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Autore: serafinewriter    28/12/2018    2 recensioni
Se Harry Potter non fosse stato scritto dal punto di vista di Harry? Se fosse stato presente un altro personaggio pronto ad infiltrarsi occasionalmente nel Golden Trio?
Sono consapevole del fatto che quello che sto per scrivere a molti non aggraderà affatto, ma non ho potuto farne a meno.
Kyra Mason, una Serpeverde dell'anno di Harry, riscriverà dal suo punto di vista tutti i punti salienti della storia del giovane mago, e ne stravolgerà un sacco di dettagli, che nella storia originale ormai sono più che consolidati.
Se siete tradizionalisti, probabilmente non fa per voi, ma se siete avvezzi alle stranezze, fatevi avanti. Chissà, potrebbe piacervi
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Se la storia di come Harry Potter sia arrivato a casa dei Dursley e così abbia conosciuto un’infazia di infelicità, umiliazioni ed un continuo senso di inappartenenza è nota ai più, mai nella saga originale si è parlato di un’altro personaggio che quella notte rimase senza un tetto sopra la testa o genitori amorevoli.

Nella notte del 31 ottobre 1981 una bambina di appena due anni venne condotta a Little Whinging e lasciata all’ingresso della magione Mason, con una lettera e tanti cari auguri. Non molto differente dal destino di Harry, dopotutto.

Kyra Mason crebbe nella tenuta di famiglia assieme all’amorevole nonna, per quanto si potessero ritenere amorevoli i suoi ripetuti sforzi di trattarla come uno qualsiasi dei suoi nipoti.

Di esprimere opinioni sulla sua eduzaione era permesso, e la cosa lo pompava un sacco, anche all’estenuante zio Nathaniel. Non che fossero realmente richiesti, ma il poveretto si ritrovava a casa della madre un giorno no e due settimane sì, a causa delle regolari liti con la moglie, e non mancava di portarsi appresso quel diavoletto che tutti si ostinavano a definire “adorabile bambina”. Kyra non era esattamente dello stesso parere. Hilary aveva l’abitudine di piombare nella sua stanza e spostare tutte le sue cose, per non parlare di quando si addossava a lei, e non accennava a lasciarla andare. Avrebbe giurato di averla quasi mandata a fuoco una volta, se solo non fosse stata consapevole del fatto che fosse impossibile. La cuginetta aveva iniziato ad urlare e piangere a squarciagola, tanto forte che perfino i vicini (che poi tanto vicini non erano dati i chilometri di giardino fra le proprietà) si preoccuparono e chiamarono la polizia.

Fu difficile spiegare agli agenti come mai alla bambina fossero comparse delle orribili piaghe sui palmi delle mani e sugli avambracci. Alla domanda “Che cosa stavi facendo, piccola?” nessuno credette che stesse solo abbracciando la cugina, e come potrebbero? Nemmeno Kyra seppe spiegarselo. Che si trattasse di una reazione chimica? Magari il nuovo detersivo dei vestiti a cui la bambina poteva essere allergica.

Se già le fosse parso di cogliere dei guizzi di disappunto e disprezzo nello sguardo dei suoi parenti, di tanto in tanto, dopo quell’episodio si guadagnò quell’espressione in modo quasi permanente (esclusa Hilary, naturalmente. Niente avrebbe mai permesso a Hilary di smettere di osannarla ed infastidirla, e di sicuro non qualche ustione di secondo grado).


Camicia. Gonna. Calze. Scarpe.

Camicia. Gonna. Calze. Scarpe.

Camicia. Gonna. Calze. Scarpe.
 

Si ripeteva, mentre frugava nel suo armadio in cerca del suo miglior completo.

Infilò le braccia nel tessuto freddo della camicia bianca ed infilò la gonna, altrettanto in fretta. Non capiva perché doveva indossare proprio quei vestiti, dal momento che quell’estate era particolarmente umida, le temperature non così alte.

Osservò il suo riflesso nello specchio, ed assunse un’espressione rissosa. Si sentiva più forte. Spavalda.

Quel ghigno le dava la sicurezza necessaria ad affrontare giornate come quella, ed uscirne intatta.


Kyra! Sei pronta?!

 

La voce della nonna rimbombò dalle scale, così non perse altro tempo e raccolse gli elastici dal comò di fronte a lei.

Le faceva sempre. Due trecce greche che poi le ricadevano sulle spalle. La nonna diceva che così avrebbe nascosto i lunghi capelli neri e mossi, e nessuno ci avrebbe fatto caso.

Falso.

A quanto comprese Kyra, ed era assai poco, quest’acconciatura provocava ancora più disappunto nella sua famiglia, in quanto i suoi grandi occhi azzurri risaltavano ancora di più.

La sua personale teoria era che quei tratti non appartenendo a nessuno in famiglia, non potessero che essere di suo padre. Uomo ignoto, o innominabile, non ne era sicura.

Da quelle poche conversazione che era riuscita ad origliare, ed i Mason si guardavano bene dal parlarne, lui era sparito da un giorno all’altro, proprio quando la madre iniziò ad accusare i primi “sintomi”.

Legò la punta della seconda treccia e con un ultimo sbuffo di ribellione, si decise a scendere all’ingresso a grandi balzi.

 

Insomma Kyra! Sei una signorina. Cammina composta!

 

Automaticamente la ragazzina assunse una postura regale, tanto elegante quanto scomoda: Certo nonna. Sono pronta.

La puzza di disinfettante inebriò il naso di Kyra e compromise ogni possibilità per il suo olfatto di sentire qualche altro profumo, non appena mise piede all’interno dell’edificio asettico.

Rivolse un sorriso meccanico alla donna che si trovava alla reception all’ingresso. Non serviva fermarsi a chiedere informazioni, seppur le visite fossero molto rare, la famiglia Mason conosceva molto bene quel luogo, dopo ben nove anni e mezzo.

Zampettarono in fretta lungo il corridoio ed atteserò l’ascensore che dovettero chiamare per due volte (dei medici in emergenza avevano preso il primo, causando dell’altro disappunto. Pessima idea).

Arrivato il secondo ascensore, presero la sinistra e si fermarono davanti alla stanza 216. Quando lesse quel numero tutta la tranquillità che aveva padroneggiato fino a quel momento sparì, ed al suo posto giunse un macigno, grosso, pesante ed estremamente scomodo, proprio sul suo petto. No, pensò, no, non ce la faccio. E invece, sì. Prese il mazzo di fiori che fino a quel momento aveva tenuto in mano la nonna, e con attenzione a non rovinarne l’incartamento, riprese il controllo delle sue espressioni. Conosceva le regole.

Niente anomalie, niente discorsi diversi da quelli prestabiliti, e soprattutto, niente negatività.

Assunse l’espressione più serena ed allegra che riuscisse a fingere, e dopo un rapido esame della vecchietta accanto a lei, poterono entrare nella stanza.

Le pareti erano spoglie esattamente come l’ultima volta in cui era stata lì. C’era una scrivania semplice, senza cassetti o ripiani, accanto ad una parete. Dei fogli sparsi erano appoggiati su di essa, probabilmente spartiti. Una vecchia sedia di legno, in disaccordo con il resto dell’arredamento, si trovava a qualche centimetro di distanza, come se chi ci si fosse seduto l’ultima volta non si fosse preso la briga di risistemarla.

Lo sguardo corse al letto in ferro battuto che occupava l’altra parete. Lì filtrava la luce della piccola finestra posta troppo in alto perché ci si potesse arrivare senza una scala. Le coperte erano scomposte sul materasso, ed un cuscino schiacciato era al posto dei piedi. Lei non c’era. Allarmata, balzò all’interno della stanza, come se potesse comparire dal nulla.

Poi sentì una melodia. La voce della madre che cantilenava. Impossibile non riconoscerla. Si voltò a colpo sicuro, e la vide. L’armadio dalle ante spalancate, ospitava una giovane donna dai lunghissimi capelli biondi intrecciati fino alle gambe, e dei fari verdi per occhi. Tutta rannicchiata ed avvolte in più camicie da notte, si dondolava avanti ed indietro a ritmo della sua ninna nanna.

Kyra gettò i fiori sul letto e corse dalla donna, dimenticando i toni calmi e le conversazioni programmate.

 

Mamma! Mamma, come stai?

 

Si chinò davanti a lei, allungando una mano verso il suo volto, per sfiorarne la morbida pelle, e magari sentirne l’odore.

Non era stata una buona idea.

Il canto terminò e la donna si erse in tutta la sua altezza, gridando, aggressiva, nei confronti della figlia e chiunque tentasse di avvicinarla. Kyra si ritrasse in fretta, senza darsi il tempo di pensare, e si mise in un angolo della stanza, lasciando che qualcun altro pensasse alla donna.

Allora Samantha, va meglio? Bevi ancora un po’ d’acqua, dai

 

La signora Mason aveva già calmato la figlia. In realtà quasi tutti riuscivano a calmarla, ma qualcosa in Kyra l’aveva sempre fatta scattare.

Non che odiasse la figlia, anzi. Si leggeva l’amore che provava per lei quando la guardava. Se non altro quando era tranquilla, ma era anche vero che i peggiori attacchi mai avuti erano quelli che la sua stessa figlia le aveva provocato.

Kyra se ne rimase sulla vecchia sedia cigolante, appositamente spostata accanto al letto della madre, che ora balbettava parole quasi di senso compiuto.

 

Kyra quest’anno inizia le medie. Non sei fiera di lei? Frequenterà il collegio cattolico di Belmont, proprio come te. Vedrai come verrà su bene.

 

Forse era solo un riflesso del pensiero di Kyra, ma avrebbe scommesso il suo nuovo basso elettrico di aver visto nella madre un’espressione di riluttanza, tale e quale a quella che aveva avuto lei alla notizia.

Forse nemmeno lei era stata particolarmente felice di frequentare quella “scuola”. Aveva dato un’occhiata al regolamento “Chiunque parlerà dopo il crepuscolo verrà severamente punito. Non sono ammessi ritardi a nessun momento di preghiera della giornata. I ritardatari verranno severamente puniti. Chiunque accenderà le luci dopo l’orario di coprifuoco verrà severamente punito.” Si ritrovò a pensare che chiunque osasse respirare durante la predica sarebbe stato severamente punito. Pensiero che, sicuramente, l’avrebbe portata ad una severa punizione, se solo le suore fossero in grado di leggere nel pensiero. Per sua fortuna, tuttavia, ogni pratica magica, neanche a dirlo, era severamente vietata, e punito con niente meno che la dannazione eterna. Una cosuccia da niente, insomma.

Un ghigno impertinente prese forma sul suo volto, ad immaginarsi una vecchia suora nei preparativi di un rogo per una povera ragazza sorpresa con una bacchetta magica finta. Poverina.

 

Quella mattina era iniziata come una normalissima mattina a Little Whinging. Si era alzata. Aveva fatto colazione. In onore dei sei mesi passati dall’ultima visita, era andata a fare visita a sua madre. Nulla di insolito. La giornata avrebbe dovuto procedere con la pulizia dei forni, in quanto la nonna era ormai troppo anziana per riuscire a chinarsi bene, e poi avrebbe aiutato a preparare il pranzo della domenica, così che la famiglia potesse riunirsi.

C’era solo un dettaglio però, che nessuno aveva calcolato e che avrebbe mandato in subbuglio l’intera giornata e quelle a venire.

Varcato l’ingresso di casa, Kyra raccolse una pila di lettere, precedentemente imbucate nell’apposita fessura della porta, e le adagiò senza nemmeno guardarle. C’era solo un motivo per il quale Kyra riceveva della posta, e riguardava la scuola, ragion percui non voleva vederle, né leggerle.

 

Ferma lì!

 

Kyra si voltò, il piede ancora a mezz’aria in procinto di fare il primo gradino per raggiungere la sua stanza e finalmente cambiarsi. Che cosa mai voleva adesso?

 

Questa qui, con il suo bastone spinse una busta ingiallita verso la ragazzina C’è il tuo nome.

 

Avanzò a passo incerto verso la nonna e raccolse la busta spessa. C’era davvero il suo nome, non poteva esserci un errore.

 

Kyra Mason,

Cameretta al terzo piano sudest,

Drill Avenue, 36

Little Whinging

SURREY

 

Ancora perplessa, voltò la lettera. Era chiusa con un sigillo rosso, con uno stemma.

Hogwarts lesse, scandendo le lettere con lentezza Cos’è Hogwarts?
   
 
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