutti i mostri che avevano combattuto avanzare verso di loro. Anche il robot sopraggiunse facendo a pezzi lo scheletro della vetrata con la mano per raggiungerli. Si defilarono appena in tempo, ma così si trovarono circondati.

Stretta al suo braccio, ma non intimorita, Adrien notò l'espressione combattiva di Marinette, lui stesso non si lasciò scoraggiare e, puntata la bambola, sgusciò fuori dalla presa della ragazza caricando e scaraventandola a terra aprendo a entrambi una via di fuga.

Avevano appena messo il naso fuori dalla stanza quando qualcosa di piccolo e rapido passò davanti a loro sbattendo nel muro.
Erano palline di plastica e la loro traiettoria giunse dal lato opposto del piano. Soldatini armati di pistole giocattolo, grandi come persone.
Sembrava la rivolta dei giocattoli.
Senza un attimo di tregua, ripresero a correre, ma Marinette inciampò su uno dei rovi e cadde giù dalle scale trascinandosi dietro lo stesso Adrien che la afferrò portandole una mano dietro alla nuca perché non si ferisse.

Ancora una volta tornarono nell'androne d'ingresso, stesi a terra e alla mercé dei rovi, dei proiettili di plastica, della bambola, del clown, del Babbo Natalee del robot gigante che tornò a sfondare le finestre per raggiungerli.

«Chat Noir, dove sei...» pigolò Marinette rimettendosi in piedi.
Erano in svantaggio numerico e senza vie di fuga, non avevano idea di come uscire da quella situazione.
Aveva provato a trasformarsi, nonostante l'assenza di Tikki, ma senza risultati.
Un altro frastuono simile al precedente fece tremare la casa e tappare loro le orecchie rendendoli svantaggiati e vulnerabili agli attacchi.

Un ramo provò a catturare Marinette per aggiungerla alla collezione di volti urlanti nelle pareti, ma per fortuna Adrien ebbe la prontezza di accorgersene allontanandola in tempo. In quel modo, purtroppo, divenne lui il nuovo bersaglio e non ebbe modo di sottrarsi.
Rimase così imprigionato e risucchiato verso la parete.

«Adrien, no!» andò nel panico Marinette afferrandolo per la camicia, per le braccia, nel tentativo di impedire a quelle cose di portarlo via. «non anche tu!»
Se solo la spada non fosse sparita, avrebbe potuto usarla.
Perché l'aveva lasciata? Che fine aveva fatto dopo aver salvato Chloé la prima volta? Possibile che non lo ricordasse?
«andrà tutto bene. Marinette, tu puoi sconfiggerla» la incoraggiò, sentendo il suo corpo venire assorbito nella parete intorpidendosi man mano che ne diventava parte. «trova l'akuma»
«ma io non...»
«lo so che non sei la vera Ladybug, ma sei come lei. Sei forte, coraggiosa, intelligente. Io mi fido di te, ci salverai» le sorrise fiducioso. Benché con poca capacità di movimento, si mosse in avanti osando posarle un tenero bacio sulla fronte. «fidati di me Marinette, tu puoi farcela»

Furono le sue ultime parole, poi la parete lo inghiottì completamente lasciando Marinette sola nel buio, senza nemmeno la torcia del telefono. Ormai con le lacrime che le solcavano le guance, allungò una mano sfiorando il calco del viso del ragazzo, si sollevò sulle punte posando un tenero bacio sulle sue labbra. La risposta alla sua fiducia e una promessa.
Prima di essere catturata a sua volta, si rifugiò nello studio di Gabriel.
Le parole di Adrien erano state forti, l'avevano colpita molto. Sotto molti aspetti lui e Chat Noir erano simili, entrambi sapevano aiutarla a tirare fuori quel coraggio e quella forza di cui spesso dubitava, ma in quel momento, sola e impaurita, l'incoraggiamento di Adrien si perse nell'oscurità.
Esausta, si accucciò a terra, persa nelle sue lacrime e nei suoi pensieri.

«Chat Noir dove sei?! Non ce la faccio da sola! Ti prego!», gridò, scossa dai singhiozzi.
Aveva sperato nel suo arrivo per tutto il tempo, ma lui non c'era, non era venuto a salvarli e tutti i suoi amici avevano finito per cadere vittime di quella casa stregata, dei mostri e dell'oscurità.

«va bene, hai vinto! Resto solo io!» gridò al vuoto. «che vuoi fare? Lasciarmi a vagare o prendere anche me?! Perché ci fai questo?! Chi sei?! Cosa vuoi da noi!!»

Non ottenne risposta, ogni sorta di rumore si placò e un vento gelido la sfiorò facendola rabbrividire.

«chi sei tu?» pigolò una vocina attirando la sua attenzione, spingendola ad alzare di nuovo la testa e trovando di fronte a sé la bambina con il pigiama blu intravista in quell'angolo oscuro, tenere stretta in mano una boccia di vetro.
«sei tu...» la riconobbe avvicinandosi a lei, avrà avuto pressappoco una decina d'anni o poco più e sembrava molto più spaventata di lei.
«è pieno di mostri qui, dove sono Ladybug e Chat Noir? Perché non li mandano via?» piagnucolò stringendo la palla di neve.

Un'idea colpì improvvisamente Marinette. 
Avevano parlato di incubi per tutto il tempo e se avessero avuto ragione? Se l'akuma avesse reso reale l'incubo di un bambino che non era riuscito a svegliarsi?
Era un'ipotesi azzardata, ma provare non costava nulla.

«come ti chiami?»
«Zoe» pigolò la piccina.
«bene Zoe, ora proviamo a chiamare Ladybug, che ne dici?» le sorrise andando a cercare nei cassetti della scrivania dei fogli e dei colori. Era lo studio di uno stilista, non poteva non esserci del materiale da disegno, infatti lo trovò e fece un veloce scarabocchio che mostrò poi a Zoe.
«lei si chiama Tikki, se questo è il tuo sogno, è importante che ti focalizzi su di lei e la porti qui, va bene?» parecchio confusa, la bambina annuì sforzandosi di immaginare la creatura di nome Tikki disegnata da quella ragazza.

Aveva ragione, ci mise un po', ma alla fine Zoe riuscì a richiamare in quel mondo anche la kwami che, contenta di riabbracciarla, le si fiondò addosso.
Non c'era tempo da perdere, doveva salvare i suoi amici e, noncurante della presenza della bambina, si alzò in piedi scambiandosi uno sguardo d'intesa con Tikki.

«Tikki, trasformami!»

Sotto gli occhi stupefatti di Zoe, Marinette si trasformò apparendole nelle vesti di Ladybug.
«mi raccomando, è un segreto» le strizzò l'occhio accucciandosi e portandosi un dito davanti alla bocca. 
Se aveva fatto bene i calcoli, l'akuma doveva trovarsi nella palla di neve, ma non fece in tempo a prenderla che i rampicanti tornarono all'attacco.
Forte dei suoi poteri, Marinette evocò il Lucky Charm, trovandosi tra le mani una spada.
Tenuta indietro la bambina, roteo l'arma come avrebbe fatto Chat Noir focalizzando i suoi movimenti e la breve lezione di scherma. Con colpi bene assestati, fece a pezzi i rami trasformandoli in legna da ardere riuscendo ad arrestare il loro avanzamento.
Sicura di sé, si sbrigò a prendere la palla di neve dalle mani della piccola e la schiantò a terra osservando la farfalla nera uscire.

«niente più malefatte, piccola akuma», sorrise vittoriosa aprendo lo yo-yo e lanciandolo verso la farfalla, imprigionandola e purificandola. Diede un ultimo sguardo a Zoe strizzandole l'occhio. «buon risveglio, piccola Zoe»la salutò

E poi...

«Miraculous Ladybug!»

Una scia di coccinelle magiche si propagò in lungo e in largo riportando ognuno da dove era stato rapito, come se non fosse mai accaduto nulla, accumulando un'altra sconfitta al caro Papillon.

***

Il calore che la avvolgeva era piacevole, così come la carezza sul suo braccio. Stava troppo bene per voler aprire gli occhi. Sentiva un buon profumo e un pulsare ritmico contro la sua guancia che iniziò lentamente a variare spingendola, finalmente, a cercare di capire.
Sollevata la testa, si trovò faccia a faccia con un Adrien assonnato quanto lei.
Stesi sul divano, abbracciati sotto ad una coperta, il braccio di lui avvolto intorno alla vita di lei per stringerla contro il suo petto. Una situazione che fece avvampare entrambi portandoli a scostarsi rapidamente.

«scusa!» gridarono in sincrono.
«io... devo essermi addormentata...» mormorò Marinette, in evidente imbarazzo.
«anch'io...» ammise il ragazzo grattandosi nervosamente la nuca.

Non ricordavano nulla, insomma, ricordavano, ma ritrovarsi addormentati nel luogo da cui tutto aveva avuto inizio li confuse facendo credere a entrambi di aver immaginato tutto.

«credo... credo di aver fatto uno strano sogno...» iniziò Adrien, confuso, trovando la stessa titubanza in Marinette che ammise la stessa cosa, ma non fecero in tempo ad approfondire che lei si ricordò dei suoi genitori, di non essere a casa sua e di doverci tornare assolutamente.
Chissà quanto avevano dormito, ma una volta scesi di corsa, trovarono Nathalie, calma e pacata come al solito, ad aspettarli per accompagnare Marinette a casa.
Non trovando risposta al cellulare della figlia, Tom e Sabine avevano chiamato tutti gli amici della figlia trovando risposta positiva a casa Agreste.
Salita a chiamarla, Nathalie li aveva trovati addormentati sul divano. Intenerita dalla scena, aveva riferito ai genitori della ragazza che si sarebbe trattenuta ancora un po' se per loro non era un problema e che l'avrebbero riaccompagnata in auto.

«Buon Natale» salutò il suo amico incamminandosi verso la macchina.

Era rimasta perplessa dal suo sogno, dai mostri, dalla presenza dei suoi amici e dalle parole di Adrien che ricordava perfettamente. Tikki restò in silenzio senza dire nulla, con Plagg avevano concordato di non dire niente ai ragazzi, di lasciare che si convincessero della cosa a loro più plausibile e così fu.

***

Nessuno capì davvero cosa era successo quella sera, neanche lo stesso Papillon
Aveva percepito la paura notturna di un bambino e nel tentativo di cogliere i due supereroi impreparati per via della vicinanza tra le battaglie, si era lanciato subito all'attacco infettando la palla di neve accanto al suo lettino, ma la bambina non si era svegliata proiettando il potere della farfalla nel suo sogno. I protagonisti erano Ladybug e Chat Noir, gli eroi che avrebbero dovuto salvarla dai mostri, ma i ragazzi in quel momento non erano trasformati e finirono per ritrovarsi succubi dell'incubo insieme agli altri eroi chiamati in soccorso dalla bimba.
Persino Papillon non comprese, la bambina continuò a dormire e agitarsi nel sonno e lui non riuscì a vedere cosa accadde. Rimase in attesa fino al momento in cui riconobbe il Lucky Charm della sua acerrima nemica sconfiggerlo di nuovo.

***


La mattina seguente, poco prima dell'ora di pranzo, Marinette ricevette un messaggio da parte di Adrien che le chiedeva di vedersi al parco accanto a casa sua.

Arrivata a Parc des Vosges, Adrien le porse un pacchetto.
«scusa, ma ieri mi sono dimenticato di dartelo» ammise senza indugiare quella volta, grata, Marinette fece lo stesso porgendogli la busta.

Contenti dei loro regali, si sedettero sulla panchina per aprirli.
Marinette fu entusiasta dei suoi nuovi guanti e lo stesso Adrien della sua maglietta nera con stampati un paio di occhi verdi da gatto. Un regalo al quanto singolare, sebbene molto apprezzato.

«Chat Noir?» le domandò indicando la maglietta.
«sai, a volta voi due vi somigliate» ammise senza riserve la ragazza che ancora sentiva il cuore batterle per le parole dell'Adrien del sogno e che non si allontanavano molto dalla realtà. «siete entrambi forti e coraggiosi, non vi arrendete mai e sapete incoraggiarmi quando serve»
Rincuorato da quelle parole, da ciò che lei pensava di lui, Adrien ripose il suo regalo e si protese in avanti stampandole un bacio sulla guancia.

«grazie, super Marinette» mormorò a un soffio dal suo orecchio.

***

Ad assistere a quella scena, dall'altro lato della strada, fu una bambina per mano con la sua mamma che, alla vista della ragazza, la indicò.
«mamma guarda! È Ladybug!»
La madre, seguendo il suo dito, scorse i due ragazzi sulla panchina e più avanti la statua dei supereroi e allora sorrise annuendo, proseguendo la passeggiata con la sua piccola Zoe.

 

***

E BUON NATALE!

Voleva essere una OS natalizia, invece siamo praticamente al 27 Dicembre, ma ormai lo sapeva che i ritardi sono il mio marchio di fabbrica, quindi...
Come avete notato ho inserito una certa coppietta, NON confermata, ma che shippo già con la speranza di vederla avverarsi nel corso della terza stagione.
Buone e terrificanti feste a tutti
Un bacio 

   
 
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