Videogiochi > Cloé's Requiem
Ricorda la storia  |      
Autore: Le VAMP    29/12/2018    0 recensioni
Questo racconto, sul chiarimento tra una pianista e un' ex cameriera, è suddiviso in due brani:
God Rest Ye Merry Gentlemen e
God Bless Us Everyone
Malinconia e gioia, luce e buio, intimità e collettività, gioia e dolore, fraintendimento ed empatia, impudenza e candore, ed in questa continua lotta non si può mai abbatter l’uno senza che crolli l’altro: a voi decidere sull'esecuzione del primo o del secondo.
Buone feste da parte degli Afterlife’s 13, da quattro anni uniti per voi.
Quest'oggi anniversario della loro prima rinascita come un'unica realtà.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo racconto, sul chiarimento tra una pianista e un'ex cameriera, è suddiviso in due brani:
God Rest Ye Merry Gentlemen (piano solo) e

God Bless Us Everyone

Malinconia e gioia, luce e buio, intimità e collettività, gioia e dolore, fraintendimento ed empatia, impudenza e candore, ed in questa continua lotta non si può mai abbatter l’uno senza che crolli l’altro: a voi decidere sull’esecuzione del primo o del secondo.
Buone feste da parte degli Afterlife’s 13.

_______________
 

God Bless Us Everyone

Erano lì fuori, a passeggiare nella neve.
Charlotte non ne sapeva il motivo, eppure Cloé l'aveva invitata a cercare dei regali da fare assieme.
«Non so...Io..»
Prima di essere parte dei Tredici, lei con la sua famiglia preparava regali a mano.
«Su, Charlotte ormai dovrebbe esserci abituata!»
Tuttavia, gli altri anni uscivano in gruppo, e difficilmente aveva avuto modo di approfondire la presunta amicizia con quella ragazza.
O almeno, così le diceva spesso la signorina: preferiva che si definissero amiche, e Charlotte non sapeva cosa pensarne.

Per buona parte del viaggio non seppero esattamente cosa dirsi, o per meglio precisare, Cloé era troppo distratta dal mostrarle la neve per poter discutere seriamente di qualcosa.
Fra tante volte che gliel’aveva mostrata la pianista non riusciva mai a trasmetterle la stessa leggerezza dei fiocchi che cadevano tra le loro mani; era come se per qualche ragione tra loro ci fosse un blocco di gelido ghiaccio che non voleva proprio sciogliersi.
Vedeva Charlotte stupirsi con la sua stessa meraviglia ogni volta che osservava il cielo e l’orizzonte confondersi tra quelle strade di periferia, sebbene con accortezza e cautela. In quei timidi comportamenti e gioie da nascondere Cloé vi riconosceva quelli che li appartenevano quando ancora abitava nella propria casa: quella era il timor di vivere, ed era un male terribile.
«Cloé vuole fare un pupazzo di neve, avrà bisogno di aiuto!»
«Ma così faremo tardi!» era trasalita: dovette rendersi conto tutto d’un tratto che quella vocina le stava quasi urlando nell’orecchio, ed era rivolta proprio a lei.
«Ahh, non c’è bisogno di preoccuparsi! In due finiremo in un batter d’occhio, per favore!» ed oltre a quella preghiera, altro candore presto andò ad unirsi al precedente poiché nuovi fiocchi, ancor più intensi, s’aggiunsero alla manto già presente.
In quel momento d’incertezza, l’ex inserviente non poté far a meno di guardar il cielo, ma questa volta prendendosi più tempo per riflettere.
Quel cielo era completamente bianco.
Tornar con gli occhi posati su quella ragazzina che attendeva un suo responso la fece per un attimo risvegliar da quel sonno profondo: e finalmente le sorrise onestamente.

Prima di iniziarlo davvero ebbero perfino l’idea di lanciar qualche palla innevata, così per animar la festa.
Poi si partiva alla ricerca di rametti per far le braccia, e giunse il momento dei bottoni e della sciarpa. Tuttavia non fecero a tempo a far tutto: Charlotte fu la prima tra le due a tornar coi piedi per terra e le ricordò che il tempo era prezioso
«Signorina, ora dobbiamo proprio andare» materializzandosi le dovette toccar una spalla, ma questa s’era irrigidita. Le parve spaventosamente secca e fragile, come il ramo che aveva in mano.
E da quel nuovo gelo dunque era tornato come un vecchio nemico anche per Charlotte, che ritirò immediatamente la mano, ma dovette ricredersi quando finalmente Cloé s’era voltata proiettando il suo viso affranto.
«Perché chiami Cloé ancora così? Anche Cloé è come Cynthia: le farebbe tanto piacere se Charlotte la chiamasse per nome»

E di nuovo, come molte altre volte, Charlotte distolse lo sguardo.
«E-Ecco...»
Non seppe esattamente quanto tempo ebbe a disposizione, ma ricordava che in un istante solo Cloé le era sfuggita allo sguardo, così come il fugace sorriso rivolto, ed assieme con esso si allontanò da lei saltellando nella neve.
«Non importa»

Dunque, dopo quell’aneddoto ebbero ripreso a camminare.
Guardavano diritto cercando di capire quando terminasse quella lunga strada, e frattanto rovistavano tra i loro ricordi.
Uno piuttosto recente che ripescò Cloé riguardava quello stesso pomeriggio, qualche ora prima, quando chiedeva numerose informazioni a Michel mentre a questi era stato incaricato di ripescare tra gli scatoloni del seminterrato: Garry era troppo occupato a trasportar l’albero accompagnato dalla solita vivacità di Mary per poterli aprire uno ad uno.

«E...allora Charlotte era davvero felice, vero?»
«Non saprei dirti se fosse felice ma...» così, mentre stette accorto a non far cadere un gingillo di vetro, dalla forma d’una goccia d’acqua, mentre spostava un’altra di quelle scatole, Michel s’interruppe un istante per evitare di far danni «Di sicuro giocare con Cloé la rasserenava molto» e dopo un’altra pausa dovette schiarirsi le idee: in quel tempo mai l’aveva vista sorridere come quanto con la sua Cloé
«No, potrei sbagliarmi. Magari era davvero felice». C’erano rimasti pochi cartoni da aprire.  
«Cloé crede di aver capito» abbassò allora le sue mani giunte, cercando di formulare una buona strategia per attirare simpatie; ma non abbastanza a lungo prima d’esser distratta dalle mani del violinista che si posavano sulle sue spalle
«Sei proprio sicura di volerlo fare? Non dovreste vedere queste cose come degli impegni da sbrigare»
«Ma...anche Cloé vorrebbe tanto farla felice una volta tanto!» da quello sguardo si poteva credere che fosse perfino offesa da quell’esclusione «A Cloé non piace essere antipatica a qualcuno», e difatti concluse quel lamento con uno sbuffo e un visino imbronciato.
«Suvvia, lo sai che nessuno qui pensa che tu sia antipatica»
E per assicurarsi di consolarla a dovere le offrì più attenzioni: dai palmi al viso e i toni che da preoccupati e appena tesi s’allentarono facendosi dolci
«Tutti ti considerano una buona compagna, e ciascuno cerca di esserlo a sua volta; certo, forse Ellen è un’eccezione»
Finalmente riuscì a farla ridere, quello era il risultato che desiderava.

Ma proprio mentre quasi riuscivano a rendersi padroni del buio cercando di ognun le labbra dell’altro, qualcuno che aveva bussato rese di nuovo la luce soltanto aprendo la porta che si trovava oltre la scalinata: quel fascio splendente illuminava una piccola figura, era Ib con la lista dei futuri acquisti fra le mani.

Era impossibile non rendersi conto che fosse giunta, che aspettava lì sul pianerottolo tenendo la lista con entrambe le mani e tenendo basso lo sguardo mentre attendeva giocherellando coi piedi.
Non voleva scendere di sotto, e quella luce continuava a tenerle visibile la via per tornare indietro. Attendeva Cloé.
E a sua volta la ragazzina esitava; mentre Michel s’era scostato pronto per riprendere il suo lavoro. Era stato il primo tra i due a guardare verso l’alto.
«Ib, dì pure agli altri che qui sotto ho quasi finito»
Forse aveva gettato un’occhiata a quella bambina, poi si ritirò al proprio incarico.
Frattanto, tuttavia, Cloé continuava a fissarla immobile, continuando a tormentarsi le mani, rigirandole e lavandole con quell’acqua invisibile che scorreva dalla propria coscienza.
Ib non poteva certo permettersi di avere paura, e per questo dopo un profondo respiro si decise finalmente di scendere il primo gradino.
S’arrestò: qualcosa aveva cigolato. Anziché preoccuparsi che quel legno le reggesse i piedi, quella si preoccupò di controllare che la porta fosse aperta, mentre la pianista s’era portata ormai le mani al cuore intimorita ed il violinista s’era fermato con loro, con la paura di rigirarsi a guardarle.
Ripresa la forza Ib allora appoggiò un palmo alla parete, poi fece per scendere il secondo gradino.

Questo emise uno scricchiolio, che non fece nemmeno in tempo a dissolversi che già un urlo ne aveva sopraffatto il rumore:
«No!» e portando la mano avanti, Cloé si fece finalmente coraggio.
Salì anch’ella un gradino alla volta mentre la piccina attendeva ancora, indietreggiando di un passo. Quando la compagna arrivò e le passò la lettera, non passò meno tempo di quanto gliene servì per congiungersi: la bambina teneva ancora salda la lista, mentre già Cloé invece la stringeva tra le sue mani, ma era tra i loro sguardi che la tensione si faceva più forte di quanto ne servisse per le dita.
L’una ammirava i violetti, l’altra quelli scarlatti, ma erano due paia di occhi che sembrava non volessero mai incontrarsi realmente poiché quelli della pianista esitavano a farsi guardare, tremanti da quella ferrea costanza con cui le palpebre della bambina non battevano per lungo tempo.
«Grazie...Ib...»
Le lasciò finalmente la lista, e fuggì dal suo sguardo. Poi tornò nella luce, ma Ib rimaneva lì a guardarle le spalle, frattanto che Michel guardava loro ogni qualvolta poteva nascondere il proprio timore nel buio di quel freddo scantinato.

Ecco allor trovatasi nella sala del piano terra, con già un buon odore provenire dalla cucina –Ange e Cynthia s’erano proposte di preparare le leccornie, l’ultimo anno avevano partecipato agli acquisti di gruppo e per poco gli altri non mandavano tutto a fuoco– mentre vedeva passar davanti a tutta velocità la figura di Bernd che si riempiva le braccia abbondantemente di altri addobbi che l’incaricato degli scatoloni si premuniva di lasciare davanti la porta con la sua telecinesi
«Permesso, permesso! Decorazione in corso!»
Assieme a Viola si occupavano di render più festosa la casa, e quella sala in particolare doveva essere la più bella delle altre stanze; e a proposito della ragazza: era sulle scala mobile per appender le decorazioni più in alto, sostituendone perfino alcune ai quadri.
«Fiocchi di neve: pronti! Uo-aahh!» quell’entusiasmo crollò presto come la stessa Viola che per poco non cadeva a terra, riuscendo però a balzar via e sostenere la scala prima che a quel caos se ne aggiungesse altro con i suoi disastri.
Passava di lì anche Ange, preoccupata di distribuir omini di pan di zenzero a tutti: a Mary piacquero così tanto che si concesse un bis, poi due, poi tre. La giovane però riuscì a giunger da loro nella direzione dello scantinato
«Su con la vita, sono riuscita a metterne da parte qualcuno»
Porgendole allora il biscotto, imbellettata da sorrisi e fischiettii le diede un colpo alla spalla, dirigendosi poi da Ib.
Cloé si voltò, vedendo allora quella bambina che prima stava affrontando le scale che le sorrideva, orgogliosa del mondo in cui l’aveva condotta, frattanto che Ange chiamava anche il ragazzino all’appello.
«Michel, laggiù hai finito? Ti stai perdendo i biscotti!»
«Arrivo, arrivo!»
Appena era arrivato non poteva fare a meno di tossire, data la polvere di tutti quegli affari; non riuscì ad accettare subito il piccolo dono di Natale.
Ma quel cattivo tempismo volle che non appena lo ricevette, Bernd arrivasse lì di tutta fretta, chiedendone all’amica se ce n’erano ancora.
«Finiti»
«Accidenti! Di già? Farete gli altri, vero?»
«Mi dispiace Ber, purtroppo dobbiamo occuparci della torta!»
C’era qualcosa di magnifico nell’essersi conosciuti fra loro, perché potevano dirsi davvero eccellenti scolari nella buona e valida materia di imparar dalle esperienze altrui; ed era questo che anche Michel aveva compreso, quando, con un altro di quei genuini sorrisi che si donavano tanto facilmente in quella stanza, propose una condivisione.
«Vuoi che divida a metà?»
Bernd non aveva proprio bisogno di dar una risposta, poiché con fiero e orgoglioso cenno del capo accettò volentieri l’invito, salutandolo con quel pugno amichevole che tanto gli piaceva: certo era vero che il ragazzino poteva anche batter più forte, ma andava bene anche così.
Cloé era lì, assisteva a tutto, e per ogni scena quegli occhi viola si riempivano di gioia, dimenticando le ombre dello scantinato e quella luce che prima sembrava troppo distante e accecante per lei.  

Più in là Pierre si era intestardito su un’altra faccenda: riparare personalmente il pianoforte; era da qualche mese che non funzionava a dovere e ogni volta non si trovava mai abbastanza tempo per sistemare il tutto senza preoccuparsi di far rumori per le varie prove. E per quanto sostenesse che aveva tutto sotto controllo lo stava smontando pezzo per pezzo, perché andava a rendersi conto che la situazione peggiorava
«Povero piano, com’è ridotto! Pierre è sicuro che non servano corde nuove?»
«Impossibile, le avevamo appena cambiate! Non voglio neanche pensare che da queste parti curino così poco gli strumenti da non preoccuparsi di vendere prodotti decenti!»
Proprio mentre si lamentava di ciò, testando il pedale si accorse che era peggiorato qualcosa: ora faceva degli strani rumori; e quel poveretto non riuscì a esprimersi diversamente dal portare una mano alla fronte.
«Va bene, Cloé aggiungerà corde nuove alla lista...»

Di lì più tardi passò anche Aya, composta e impegnata come sempre, che teneva in mano un taccuino mentre chiedeva a ciascuno come andassero le proprie faccende, e quando s’affacciò alla cucina non poté fare a meno di cedere a quelle piccole tentazioni di pan di zenzero
«È rimasto qualche biscotto?»
«Finiti!»
Tornò in sala sconsolata, borbottando qualcosa fra sé che riguardava il dispiacere di non averli assaggiati; ma quel momento che dedicò ai suoi capricci durò poco poiché non poté fare a meno di rimproverar la strega che se ne stava comodamente appollaiata sulla poltrona accanto al camino a leggere il suo libro di incantesimi.  
«Ahahah, avete mai visto una strega cantare lode a Gesù Cristo? Preferisco continuare a studiare per perfezionare le mie tecniche»
Non l’avesse mai detto. La dottoressa pareva ora molto seccata, insoddisfatta di quello scarso impegno.

Ma occupandoci ora del presente, e di Charlotte che venne distratta dai suoi pensieri proprio per la risata di Cloé: che stesse pensando proprio al trambusto che c’era a casa?
Non c’era forse da stupirsi.
Charlotte era scesa tardi lì sotto, ma mentre al piano di sopra seguiva le istruzioni di Aya per il nuovo esperimento sul riscaldamento sentiva ogni cosa di quello che accadeva in quella sala.
Quando c’era arrivata Cloé era già pronta per uscire –la dottoressa si era preoccupata di coprirla con più sciarpe e un pesante cappello, Viola che passava di lì, non poté far a meno di commentarle l’esagerazione: “Avanti, non fa poi mica così freddo! Meno cinque gradi è nulla a confronto delle temperature che c’erano al villaggio!”
La pianista s’era preoccupata di invitarla a fare acquisti insieme, guardandola attentamente, preoccupandosi di mostrarsi più dolce che poteva, speranzosa di convincerla.

Charlotte però di quelle carinerie non sapeva che farsene.
C’era in realtà sempre quel disagevole imbarazzo nel parlarle, qualcosa che non riusciva a spiegarsi e non era lo stesso di quando parlava a quello che una volta era il suo signorino.
Una di quelle sere soltanto aveva avuto modo di vederla suonar al piano, e si dedicava a qualsivoglia brano sostenesse le sue occhiaie malinconiche; e tutte quelle note stonavano con i mille sorrisi che distribuiva a tutti in una giornata.
Del resto in segreto la conosceva da molto prima: da quando, seguendo Michel, esplorava anch’ella la sua casa ed i segreti che si portava dietro.
Conosceva il vero significato di quei segni neri agli occhi, e se oramai le avevano scavato la pelle era perché nemmeno in quella nuova vita riusciva a dormire.  

Charlotte si domandava perché mai Cloé avesse abbandonato il pianoforte, voleva sapere perché ogni volta che la sentiva suonare i suoi brani non erano mai gioiosi come lei mostrava, e perché le sue note non competevano con i suoi sorrisi che donava ai compagni.
Ma proprio mentre socchiuse appena le labbra per far passar solo uno spiffero di vento tra i denti, qualcuno cantò ed aprì bocca al posto suo.
Dapprima furono solo degli scampanellii, poi le parole che presero il tono musicato che serviva, e quelle erano voci bianche di bambini.

God rest ye merry, gentlemen,
(Dio ti conceda un riposo sereno, gentiluomo)
Let nothing you dismay
(E non permetta che qualcosa ti lasci sgomento)
Remember Christ our Saviour
(Ricorda che Cristo, il nostro Salvatore)
Was born on Christmas Day
(Nacque il giorno di Natale)
To save us all from Satan's power
(Per salvare noi tutti dal potere di Satana)
When we were gone astray.
(Quando avevamo smarrito la retta via)
O tidings of comfort and joy,
(Oh, novella di conforto e gioia)
comfort and joy;
(Conforto e gioia)
O tidings of comfort and joy!
(Oh, novella di conforto e gioia)


C’era una certa malinconia nel risentire quelle parole, come quando ai loro giorni ancora si temeva di poteri sovrannaturali e terribili che influenzavano la vita degli uomini.
Quand’ancora loro stesse erano state maledizioni, e affidavano ai demoni i loro mali interiori.
Si erano chiesti per tanto tempo, ciascuno di loro, se anche loro erano condannati per sempre; ed era bizzarro porsi tutte quelle domande che non trovavano risposta, andiamo! Tra loro riuniti degli aspiranti artisti con una dottoressa dedita alla scienza, dei cristiani e una strega, una bambina vivace e una quieta, dei ricchi borghesi e una ex cameriera, una tradita e una traditrice, chi preferiva protegger gli altri e chi se stesso, senza alcun reale confine che gli impedisse quel giorno di parlar di alberi e biscotti, e festeggiare assieme il giorno di Natale.

But when to Bethlehem they came
(A Betlemme, nella comunità ebraica,) 
Whereat this infant lay 
(Nacque questo bimbo benedetto)
They found him in a manger 
(Ed era disteso su una mangiatoia)
Where oxen feed on hay
(In questo giorno benedetto)
His mother Mary kneeling
(E sua Madre Maria)
Unto the Lord did pray
(Non fece niente per esser disdegnata)
O tidings of comfort and joy,
(Oh, novella di conforto e gioia)
comfort and joy;
(Conforto e gioia)
O tidings of comfort and joy!
(Oh, novella di conforto e gioia)

E per quanto si parlasse di conforto e gioia, negli occhi solcati di Cloé la ragazzina ci aveva scorso delle lacrime: scendevano più numerose per ogni secondo che si soffermava ad osservare ciascuno di quei fanciulli dalle gote carnose e vivaci arrossate per il freddo e lo sforzo, coperti dai loro cappottini.
Allora Charlotte comprese, e finalmente poté dire di riconoscersi in quelle stesse sofferenze.
Era uno dei giorni di dicembre molto vicini al Natale, e quella sera in particolare stava tornando a casa dopo il suo primo giorno di lavoro.
Aiutare la madre come tessitrici indipendenti non bastava più a sfamare i suoi fratelli più piccoli, e s’era dovuta dar da fare per farsi assumere in una fabbrica, con fisso salario.
Ricordava in particolar modo che mentre tornava a casa inciampò nella neve, e così ebbe modo di ammirare un gruppo di bambini che le si avvicinavano, intenti a cascar a terra come lei ma solo per potersi rotolare poi, e ridere assieme.
Quella fu la prima volta che fissò a mente i gesti di qualcuno con così tanta avidità e fuoco. Avevano forse la stessa età dei suoi fratelli.
S’imprimeva le loro risa e digrignava i denti; guardava la loro corsa e si sentiva meno le gambe che ancora riposavano sulla neve; rimirava le loro mani che toccavano la neve e poi guardava le sue. Lì si fermò.
Erano nere come quelle macchine, sudicie per colpa del loro grasso, rivestite dal loro stesso sangue e tutto questo l’aveva fatto per loro, che nemmeno la notavano.
Era ignorata, una figura come un’altra a terra. Una figlia come altri, una dipendente come altre che se ne trovavano; eppure per tutti loro aveva perso le sue mani.  
Una volta tornata a casa nascose il viso tra le coltri e diede sfogo a tutte quelle lacrime che non poteva versare di giorno: perché avrebbe affranto sua madre, o al nuovo luogo di lavoro perché sarebbe stata punita; e soprattutto che non avrebbe mai potuto mostrare ai suoi fratelli perché un giorno avrebbero svolto incarichi ben più pesanti di quello e lei non aveva alcun diritto di strappare la neve dalle loro mani.
Mai credeva d’aver pianto come quella notte, tra le mani nere e fuori i fiochi bianchi che invece continuavano a calar dal fosco cielo.

A quel pianto della pianista s’aggiunse dunque il suo, silenzioso come sempre.
Non sapeva bene ciò che stava facendo l’ex inserviente, ma s’aggrappò al braccio di Cloé e lo strinse con tutta la forza che aveva, nascondendosi sulla sua spalla non avendo alcun lenzuolo con cui coprirsi, e come quella notte e altri che se ne seguirono diede finalmente sfogo ad ogni lacrima, accompagnando quelle della ragazzina che ora la stava sostenendo.
In quel momento di bisogno non s’era resa conto che Cloé stava poco a poco smettendo di piangere, sostituendo a quella tristezza lo stupore e la gioia per quel gesto.
Si scusò più volte e provvide a scostarsi quando la pianista le ticchettò l’indice sul capo, quasi a volerla svegliare da un lungo sonno. Le diceva di non dispiacersi, e così, tornata serena, Charlotte poté realizzare che i suoi solchi non erano più aridi, ma pieni come un lago dell’acqua da cui nasce nuova vita.
«Cloé, noi abbiamo già superato la nostra prova, no?»
Questa le sorrise, battendo entusiasta le mani
«Charlotte ha ragione!»
Così si decisero finalmente a portar a termine il loro incarico, provando comunque a saltellar nella neve anche se più impacciate degli scolaretti che sentivano cantar prima.
Potevano ora guardar nei loro occhi, senza timore alcuno, l’una la sofferenza dell’altra nella perdita di candore che ora si lasciavano alle spalle, come la nuova carola che i piccoli intonavano assieme al loro maestro:

Come together one and all
In the giving Spirit
Gifts abound here great and small
Joyously we feel it.
Blessings sent us from above 
Guide us on our way
We raise our voice
As we rejoice
Bow our head and pray
A miracle has just begun.
God bless us everyone

E ancora:
Per chi è solo e soffrirà
noi pregheremo
con amore e carità
forza infonderemo
padri madri figli che
sono in armonia
si amano si cercano si ritrovano
quell'amore vincerà
Dio ci Benedirà

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Cloé's Requiem / Vai alla pagina dell'autore: Le VAMP