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Autore: Venice93    02/01/2019    0 recensioni
Un cacciatore e una Principessa che intrecciano i propri destini all'interno di un mondo fantasy chiamato Amiria. Mostri e demoni di ogni genere metteranno alla prova entrambi, durante la loro impresa per salvare il regno.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2°: I suoi occhi


 

-Papà, cosa c'è?- chiese Eevar interrompendo il pasto.

Milek alzò lo sguardo verso il figlio e sorrise.

-Nulla figlio mio... sono solo sovrappensiero.- rispose.

Eevar finì di mangiare, lavò le stoviglie e le ripose al loro posto. Uscì fuori a prendere la legna per il camino e si accorse che c'era un gran trambusto al castello. Non riusciva a vedere bene fin li, però la gente scappava verso la grande porta delle mura.

-Cosa succede?- urlò Eevar ad un paesano.

-Il cavaliere! Il cavaliere è fuggito! sta dando fuoco a tutto! Non è umano!- rispose lui prima di scappare.

Il ragazzo entrò in casa per avvisare il padre, ma si bloccò immediatamente. Il ciocco di legno che aveva in mano gli cadde e fece un tonfo sordo che lui nemmeno sentì.

Il cavaliere nero teneva suo padre per il collo e non appena Eevar entrò, egli si volse a guardarlo.

-Ciao Eevar- disse con una voce gutturale.

-Lascia stare mio padre!- tuonò il ragazzo, mentre con lo sguardo cercava la sua spada.

Il cavaliere se ne accorse e cominciò a ridere.

-Cerchi questa?- gli chiese facendogli vedere la spada.

Eevar si irrigidì, comprendendo quel che stava per accadere. Si sentiva inerme, tutto il coraggio che aveva utilizzato con la Principessa sembrava svanito nell'oscurità e non era facile ripescarlo.

-E...Eevar... vattene...scappa...- sussurrò suo padre con un filo di voce.

-No! Non ti lascio qui!- disse il ragazzo lanciandosi contro il cavaliere.

Di risposta, il mostro lo colpì in pieno volto gettandolo a terra. Alzò la spada per colpire Milek.

-Non...non sarà mai tuo...l'ho addestrato troppo bene..- bisbigliò l'uomo accennando un mezzo sorriso.

Eevar si sollevò in silenzio, afferrò il suo pugnale da caccia e con un urlo balzò addosso al cavaliere trafiggendogli la schiena. Egli emise un grido inumano e cadde in ginocchio, allentando la presa sul collo di Milek. Fulmineo il mostro prese nuovamente possesso della spada ed infilzò il padre del ragazzo, all'altezza del cuore.

Eevar perse il fiato, guardava il sangue uscire dal corpo di suo padre e non riusciva a muoversi. Rimase in ginocchio con il pugnale insanguinato in mano, gli occhi sbarrati e le lacrime lungo le guance.

Una nube nera si materializzò attorno al cavaliere nero ed egli sparì, così com'era comparso.

-Padre!- urlò Eevar andandogli incontro.

Milek accarezzò il volto di suo figlio, mentre lentamente entrava nel mondo dei morti.

-Eevar non puoi rimanere qui...siamo...siamo stati scoperti...nel bosco...rimani...-

Non riuscì più a proferire parola. Morì tra le braccia disperate di suo figlio.


 


 

Eevar si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo, era sudato dalla testa ai piedi e aveva destato Sam che era sceso dal letto e aveva cominciato ad abbaiargli contro.

-Buono Sam.- disse lui prendendosi la testa tra le mani.

Non era la prima volta che faceva quel sogno, anzi, che ricordava quel momento durante il sonno. Decise di vestirsi e fare due passi, all'aria aperta.


 

-Vi presento mia figlia Marwel, Principessa Amiria.- disse Re Aarold prendendo la mano della ragazza e facendola avvicinare al figlio del Barone.

Il ragazzo fece un inchino e sorrise.

-Sono lieto di fare la vostra conoscenza vostra grazia.- disse avvicinando le labbra alla sua mano.

Marwel fece un sorriso falso e attese che finissero i convenevoli per dire:

-Lieta anche io. Purtroppo non mi sento molto bene, devo proprio andare-.

-Marwel!- la richiamò suo padre andandole dietro.

-Padre, quanti me ne avete presentati? decine? migliaia? direi che posso andare nelle mie stanze stasera.- rispose lei voltandosi.

-Prima o poi dovrai prendere marito- disse lui prima di lasciarla andare via.

Marwel alzò gli occhi al cielo e si diresse verso le sue stanze. Si accorse mentre percorreva i lunghi corridoi del castello, che le guardie non erano presenti. Con tutta probabilità il Re le aveva sparpagliate attorno al salone, lasciando incustodito il resto del castello.

Marwel prese la palla al balzo; andò nella sua stanza a recuperare il mantello ed uscì dal castello attraverso le stanze della servitù, che era tutta impegnata per il ballo.

Appena mise piede fuori si sentì subito meglio, come se tutti i pesi e le responsabilità le avesse lasciate all'interno e fosse libera di essere semplicemente Marwel.

Cercò di non destare troppa attenzione su di se mentre passeggiava per le vie della città. Vide delle guardie che camminavano nella sua direzione e svoltò in un vicolo buio per nascondersi.

-Tutto bene?- fece una voce alle sue spalle.

Si voltò di scatto e trattenne un urlo. Il cuore le batteva a mille e il fiato era corto. Le guardie si avvicinavano sempre di più ed ella cadde nel panico.

-State bene? avete bisogno di aiuto?- chiese l'uomo.

Marwel non riusciva a vederlo a causa del buio pesto di quel vicolo.

-Non dite niente, state al gioco- disse lei prima di stringergli le braccia al collo.

Lui rimase stupito da quel gesto, ma quando vide le guardie, capì che la ragazza stava fuggendo da loro e allora l'abbracciò a sua volta. Le guardie li osservarono per qualche secondo, poi ripresero a camminare per la loro strada.

-Se ne sono andati. Allora... cosa avete fatto? furto? avete offeso qualcuno che non dovevate?- chiese staccandosi dall'abbraccio.

Ella lo guardò, sperando di scorgerne i lineamenti, ma non ci riuscì.

-Ehm... più o meno- rispose soltanto.

Lui sorrise, anche se lei non riuscì a vederlo.

-Venite con me. Siete congelata- disse incamminandosi verso la locanda - State tranquilla- aggiunse vedendo che lei non lo seguiva -non vi farò alcunché-.

Lei lo seguì timidamente fino alla porta del locale, poi lui si voltò e la ragazza potè finalmente vedere il volto del suo interlocutore. Rimase stupita. Sentiva di averlo già visto, quegli occhi grigi, i capelli scuri... non ricordava dove, ma era sicura di averlo conosciuto.

-Allora? vogliamo entrare?- disse aprendo la porta della locanda.

Lei annuì ed entrarono. Il posto non era molto affollato e per lo più era invaso da ubriachi. Marwel tirò un sospiro di sollievo, in quello stato nessuno l'avrebbe riconosciuta.

-Vi offro da bere, vi va?- disse lui mentre con una mano faceva cenno alla cameriera.

-Si, grazie... posso sapere il vostro nome, Sir..?- chiese lei timidamente.

Lui la guardava, come si guardano i primi fiori che sbocciano in primavera. Seguiva i suoi lineamenti con lo sguardo, il naso sottile, il solco sopra il labbro superiore, il colore della sua pelle e il verde dei suoi occhi. Sembrava un dipinto.

-Eevar- rispose, senza scostare lo sguardo.

-Ecco a voi!- disse la cameriera mentre posava sul tavolo due calici di bronzo e una caraffa piena di vino.

Ella ammutolì. Schiuse leggermente le labbra e sussurrò il suo nome. Ricordò quel ragazzino coraggioso che l'aveva tratta in salvo 15 anni prima, allora aveva solo 10 anni.

-E voi? qual'è il vostro nome?- chiese lui.

Non glielo poteva dire. Come poteva rivelargli chi fosse? l'avrebbe riportata subito al castello e la sua serata in totale libertà sarebbe finita li.

-Gwen. Mi chiamo così- mentì -sono una dama di compagnia della Principessa-.

Eevar la osservò. Si accorse che mentre gli rispondeva non riusciva a guardarlo in volto, come se stesse mentendo. Poco gli importava.

-Alla vostra salute, Gwen- disse versando il vino nel bicchiere della ragazza.

-Da dove venite?- chiese lei, dopo aver sorseggiato la bevanda.

-Da un villaggio, poi un altro e un altro ancora- rispose con un mezzo sorriso.

-Non avete fissa dimora?- continuò lei incuriosita.

-Si e no- disse lui appoggiando il bicchiere sul tavolo -Viaggio spesso-.

-Cosa vi ha portato dentro le mura?- fece lei.

-Sono un cacciatore. Porto carne ed erbe qui e le vendo al mercato- rispose Eevar.

-Anche a me piacerebbe viaggiare, vedere il mondo... e invece sono sempre chiusa nel castello- disse Marwel volandosi a guardare in direzione di casa sua.

-Il mondo non è posto per delle delicate fanciulle- disse lui.

-Per quale motivo?- chiese lei un po' infastidita.

Lui si riempì il bicchiere, bevve un sorso di vino e rispose:

-Vedete, dentro queste mura non succede nulla. Fuori il mondo è pieno di persone poco raccomandabili, bestie non esattamente umane, pronte ad uccidere in qualunque momento-.

Ella sorrise:

-E voi? siete una persona poco raccomandabile?-

Lui avvicinò la mano alla sua, inclinò la testa leggermente d'un lato e rispose:

-C'è chi dice di si e chi dice di no. Voi? cosa dite?-

Marwel distolse lo sguardo e allontanò la mano intimidita.

-Vi accompagno a casa, Gwen- disse lui alzandosi.

Lei avrebbe voluto protestare, ma era tardi e il ballo sarebbe finito di li a poco e sicuramente avrebbe ricevuto la visita di sua madre nelle sue stanze.

Uscirono dalla locanda, mentre Marwel osservava le luci della città, la gente allegra che chiacchierava per strada e si chiedeva quando avrebbe rivisto tutto questo e quando avrebbe rivisto Eevar.

Arrivarono al castello, esattamente di fronte alla porta d'ingresso delle stanze della servitù.

-Bene, ora che siete in salvo, vi auguro buonanotte- disse lui afferrandole la mano e avvicinando le labbra a sfiorarle il dorso.

Un brivido percorse lungo la schiena della ragazza.

-Sono contenta di avervi conosciuto Eevar. Spero di rivedervi- disse lei.

Lui si avvicinò alla ragazza e sussurrò:

-Guardate che so chi siete, non c'è bisogno di mentire con me. So che non vi rivedrò più-.

Ella si portò una mano al viso, poi la porse sul suo e disse:

-Questo non è vero... non potete esserne certo-.

Gli lasciò un bacio sulla guancia ed entrò nel castello.

Eevar si sfiorò il punto dove l'aveva baciato e sorrise. Non l'aveva dimenticata. Chissà se fosse lo stesso per lei.


 

  
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