Anime & Manga > The Seven Deadly Sins / Nanatsu No Taizai
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Autore: Wolly    02/01/2019    2 recensioni
Ora che i Sette Peccati Capitali sono nuovamente riuniti, Escanor riflette ancora una volta sui propri sentimenti e sul particolare legame con Merlin.
A distanza di dieci anni il Leone della Superbia inizia a convincersi che anche la maga possa in qualche modo ricambiarlo...
Introspezione, Romanticismo e... una vasca da bagno!
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Escanor, Merlin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTE INIZIALI:
Benvenuti! :3 Se siete giunti fin qui è perché, come me, condividete la passione per “Seven Deadly Sins” ed, in particolare, per le Escalin
Sappiate che questa oneshot nasce dal “folle fervore mistico” scaturito dalla visione su Netflix dell’ultimo episodio dell’ultima stagione dell’Anime… come può una fangirl non trarre ispirazione da un clichè sexy come il “massaggio nella vasca da bagno” della sua coppia preferita?!?!

Io amo, amo, AMO Escanor alla follia ♥ ♥ ♥ e per questo ho deciso di approcciarmi ad uno stile di scrittura nuovo per me, raccontando i fatti interamente dal punto di vista del Leone della Superbia!

Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate! Ogni suggerimento è sempre bene accetto! ☺ ☺ ☺



Per la versione inglese della mia fanfiction cliccare QUI


Black is the colour of my true loves hair
Her lips are like some roses fair


She has the sweetest smile and the gentlest hands
And I love the ground whereon she stands


I love my love and well she knows
I love the ground whereon she goes


I wish that day would soon come
When she and I can be as one

Irish Folk Song, “Black is the Colour”



ESCANOR


Tu sei il mio Sole, la Luce della mia esistenza.

Credevo che questo potesse bastarmi.

Anche nei lunghi anni di esilio, in cui i Sette Peccati sembravano essersi divisi per sempre, ho continuato a credere, a sperare con tutto me stesso, che un giorno ti avrei rivista.

Solo e ramingo ho vagato per le terre di Britannia, ma il ricordo di te non mi ha mai lasciato. Sei stato il mio unico conforto in quegli anni di solitudine. Il tuo volto, inciso in modo indelebile nella mia mente e nel mio cuore, è stata la costante delle mie giornate: il primo pensiero ad accogliermi al risveglio e l’ultimo a cullarmi nell’oblio del sonno. Neanche lì mi abbandonavi: persino i miei sogni erano pieni di te, della tua voce melodiosa, dei tuoi occhi d’ambra, dei tuoi splendidi capelli, neri e lucenti come le more mature… [1]

Poi, dopo un decennio, l’insperabile è accaduto ed il Destino è giunto a bussare alla mia porta, con le sembianze di un nostro vecchio amico comune: Ban. La Volpe dell’Avarizia ha fatto irruzione nella mia taverna - inseguito da Galand e Melascula – strappandomi alla quieta monotonia di una vita ritirata.

Ban non ha certo avuto bisogno di convincermi a seguirlo. Mi è bastato sapere che loro… anzi, che tu avevi bisogno di me, dal momento che una nuova minaccia si sarebbe abbattuta sul Regno di Britannia, per abbandonare senza indugio tutto quello che ero riuscito a costruirmi in questi anni. Senza esitazione ho affrontato e sconfitto i due demoni dei Dieci Comandamenti, tornando ad essere - ancora una volta - il Leone della Superbia.

Per riunirmi a te sarei giunto anche in capo al mondo! Qualsiasi cosa pur di tornare a te ed all’unica famiglia che mi abbia mai realmente apprezzato per quel che sono.

Finalmente i Sette Peccati sarebbero tornati ad essere la squadra di un tempo!

Ho superato ogni ostacolo e sconfitto ogni nemico sul mio cammino per raggiungerti a Liones. Ti ho cercata nel delirio della battaglia, certo che - se ti fosse successo qualcosa - lo avrei saputo, lo avrei sentito… finché alla fine non ho percepito l’inconfondibile sentore della tua magia, che mi ha condotto al tuo cospetto.

Così ti ho trovata, splendida e illesa, come fulgido fiore tra le macerie di una città in rovina.

Non puoi immaginare la gioia sconfinata che ho provato nel rivederti ancora una volta, bellissima come un tempo, illibata dal tocco impietoso di Krónos, come se non fosse trascorsa che un’ora dal nostro ultimo incontro!

In quel momento, ebbro dei raggi di Sole e della vittoria conseguita contro Estarossa, con gli occhi pieni di te ed il cuore colmo di gioia, non ho dato peso al fatto che, tra tutti i Peccati, io ero l’unico ad essere cambiato… ma, con il trascorrere dei giorni, questa consapevolezza si è fatta prepotentemente strada dentro di me.

L’Escanor diurno, Leone di Superbia, si oppone gagliardo a questa verità ineluttabile; ma il mio Ego notturno è ormai consapevole che io sono l’unico tra i Sette Peccati ad essere soggetto all’effimera natura umana.
A differenza vostra, io… sto invecchiando.

Come ho ammesso poco tempo fa, durante lo scontro con Gowther in occasione del Grande Torneo, non ho mai avuto la presunzione di pensare che tu potessi volermi per sempre al tuo fianco nel cammino della tua vita.
Averti conosciuta ha dato un senso alla mia intera esistenza. Non potrei volere di più… io non merito di più.

Eppure, nel rivederti, qualcosa è cambiato: ora che ho fatto ritorno alla tua Luce so che non potrò più farne a meno.
Per quanto immeritevole ho iniziato a desiderare l’impossibile, bramando di trascorrere con te ogni battito di quello che resta della mia vita. Il pensiero che la mia intera esistenza non sia che un effimero istante, se paragonata alla tua natura centenaria, però mi distrugge.

Tu un giorno potresti arrivare persino a dimenticarmi ed io non sarò stato nulla per te… mentre tu, per me, sei e sarai sempre il mio tutto.
Ero poco più che ventenne quando posai per la prima volta lo sguardo su di te. Ti presentasti innanzi a me, senza alcuna soggezione, chiedendo se io volessi entrare a far parte dell’ordine cavalleresco del Capitano Meliodas.

Accettai, ma è te - e te sola - che ho scelto di seguire: colei che con un semplice sorriso ha saputo domare il Leone della mia Superbia; colei che con un semplice sguardo ha risvegliato il mio cuore sopito, facendomi provare sentimenti che fino ad allora mi erano stati preclusi.

Per la prima volta quella che avevo sempre considerato come una maledizione era diventata “motivo di interesse” per qualcuno.

Per la prima volta dopo tanti anni venivo considerato “speciale”.

La mia maledizione è diventata il dono che ti ha condotta a me, mio Angelo…

Tu sei la Musa che da quel giorno ispira le mie gesta eroiche ed il mio intelletto, la personificazione dell’Amore e di tutte le Virtù femminili decantate nelle mie poesie.



Con l’ingenuità dei miei vent’anni credevo che tutto questo potesse bastare per sempre; e nelle molte primavere a seguire – mentre i Sette Peccati accrescevano la loro fama in tutto il Regno – ho continuato a crederlo.

E così è sempre stato, fino a poco tempo fa... ma da quando ti ho rivista, tutto è cambiato.

Non sono più quell’ingenuo ragazzo che divenne per te Cavaliere dei Sette Peccati Capitali, in una lontana mattina di tiepido maggio.
Ormai quasi il doppio degli anni mi segnano il volto.

La Superbia ha infine distrutto l’argine della mia ragione e, per quanto immeritevole, io ho cominciato a sperare, a desiderare di superare questo confine tra di noi.

Forse è stato a causa di quel tuo sorriso, che vorrei avere solo per me.
Forse perché, alle volte, mi è parso di scorgere "qualcosa" nei tuoi occhi luminosi quando mi guardi, e nella velata sensualità della tua voce quando mi parli.
O forse perché oggi ho la presunzione di conoscere qualcosa di più sulla “natura femminile”, perché nei lunghi anni d'esilio ho persino cercato consolazione nella compagnia di altre donne... credendo di potermi costruire una nuova vita con una di loro.

A discapito di qualsiasi aspettativa nessun’altra donna ha mai potuto offuscare la tua Luce o accettarmi in modo incondizionato per quello che sono, come invece hai fatto tu.

Io ti appartengo, di giorno e di notte, indistintamente.

Io ti sono devoto mia splendida maga dagli occhi di tigre.

Adesso che sono di nuovo al tuo cospetto ogni tuo gesto, ogni tua parola, mi scatena dentro emozioni contrastanti. Ci sono persino dei momenti in cui mi sembra che tu voglia provocarmi… provocarmi nel modo in cui le donne amano straziare il cuore e la mente degli uomini.

Sei sempre stata eccentrica ed appariscente nel modo di vestire. I tuoi abiti succinti farebbero ribollire il sangue anche ad un morto, ma la tua figura - qualsiasi cosa indossi, o non indossi - esprime solo grazia sconfinata.

Fa parte della tua stessa natura d’incantatrice piegare l’altrui volontà non solo con la tua magia, ma anche con il tuo fascino impareggiabile.

Fa tutto parte della tua forza, non posso fartene una colpa.

Eppure non posso credere che un occhio attento e analitico come il tuo non abbia mai notato lo sconvolgimento che mi causavi e che, tuttora, mi provochi persino di giorno… quando sono pressoché immune a qualsiasi offesa fisica e psicologica. Da ragazzo credevo semplicemente di essere io il problema, di essere troppo debole contro il tuo impareggiabile charme, di essere troppo giovane per una donna come te…

Nell’ultimo periodo invece ho iniziato a credere – o sperare? – che alcuni tuoi tentativi di sconvolgermi siano intenzionali, atti a scatenare forse una qualche reazione da parte mia.

Sono un folle, lo so, ma il dubbio mi attanaglia, perché il mio essere è diviso tra due nature antitetiche. Di notte cado preda delle mie insicurezze e, impacciato all’inverosimile, per un motivo o per l’altro, finisco sempre con il rendermi ridicolo al tuo cospetto, per poi venire assalito da una malinconia soffocante.
Di giorno, quando ogni cosa – me compreso - appare sotto una luce migliore, mi ritrovo a ripensare ai fatti della notte, arrovellandomi sulle tue parole e sulle loro molteplici sfumature e, alle volte, arrivo a credere di aver notato dei "segnali" da parte tua che, il mio Alter Ego - più timido e debole - non osa neanche sperare

Come ad esempio è accaduto pochi giorni fa: la mattina successiva alla ricostruzione di Liones, dopo il sanguinoso scontro con i Dieci Comandamenti…

Per tutta la notte sono rimasto con te, ad assistere al prodigio delle tue arti magiche, ammirando l’abilità con la quale sei riuscita a ripristinare tutti gli edifici della città, riportandoli al loro fasto originale.
Dopo poche ore non c’era più alcuna traccia della battaglia appena consumata, al di fuori del pianto di coloro che avevano perso un loro caro. Ho cercato di lenire la malinconia nei tuoi occhi con la mia vicinanza: ti conosco bene e so che avresti voluto fare molto di più per aiutare quelle persone, ma le tue arti magiche non possono purtroppo colmare il vuoto lasciato nei loro cuori.

Inoltre, mi hai reso partecipe delle tue preoccupazioni circa le condizioni del Capitano Meliodas che, come mi hai rivelato, ogni qualvolta ritorna in vita a causa della maledizione del Re dei Demoni, perde una parte della propria anima e della propria “umanità”.

Per distrarti da questi foschi pensieri abbiamo parlato a lungo di noi e di quegli ultimi anni trascorsi; con somma gioia da parte del sottoscritto, hai preferito la mia compagnia piuttosto che raggiungere gli altri per i festeggiamenti di quella notte. Hai medicato le mie ferite - per quanto ciò fosse superfluo – e, poco prima del sorgere del sole, siamo rientrati al castello.

Raggiunte le stanze che ti erano state assegnate mi hai consegnato una divisa da cameriere del “Boar Hat” per cambiarmi e mi hai fatto dono di un nuovo paio di occhiali creati appositamente per bloccare gli effetti della mia metamorfosi diurna.

Mi hai rivelato di aver impiegato mesi per perfezionare tale artificio magico, spiegandomi quanto mi sarebbero stati utili, in caso di scontro, per un migliore “effetto sorpresa” contro i miei avversari… oltre che per evitare - come è già accaduto in passato - di farmi inutili nemici incorrendo in zuffe disastrose nel centro abitato, a causa dell’indole “particolare” dell’Escanor diurno.

Il semplice fatto che tu avessi potuto passare così tanto tempo a creare quegli occhiali appositamente per me mi aveva reso euforico e gongolante e, ovviamente, li ho indossati subito, entusiasta… per poi chiederti subito cosa potessi mai fare per ripagare la tua gentilezza.

Tu sei rimasta in silenzio per un lungo istante, fissandomi, con un’espressione indecifrabile in viso.
Poi un lampo ti ha attraversato lo sguardo: «Forse un’idea ce l’avrei...» hai detto, per poi schioccare le dita, provocando un’esplosione di luce improvvisa.

I miei occhi hanno impiegato alcuni istanti a riprendersi dopo quel bagliore inaspettato e, non appena sono riuscito a rimetterti a fuoco… ho rischiato di perdere i sensi per lo sgomento!
Di colpo, per magia, eccoti improvvisamente innanzi a me, nuda ed immersa in una vasca da bagno, materializzatasi dal nulla al centro della stanza.

Sei rimasta ad osservarmi senza alcuna vergogna, con uno sguardo sornione ed un sorriso impudente sulle belle labbra, palesemente divertita dall’imbarazzo cocente in cui mi avevi gettato.

«Ehi, stai sanguinando!» hai esclamato serafica, così, come se niente fosse…

«Eh…?» ho proferito eloquentemente, restando a fissarti con la stessa lucidità intellettuale di uno stoccafisso.

Tu hai scosso bonariamente il capo, oltremodo divertita dalla mia faccia stravolta, e - semplificandomi il concetto - ti sei tamburellata il nasino per farmi capire meglio.

«Oh…?! Ah! Per la miseria! Hai ragione! È meglio che vada!» ho farfugliato, passandomi frettolosamente le mani sulla faccia – al colmo dell’umiliazione, per quel cliché indesiderato – nel tentativo di arrestare il flusso copioso di epistassi provocata dal tuo corpo seminudo… neanche fossi un ragazzino in piena crisi ormonale!

In un atto di somma misericordia hai levato la mano destra in aria, compiendo una semplice sequenza di gesti e, l’istante successivo, grazie alla tua magia, ero già ripulito a dovere.

A quel punto non aspettavo altro che levar le tende e andare a gettarmi nel fossato più vicino per la vergogna, ma il tuo semplice richiamo è bastato a inchiodarmi sul posto, con la mano già posata sulla maniglia della porta, dissolvendo tutta la mia risolutezza: «Aspetta, Escanor…» hai mormorato con voce suadente.

Mi sono girato verso di te, lo sguardo sconvolto ed allucinato dietro le lenti degli occhiali, ed ho aspettato – come mi avevi chiesto - il seguito della tua frase, con un senso di vaga inquietudine.

«Credevo volessi “sdebitarti”… un bel bagno caldo è quello che mi ci vuole in questo momento, ma non pensavo di metterti così tanto a disagio…» hai affermato, con nonchalance, ma – a dispetto del tono leggero e noncurante – il tuo sguardo pareva sfidarmi.

Io non ci stavo capendo più niente, sapevo solo che, per rispetto della tua persona, avrei dovuto distogliere lo sguardo; ma era una battaglia persa in partenza: come voler convincere un naufrago che abbia appena raggiunto la salvezza della spiaggia a rituffarsi fra i flutti del mare in tempesta!

Resisterti mi era impossibile e, con occhi bramosi, ho percorso ogni centimetro della tua pelle liberamente offerta alla mia vista, ancora e ancora.
Guardami, sembravano ordinarmi i tuoi occhi… ed io ho ubbidito.

In tutta franchezza gli abiti che indossi in questi giorni mostrano assai di più di quanto io avessi potuto scorgere in quel momento, grazie all’artificio della schiuma da bagno, ma si sa che la sottile “Arte dell’Erotismo” gioca con delle regole tutte sue: quello stuzzicante effetto vedo-non-vedo tra le bolle di sapone… il pensiero sensuale che fossimo io e te, da soli, in quella stanza… il saperti completamente nuda a pochi metri da me… il semplice fatto che tu potessi aver voluto proprio me lì, in quel momento… tutto ciò mi stava facendo impazzire!

Sono risalito lungo le dolci curve del tuo corpo, sino allo splendore del tuo viso - che è la cosa che di te più adoro! - ed ecco che i tuoi occhi mi hanno trafitto come quelli di un predatore, facendomi correre un brivido lungo la schiena nella certezza che tu potessi aver letto e compreso il crudo desiderio sul mio volto, provandone ripugnanza.

A quel punto ho pensato che ti fossi ricreduta e che stessi per scacciarmi via in malo modo… invece ti sei sporta leggermente in avanti, in uno sciabordio di schiuma, e - con sorriso inaspettato - hai sancito la mia rovina: «…allora, non volevi “sdebitarti”?» mi hai chiesto, in un mormorio suadente.

«S-sì…» ho ammesso con una certa titubanza ed il cuore in gola.

«Sono molto stanca e ho tutti i muscoli indolenziti… avrei davvero bisogno di un bel massaggio rilassante, non è che potresti…?» hai chiesto, come se fosse la cosa più naturale del mondo, con tutto il candore e la serafica serenità di una Santa, passandoti poi una mano sul collo con un sospiro.

Ed io - che non ho mai saputo negarti niente - ti ho raggiunta, con una fluidità di movimenti pari a quella di una bambola meccanica rotta, in una tragicomica sequenza di passi di marcia rigidi e scoordinati. Neanche fossi stato un condannato al patibolo!

Mi sono fermato alle tue spalle osservando rapito il modo in cui, passando le dita fra i tuoi capelli di seta, hai scostato le ciocche corvine da un lato, scoprendo il collo e le spalle in un tacito invito. Ho proteso le mani verso di te, racimolando tutto il coraggio necessario a toccarti, pregando tutti gli Déi - conosciuti e non – che tu non le sentissi tremare in modo così patetico.

Quando ho premuto i polpastrelli sulla tua pelle umida, liscia e morbida come sciamito, sono morto e rinato in un istante. Ho iniziato a sfiorarti con la punta delle dita e con estrema delicatezza, impacciato all’inverosimile, finché tu non hai reclinato il capo nella mia direzione: «Hai paura che possa rompermi?... un po’ più di energia per favore!» mi hai esortato, per gioco, con quella luce particolare negli occhi.

Io ancora una volta ho ubbidito, applicando una maggior pressione; e, riempiendomi le dita della tua carne, ho percepito la tensione nei tuoi muscoli, eccitandomi vergognosamente per il calore della tua pelle.

«Escanor, hai le mani d’oro.» Ti ho sentita sospirare - un sospiro di puro compiacimento - mentre ti sei abbandonata maggiormente contro il bordo della vasca, per farti incontro alle mie mani. Il solo pensiero di provocarti del piacere mi rendeva euforico, ebbro di gioia e di desiderio.

Mi sono inorgoglito tutto per quel complimento inaspettato ed ho azzardato persino una battuta: «Buono a sapersi! Potrei farla diventare un’attività remunerativa!»

Hai riso - il suono più bello del mondo! - e la tua risata è riverberata nel tuo corpo, facendomi solleticare le dita in modo piacevole: «Escanor “l’imprenditore”, chi l’avrebbe mai detto!» hai esclamato, per poi continuare in tono scherzosamente leggero: «Hai proprio il senso degli affari! Ban prima mi ha accennato qualcosa a riguardo… ha detto che hai persino aperto un locale tutto tuo, non è vero?»

«Sì, una taverna!» ho risposto, passandomi un braccio sulla fronte per ricacciare indietro i capelli, senza interrompere le mie ministrazioni. Pensare che, grazie a quelle chiacchiere leggere, stavo – quasi - iniziando a rilassarmi e godermi il momento. Quasi.

«La “My Sweet Gluttony”: si chiama così, no? E’ un nome davvero grazioso per una taverna.» mi hai detto, lanciandomi uno sguardo saputo da sopra la spalla.

Nell’udirti ho sussultato di botto: avevo davvero pensato di “rilassarmi e godermi il momento”?!

Mi sono sentito un imbecille per aver dato quel nome al mio locale - ma non immaginavo davvero che avresti mai potuto scoprirlo! – e sono sprofondato, ancora una volta, nell’imbarazzo più totale.
Il nome della mia taverna non è altro che una palese ode a Merlin, il Peccato di Gola: una dichiarazione piuttosto esplicita della mia assoluta dedizione alla maga in questione.

«Ormai è acqua passata! E’ andata distrutta nello scontro con Galand e Melascula!» ho farfugliato con una risata nervosa, nel vano tentativo di cambiare argomento e sminuire la questione, continuando a massaggiarti di buona lena per focalizzarmi su altro al di fuori del mio disagio. Per un istante ho persino pensato di togliermi gli occhiali magici per lasciare che il Sole potesse compiere il suo prodigio, infondendomi un po’ della proverbiale faccia tosta dell’Escanor diurno.

«Quando tutto questo sarà finito… ti aiuterò a ricostruirla.» hai risposto, in modo del tutto inaspettato, lasciandomi ancora una volta di stucco.

Mi sono bloccato di botto, con le mani sulle tue spalle, osservandoti basito e sentendomi terribilmente in colpa per aver pensato che proprio tu, la mia “dolce Merlin”, potessi farti beffe di me, per una cosa del genere… quando il tuo unico desiderio era invece quello di aiutarmi.

«Che c’è…?» sei trasalita a quella brusca interruzione ed hai volto subito il capo verso di me, fraintendendo il mio silenzio: «Credi che non ne sia in grado?! Non ho forse riedificato un’intera città in una sola notte…?» mi hai detto alzando un sopracciglio con aria di sfida, le labbra atteggiate in un broncio che potrei definire solo come “adorabile”.

Mai e poi mai pungolare l’Ego di un mago! Ho pensato, sospirando, per poi abbassare lo sguardo: «Ma no, che dici! E’ che non voglio esserti di peso. Hai cose ben più importanti a cui pensare…» ti ho detto.

Cose ben più importanti… di me, ho rimuginato.

«Sciocchezze!» hai esclamato, interrompendo il flusso di quei pensieri patetici, per poi aggiungere con voce morbida ed avvolgente: «Do ut des, mio caro. Do ut des.[2]» hai concluso, schiudendo le labbra in un sorriso enigmatico e ricco di sfaccettature.

E di nuovo quella sensazione che tu mi stessi volutamente provocando.

E cosa potresti volere da me? Ho pensato, senza però osare esprimermi ad alta voce o guardarti negli occhi, troppo timido ed insicuro per affrontarti in questo gioco di intriganti sottintesi, temendo che tu potessi farti beffe di me... temendo di aver frainteso...

Sono così trascorsi alcuni interminabili istanti.

«Le mie spalle non si massaggiano mica da sole!» hai esclamato alla fine, spezzando la tensione del momento, per poi scrollare il dorso come una puledra, esortandomi chiaramente a riprendere le mie mansioni.

«Sissignora!» Non me lo sono fatto ripetere due volte ed ho ricominciato subito a disegnare avvolgenti spirali concentriche sulle tue spalle sottili, risalendo sino al tuo collo… candida colonna d’alabastro, adorna dell’effige del Verro Scarlatto…

Meglio smetterla con le mie solite digressioni liriche! Ho pensato ed un silenzio confortevole è sceso tra di noi, rotto a tratti da un tuo sospiro di sollievo quando riuscivo a percepire e sciogliere qualche punto di maggiore tensione. Il tuo corpo pareva creta nelle mie mani: era una sensazione inebriante.

«Dimmi un po’, poesie ne componi ancora?» hai chiesto ad un certo punto, con voce vellutata, reclinando placidamente il capo all’indietro contro il bordo della vasca, per poi chiudere gli occhi, nell’abbandono più totale.

Le tue labbra, così vicine, mostravano ancora l’ombra di un sorriso.

«Ogni tanto…» ho risposto, deglutendo.

«Vorrei sentire qualcosa, è passato molto tempo dall’ultima volta...» hai mormorato, per poi sollevare il braccio destro fuori dall’acqua, aprendolo di lato in un tacito invito a massaggiare anche quello.

Il tuo servo più fedele non desiderava altro che soddisfare entrambe le tue richieste ma, nel notare che - in quella nuova posizione - la curva sensuale dei tuoi seni si offriva liberamente al mio sguardo, ho perso le parole, ritrovandomi con il cuore in gola.
Nello sgomento più totale ho realizzato che gli unici versi che, con prepotenza, si agitavano convulsi nella mia mente non erano altro che odi appassionate alla Dea che mi stava innanzi.

Ho inspirato ed espirato a fondo rumorosamente, cercando di calmarmi, cercando di concentrarmi su una zona “neutrale” del tuo corpo, così da riguadagnare un minimo di controllo (anche se, inutile dirlo… ogni parte di te mi fa impazzire!).

Lo sguardo mi è caduto ancora una volta sul tuo tatuaggio, ma persino gli occhi del Cinghiale che ti rappresenta sembravano squadrarmi con biasimo!

Allora mi sono precipitato subito a massaggiare diligentemente il tuo braccio disteso, ridisegnandone ogni singolo, affusolato muscolo con le dita.

Sono disceso piano fino al tuo polso sottile, godendo di ogni istante, per poi accogliere la tua mano soave tra le mie. Ho continuato massaggiandoti il palmo, mentre osservavo con tenera adorazione quelle dita sottili, che apparivano ora dolci e fiduciose tra le mie, ma di cui conoscevo bene l’incommensurabile forza data loro dal potere magico.

«Sono un po’ fuori esercizio… non so se ne sarei in grado.» ho sussurrato in risposta, in estatica contemplazione della tua mano d'avorio, ed ho frenato a stento l’impulso improvviso e sconvolgente di chinarmi a baciarne il dorso, il palmo, il polso...!

Ho immaginato di ripercorrere ardito, con baci febbrili, lo stesso tragitto intrapreso pocanzi dalle mie dita, risalendo su, fino alla curva sensuale della tua spalla… ridisegnando con labbra febbricitanti il tuo collo di cigno, per saggiare il caldo sapore della tua pelle, fino a raggiungere la morbidezza delle tue guance - con quel tuo piccolo, adorabile neo - e perdermi infine nel dolce languore della tua bocca.

«Dovresti farlo, ti prego…» mi hai detto, in un tenero sussurro, nel quale ho percepito la carezza del tuo respiro.

Di riflesso ho levato incredulo gli occhi verso il tuo viso - non mi ero neanche accorto di quanto fossimo improvvisamente vicini! – ed ho incrociato il tuo sguardo che mi fissava caldo ed avvolgente come miele ambrato.

Per un folle istante ho creduto che tu non stessi più parlando di “poesie”, per un folle istante mi è parso di scorgere la mia stessa insana follia nei tuoi occhi… sembrava che tu rispondessi ai miei pensieri più segreti…

«Lady M-Merlin, i-io…» qualsiasi cosa fossi stato sul punto di dirti, sono stato interrotto dal concitato bussare alla tua porta, che mi ha riportato bruscamente alla realtà.

Senza neanche aspettare la tua risposta i nostri compagni – Ban e Meliodas – hanno fatto irruzione nella stanza, seguiti a ruota da una più timida e discreta Elizabeth; per poi congelarsi tutti e tre sulla soglia nel realizzare di averci interrotti in una situazione assai inaspettata (per non dire "intima").

Dato l’imbarazzo delle circostanze ho ripreso a massaggiarti subito di buona lena, qual diligente servitore, saltando da una parte all’altra della vasca come un grillo impazzito, con il volto in fiamme.

Gli altri non hanno commentato nulla a riguardo, anche perché tu hai saputo mantenere il tuo consueto stile impeccabile - pur ricevendoli in déshabillé - sfoggiando la tua migliore maschera d’indifferenza. Eri persino riuscita – chissà come, chissà quando – a materializzare un libro dal nulla, mettendoti così a leggere come se niente fosse, maestra nel salvare le apparenze.

Così abbiamo subito iniziato a discutere di argomenti pressanti, quali la ricostruzione di Liones e gli esiti della battaglia; ed ho notato con piacere che almeno, quella mattina, il Capitano Meliodas sembrava essere tornato finalmente ad essere quello di sempre.

Solo Ban – ad un certo punto, mentre continuavo a massaggiarti - mi ha rivolto un’occhiata eloquente, corredata dal suo miglior sogghigno ferale, ma almeno ha avuto il buon gusto di non commentare nulla a riguardo…

In ogni caso, conosco già l’opinione della Volpe sul tema: ha sempre sostenuto che ci fosse “qualcosa” tra di noi e che io sono un cieco a non accorgermi dei tuoi “segnali”.

Adesso sono solo e penso a te, nella mia stanza inondata dai vermigli raggi del sole al tramonto.

Ho deciso di togliere gli occhiali magici per poter mutare, nel corpo e nell’intelletto, allo stadio particolare in cui l’Escanor diurno – come il Sole al tramonto - è ormai prossimo a lasciare spazio all’Escanor notturno.

E’ in questo preciso momento della giornata che riesco a riflettere meglio, nel modo più oggettivo e razionale possibile, perché le mie due nature in antitesi - seppur per un brevissimo lasso di tempo - riescono a trovare una sorta di equilibrio.

Ho sempre creduto che Ban si sbagliasse riguardo ai tuoi ipotetici “segnali” o che, essendo mio amico, cercasse sempre di portare acqua al mio mulino; ma, negli ultimi giorni - dopo “la vasca da bagno” ed altri episodi analoghi - ho cominciato anche io a credere che sia tutto vero… forse ti è sempre piaciuto sconvolgermi.

Di giorno e di notte sei il dolce tormento del mio cuore.

Giochi con me, come il fuoco con la falena, ed io vorrei semplicemente lasciarmi consumare dal calore della tua fiamma.

Oggi, dopo anni, inizio a credere che possa esserci una qualche possibilità o, semplicemente, ho bisogno di crederlo perché, per quanto io sia consapevole del divario tra noi, l’uomo non può fare a meno di guardare il cielo e desiderare le stelle.[3]

E tu sei l’unica stella del mio cielo, la più luminosa del firmamento, il mio Sole.

Merlin…



ANGOLINO DELL’AUTRICE:
Grazie a tutti per essere arrivati fino in fondo!!! ☺ ☺ ☺

Spero che vi siate divertiti a leggere questa oneshot tanto quanto mi sono divertita io a scriverla!

Spero inoltre di esser riuscita a render giustizia a questa coppia (che adoro!) e di averli caratterizzati nel modo più verosimile possibile rispetto a quello che traspare dall’Anime e dal Manga.

Ci tengo a farvi sapere che la strofa riportata all’inizio della Fanfiction è tratta da una delle mie canzoni preferite , che vi consiglio di ascoltare! Esistono molteplici versioni di “Black is the Colour”, infatti è stata interpretata sia da voci femminili, sia da voci maschili, variando il “vero amore dai capelli neri” da una lei (“she”) ad un lui (“he”) a seconda delle esigenze e dei gusti...

Con le sue strofe poetiche questa canzone rappresenta l’Amore in senso “universale” e mi sembra che rifletta alla perfezione i sentimenti di Escanor verso la sua splendida maga dai capelli neri “come le more mature”.

☺ Per i “non-anglofoni” la traduzione è la seguente:

Black is the colour of my true loves hair
Nero è il colore dei capelli del mio vero amore
Her lips are like some roses fair (crasi di “rose so fair”)
Le sue labbra sono simili ad una bellissima rosa
She has the sweetest smile and the gentlest hands
Lei ha il più dolce dei sorrisi e le mani più gentili
And I love the ground whereon she stands
ed io amo il terreno dove si posa
I love my love and well she knows
Io amo il mio amore e lei lo sa bene
I love the ground whereon she goes
Io amo il terreno sul quale cammina
I wish that day would soon come
Io desidero che venga presto quel giorno
When she and I can be as one
In cui lei ed io saremo una cosa sola

Non avendo trovato cantanti maschili particolari (che nell’ascoltarli mi facessero pensare alla voce di Escanor ), scrivendo mi sono lasciata cullare dalla voce meravigliosa di Lisa Lambe delle “Celtic Woman”… questa versione, fra tutte, è quella che più mi emoziona! (Per ascoltarla cliccare QUI)


NOTE DI FINE CAPITOLO:
[1] Riferimento ad una delle poesie composte da Escanor per Merlin (nell’Anime non compare, si trova all’interno del Manga nella “Saga di Edimburgo” contro il Clan dei Vampiri), che recita così:

Labbra color del mirtillo,
capelli color della mora…

La perfetta armonia di un dolce aroma,
che ogni naso adora!

Selvaggia* eppur lucida,
un mistero tu sei:
la più grande maga di tutta Britannia.


*Nella versione italiana si perdono purtroppo non solo le rime, ma anche – e soprattutto - il “gioco di parole” tra “frutti di bosco” (“frutti selvatici”) e gli attributi di Merlin; trovo che la traduzione inglese sia per questo molto più graziosa e calzante:

Hair with the colour of a blackberry,
Lips with the colour of a wildberry…

A perfect armony of sweet aroma,
that makes any nose merry!

Wild and yet rational,
a mistery you are:
the greatest sorceress in all of Britannia.


[2] Do ut Des: espressione latina che letteralmente significa “Io do affinché Tu (mi) dia”.

[3] Questa è una nota un po’ particolare, ma che voglio condividere con Voi: sono molto “affezionata” al verbo “desiderare” perché, durante un’avvincente lezione di filosofia al liceo, il mio adorato insegnante spinse la classe a ragionare sull’etimologia di questo termine, per chiarirne a fondo la valenza ed aprirci la mente... e ancora oggi, quando lo uso, ripenso al suo significato.

Il verbo italiano “desiderare” deriva infatti dal latino sidus –ĕris “stella”, con il prefisso de- che esprime sempre la “privazione da qualcosa”.
Quindi, letteralmente, “desiderare” vorrebbe dire “essere privo di stelle”, cioè “essere lontano dalle stelle”. In una sola parola è racchiuso così lo struggimento del genere umano che – nel suo essere “mortale” e “terreno”, nella sua piccolezza - ha sempre levato gli occhi al cielo, bramando di raggiungere quegli astri eterni e distanti, interrogandoli sui grandi quesiti esistenziali.

Pertanto il “desiderio” è quel sentimento potente e imprescindibile dalla nostra stessa natura di “esseri umani”, che ci spinge sempre ad aspirare - a dispetto di ogni ragione e di ogni nostro limite - anche… alle stelle più lontane.
Il “desiderio di un amore” è quindi ciò che ti spinge a voler conoscere l’altro con tutto te stesso, e ad ogni costo.


ALTRE NOTE:
Dal punto di vista temporale questa oneshot si svolge alcuni giorni dopo “il fattaccio” (aka dopo “il massaggio nella vasca da bagno”) che tanto ha sconvolto il nostro povero Escanor (Rif. Episodio n. 24 dell’Anime, cioè l’ultimo trasmesso da Netflix fino ad oggi).

Avviso in anticipo che la seconda oneshot che compone questa raccolta ripercorrerà i fatti del Manga, spaziando dal Capitolo n. 219 al n. 256.

  
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