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Autore: Acinorev    04/01/2019    1 recensioni
Torino.
La città magica. La città della grandiosa Gran Madre illuminata, dell’onnipresente Mole Antonelliana e del maestoso Castello del Valentino. La città dei famigerati Murazzi, del Po notturno e scrosciante, di Piazza Castello e le sue fontane, del rinomato ed affascinante Museo Egizio. La città dei chiclets, della formicolante Piazza Vittorio, della discussa Juventus.
La città di Jun e del suo amore verso poche, indiscutibili cose. La città di un appartamento vivace e di una bambina che lo colora di vita. La città di Arianna e dei fiori con i quali racconta le sue giornate. La città del cambiamento incessante, delle storie che evolvono senza fine, delle esistenze che si intrecciano inaspettatamente, della vita che va avanti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo due - Casa
 
 

Manuele era ritto di fronte alla vetrina del negozio: il grembiule celeste legato malamente dietro la schiena e le mani callose sui fianchi larghi. Osservava i passanti al di fuori, indaffarati sul marciapiede logoro della via poco trafficata.
«Papà?» Lo chiamò Arianna, inclinando la testa e sospirando piano. In ginocchio sulla sedia dietro al bancone, era appoggiata su di esso con tutti gli avambracci.
«Papà?» Ripeté a voce più alta.
Lui si voltò per un solo istante, distrattamente. «Siediti bene, per l’amor del Cielo, o un giorno di questi ti ritroverai sul pavimento» borbottò. «Se entrasse un cliente faresti una pessima figura, per niente professionale.»
Lei sorrise, fece come le era stato detto. «Papà, non entrerà proprio nessuno se continuerai a fissare tutti in quel modo» commentò con tenerezza.
«Non li sto fissando. Sto aspettando» puntualizzò Manuele, incrociando le braccia al petto ed assumendo un’aria ancora più impaziente. La sua figura stonava con ciò che lo circondava, si ergeva imponente – ed ingombrante, come avrebbe detto la sua adorata moglie – tra gli stretti sentieri di passaggio lasciati sgombri da ceste di fiori e composizioni varie. Ognuna di esse contribuiva a regalare all’ambiente una manciata di colore, ognuna emanava una particolare fragranza dolciastra nell’aria: era l’atmosfera familiare nella quale Arianna aveva imparato a camminare e a distinguere una margherita da una gaillardia.
Arianna alzò un sopracciglio e scosse la testa. «Che ne dici di portarci avanti con il lavoro, nell’attesa?» Propose come ultima speranza. «Potremmo preparare le bomboniere per la Signora Alto.»
Manuele sbuffò sonoramente, si grattò il capo e riposò la mano tra i capelli ingrigiti. Alzò lo sguardo sull’orologio appeso ad una parete, incastrato tra mensole colme di prodotti ben assortiti, e si rivolse alla figlia. «Per te non è ora di andare?»
Arianna ci pensò su, ma era disposta a perdere qualche minuto pur di salvare la situazione. «E lasciarti qui a spaventare ogni possibile cliente?» Scherzò.
Lui si avvicinò lentamente con la fronte aggrottata: gli occhi piccoli e neri mal celavano un’inquietudine che il suo viso paffuto si ostinava a non voler mostrare. «Mi occupo di questo negozio da prima ancora che tu nascessi, sono piuttosto sicuro di poter restare solo per poche ore» le fece presente con l’ombra di un sorriso.
«Non ne dubito, è che…»
«Arianna» la interruppe Manuele, con lo stesso tono di voce che lei aveva imparato ad usare con la testarda Sofia quando voleva ammonirla.
Lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando in modo teatrale: «Sei impossibile» decretò con arrendevolezza.
«Mi vuoi bene anche per questo» le ricordò lui con aria vittoriosa. «Oggi pomeriggio badi alla piccola peste?»
Arianna appese il grembiule al suo posto e si sistemò i capelli raccolti in una coda, afferrando la giacca e la borsa. «No, ci pensano i genitori di Jun.»
«Quel povero disgraziato lavora di nuovo fino a tardi?» Indagò, sistemando una composizione sulla quale gli cadde l’attenzione.
«Tutto il contrario: oggi è in libera uscita» sorrise Arianna, raggiungendo Manuele per baciargli una guancia. Poi gli si avvicinò all’orecchio e gli confidò un segreto: «Ha un appuntamento, il povero disgraziato» sussurrò allegra. «Ma non dirlo a nessuno, sai come reagirebbe.»
Manuele strabuzzò gli occhi e spostò più volte il peso da una gamba robusta all’altra. «Ma come? Un appuntamento?» Domandò incredulo, balbettando qualcosa con la fronte corrugata.
«Esatto!»
«Con una ragazza?»
Arianna rise, divertita da quello scambio di battute, così simile a quello avvenuto tra lei e Jun solo la sera prima. «Anche io stentavo a crederci, quando me l’ha detto, ma…»
«E tu? E-e… voi?» Manuele era terribilmente confuso, lo si poteva notare dalle labbra increspate e lo sguardo accigliato. Ma a quella domanda, Arianna poté dirsi più confusa di lui.
«Noi?» Ripeté lentamente, sbattendo le palpebre.
Il padre sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Ah, lascia perdere il tuo vecchio pazzo» le consigliò, dandole un bacio. «E ora va’, o farai tardi.»
Arianna sorrise esitante ed annuì, uscendo subito dopo per raggiungere la palestra Golden Club.

 

♦♦♦

 
Serena era seduta compostamente su una delle panche, intenta a limarsi un’unghia – non che se la fosse scheggiata durante qualche esercizio, ovvio. Arianna non aveva ancora capito perché la sua amica si scomodasse a frequentare la palestra, in fondo non si era mai, nemmeno una volta, prodigata in qualcosa che somigliasse anche solo lontanamente all’attività sportiva: ogni volta che aveva provato ad indagare sull’argomento aveva ricevuto risposte vaghe ed insoddisfacenti. L’aveva conosciuta lì, in quella stessa sala da allenamento ed in quel medesimo atteggiamento imperturbabile: proprio come quel giorno di due anni fa, il corpo snello di Serena era fasciato da abiti acquistati diligentemente alla Decathlon ed i lineamenti morbidi del suo viso erano sottolineati dal trucco leggero e sempre perfetto.
Arianna era un’assidua frequentatrice della Golden Club, anche grazie al fatto che il proprietario era un grande amico di suo padre, il che le aveva concesso un certo vantaggio economico. Si esercitava più volte alla settimana, provando soddisfazione nel tenersi in forma, e Serena la accompagnava volentieri ogni volta che il suo lavoro da truccatrice glielo permetteva: le due si incontravano negli spogliatoi all’orario concordato ed il resto delle tempo trascorreva con Arianna provata dallo sforzo fisico ed imperlata di sudore, la playlist sempre discutibile della sala da allentamento e Serena – impeccabile – distrattamente ed elegantemente seduta da qualche parte, pronta a dare sostegno alla sua amica e talvolta anche a fornire consigli professionali. Arianna era convinta che, a forza di restare lì impalata ad osservare i frequentatori della palestra, Serena si stesse lentamente evolvendo in una personal trainer ad honorem.
«Hai trovato una nuova coinquilina?» Domandò Serena, distorcendo le parole con uno sbadiglio trattenuto.
Arianna terminò la prima serie di addominali prima di risponderle. Il respiro accelerato. «No, sto ancora cercando» rispose, bevendo dell’acqua per rigenerarsi. Non poteva permettersi l’appartamento in cui viveva se non aveva nessuno con cui dividere le spese: si riteneva fortunata ad avere un lavoro che poteva svolgere a casa o dovunque volesse, ma stilare piccoli articoli di pubblicità sui prodotti ed i luoghi più disparati per un’agenzia non era una garanzia certa di sostentamento. Talvolta il guadagno era notevole, altre volte era quasi nullo. Nemmeno con la parvenza di stipendio che suo padre le offriva in cambio del suo aiuto in negozio si sentiva sufficientemente al sicuro.
«Se solo la mia migliore candidata non mi avesse dato un due di picche…» sospirò con un sorriso, riprendendo a fare gli addominali.
Serena alzò gli occhi al cielo e ripose la lima nella sua borsa. «Ti ho già detto che non sono affatto tagliata per vivere con qualcun altro, ti conviene depennarmi dalla tua lista e dare un taglio netto alle tue speranze.»
«Cinica» commentò Arianna. «Una tua amica ha assoluto bisogno di aiuto e questo è il tuo atteggiamento?»
«Si dà il caso che la mia amica che ha assoluto bisogno di aiuto, avrebbe anche una conveniente soluzione a portata di mano, se si decidesse ad aprire gli occhi» le ricordò Serena, inumidendosi le labbra sottili e ben delineate. Spiccavano sensuali sulla sua carnagione lattea.
«Ehi, Ari!» Esclamò qualcuno, passando loro accanto.
Arianna si mise a sedere e riconobbe Alessandro, un compagno di università di Jun con il quale si era concessa un paio di appuntamenti in passato. Posando gli occhi sul suo fisico ben definito si complimentò mentalmente per quella soddisfacente conquista. «Ciao» lo salutò, sorridendogli con le guance arrossate. Lui le rivolse uno sguardo ammiccante prima di avvicinarsi al tapis roulant ed iniziare il proprio esercizio.
Quando Arianna si voltò verso Serena, notò i suoi occhi bruni puntati con sufficienza su Alessandro. «A quale soluzione ti stai riferendo?» Domandò, tornando al discorso che avevano dovuto interrompere.
L’amica sospirò. «Tu e Jun vivete insieme
«Non è vero» negò Arianna, quasi oltraggiata da quell’affermazione.
Serena la fulminò con lo sguardo. «Dormi anche da lui.»
«Smettila: capita solo di tanto in tanto, quando Sofia fa i capricci.»
«Ovvero cinque giorni su sette?» Ribatté l’altra con decisa ovvietà. «E poi hai fatto bene a nominare quel piccolo angioletto. Avete praticamente una figlia insieme e vivete praticamente in simbiosi: perché non sposti definitivamente le quattro cose che hai lasciato nel tuo appartamento in quello di Jun? Sono sicura che anche a lui non dispiacerebbe condividere le spese, e magari non gli dispiacerebbe nemmeno altro.»
Arianna la osservò accigliata, seriamente scioccata dall’assurdità delle sue parole. «Non so nemmeno da dove iniziare per contraddirti» decretò. «Ti sbagli su tutta la linea: io e Jun abbiamo vite separate, ed anche se spesso si incastrano per via di Sofia – sua figlia, ci tengo a ricordarti – non vuol dire che dovremmo iniziare a convivere. E se stai alludendo alla possibilità che tra noi due possa esserci qualcosa di più dell’amicizia che ci lega, sei davvero, davvero una persona superficiale.»
«Io sarei superficiale?» Ribatté Serena, incredula. «Quella superficiale sei tu, se non hai ancora realizzato in cosa siete invischiati. Superficiale e cieca.»
Arianna sbuffò, allibita dalle insinuazioni della sua amica: le probabilità che tra lei e Jun potesse esistere un qualcosa di vagamente romantico rasentavano lo zero. Il loro rapporto forse era strano da comprendere, agli occhi degli altri, e forse era anche facilmente fraintendibile, ma chi più di lei poteva essere più credibile nel delinearne la natura? Per un istante si sentì dispiaciuta nel dover incassare insinuazioni simili e le sembrò di doverlo fare per la seconda volta quel giorno: le parole e l’espressione di suoi padre in negozio, solo poche ore prima, le furono improvvisamente più chiare. «Ti prego, smettila di dire assurdità.»
Serena alzò gli occhi al cielo ed incrociò le braccia al petto, senza dare segni di nervosismo. Non le rispose, ma questo non significava che stesse dichiarando la sconfitta.
Fu Arianna a continuare la discussione dopo una manciata di secondi. «Se proprio vuoi saperlo, Jun ha un appuntamento, oggi» dichiarò compiaciuta, sperando che questo potesse dissimulare i sospetti della sua amica.
«Un appuntamento? Jun?» Ripeté Serena, sbattendo più volte le ciglia di mascara.
Arianna annuì.
«Un appuntamento con una ragazza?»
«E con chi altro?» Domandò divertita, ma anche stranita per il ripetersi nuovamente di quello scambio di battute. Se il povero Jun fosse venuto a conoscenza della reazione suscitata negli altri nell’udire quella notizia, probabilmente si sarebbe sentito mortificato. E poi si sarebbe infuriato con Arianna per aver fatto parola della sua vita privata. Lei si sentì in colpa per aver spifferato una sua confidenza per ben due volte nell’arco della giornata, formulò delle scuse mentalmente, poi cercò di rincuorarsi: Manuele era l’incarnazione della fiducia e Serena era troppo disinteressata per costituire un pericolo.
Distraendosi da quei pensieri, proseguì. «Come vedi Jun ha ben altri interessi romantici. Senza contare che sarebbe estremamente sconveniente vivere con lui e dover invitare a cena la sua fidanzata» commentò con aria saccente, sperando di aver quietato le fantasie di Serena.
Ma la sua espressione le suggerì di non esserci affatto riuscita, così, quando la sua amica aprì la bocca per ribattere qualcosa, lei la anticipò: «E comunque anche io oggi ho un appuntamento».
«Ma non mi dire!» Esclamò Serena, sorridendo raggiante ed unendo le mani in un pomposo gesto di congratulazioni. «Forse avete un appuntamento tra di voi e non ve ne siete ancora resi conto» continuò con arrendevolezza.
Arianna le lanciò addosso un asciugamano e Serena se lo levò di dosso con il disgusto dipinto sul volto. «Fai pure la spiritosa,» la scimmiottò alzandosi in piedi, «io intanto vado a definire i dettagli con il diretto interessato».
Non sapeva cosa le fosse saltato in mente e non riuscì a capacitarsene nemmeno mentre si dirigeva verso Alessandro, con gli occhi di Serena puntati scetticamente su di sé. Era qualche tempo che non si vedevano in intimità ed era stata lei stessa a porre una fine ai loro incontri, sia per mancanza di un’affinità che andasse oltre il lato fisico, sia per la faccia sempre più contrariata di Jun, al quale non piaceva affatto che lei uscisse con i suoi compagni di università. Quest’ultima motivazione intestardì Arianna: se l’avesse seguita di nuovo, avrebbe in un certo senso dato ragione alle supposizioni di Serena, mentre lei era determinata a sottolineare la propria libertà sentimentale e di pensiero, la propria indipendenza. Questo le diede una spinta in più nel fare quello che fino a pochi minuti prima non si sarebbe nemmeno sognata di fare.
Alessandro stava correndo a ritmo sostenuto sul tapis roulant: il sudore aveva iniziato ad imperlargli appena la fronte alta, i bicipiti erano ben in vista ed Arianna si sentì in qualche modo obbligata a soffermarsi brevemente anche sulle sue natiche – che erano comunque un più che piacevole ricordo. Subito dopo si armò di un certo contegno e gli sfiorò un braccio con la mano: «Ehm, Ale?».
Alessandro smise di correre e si voltò verso di lei con stupore: quando le sorrise apertamente, lei ricambiò il gesto e si inumidì le labbra.

 

♦♦♦

 
Il bagno era illuminato scarsamente dalla luce del tramonto giunto quasi al termine, Arianna era in piedi davanti allo specchio e stava ripercorrendo i propri lineamenti nella penombra. Aveva le labbra ancora arrossate dal bacio che Alessandro le aveva rubato, prima di permetterle di lasciare il letto caldo dei loro respiri. Si sentiva avvampare, ed era convinta che se solo avesse acceso la luce ne avrebbe riscontrato la prova nella sua carnagione chiara arrossata dalla passione. Gli occhi castani sembravano stanchi, appesantiti da leggere occhiaie. Si avvicinò di più allo specchio e passò il dito su un brufolo che sembrava stesse per fare capolino accanto al piccolo neo sul suo zigomo destro, poi si ravvivò i capelli biondi, stropicciati dalle mani virili che fino a poco prima vi si erano annodate.
«Arianna?» Alessandro era dall’altra parte della porta, aveva bussato debolmente. «Io devo andare, ora.»
Arianna aprì la porta e gli sorrise, annuendo: si sporse per baciargli l’angolo della bocca, posando una mano sul suo addome snello e lasciando che lui le solleticasse il collo con il naso. Quando si accorse di come quel corpo attraente stava nuovamente abbandonandosi al desiderio, si ritrasse appena, ma non per fermarlo: «Hai detto di dover andare via» gli ricordò. Per quanto fosse stato un fuori programma, non le era affatto dispiaciuto dedicarsi a lui e trarne piacere: al contrario, ad essere sincera quasi le dispiaceva non poter prolungare il loro incontro.
«Lo so, lo so» mormorò Alessandro, mordendole un labbro ed accarezzandole ancora una volta il seno. Si baciarono tra un sorriso e l’altro, inciampando mentre si dirigevano alla cieca verso la porta di casa. Prima di girare la chiave nella serratura, si assicurò di essere presentabile e che le mani avide di Alessandro non avessero scomposto il pigiama che aveva indossato alla rinfusa.
«Chiamami, quando vuoi» la invitò lui, passandosi una mano tra i capelli mori: uscì sul pianerottolo e mise le mani in tasca, guardandola in attesa di una risposta che sperava potesse dargli soddisfazione.
Arianna non sapeva se promettergli qualcosa, non sapeva se ne aveva voglia, ma mentre cercava velocemente una risposta appropriata da formulare, il suono dell’ascensore in arrivo la riscosse. Sospirò sonoramente e si massaggiò la fronte, contando i secondi che rimanevano prima di venire scoperta.
La prima cosa che udì, infatti, fu la voce stridula ed allegra di Sofia, poi dovette solo aspettare che lei e Jun comparissero sul pianerottolo e che un breve silenzio li avvolgesse. Arianna si strinse nelle spalle e sorrise nervosamente, cercando di non incontrare lo sguardo di Jun ed accogliendo tra le braccia la piccola Sofia, che era corsa verso di lei non appena l’aveva vista. «Anna, Anna!» Esclamò tra i suoi capelli, mentre lei le baciava una guancia.
Jun ed Alessandro si salutarono con la confidenza di due compagni di corso, scambiandosi brevi convenevoli. Arianna non poteva più evitare di guardare Jun, così decise di non tergiversare oltre: il suo sguardo era contrariato, stupito e ancora contrariato, ma pacato.
«Chi è lui?» Domandò Sofia innocentemente, mentre Jun le offriva una mano per attirarla a sé.
«Oh, lui… lui studia con il papà» rispose Arianna, mentre Alessandro sorrideva e si complimentava con Jun per la bellezza della bambina.
Sofia stringeva tra le mani Minou. «Ed è venuto a studiare qui?»
«Sì, oggi Arianna gli ha dato ripetizioni di biologia» intervenne Jun, rivolgendosi ai diretti interessati con uno sguardo che sua figlia era troppo piccola per comprendere.
Alessandro era visibilmente imbarazzato, all’oscuro dei retroscena tra gli altri due: prese quella battuta con leggerezza. Invece Arianna vi lesse un pizzico di malizia in più.
«Biologia? Che cos’è?» Indagò la bambina con la sua innata curiosità.
Jun la prese in braccio. «Be’, sai… Le api… I fiori…»
Alessandro si coprì un sorriso con una mano ed Arianna si sentì in dovere di intervenire, anche se Sofia ignorava il reale significato di quella risposta. «Bene, ora che è tutto chiaro…» esclamò frettolosamente, rivolgendo uno sguardo eloquente al proprio ospite.
«Sì, giusto, devo proprio scappare» disse lui, salutando Jun con una pacca sulla spalla e sporgendosi per baciare Arianna, che prontamente gli offrì una guancia.
I due lo guardarono scendere le scale in silenzio, ignorando le chiacchiere infantili di Sofia – che aveva preso a raccontare qualcosa al suo pupazzo. Poi Jun si voltò ed iniziò ad aprire la porta di casa, senza pronunciarsi oltre.
Arianna non riusciva a capire se dietro quell’apparente indifferenza ci fosse della stizza.
Fu lui a rincuorarla. «Ti sei messa quell’orrendo pigiama per scoraggiarlo dal chiamarti ancora?» Le domandò, facendola ridere e guardandola brevemente mentre Sofia gli si avvinghiava al collo.
«Beccata» rispose lei, dondolandosi sulla punta dei piedi.
«Ti aspetto per la cena» le promise Jun, entrando in casa e litigando con una scarpa che non riusciva a sfilarsi.
Arianna sorrise più tranquilla. «Le api e i fiori…» ripeté tra sé e sé, maledicendo Jun con una mezza risata.

 

♦♦♦

 
Erano quasi le nove di sera. Sofia, come spesso accadeva, si rifiutava di andare a dormire: il capriccio di quel giorno era disegnare con i nuovi pastelli che le aveva comprato nonna Eleonora, la madre adottiva di Jun. La passione che impiegava nello scegliere le tonalità giuste ed il misurato talento che mostrava nell’arte erano buoni presupposti per una base solida nel suo futuro.
Jun ed Arianna erano sdraiati sul divano, intenti a guardare distrattamente una puntata di Striscia La Notizia. Arianna aveva la testa sulla sua spalla e si sentiva combattuta: nonostante Jun fosse lo stesso di sempre, era tentata di scavare più a fondo in quella maschera imperturbabile che la lasciava interdetta. Forse era solo la propria coscienza a metterle strane idee in mente, forse a Jun interessava meno di zero che lei si fosse rivista con Alessandro. E forse era solo la sua curiosità a spingerla a credere che stesse covando emozioni nascoste, forse l’appuntamento di Jun non era stato nulla di eccezionale.
«Quanto ancora vuoi aspettare per chiedermelo?» Domandò Jun respirando piano, quasi del tutto sotto di lei.
«Cosa?» Replicò lei fingendo ingenuità.
«Lo sai bene» rispose. «Conoscendoti, credo che se non formulerai la domanda entro i prossimi quattro secondi, ti verrà un’improvvisa gastrite.»
Arianna abbozzò una risata e gli pizzicò un fianco. «Mi dipingi come la peggiore delle impiccione.»
«Perché lo sei.»
«E va bene» si arrese, non senza poter finalmente tirare un respiro di sollievo. «Com’è andato il tuo appuntamento?» Nel pronunciare quella domanda, il viso di Arianna si illuminò di una curiosa spensieratezza che avrebbe potuto farla assomigliare facilmente alla bambina di quattro anni seduta al tavolo lì accanto.
Jun si inumidì le labbra. «Bene» rispose, con una piccola scrollata di spalle.
Arianna aspettò qualche altra informazione, bramò qualche altra informazione, ma non fu accontentata.
Con una mano fece leva sull’addome di Jun, portandolo a lamentarsi, e si sollevò per poterlo guardare meglio in faccia. «Mi stuzzichi fino a farmi cedere e poi tutto quello che hai da dire è “bene”?»
Jun la guardò come se le sue accuse fossero del tutto assurde. «Non ti ho mai promesso un racconto dettagliato dell’appuntamento.»
«No, non l’hai promesso, ma…UGH!» Arianna si mise a sedere sbuffando e sfoggiando un broncio stizzito. Incrociò le braccia e fulminò Jun con lo sguardo, ma lui non sembrò vacillare: probabilmente era fin troppo allenato nel resistere a certi atteggiamenti, in fondo nessuno poteva battere Sofia in quella disciplina olimpica.
Jun non dovette chiederle di tornare con la testa sulla propria spalla, Arianna lo fece spontaneamente – non senza esibirsi in un altro sospiro. Passarono qualche secondo in silenzio, in compagnia delle chiacchiere di Ezio Greggio e di una melodia che Sofia stava intonando a bassa voce.
Arianna, al caldo contro il corpo magro di Jun, si fermò a riflettere sulle parole di Serena di quel pomeriggio. Era stata onesta nel negare qualsiasi coinvolgimento emotivo, e poteva esserlo perché conosceva bene se stessa e le proprie emozioni. Se fosse stato altrimenti, non avrebbe potuto resistere a quel momento di pacifico benessere: avrebbe dovuto risentire del profumo di Jun, di quella fragranza che inondava il bagno ed il suo corpo dopo una doccia calda. Avrebbe dovuto avere le sue labbra tanto vicine ed in qualche modo desiderarle. Avrebbe dovuto avere la mano sul suo petto e bramare di posarci anche la bocca. Avrebbe dovuto sentirsi in grado di alzare il viso e nasconderlo contro il suo collo sottile e tiepido.
Invece Arianna inspirava il profumo di Jun e si sentiva semplicemente a casa. La sua bocca, il suo petto ed il suo collo, non destavano in lei passione o desiderio: erano solo parte di quella casa, dettagli che la caratterizzavano e la facevano apparire così familiare e rassicurante.
«Non devi sentirti in imbarazzo se vuoi vederti con Alessandro» disse Jun all’improvviso, piano.
Arianna ne fu confusa, ancora rapita dai propri pensieri. «Hm?»
«Mi riferisco a prima, sul pianerottolo.»
«Ah… No, è che so che non ti fa piacere vedermi con i tuoi compagni dell’università.»
«Ti sbagli» la corresse lui, muovendosi appena sul divano. «Non mi piace quando i miei compagni di università incontrano Jun e nei loro occhi aleggia ancora la notte appena trascorsa con la vicina di Jun.»
Lei rifletté per pochi secondi su quella frase, decidendo come rispondere. «Solo per curiosità… Quella notte aleggia in senso buono o…?»
Jun la mandò a quel paese ed entrambi risero, attirando l’attenzione di Sofia. La bambina abbandonò i suoi pastelli e li raggiunse con un sorriso complice, accoccolandosi tra di loro in una posizione piuttosto scomoda, ma perfettamente in equilibrio. Jun, con il respiro mozzato dal peso di sua figlia sull’addome e di quello di Arianna sul fianco, baciò il capo di Sofia, poi fece scorrere delicatamente le dita sul braccio di Arianna: «Sei libera di fare quello che vuoi, non ti chiederei mai il contrario».
Casa.

 





 


Lo so, sono vergognosa.
Ci ho messo MESI a scrivere questo capitolo (e fino a ieri doveva essere praticamente per il 60% diverso - questo vi fa capire come io sia senza speranze). Mi dispiace davvero infinitamente avervi fatto aspettare tanto, spero che nel frattempo non vi siate dimenticate del tutto del primo capitolo e e che con questo la curiosità non sia scemata!
Che dire? Come speravo il primo capitolo ha sortito l'effetto desiderato, facendo pensare a tutti che Jun e Arianna fossero una coppia con una figlia: ebbene, cosa ne pensate ora, alla luce di questo nuovo capitolo? Come vi sembrano i due protagonisti, per quanto ancora poco si possano comprendere? Come vedete anche all'interno della storia c'è chi nutre dei sospetti sul loro rapporto, ed Arianna è costretta a rifletterci su - e a rimorchiare una vecchia fiamma pur di concedere a tutti e a se stessa una smentita. AH se penso a quello che dovrà ancora succedere!!! (PS. L'eclettica Serena non doveva esserci in questo capitolo -non doveva esserci nemmeno nella storia -, ma vi anticipo che la amo tantissimo)
Fatemi sapere, per favore, ogni vostro parere è fondamentale ♥
Vi abbraccio e vi ringrazio per tutto ♥

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Grazie ancora!
Un bacione,
Vero.

 


       
    
  
  
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