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Autore: Lila May    04/01/2019    2 recensioni
Feste, baci in piazza, litigi, perché quell'amore sarebbe dovuto essere un per sempre, e forse davvero, tra delusioni e pianti isterici, Cristina alla fine di tutto tornerà a crederci. La prima storia d'amore di Ezio Auditore, ambientata ai giorni nostri.
dal testo:
-Sei furba, dolcezza, ma non abbastanza. Prima o poi, qualcuno in classe dirà il tuo nome. Io lo saprò. E lo userò, che ti piaccia o meno.
-Lo avresti saputo, carino, se non avessi mancato il primo giorno di scuola. Il secondo. Il terzo. Il quarto. Una settimana intera.
-Ero in vacanza.
-E io a scuola a dire il mio nome davanti a tutti. Te lo sei perso, Auditore, beh... pazienza.

Guarda il ciondolo, ricorda con immenso dolore come faceva contrasto il rosso della croce con la sua pelle color caramello.
Prende a pugni lo specchio, vuole spaccarlo ma non ci riesce nemmeno in quello.
Terrà la collana.
Sarà la sua peggior punizione, per aver creduto che con lui sarebbe stato per sempre.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Calfucci, Ezio Auditore
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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✠ second part.


♦ punizione.
Cristina si era fidata di quelle parole. In quel frangente di tempo passato insieme, aveva creduto davvero all'amore di Ezio. Lo aveva realmente preso con serietà.

Eterno, sarebbe dovuto essere. Magico. Speciale. Loro due, una cosa sola. Per sempre.

Illusioni. Illusa lei, solo una povera illusa. Avrebbe dovuto saperlo prima che lui non l'aveva mai pensata alla sua stessa maniera. Che gli era bastato atteggiarsi un po' da fenomeno, mostrarsi come paladino della giustizia, qualche battuta ironica, un po' di scopate. E poi lasciarla lì, a marcire sola. A distruggersi, sola.
Quell'estate era partito per Monteriggioni, dallo zio. Ci era stato per tre mesi interi, mesi in cui Cristina aveva vissuto delle sue foto, i suoi messaggi, le sue chiamate sempre più rare. Era tornato a Firenze soltanto il primo giorno di settembre, di sera, abbronzato, con i capelli ancora più lunghi, e le aveva dato la brutta notizia con una delicatezza che le aveva sciolto il cuore di dolore. Ezio cambiava scuola. Andava là a fare l'ultimo anno, perché i suoi avevano deciso così, suo padre aveva avuto problemi gravi a lavoro e aveva deciso di stabilire temporaneamente la famiglia dal fratello.
Cristina aveva sentito un castello crollarle addosso. Ogni speranza di vivere una vita con lui cancellata, tutto distrutto, demolito da quella scelta improvvisa annunciata solo a pochi giorni dal trasloco definitivo. E aveva pianto. Tanto. Troppo, inutilmente. Gli era sparita tra le braccia, si era aggrappata come una disperata alla sua maglia, al suo profumo. Mai avrebbe voluto farlo andare via, ma se per il padre era giusto così, inutile insistere. Inutile instillargli dubbi, farlo ricredere, ribellare. Avevano fatto l'amore per l'ultima volta. << cercherò di tornare, ogni tanto, per rivederti. >> le aveva sussurrato il suo Ezio all'orecchio, per poi baciarglielo e tenerla stretta a sé fino all'alba. Nessuno dei due era riuscito a dormire.  Quando il sole era ormai sorto, le aveva lasciato la collana tra le mani, poi gliele aveva baciate, e tenute strette tra le sue. << tienila tu. >>
c'era stato un altro bacio. L'ultimo.
<< così mi avrai sempre con te. >>

E invece ora, a distanza di mesi, Cristina la guarda, quella collana che ha intorno al collo, distrutta, spettinata, con gli occhi gonfi di lacrime, e sente che Ezio le ha solo raccontato un mucchio di cazzate. Sente di doverlo definire peggio di Vieri, per essersi preso così gioco di lei, del suo cuore immaturo, ingenuo, per infine tradirlo a scapito degli occhi di un'altra, il corpo di un'altra.
Sì.
Ezio ha un'altra. E' stato un suo vecchio amico a dirglielo, mostrandogli persino la foto di loro due insieme in un colle di Monteriggioni. Cristina non riesce a togliersi l'istantanea dalla testa. Non riesce a dimenticare il sorriso che è ritratto in quello scatto fatto di sfuggita, lo sguardo sognante della sua attuale ragazza, come lo guarda, così piena d'amore, così presa da lui e la sua essenza di uomo. Le si rode il fegato di dolore, tutte le volte. La gelosia avanza ad ogni secondo. Non sa che dire.
Si porta una mano alla collana, tira verso il basso. Vuole romperla, e buttarla nella mondezza comunale.

Aveva creduto in un per sempre illusorio e stupido, e ora ne paga le conseguenze. Come era stato possibile avergli permesso di aiutarla con Vieri, quella sera, di salire in moto con lui...? Sarebbe dovuta tornare indietro da sola. Impedirgli di avere quella seconda opportunità.
Perché Ezio l'aveva bruciata.
E continua a farlo, continua a ferirla solo col nome, solo con la forza dei ricordi. Cristina vorrebbe rovesciarsi il cervello in un pozzo senza fine. Smarrirlo da qualche parte, istigarlo a sottoporsi ad un completo lavaggio. Vuole dimenticarlo, quell'Auditore del diavolo. Ma cammina per le strade di Firenze e legge il suo cognome sulle banche, ne sente parlare in giro, guarda quella collana e le viene voglia di scagliarla lontano.
Verso Monteriggioni.
Che possa ritornare al proprietario. Tira ancora di più, si lascia sfuggire un gemito di dolore. Una lacrima le inonda la nocca del medio.

Non può farlo.
Non ci riesce.
No.

Scoppia a piangere e rinuncia a rompere il ciondolo.

Non vuole.

Ama Ezio. Lo ama troppo per farsi vincere così dalla gelosia, dall'invidia, dalla nostalgia che ha di lui. Lo ama troppo, per divenire vittima di una foto. Lo ama troppo, però, per essere felice della sua nuova vita. Quello no, non può chiederglielo. Non prova gioia quando osserva la chioma della sua attuale ragazza, quando osserva il cellulare consapevole che Ezio mai più le darà un colpo di telefono. Mai più ci saranno quei ti amo.
Mai più quei sospiri.
Finite, le sue carezze dolci sul viso.
Guarda il ciondolo, ricorda con immenso dolore come faceva contrasto il rosso della croce con la sua pelle color caramello.
Prende a pugni lo specchio, vuole spaccarlo ma non ci riesce nemmeno in quello.
Terrà la collana.

Sarà la sua peggior punizione, per aver creduto che con lui sarebbe stato per sempre.



♦ Illuso.
<< Cristina...? >>
Ezio si volta all'improvviso, e il vento di aprile gli sferza il viso avvolto da una dolce barba scura.
Cristina, santo dio. E' lei. Lei, con quel maglione color mandarino troppo largo, i capelli neri raccolti in una crocchia. Cammina veloce dinanzi alle statue fittizie di Michelangelo, la testa bassa e le spalle curve su un libro non meglio identificato.
Sta andando nella biblioteca nazionale di Firenze, sicuro, quella verso Piazza Cavalleggeri, ipotizza Ezio, e il cuore gli esplode nel petto tremante d'amore. La strada è lunga, pensa, e la gola gli si fa secca, gli occhi lucidi. Sono lontani dall'Arno. Pensa sono al posto di "è", perché forse può andare con lei, forse può accompagnarla. Può ancora raggiungerla, se muove quelle dannate gambe. Un vortice lo travolge mentre avanza, indeciso, a bocca aperta. Poi si mette a correre chiamandola, facendosi largo tra i turisti che affollano i dintorni di Piazza del Duomo a causa della monumentale presenza della Basilica di Santa Maria del Fiore; la acciuffa per una mano, la fa girare. Era tornato da poco a Firenze per trascorrervi le vacanze di pasqua, ma aveva sempre coltivato la lieve, flebile, fiacca speranza di poterla rivedere. Anche solo di sfuggita. Per errore. Per un secondo.
Ecco di nuovo la sua occasione.
Cristina si gira.
E' gelido il suo sguardo su di lui, ma ad Auditore non importa. E' così felice di riaverla di nuovo al suo fianco. << Cristina... oh, Dio... >>
<< Ezio. >>
Le sorride dolce. Quanto le era mancata. Non aveva fatto altro che pensare a lei, in tutti quei mesi passati a Monteriggioni. Aveva provato a dimenticarla, ad andare avanti, aveva avuto storie, lasciato ragazze. Niente che fosse servito a cavargli dalla testa Cristina. La sua colomba. La sua unica gioia di vita. << Cristina, che ci fai qui--
<< Domanda che dovrei porre a te, Ezio Auditore. >> le iridi di Cristina diventano di nebbia densa, mentre la brezza primaverile solleva intorno a loro risate e sussulti di stupore dinanzi alla potenza della vicina Galleria degli Uffizi. << che ci fai qui. >>
<< Vacanze di pasqua. >> risponde Ezio, e si china, per poterla abbracciare. Ma Cristina fa un passo indietro. Cristina costruisce un muro, tra loro, e lui lo sente bene contro la faccia. All'improvviso gli pizzica il naso.
Le certezze crollano. Non capisce se ha fatto bene a fermarla. A pretendere ancora di recuperare qualcosa di già perduto. << Cristina, mi sei manc--
<< Monteriggioni ti ha scocciato? >>
<< Cosa...? >>
Cristina fa spallucce, nonostante la voce pesante. << come va con la tua ragazza...? >>
Allora Ezio capisce. Capisce, non c'è bisogno che la ragazza aggiunga altro. Capisce che ciò che ha fatto a Monteriggioni, le giovani con cui è andato, le tipe che ha avuto, per lui non hanno significato.
Per lei sì.
Glielo legge nelle iridi che si è rotto qualcosa, tra loro, nel modo in cui lo fissa, riottosa, prepotente, ferita. E' spiazzato. E' deluso, da se stesso, per non aver pensato prima di chiederle se volesse continuare ad amarlo nonostante la distanza. Per aver scelto da solo secondo il conto di entrambi, di averla tenuta distante per non ferirla.
Si guarda le mani. Sono le mani artefici di un disastro.
Non stacca più gli occhi di lì.
<< Ezio, io ti amavo...! >> ora la voce di Cristina è rotta, spezzata come cristalli di vetro. Ezio non ha cerotti per rimetterla a posto. Li cerca, ma non li trova. Lo distrugge sentirla gridargli così. << ti amavo, diavolo, perché!!! All'improvviso hai smesso di cercarmi, hai lasciato che il tempo ci allontanasse, hai fatto vincere solo ciò che contava per te, ciò che ti veniva più comodo...!! >>
<< No, Cristina. >> prova a rimanere calmo, tende una mano. Cristina la guarda con odio, si allontana. Ezio la riprende. La fa ancora girare. La piazza intera ha occhi solo per loro due, e qualche flash di cellulare puntato addosso. << Cristina, io credevo che--
<< Tu credevi quello che volevi tu!! Hai demolito tutto perché A TE faceva comodo, hai ricominciato perché TU non ce la facevi, ma non mi hai mai presa in considerazione!! Sei semplicemente sparito, non ti sei più fatto vivo, mi hai eclissata dal tuo mondo!! >>
<< Cristina, non ho fatto altro che pensare a te in questi mes--
<< NON MI INTERESSA! Non hai scusanti, Ezio!! Avrei dovuto capirlo prima che in realtà non te ne fregava nulla. Quello che tu provi per me è passeggero, mi ami solo quando di pare, quando ti conviene--
<< CRISTINA!! >>
<< NO!!! LASCIAMI, VATTENE VIA! Torni, mi pretendi, mi vuoi, arrivi e pensi di poter sistemare tutto, ma io...? Io?? quello che provo dentro io conta, per te, Ezio?! >>
Ezio è morto dentro. Cristina non aggiunge nient'altro. Si ripara dietro il libro, volta le spalle e scappa. E questa volta Auditore non la ferma. E' furioso, confuso. Disperato. Cristina ha ragione, ma il suo orgoglio non vuole crederci. Non può credere che sia tutto finito con lei. Che per un trasloco sia tutto saltato in aria, il loro amore, le loro notti passate a carezzarsi tra i capelli. La ama. La ama, ma in quel momento solleva il braccio e la manda a fanculo davanti a tutti. E' nervoso. Non è la reazione che si era aspettato. Che aveva preteso. Illuso lui, ad aver creduto che Cristina lo avrebbe aspettato.
Si sarebbe fidata.




♦ requiescat in pace, amore mio.
Ezio è partito senza casco, quella notte.
E' disperato, guida storto, veloce, troppo, vuole raggiungere Firenze ma più accelera più la città gli scappa dall'obbiettivo. Sta piangendo. Il vento gli spinge indietro le lacrime, gli appanna la vista, gli inonda le iridi marroni trafitte d'orrore. E' tutta colpa sua. E' colpa sua, se è accaduto quel che è accaduto.
In quel momento non sente nulla intorno a lui. Nulla lo tocca, non gli arriva il rombo del motore, non vede la strada, i lampioni che la illuminano, i clacson che suonano.
Firenze non arriva, porca puttana. Questo conta. Conta che non arriva, la dannata, che lui non può stare ai suoi comodi, che ha un disperato bisogno di tornarle in seno. Non si ferma allo stop, e come una saetta evita uno schianto, salendo su per una scorciatoia secondaria.
Non può perdere tempo. Non ne ha, questa volta, non è più tutto facile come in estate. Non più mesi, non più anni per decidere cosa fare con Cristina. Ore, adesso. Minuti, forse. Ha paura. Ha la mente vuota, lucida da star male, ferita ovunque.
Trema, anche se fa caldo.
Arriva in ospedale alle due e mezza di notte, e scende dalla moto quando questa ancora va, la ferma col cavalletto, scivola sulla ghiaia. Ansimando fa le scale, leva di mezzo la gente. << Cristina...! >> geme, entra e si precipita alla reception. L'infermiera capisce senza chiedere. Lo indirizza verso una stanza ed Ezio va, corre, monta altri gradini perché l'ascensore a suo dire non lo farebbe arrivare in tempo. Arriva, e dinanzi alla porta chiusa vi sono i genitori di Cristina.
La madre lo vede, lo riconosce, e gli corre incontro per abbracciarlo. Ezio non riesce a ricambiare. E' talmente ansioso, disperato, che nemmeno percepisce il calore della donna avvolgerlo. << dov'è Cristina >> chiede, furioso. << è lì dentro...? Perché?! >>
I due genitori si guardano pallidi, nessuno dei due gli da una risposta. Ezio scuote il padre con talmente tanta forza da farlo gemere. Non è mai andato d'accordo con lui. Ma in quel momento non importa a nessuno dei due. << Cosa cazzo è successo a Cristina, qualcuno me lo vuole dire?! >>
La madre trova il coraggio di parlare. << io e mio marito siamo usciti a cena fuori... l'abbiamo lasciata a casa da sola, e... >>
<< E?! >>
<< sono entrati dei ladri... erano armati... Cristina... lei... io... >>
Ezio perde forza. Si aggrappa al muro, ansante, e sente di voler svenire. La testa gira, la testa gira, si incolpa, si dice che se fosse rimasto con Cristina, se l'avesse tenuta stretta al petto, protetta, amata come meritava, forse, ai ladri ci avrebbe pensato lui. Forse ora ci sarebbe stato lui al posto suo, in quella stanza.
Ha bisogno di vederla.
Spinge la maniglia, furioso, con le lacrime che bruciano, e un infermiere di guardia lo ferma. << no, ragazzo >>
<< No un cazzo, togliti! >> Ezio lo spinge ed entra. Ma non c'è nessuno sul lettino. << dov'è Cristina?! >> chiede, in panico, e il padre di lei prova a calmarlo. Lo respinge con una spallata, è furioso, non vuole essere toccato, calmato. Vuole solo sapere dov'è la sua colomba. Dove gliel'hanno portata. Cosa le hanno fatto quei bastardi cani infami. << ditemelo!! PARLATE!! >>
Ad un certo punto, una barella trasportata da quattro dottori muniti di mascherina esce da una sala piena di medicinali di pronto soccorso.
Sopra c'è Cristina. Ha il braccio scaraventato verso il pavimento, gli occhi chiusi, tubi a circondarla ovunque. Ezio diventa viola. Verde. Bianco. Il cuore gli si spacca per il troppo battere. << CRISTINA!! >> grida, e si mette a seguire la barella, ansante << Cristina..! >> le prende la mano, gliela bacia. E' fredda come quella di un morto. << Cristina...!! >>
<< Signore, si allontani >>
Non li ascolta, quei dottori, loro non sanno. Non sanno cosa sta provando dentro in quel momento. Quanto dolore lo sta annientando. Cristina apre gli occhi piano, quasi disturbata dalla luce dei neon che le illuminano il viso di un cereo giallo. << E-Ezio....! >> vuole esclamare, ma le esce un gemito flebile dalle labbra viola. << Ezio... >> mormora, e gli occhi le si riempiono di lacrime. Ezio accelera, vuole stare al passo. Non vuole perderla. Le tiene la mano, a quella si aggrappa, disperato. << Cristina... Cristina, sono qui con te... >> le guarda la ferita allo stomaco per errore, e basta a farlo scoppiare a piangere. E' tutta rossa. Cola sangue, nonostante sia circondata da una fascia provvisoria a quattro spessi strati impermeabili. << Cristina... >>
<< Ezio, non ti preoccupare... >> il respiro si condensa nella mascherina che le circonda il naso pallido. << sei sempre stato con me... >> gli lascia la mano con debolezza, ed estrae dalla maglietta sporca di sangue la collana con la croce rossa.
Ezio vorrebbe strapparsi i capelli.

L'ha tenuta.

Cristina ha tenuto la collana. La sua collana, la loro collana. Le lacrime sono troppe, si gettano dai suoi occhi sciogliendogli le gote intirizzite di dolore.
<< hanno cercato di prenderla, ma io ho lottato con tutte le... >>
<< Non parlare più amore mio... >>
<< Ezio... ho sperato fino all'ultimo di avere una seconda possibilità con te... >>
<< Non lasciarmi Cristina... possiamo ancora essere qualcosa... ti amo, e... e mi dispiace... mi dispiace così tanto, io... i-io... >>
<< Shhh, Ezio... andrà tutto bene... >>
Le riprende la mano, se la porta sulle labbra gelide e lì la tiene, speranzoso, seguendo quella barella fino a che non arriva in sala operatoria.

Ma Cristina non regge.

Cristina all'improvviso smette di lottare, e le dita allentano la presa intorno a quelle sudate di Auditore. Gli occhi le si chiudono, la testa finisce reclinata verso il basso. Il respiro cessa di appannare la mascherina, la flebo di ribollire.
Ezio diventa di pietra. Non vuole guardare.
Lo sa già. La coltellata al cuore che riceve lo avverte prima di qualsiasi altro marchingegno.
Uno dei quattro dottori lo trascina via, e il giovane si fa ammansire come una bestia, distrutto. << mi dispiace, ragazzo... >>
Gli permette di trasportarlo fuori, perché possa prendere una boccata d'aria, ma nessun filo di vento gli entra dalle narici chiuse di muco, pianto e dolore. Casca per terra e rimane seduto sui gradini freddi, privo di forze. Guarda la sua moto in lontananza.
Non sente più nulla. Non il cuore battere, non i nervi reagire.

I ricordi lo annientano. I rimorsi lo ammazzano.

E lo cerca, quel disperato crocifisso color rubino, lo cerca davvero, sulle clavicole, intorno al collo, anche se sa perfettamente che è rimasto incantenato in quello di Cristina. Si porta le mani sul viso morto. << riposa in pace amore mio... >> mormora, piangente, distrutto, e preme le dita sulla pelle del cuore fino a farle diventare bianche. Batte ancora. Ancora, per lei.

E avrebbe per sempre continuato a farlo.



___________________________________________________________

nda
ok, so che è pessimo fare un angolo autrice dopo roba tanto deprimente, ma devo in qualche modo dire la mia, farmi sentire. Prima di tutto, sottolineo che non ho mai scritto su AC, e non credo tornerò a farlo. Secondo, io adoro Cristina, e questa è la sua vendetta.
Lei ed Ezio erano semplicemente tutto, erano i signori di Firenze, e sono in assoluto la mia coppia preferita di tutto AC 2. Ho sempre amato il modo costante di Auditore di pensarla, la sua disperazione nell'andarla a cercare a Venezia, fino a fingersi addirittura suo marito pur di passare degli istanti d'amore con lei. E quando Cristina muore... ed Ezio finalmente dichiara di amarla...
quell' "amore mio" che forse avrebbe dovuto dirle più volte, che forse avrebbe dovuto trattenere con più forza, diventa così immortale, davvero. Immmmmortale.
Tuttavia, il suo atteggiamento -quello di Ezio- mi ha, spesso e volentieri, indignata, e mio malgrado mi ritrovo ad essere d'accordo con Cristina. Ecco perché la sua vendetta.
Ezio, ti sta bene che sia morta. Ti muovevi prima(?)
In questa fiction ispirata ai momenti del gioco (avrete notato molti dialoghi simili o "ripresi", che chiaramente NON mi appartengono: ci tengo a specificarlo, anche se è ovvio), ho voluto provare a riscrivere la loro storia d'amore in chiave molto alternativa spero di non aver fatto una cazzata e moderna, ambientata nella Firenze dei nostri giorni anche se sì, lo so, era più bella quella Rinascimentale--
sta a voi cogliere tutti i momenti Eziostina(?) contenuti all'interno della mini long, perché se mi mettessi a parlare di ciascuno di loro probabilmente non finirei più le nda.
L'importante per me era rimarcare quanto sia fondamentale quel medaglione, per entrambi, dal primo momento in cui lui glielo lascia, al momento in cui lo scorge sul petto di Cristina mentre sta per morire. Per me non è un tassello, E' IL TASSELLO. E' ciò che li ha tenuti legati fino alla fine, e ciò che continuerà a tenerli uniti per sempre.

Il testo era uno solo, in origine, ma l'ho diviso in due mini capitoli secondo momenti felici e momenti tristi, per comodità, e la scritta "noi siamo uno, amore mio", è presa da un'immagine che purtroppo non riesco più a trovare, e raffigurava la mano di Ezio che stringeva con forza il medaglione. Bellissima.

Spero che la mini long sia stata di vostro gradimento! Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, anche critica, insomma, qualsiasi cosa!
Baci!

Lila
   
 
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