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Autore: NightWatcher96    27/12/2018    1 recensioni
Spesso le malattie ritornano e talvolta più forti di prima. Mikey è stato un bambino colpito dalla leucemia infantile, si sa... ma sarà in grado di sconfiggere il vecchio nemico adesso che è molto più forte? Sequel di "My Peace of Heart"
Genere: Azione, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Leonardo aveva rinunciato a meditare, dopo almeno otto tentativi a vuoto. Di solito, per lui era piuttosto semplice inoltrarsi sul piano astrale e abbandonare il suo corpo immobile nella posizione del loto. Stavolta no, però.

Ogni volta che chiudeva gli occhi, respirando profondamente, rivedeva la sofferenza del suo fratellino e allora, impercettibilmente, stringeva i denti e serrava i pugni sulle cosce, ringhiando la collera per il non poter combattere.

Era un'angoscia terribile che riusciva a strangolare anche la più impavida delle anime.

Leonardo espirò pesantemente, deglutendo l'ultimo pezzo di mandarino che chissà quando si era sbucciato, poi. Ultimamente, la sua mente era così confusionaria che dimenticava tutto il resto.
-Spero non si tratti di qualche malattia sulla memoria...- era il suo pensiero vagamente ironico.

Improvvisamente sentì due voci familiari combinarsi in una risata, provenienti dalla seconda porta in fondo al corridoio.

-La stanza di Raph?- pensò, inclinando il capo con fare dubbioso.

Si avvicinò con passo felpato per poggiare delicatamente un orecchio e una mano sulla superficie logora dalle troppe sbattute per rabbia o i pugni di una furia incontenibile. Socchiuse gli occhi, cercando di focalizzarsi sul discorso.

Dentro la stanza del secondogenito c'erano sia lui sia Mikey, seduto sull'amaca con una coperta addosso e un orsacchiotto tra le braccia magre e pallide.

"Qualcuno ci ascolta..."- sussurrò d'un tratto l'Otouto, indicando la porta con un cenno del capo.

Raph, che si era accomodato su una vecchia cassetta di legno usata dai fruttivendoli della superficie, lo fissò dubbioso ma si voltò ugualmente verso la porta, tenendo le mani salde sulle cosce divaricate.

"Ma davvero..?"- commentò con un risolino sinistro, tornando poi a guardare Mikey che fece spallucce. "Ok, allora. Perché non fare accomodare il nostro ospite?".

Raphael si alzò con nonchalance per raggiungere la maniglia; gettò prima un'occhiata maliziosa al suo Otouto che cominciava a ridacchiare, poi con uno scatto seccò aprì la porta.
Il grido spaventato di Leo precedette una buffa caduta sul pavimento ma in compenso la risata cristallina di Mikey fu meglio di qualsiasi rimprovero.

Se fossero stati i mesi precedenti, sicuramente Leo si sarebbe teso abbastanza da evitare di essere sorpreso da quel trucco così infantile ma così negatività si erano susseguite che i sensi ninja da sempre allenati si erano offuscati.

"Il nostro ospite ci bacia i piedi?"- commentò Raphael, cercando di contenere la sua risata. Portò un piede vicino al suo viso mentre sogghignava con fare quasi antipatico e si sistemava a braccia conserte.

"Nei tuoi sogni, forse"- sbuffò giocosamente l'altro, mentre si rialzava e si riaggiustava la ginocchiera sinistra. "Beh? Che mi sono perso?".

"Non lo sai che è sbagliato origliare?"- riprese il focoso, richiudendo la porta.

"Quest'oggi faremo un'eccezione, allora"- replicò Leo, con le mani sulla cintura.

Michelangelo se ne stava in silenzio, dondolando piano le gambe intorpidite, a godersi l'affetto che univa Leonardo e Raphael, ancora impegnati a scambiarsi qualche battuta. Per nulla al mondo li avrebbe lasciati ma il corpo dove viveva la sua anima era ormai troppo debole per continuare a permettergli di restare in quel mondo.
Tutto il suo mondo.

Una lacrima si fece strada lungo la sua guancia, nonostante avesse stretto duramente le palpebre violacee per frenare il frizzante formicolio che da naso si era diramato ai condotti lacrimali. Odiava piangere, specie se rovinava un momento epico.

Sentì un calore sulla sua spalla e sulla mano. Leo era alla sua sinistra e lo guardava con un leggero sorriso che sapeva di disperazione; Raph, invece, gli trasmetteva la sua forza in quella stretta alla mano destra.

"Stavamo parlando dei bei tempi"- mormorò Mikey, tentando di controllare il tremolio nella voce. "Di quando eravamo bambini e ne combinavamo di tutti i colori...".

Leonardo lo abbracciò teneramente, chiudendo gli occhi. Non c'era proprio nessuna speranza per quel bambino? Dov'erano gli Avi che Splinter spesso nominava e li descriveva come entità in grado di fare miracoli?
Non avevano pregato abbastanza?

"LEO!".

L'azzurro riaprì improvvisamente gli occhi, guardando Raphael che stava esclamando qualcosa. Subito non comprese; sembrava che suo fratello avesse perso la voce, poi bastò un semplice sguardo all'espressione di dolore sul viso di Mikey a investirlo come acqua gelida.

"MIKEY!"- si affrettò ad aggiungere, senza lasciargli le spalle.

Il minore si era rannicchiato appena per soffocare dei colpi di tosse intensi, tremando. I due fratelli rimasero per un attimo a contemplare la malattia come si era impadronita del corpo di Michelangelo. La magrezza che aveva costruito in svariate settimane era tale da leggere le costole attraverso i piastroni più ruvidi del solito e le vene bluastre s’intrecciavano nitide sugli arti, serpeggiando intorno al minuscolo collo dove s'intravedeva il suddetto pomo di Adamo salire e scendere per fame d'aria.

Mikey s’incurvò maggiormente in avanti e un fiume scarlatto piombò sul pavimento, schizzando appena i piedi dei fratelli maggiori completamente gelati. La tosse, lentamente, si fece meno persistente ma il sangue ancora fuoriusciva, ora anche dal naso.

"MICHELANGELO!".

I due ninja tremarono, guardando senza comprendere effettivamente quel nome gridato con tanta disperazione, due figure entrare rapide nella stanza.

Donatello fu davanti all'Otouto per prenderlo tra le braccia e portarlo di corsa in laboratorio... lo stesso che era diventato un minuscolo ospedale per le emergenze.

"Stavamo davvero parlando dei bei tempi..."- mormorò piano Raphael, fissando il vuoto. "Io non so cosa fare... non più...".

"E' difficile, Raphael. Non ci sono parole che stavolta possono offrirci un conforto morale. La loro interpretazione potrebbe farci ancora più male"- parlò piano Splinter, tirandolo al petto con gentilezza.

Il secondogenito preferì schiacciare la testa nella morbida pelliccia castana, agganciando una mano alla cintura paterna e liberare il suo dolore con un pianto silenzioso. Aveva bisogno di suo padre in quel momento, non era abbastanza forte da salvare anche se stesso.

Splinter guardò Leonardo che continuava a fissare la chiazza ferrosa sul pavimento con aria assente.

"Vieni, Leonardo"- invitò, tendendogli un braccio.

Il leader gli volse occhi lucenti e grandi, quasi da bambino spaurito. Splinter ne rimase ammaliato perché erano ormai anni che non aveva visto quell'espressione bisognosa da cucciolo.
Nel premere il viso, come Raph, sul kimono sentì una costrizione al petto che non poté controllare e per la prima volta, incurante della stoica corazza che aveva costruito in anni di leadership, cominciò a piangere rumorosamente, incapace di fermarsi.

"Papà! Non voglio che Mikey muoia! Ci dev'essere qualcosa che possiamo fare! Siamo mutanti! Sopravviviamo a tutto! Perché non a questo?! Perché non potevo essere io al suo posto? Mikey è il nostro fratellino, merita di vivere!"- urlò con voce camuffata dalla veste di cotone.

Raphael, a quello sfogo, si staccò di quel poco dal calore di Splinter per fissare sconcertato il lato più fanciullo del fratello che da sempre gli era parso un adulto intrappolato nel corpo di un ragazzino.

"Leo..."- riuscì a espirare.

Splinter cominciò ad accarezzare le loro corazze affettuosamente, voltando appena la testa verso la porta della stanza di Raph, come avesse voluto vedere gli altri due figli.

Quando aveva sentito le grida spaventate di Raphael, Don si era alzato dal suo sgabello con una tale foga da trascinarsi alcune provette sul pavimento in un suono secco. Inizialmente non si era subito mosso, come in attesa ma qualcosa lo aveva spinto ad avventarsi sulla porta e a raggiungere la stanza del rosso.

Era bastato vedere il suo fratellino soffrire atrocemente a spegnere la sua razionalità e a portarlo in modo meccanico verso l'infermeria per battere il tempo stesso. E ora, dopo che lo aveva disteso sul lettino, controllato il suo battito accelerato e somministrato degli antidolorifici a base di morfina, cominciava a sentire un vuoto immenso crescere intorno.

Mikey respirava a fatica con gli occhi socchiusi dando l'illusione che di lì a poco se ne sarebbe davvero andato.

Don si guardò le mani rossastre del sangue di suo fratello, le chiuse a pugno, distogliendo lo sguardo addolorato. Si rese a malapena conto di essere seduto sul pavimento, appoggiato ai piedi della barella che sorreggeva il minuto materasso grigio. Non c'erano delle sedie?

"Mamma...".

Il genio, per la seconda volta, si drizzò in attesa ma non si mosse subito. Improvvisamente si sentì come osservato e un alito gelido gli serpeggiò sulla testa e sul collo.
Ebbe paura.

"Mamma... mamma..."- chiamò Mikey, protendendo una mano debolmente verso la sua sinistra, esattamente dov'era Donnie. "Sei qui per me? Andiamo?".

Il cuore di Donatello spremette di dolore e pulsò di rabbia, tanto che si alzò in piedi con fervore e premette al petto Mikey, ancora in uno stato confusionale.

"NO!"- urlò con rabbia. "Non puoi averlo! Mikey deve restare qui con noi, hai capito?! Non puoi portarcelo via!".

Il suo cuore prese a battere all'impazzata sotto i piastroni, risuonando nelle orecchie. Don continuava a guardare la stanza ma non vedeva nulla.

"Donnie, non essere così cattivo. Farai piangere la mamma..."- pronunciò Mikey, chiudendo gli occhi arrossati.

"Non m'importa, Mikey! Tu devi restare qui con noi, hai capito?!"- abbaiò Donnie, aiutandolo a distendersi con la testa sul cuscino. "Tutti noi stiamo lottando per te"- sussurrò con voce più morbida.

Gli aggiustò una coperta sul corpo e gli prese una mano, baciandone il dorso con affetto.

"Non portarcelo via, per favore..."- sussurrò, mentre le lacrime cadevano una dopo l'altra, silenziose e calde. "Se davvero sei la mamma, fai qualcosa per noi...".

Donatello si sedette a peso morto sulla poltrona nera che giaceva accanto alla barella dove Mikey riposava con respiri incostanti. Era ancora più stanco e non desiderava caffè, per una volta.
Schioccò due dita: le luci nella stanza si spensero. Gli bruciavano gli occhi, voleva solo un po' di buio e silenzio per riprendersi.

"Ivan... facci un miracolo..."- sussurrò, abbandonando la testa sullo schienale. "Mamma, avi, qualcuno...! Ascoltate la preghiera di un fratello disperato...".

Borbottò quelle parole fino a quando la sua coscienza spense tutto e vide il buio assoluto...
 


"Mamma... sono qui... Sono felice che tu sei venuta a prendermi! E quello è Klunk?".

Donatello aggrottò la fronte, schiudendo piano gli occhi stanchi. Si raddrizzò leggermente sulla poltrona, grattandosi la testa. Si era addormentato, allora?

"Klunk! Che bello!".

La sua stanchezza di accese nella fiamma del terrore. Don artigliò le mani sui braccioli, alzandosi piano per cercare di vedere attraverso il buio.

Notò Mikey seduto sulla barella a parlare con un punto indefinito, armeggiando con una mano come se stesse davvero accarezzando qualcosa.

Klunk era un micio vissuto con tutti loro per almeno quattro anni. Una polmonite lo aveva ucciso.

-Sono sei anni che Klunk non c'è più...- pensò Don, deglutendo. -Com'è possibile?!-.

Il genio si leccò le labbra, cercando alla cieca il suo T-phone: sentiva che di lì a poco sarebbe successo qualcosa. Senza quasi rifletterci, cercò la modalità fotocamera e selezionò la videocamera, cominciando a filmare.

"Non voglio più soffrire... quand'è che posso venire con voi?".

Il viola cercò di vincere la tristezza e la paura, rimanendo in perfetto silenzio. Era grato solo di aver installato un filtro speciale alla lente della fotocamera per filmare o fotografare anche attraverso le tenebre, come un visore notturno.

Notò Mikey appassire un po', cercando di scendere dal letto. Barcollò un po' ma riuscì a rimanere in piedi, nel tentativo di avvicinarsi al muro dove c'erano sicuramente delle presenze.

"Fa male, mamma..."- continuò, alzando una mano verso il vuoto. "Io ho paura, però...".

-Non sai io quanta...- pensò Donatello, avvicinandosi un po'.

"Va bene"- concluse tristemente Mikey, rimanendo fermo.

Trascorsero alcuni minuti: l'Otouto non si muoveva né parlava più, Don che non sapeva nemmeno come comportarsi. Una cosa fece, però... interruppe la registrazione, rinfoderando il cellulare nella cintura.

Schioccò due dita, socchiudendo gli occhi per abituarli alla luce che inondò la stanza poi si avvicinò cautamente a Mikey per guardarlo.

L'Otouto sembrava in catalessi e faticava a tenere gli occhi aperti.

"Vieni. Torniamo a letto"- invitò dolcemente Don, prendendogli una mano.

Sentì Mikey tentennare appena sotto il suo tocco e non si pronunciò nel ritrovarsi i suoi occhi su di lui.

"Dov'è Klunk?"- chiese con voce debole.

"Tornerà, tranquillo"- rispose semplicemente l'altro, aiutandolo a coricarsi. "Resterò io con te. Ti farò compagnia".

Mikey sorrise e sprofondò nel sonno.

Donnie sospirò pesantemente, scuotendo appena il capo. Che diavolo era successo? Era stato testimone di qualche cosa soprannaturale? Certamente sì.

-Il video!- esclamò nel pensiero, brandendo il cellulare. -Vediamo di analizzarlo-.

Collegò il cellulare al notebook, aprì un software e importò il video. Pensò di mettersi una cuffia per non dar fastidio al suo Otouto e di spegnere di nuovo le luci.

Per alcuni minuti non trovò nulla di strano, se non Mikey che si comportava in modo strano ma a un fotogramma, quasi verso la fine del video, notò qualcosa.

Donnie selezionò la traccia e la tagliò per analizzarla meglio a schermo intero. Decise di scorrere pigiando un tasto della tastiera per proseguire molto lentamente.

"Che cos'è...?"- sussurrò, fermandosi.

Una strana figura dalle sembianze di donna, fatta di una flebile luce bianca, con una piccola cosa accanto.

Don applicò un filtro per invertire i colori del filmato in negativo e rivedendo la sequenza rimase stupito. Mikey aveva parlato davvero con un'entità!

"Devo mostrarlo agli altri!"- esclamò a voce bassa, afferrando il portatile per correre dagli altri.
 


Leonardo e Raphael erano stati messi a dormire nel futon del maestro Splinter, dopo i loro pianti disperati. Non erano stati in forze per tornare normali, si erano lasciati consumare dal dolore.

-Bambini miei... vorrei davvero avere una speranza e tagliare di netto questo conto alla rovescia che ci sta distruggendo...- pensò il sensei, inginocchiato accanto al futon con una foto di Mikey bambino tra le mani.

Il suo fine udito catturò una serie di passi veloci che si muovevano, però, scoordinati, come se cercavano qualcosa.

"Entra, Donatello"- pronunciò nel momento in cui sentì una presenza dietro le shoji.

Una delle porte in carta di riso si aprì con uno scatto leggero: Don s'inchinò rispettosamente, poi aprì il computer e rimase in silenzio, in attesa.

"Hai scoperto qualcosa, figlio mio?".

"Sì, maestro. Ho bisogno di mostrarvelo!".

"Molto bene"- aggiunse l'altro, poggiando una mano sulle spalle dei suoi figlioli. "Svegliatevi, figli miei. C'è qualcosa di molto importante da conoscere".

Leonardo fu il primo a schiudere gli occhi e a mettersi seduto, strofinando il viso stanco. Si guardò intorno con aria confusa poi riconobbe Don e un senso di panico lo assalì.

"Mikey riposa. Sta un po' meglio"- aggiunse il viola, troncando sul nascere un terribile malinteso.

"Che succede?"- mormorò Raph, con voce impastata.

"E' successa una cosa strana nel mio laboratorio e la cosa buona è che ho filmato tutto"- introdusse Don, narrando la storia e scorrendo il filmato.

Quando si fermò sulla strana presenza nel video anche la sua famiglia rimase attonita.

"Che cosa diavolo è quella cosa?"- gemette Raphael.

"Suppongo che sia la mamma che menziona Mikey"- rispose Don. "O, in questo caso...".

"Tang Shen!".

All'esclamazione del maestro Splinter, i tre ninja lo guardarono; Don annuì mentre Leo e Raph si scambiarono uno sguardo incredulo.

"Che sia venuta per portarci via Mikey?"- chiese Leonardo, deglutendo.

"O per darci una speranza?"- provò Raphael, con lo sguardo basso.

Splinter si alzò, ponderando una risposta. Se davvero sua moglie era tornata dall'aldilà, c'erano speranze o era solo l'ora?



Angolo dell'Autrice

Buone fatte feste, tartamondo! Non ho più aggiornato questa storia non perché avevo perso l'ispirazione bensì perché non volevo e volevo far morire Mikey, essendo una di quelle fic che narrano per filo e per segno la malattia. Ho letto alcune incredibili testimonianze di persone che davvero sono guarite ma ancora navigo nel dubbio di come proseguire. Fintanto ho postato, finalmente! E spero di continuare a farlo, avendo tempo. 
Un bacio e un abbraccio coccoloso!
  
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