Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    03/01/2019    1 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXIV
 
 




“These are hard times for dreamers
and love lost believers.”
[MSMR – Bones]
 
 
 




Era partita immediatamente, non appena gli stallieri avevano sellato il suo cavallo ed era riuscita a rimediare qualche provvista per il viaggio.

Aveva baciato sulla testa il figlio come faceva quando era ancora un bambino, poi era salita in sella alla sua Visenya e aveva atteso che gli uomini della scorta che l’avrebbe accompagnata caricassero quanto sarebbe servito per arrivare fino ad Approdo del Re. Ci avrebbero messo settimane, ragion per cui non voleva attendere un attimo di più per andarsene.  
Sua cognata l’avrebbe seguita: voleva restarle vicina, e quanto era successo necessitava urgentemente anche la sua presenza. Sulle prime l’idea di lasciare soli Robb, Jon e i bambini per tanto tempo l’aveva turbata, ma i ragazzi potevano contare su Ser Rodrik e Maestro Luwin… e Robb era abbastanza grande per sostituire il padre come Lord di Grande Inverno. Non avevano nulla da temere. Tutto ciò che avrebbero dovuto fare era precipitarsi alla corte il prima possibile, prima che fosse troppo tardi.

Lyanna si morse un labbro, piena di pensieri che già avevano minacciato di travolgerla al mattino, quando le era stato portato il messaggio arrivato via corvo da Approdo del Re. Se già una partenza improvvisa come quella l’aveva riempita di ansia, l’idea di non poter contattare Rhaegar per chiedergli consiglio era insopportabile. Le mancava l’appoggio del marito, il suo sorriso, un semplice andrà tutto bene, Lya che riusciva sempre a farle tornare la speranza al momento giusto… avrebbe potuto inviargli un messaggio di emergenza, le circostanze lo permettevano. Ma non voleva aggiungere altra pena all’incontro coi suoi parenti, altre preoccupazioni che non meritava. Doveva cavarsela da sola, e affidare a Jon le spiegazioni: lei, Catelyn e una piccola scorta avrebbero raggiunto Ned ad Approdo del Re. Suo fratello era appena stato accusato di aver complottato contro la Corona, e stava per subire un processo.

Il paesaggio si snodava intorno a loro, meraviglioso e selvaggio, ma non riusciva a goderselo. Non aveva in mente altro che la pergamena recapitata dal corvo, la calligrafia precisa che la ricopriva, il pensiero di Ned rinchiuso in qualche segreta da chissà quanti giorni, provato, stanco. Robert era morto, l’uccello aveva portato anche quel messaggio, e alla confusione si era aggiunta anche una stilla di dispiacere, ricordando il loro ultimo incontro qualche mese prima. Aveva accartocciato il messaggio, appoggiandosi alla balconata di pietra per non cadere. Ned Stark è stato imprigionato. Minacce alla regina. Complotto contro la Corona. Processo. Segrete. Udienza. Parole staccate tra loro, incoerenti, che le danzavano nella mente come impazzite. Non era possibile. Non suo fratello Ned.

Si fermarono una prima volta nei pressi di Porto Bianco, ad una piccola taverna la cui insegna di legno era stata corrosa dal tempo e dalle piogge. Catelyn mangiava in silenzio, ogni tanto guardava fuori da una delle finestre e stringeva le labbra, come se stesse elaborando e cancellando migliaia di discorsi allo stesso tempo, mentre gli uomini della scorta davano da mangiare ai cavalli e portavano sui volti tanti sguardi cupi, tutti uguali. Qualcosa di brutto stava succedendo, ormai l’avevano capito anche loro: conoscevano Ned Stark, e si rendevano conto che, dietro alle accuse che gli pendevano sulla testa, doveva esserci qualcosa.

Ned non avrebbe mai potuto tramare contro Robert. Era il suo migliore amico. Ha accettato di diventare il suo Primo Cavaliere, di vivere al Sud e lasciare Grande Inverno, la sua casa. Lyanna si mordeva l’interno di una guancia, incapace di fermare il moto dei suoi pensieri. Ha portato Sansa e Arya fin laggiù, ha lasciato sua moglie, la sua famiglia. Come avrebbe potuto farlo? Non l’avrebbe mai fatto. È una bugia. È solo una bugia. Deve essere un inganno.

Poggiò la testa tra le mani, sconfitta, desiderando di aver portato almeno il figlio con sé… anche se si rendeva perfettamente conto che, se avesse voluto proteggerlo davvero, avrebbe dovuto affrontare tutta quella faccenda da sola.
 
 

 

***
 

Ned Stark spalancò gli occhi e si alzò, trascinato fuori da uno dei tanti incubi che popolavano le sue notti.

Era stato condotto in una delle celle solo una settimana prima, eppure gli sembrava di aver trascorso secoli nei sotterranei. Che tempo faceva, là fuori? Come stavano le sue figlie? Aveva lasciato Sansa turbata, gli occhi pieni di spavento, mentre Arya era sotto la custodia di Syrio Forel, il maestro di spada braavosiano che aveva trovato per lei… ma non sapeva altro. Nessuno voleva dirgli come stavano, cosa stava tramando la regina per loro: le guardie che ogni giorno deponevano un piatto di cibo stantio davanti alla sua porta erano sorde ad ogni domanda.

Poteva solamente aspettare. Aspettare, e maledire la sua dannata ingenuità, quel senso dell’onore che l’aveva spinto ad esporsi fino a tentare un colloquio diretto con la regina. Aveva affrontato la leonessa nella sua tana, e cosa aveva ottenuto? Nulla. Un sorriso scaltro da parte della donna che avrebbe dovuto proteggere e amministrare i Sette Regni alla morte del marito, un sorriso calcolatore, degno di chi stava solo aspettando la mossa dell’altro per mettere in moto il proprio piano. Un ragno paziente, che tesse la sua tela in silenzio e resta fermo, osserva la mosca che prova a farsi strada… solo per restare invischiata nella tela, senza possibilità di fuga.

Jon era morto perché aveva scoperto un segreto che non avrebbe dovuto conoscere: il diario era sparito la sera stessa del suo colloquio con Cersei Lannister. Anche Robert Baratheon era morto, ma non sapeva nulla delle macchinazioni di sua moglie… no, probabilmente la regina aveva solo scelto di togliere di mezzo l’altro ostacolo che le impediva di stringere tra le mani il destino dei Sette Regni, approfittando delle debolezze di Robert e di quella battuta di caccia organizzata a tempo debito, senza rendersi conto che il comando non sarebbe mai stato davvero suo, non con Tywin Lannister alle sue spalle. Lui aveva raccolto quelle prove, si era fidato pienamente di Jon: qualcuno avrebbe dovuto proseguire il suo lavoro, fare giustizia laddove l’ex Primo Cavaliere aveva fallito. Ed Eddard Stark si era preso quel peso sulle spalle, convinto fino in fondo di avere accumulato esperienza a sufficienza, di poter proporre alla sua avversaria delle condizioni abbastanza valide per convincerla ad agire seguendo la ragione. Aveva provato a giocare al Gioco in cui sembravano impegnati tutti, con solo l’onore e la consapevolezza di essere nel giusto dalla sua parte.

Fate la mossa più giusta, Vostra Altezza. Vi giuro che impedirò qualunque violenza a danno vostro, o dei vostri figli.  
Perché dovrei abdicare? aveva risposto Cersei, e sorrideva.
Se vi ritirerete, se ammetterete che vostro figlio Joffrey non è l’erede legittimo e lascerete che Stannis Baratheon venga incoronato al posto suo, potrete ritirarvi a vivere in pace lontano. Ogni parola gli sembrava immensamente sbagliata, e anche il nome di Stannis strideva con quanto avrebbe voluto dire davvero. Sarà Rhaegar Targaryen, figlio del nostro ultimo Re Folle, a riportare la pace nel regno, e suo figlio Aegon, e mio nipote Jon assieme a lui, quelle parole correvano nella sua mente, ma dovevano restare nascoste: non poteva tradire la sua famiglia.
Fate quel che è giusto per i Sette Regni, Altezza.
So riconoscere ciò che è giusto da ciò che non lo è, Lord Stark, aveva sorriso di nuovo la regina. E quando le guardie avevano fatto irruzione nella sua stanza quella sera, Ned aveva capito che quelle che aveva reputato condizioni accettabili non erano state altro che parole vuote, gettate al vento. Non era in grado di destreggiarsi con il Gioco, non quanto Cersei Lannister e la sua corte, e l’onore e la morale non l’avevano aiutato.

Aveva osato troppo, e aveva pagato quell’errore. Quella sera stessa le porte delle celle di Approdo del Re si erano aperte per lui, mentre voci che diffondevano accuse di alto tradimento e cospirazione contro il principe Joffrey lasciavano la fortezza e si dirigevano per la città, verso ogni angolo dei Sette Regni. Per fortuna le figlie non si trovavano con lui in quel momento, aveva pensato Eddard mentre le guardie chiudevano con forza la porta della cella: Sansa era con le sue cameriere e quelle della regina, Arya probabilmente giocava con Nymeria nei pressi della sua stanza. L’idea che qualcuno dovesse informarle di quella vicenda, però, gli stringeva il cuore in una morsa insopportabile.

Si sedette a fatica sulla panca di pietra che gli aveva fatto da letto, cercando di rimettere assieme i pensieri. Non aveva idea di quanto sarebbe rimasto lì dentro: le porte delle segrete spesso si aprivano senza richiudersi, ma era difficile che un prigioniero del suo rango potesse cavarsela con un semplice periodo di isolamento… no, la Regina doveva avere in serbo qualcosa di eclatante. Un processo di fronte a tutti i nobili e al Concilio Ristretto? L’esilio? O peggio, la morte per decapitazione? Non lo sapeva, e quei pensieri gli fecero girare tanto la testa da costringerlo a ricadere disteso.

Poteva solamente aspettare. Aspettare, e sperare che nessuno facesse del male alle sue figlie.
 
 

 

***
 


La luce del tramonto disegnava il vestito rosso di Cersei Lannister, un pittore pigro dalle dita leggere. La donna gettò uno sguardo alla terrazza fuori dallo studio che era stato del marito e si godette per un attimo il panorama, come Robert Baratheon non aveva mai fatto: suo marito era sempre stato troppo preso da graziose compagnie femminili e dall’alcool per prestare attenzione alla bellezza di quelle mura antiche… o ai suoi figli.

Per fortuna.

Sorseggiò del vino, poi posò il calice accanto a sé, asciugandosi una goccia dal labbro. Ned Stark aveva giocato la sua mossa esattamente come si era aspettata che facesse: attaccandola direttamente. Pieno d’onore com’era, sentiva di essere l’unico in grado di portare avanti la missione lasciatagli dall’ex Primo Cavaliere, l’unico – dopo la morte di Robert – a poterla ricondurre alla ragione. Le aveva persino offerto protezione! Lei aveva risposto, l’aveva incastrato. Il diario era sparito, e tra poco l’ultima persona in grado di ostacolare la sua famiglia avrebbe perso il suo ruolo, coperto di vergogna, dimenticato da tutti.

Suo padre aveva fatto ingresso nella stanza pochi minuti prima e le girava intorno in silenzio, allungando ogni tanto una mano verso gli oggetti che lo circondavano, gesti automatici senza particolare importanza. Stranamente non si era ancora seduto, né aveva accettato la sedia che Cersei gli aveva indicato: si limitava a gettare occhiate attorno, con un modo di fare così distaccato e rilassato che la figlia aveva iniziato ad innervosirsi. Sembrava perfettamente sicuro di sé, a suo agio, nonostante l’ultima notizia importante che aveva ricevuto riguardasse le accuse di alto tradimento mosse al Primo Cavaliere del regno. Una sicurezza che non prometteva bene.

Cersei allungò una mano verso la brocca e si versò un altro bicchiere di vino di Arbor. Sapeva di peggiorare la situazione, ma ultimamente sentiva che solo il vino poteva darle la sicurezza che cercava. Stai diventando come Robert, ridacchiò una vocina nel suo cervello, che mise subito a tacere. Tywin Lannister decise che era il momento adatto per metterla al corrente di ciò che gli attraversava la mente, e si sedette di fronte a lei.

“Come avete intenzione di disporre di Eddard Stark, tu e tuo figlio Joffrey?”

Dritto al punto, tagliente quanto bastava: suo padre non era cambiato.  Conosceva le sue intenzioni, gliele leggeva negli occhi e sapeva perfettamente che non sarebbe servito a nulla girare intorno alla questione ancora a lungo. Quella qualità che avrebbe voluto ereditare da lui non finiva di metterla in difficoltà, ma in qualche modo se lo aspettava. In qualche modo, avrebbe ottenuto ciò che voleva.

“Disporre?” un sorriso obliquo le incurvò le labbra. “La giustizia va amministrata, non credi anche tu? Eddard Stark è venuto da me blaterando idiozie riguardo ad un mio coinvolgimento nella morte di Robert, e ha preteso che mi facessi da parte. Non possiamo rischiare che complotti ulteriormente contro la Corona, magari facendosi aiutare da Stannis e Renly Baratheon e dai lord del Nord e dell’Altopiano… non sappiamo di cosa potrebbe essere capace. Un periodo in carcere potrebbe farlo diventare più… ragionevole, ecco.”

“E dopo? Hai intenzione di condannarlo a morte, così da metterci contro metà del Continente Occidentale?”
Il tono di suo padre non era di rimprovero, ma la tranquillità che stillava da ogni sillaba la inquietava di più che se le avesse gridato in faccia. Cersei strinse un pugno in grembo, mentre suo padre si rigirava tra le dita una delle coppe da vino che i servitori avevano posato sul tavolo, lanciandole ogni tanto occhiate fredde. Gli occhi azzurri sembravano ghiaccio puro.

“Cosa altro potremmo fare ad un traditore della Corona, che vuole vendere il Trono ai fratelli di quell’inetto del mio defunto marito?”Cersei cercò di mantenere la calma. “Voglio solo il bene dei miei figli, e quello del regno. Cosa fareste voi, nella mia posizione?”

“Lo invierei alla Barriera, ad esempio. O in esilio. Ti rendi conto di come verrebbe accolta una condanna a morte priva di prove, soprattutto se il condannato è un uomo noto a tutti per la propria rettitudine?” sorrise. “No, evidentemente. Altrimenti ci avresti pensato per prima. Sembra proprio che la tua impulsività non faccia altro che ostacolarti.”

Cersei si morse un labbro, trattenendosi dal gridare. Non poteva darla vinta a suo padre. Desiderava solo che il suo Primo Cavaliere venisse messo a tacere, ma lo scenario che Tywin le aveva presentato sembrava decisamente troppo realistico per ignorarlo. Se gli Stark avessero davvero approfittato di quella decisione per fomentare una rivolta contro la Corona, facendosi appoggiare dai Baratheon, e magari anche dai Tyrell? Avrebbe davvero potuto disporre di un buon esercito, in grado di annientare i suoi nemici e dimostrare la superiorità della propria famiglia? No, le sussurrava quella voce crudele nella sua testa, e aveva lo stesso tono sarcastico di suo padre.

“Eddard Stark verrà inviato alla Barriera come grazia elargita direttamente del Re, ed è meglio che tu inizi a mettertelo in testa” concluse Tywin Lannister, senza lasciarle alternative. “Puoi decidere se dare l’annuncio durante un’udienza con il Re o domani in pubblico, questo te lo concedo. Non ci sarà nessuna esecuzione, è la mia ultima parola sull’argomento.”

Cersei chinò la testa, umiliata. Non lo guardò uscire dalla stanza a passo felpato, come un anziano leone che otteneva il rispetto con la paura, quasi non sentì nemmeno Jaime che entrava e si chiudeva la porta alle spalle, sedendosi a poca distanza dal tavolo. Alzò gli occhi solo quando il gemello annunciò la propria presenza con un colpetto di tosse.

“Non possiamo liberarci di Stark.” Cersei stava cercando di liquidarlo, ma Jaime non se ne accorse, o forse non voleva farlo. “Hai sicuramente sentito nostro padre… non possiamo rischiare un attacco. La notizia si diffonderebbe, avremmo i Lord del Nord e dell’Altopiano tutti addosso. Andrà alla Barriera, e se saremo fortunati riusciremmo anche a farla sembrare una grazia speciale concessa da Joffrey.”

Jaime sorrise, ma era un sorriso amaro. “Immagino dovremmo fare in modo che non invii nessun corvo, allora. Sa ancora scrivere, a quanto mi risulta, e tagliargli le mani non gli impedirebbe comunque di far arrivare la verità alle orecchie giuste.”

“Chi vuoi che gli creda?” sbottò Cersei, alzandosi di scatto. Prese a percorrere a grandi passi la stanza, frustrata. “Un Guardiano della Notte, condannato per alto tradimento, che invia messaggi pieni di farneticazioni? È fuori discussione. Ad ogni modo, far intercettare dei messaggi e distruggerli è molto più semplice che fronteggiare l’attacco di chissà quanti Lord.”

Perché suo fratello le appariva tanto soddisfatto? Il sorrisetto che gli piegava le labbra era insopportabile da guardare, e Cersei provò l’impulso irresistibile di dargli uno schiaffo. Si ripeté per l’ennesima volta che non doveva arrabbiarsi, e che in fondo quella grazia poteva volgere a favore della Corona e del ruolo di Joffrey, ma non riusciva a togliersi dalla testa il tono di suo padre. Il sarcasmo, il fatto che le stesse dando ordini come avrebbe fatto ad una bambina piccola, o ad una serva.

“Non possiamo rischiare che si insospettisca di più” sibilò, e per quanto desiderasse mantenere un tono distaccato non riuscì a non digrignare i denti. “Avrà capito che la morte del Re è opera nostra, non è uno stupido. Se però riuscissimo a fargli credere ancora che Jon Arryn sia morto davvero di malattia, in qualunque modo, avremmo una speranza in più di continuare a governare a modo nostro.”

“A modo tuo, vuoi dire.” Jaime era vicino alla porta, e la aprì con un solo gesto. “Non sono mai stato una parte importante dei tuoi progetti, Cersei, te l’ho già detto. E in fondo, ti bastava ottenere quello che desideravi, no? Un regno tutto tuo, senza nessuno che ti dica come amministrarlo.”
Si voltò, dandole le spalle. Non si fermò nemmeno per darle un’occhiata, né aspettò abbastanza da cogliere quel “Jaime!” urlato con voce livida di furia che la sorella gli aveva appena rivolto.

 
 
 








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So di essere totalmente imperdonabile, per cui non aggiungerò altro: mi dispiace che questo aggiornamento sia arrivato così tardi. Ho lasciato perdere il fandom per un bel po', mi sono laureata, ho iniziato a lavorare e in tutto questo ho abbandonato la storia e la voglia di continuarla... finché non è arrivato il buon proposito numero 1 del 2019, che era di finire almeno questo capitolo e raccogliere idee per i prossimi. Mi rendo conto che si tratta di un capitolo "di passaggio", ma spero vi faccia comunque piacere leggerlo. Se non altro, mi è servito a tirare le fila della storia e gettare le fondamenta per la parte successiva. 
Grazie ancora per tutte le letture, le recensioni, i preferiti e le seguite. Ogni volta che mi dimostrate amore, mi sento più motivata a continuare a scrivere in generale. 

Rey
   
 
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