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Autore: Afaneia    05/01/2019    4 recensioni
[AU universitaria]
Ivan e Max condividono da quattro anni un appartamento per esigenze di studio fuorisede. Sotto Natale, Ivan porta a casa una gattina ritrovata per strada...
Max cava la testa da sotto il divano e lo fissa con odio.
«Sai, Ivan, se c'è puzza di urina, di solito significa che da qualche parte l'urina c'è. E se c'è urina, significa che presumibilmente qualcuno ha urinato qua sotto. E dal momento che sono alquanto certo di non averlo fatto io e mi auguro che tu non abbia preso questa pessima abitudine, penso che resti solo una possibile responsabile in questa casa. O sbaglio?»
Ivan si volta verso la piccola Carvanha che si arrampica sull'albero con aria meravigliata.

Storia scritta per la challenge natalizia "Una challenge sotto l'albero" indetta dal gruppo Facebook Il giardino di Efp.
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ivan, Max, Max (Team Magma)
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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¡Ay, Carvanha!


«C'è puzza di urina.»

«Io non sento niente» risponde Ivan seraficamente, accarezzando dal divano la sua gattina come se da lei non potesse provenire altro che tutto il bene di questo mondo. Peccato che, assolutamente, non sia così.

«La sentiresti se venissi qui a darmi una mano» ribatte Max, che è inginocchiato a quattro zampe ormai da svariati minuti, a cercare di capire così, al buio e col solo aiuto del proprio naso, da dove esattamente provenga quella maledetta puzza di urina.

In tutto questo, l'unico supporto che Ivan sia in grado di offrirgli è: «Se ti metti qua dove sono io, la puzza non si sente.»

Max cava la testa da sotto il divano e lo fissa con odio.

«Sai, Ivan, se c'è puzza di urina, di solito significa che da qualche parte l'urina c'è. E se c'è urina, significa che presumibilmente qualcuno ha urinato qua sotto. E dal momento che sono alquanto certo di non averlo fatto io e mi auguro che tu non abbia preso questa pessima abitudine, penso che resti solo una possibile responsabile in questa casa. O sbaglio?»

Ivan si volta verso la piccola Carvanha che si arrampica sull'albero con aria meravigliata.


Qualche sera fa, di ritorno da una delle poche lezioni che si sia preso la briga di frequentare durante questo semestre, e in generale da quando si è iscritto all'Università, Ivan ha trovato una gattina che guaiva acquattata tra i cespugli e che gli si è avvicinata subito, non appena questo colosso di un centinaio di chili di muscoli le ha accostato la mano, forse percependo che da quel ragazzone non poteva provenire alcun pericolo. Perciò, dopo una lunga riflessione durata poco meno di un minuto, Ivan ha pensato bene di infilarsela nella tracolla e di portarsela a casa. Dopodiché, per rincarare la dose, ha avuto la brillante idea di portargliela in camera sua, dove Max stava preparando un esame da niente come Geochimica ambientale, e di appoggiarla sul suo manuale con le sue deliziose zampette sporche e tutto il resto.

«Possiamo tenerla?»

Dopo aver boccheggiato per un po' in cerca di una spiegazione plausibile all'improvvisa apparizione di una gattina selvatica che si leccava le pudenda sul suo manuale, Max ha trovato dentro di sé la lucidità necessaria a fornirgli una risposta.

«Chiedilo alla padrona di casa.»

Naturalmente questa gli sembrava una strategia vincente, o quantomeno quella più rapida da escogitare e adottare in una dozzina di secondi appena. In fin dei conti, si trattava della stessa padrona di casa che aveva loro vietato di ospitare in casa più di due persone alla volta, perciò per quale motivo avrebbe dovuto autorizzarli a tenere addirittura un animale?

«Giusto, non ci pensavo» ha risposto serenamente Ivan, come se non avesse avuto altro bisogno che di quel suggerimento per trovare la soluzione. Dopodiché, senza troppi complimenti, ha sollevato la gattina, gliel'ha ficcata tra le braccia e ha ordinato: «Tienila ferma mentre le faccio una foto, eh?»

Esattamente otto minuti dopo, il responso della loro proprietaria è stato: «Musino dolce della mamma! Non azzardatevi a ributtarla in strada con questo freddo», seguito dal link di Google Maps con la posizione di un veterinario di sua conoscenza.

Messaggio che ha fatto esultare Ivan per la gioia e che ha sancito la sua condanna a morte, dato che a quanto pare il suo destino è segnato: la gattina resterà con loro. Presumibilmente, per sempre.


A distanza di appena cinque giorni, c'è da dire che Carvanha è effettivamente la gattina più carina dell'universo conosciuto, con un delicato pelo raso color cipria, occhi enormi e orecchie ancora più enormi, e una codina sottile e diritta sempre eretta. Naturalmente è stato Ivan a decidere di chiamarla Carvanha, dal momento che da qualche mese si è appassionato a quello stupido gioco di Pokémon sul telefono e pare reputare molto più interessante partecipare a raid e andarsene in giro a far schiudere le uova piuttosto che studiare o addirittura prendere questa benedetta laurea in Scienze del Mare. A nulla sono valse tutte le sue obiezioni in merito, tipo fargli notare che Carvanha è un Pokémon brutto e aggressivo e soprattutto è un piranha mentre lei è una gattina adorabile e carina e soprattutto è una gatta: perché piuttosto non chiamarla Skitty, o Mew oppure... ma a Ivan piaceva Carvanha, era convinto che fosse un perfetto nome da gatto, e Carvanha si è chiamata. Fine. (E comunque, uno dei motivi per cui a Max non piaceva quel nome è semplicemente che Ivan fa parte di quella categoria di finti nerd che hanno scoperto l'esistenza dei Pokémon solo quando è uscita una pratica e gratuita app per smartphone e hanno potuto pavoneggiarsi in giro per la città coi loro iPhone e i loro Pokémon Plus al polso, a identificarsi in un team e a fingere di essere nerd, e hanno potuto saltare tutta la fase di ghettizzazione e isolamento che l'essere nerd comportava alle superiori. Ma Max, che gioca a Pokémon da prima ancora d'imparare a leggere bene e che quella fase da nerd e da secchione, con la relativa stigmatizzazione, se l'è sorbita tutta, nutre un sacrosanto disprezzo per questo gioco e i suoi fanatici dell'ultima ora.)

In questo preciso momento stanno addobbando l'albero, o quantomeno Max stava cercando di farlo fino a un minuto fa. Al momento attuale, per la verità, Max è chino a quattro zampe ad annusare il pavimento sotto il divano del loro soggiorno – sala da pranzo – quello che è (perché in fin dei conti questa è sempre una catapecchia di appartamento per studenti e i mobili sono quelli che passa il convento) a cercare d'incriminare la gatta, Ivan è appollaiato su quella vecchia carcassa di divano sfondato che ha trovato due anni fa abbandonato vicino a dei bidoni (e sul quale, per ovvi motivi, si è sempre seduto solo lui) e Carvanha si sta arrampicando sul tronco del loro albero di Natale artificiale con lo stesso cipiglio e la medesima solennità di un re leone sulla Rupe dei Re.

«Sono i gatti maschi che pisciano per marchiare il territorio, mica le femmine» conclude Ivan tornando a scorrere le notifiche sul telefono.

«O le femmine cui nessuno si è degnato di insegnare a usare la lettiera» lo rimbecca Max levandosi a sedere. «Non ti fa venire in mente niente, questo?»

Finalmente Ivan si decide a sollevarsi a sedere sul divano in un gran scricchiolio di molle. «Dai, Maxie, che avrei dovuto fare? Mettermi a pisciare nella sabbia per farle vedere come si fa?»

Protendendosi dalle pericolanti fronde dell'albero con occhi enormi e curiosi ed estremamente fieri, Carvanha decide di dimostrargli il suo appoggio e assieme la sua presenza lì con un acuto, insistito e prolungato miao! O meglio, a chiunque altro al mondo quello potrebbe sicuramente sembrare un innocuo miagolio, ma Max ha capito benissimo che cosa voleva dire.

Questo sarà il mio regno, e d'ora in poi voi non vivrete che per adempire alla mia volontà. Non vi allontanerete da me più di quanto ve lo consenta la distanza di un vostro braccio, e tutto ciò che siete, tutto ciò che possiederete o che mai sarete, ora e sempre, sarà devoluto a me e all'appagamento d'ogni mio desiderio, d'ora innanzi e fino alla fine dei tempi. Ma naturalmente Carvanha è una piccola creatura demoniaca fuoriuscita direttamente dalle fiamme dell'inferno, e tutto ciò che sembra aver detto, a un orecchio inesperto e ingenuo come quello di Ivan, è miao!.

«Hai ragione, certo che non potevi» conclude Max per chiudere il discorso. «Ma siccome l'urina, da qualche parte, c'è, che ne dici di tirare fuori la candeggina e pulire, così possiamo continuare con l'albero?»

Quando si sono ritrovati a condividere questo appartamento da fuorisede, al primo anno di Università, Max ha inquadrato subito questo ragazzone affascinante e muscoloso che passava tutto il suo tempo a partecipare a campagne d'informazione sull'inquinamento dei mari e la salvaguardia della barriera corallina e altre stronzate del genere e dava forse un esame una volta ogni tanto senza degnarsi di studiare mai; e no, decisamente non sembrava un maniaco delle pulizie. Max invece lo era già all'epoca, e anzi un po' più di adesso per dire la verità, e ha deciso perciò di ripartire i compiti nel modo più sicuro ed efficace che fosse in grado di escogitare, e che soprattutto gli desse maggiori garanzie di sicurezza: perciò ha unilateralmente stabilito che lui avrebbe eseguito ogni singola pulizia di casa, mentre Ivan si sarebbe dovuto limitare soltanto a lavare il pavimento. Passare una scopa e uno straccio al suolo non sembrava richiedere particolari conoscenze o abilità pratiche; e tutto sommato, negli ultimi quattro anni, Max non ha quasi mai avuto da lamentarsi.

«Che intendi esattamente con candeggina?» domanda Ivan con la più viva curiosità, e Max non si degna neppure di dargli peso. Ha individuato la pallina rotolata sotto il mobile, incastrata tra una zampa e la parete, ma non ha la minima intenzione di cacciare la mano per riprenderla finché non sarà assolutamente sicuro che là sotto non sia rimasto neanche un alone di pipì di gatto.

«Candeggina o qualsiasi altra cosa tu usi per pulire, Ivan. Puoi cortesemente smetterla di fare il cretino e aiutarmi, per una volta nella tua vita?»

«Ah, sì, sì, giusto... avevo capito.» Ivan si alza nervosamente dal divano, ma non accenna affatto a uscire dalla stanza. «Senti, hai presente quanti danni creino i detergenti chimici che usiamo quotidianamente per pulire e che finiscono nei nostri scarichi, giusto?»

Max si sente improvvisamente molto inquieto.

«Certo, Ivan» risponde con circospezione, alzandosi in piedi con la massima calma, perché di certo non vale la pena di perderla. No?

Chissà perché, la sua calma non pare metterlo affatto a suo agio. «Ecco, un po' di tempo fa ho provato un nuovo tipo di detersivo ecologico e biodegradabile che ho trovato in un negozio equo e solidale...»

«Uhm.» Beh, fin qui sembra promettente. «Quindi?»

«Ecco, è finito.»

Beh, da qualche parte la fregatura doveva pur esserci. Ma perché Ivan sembra tanto terrorizzato da lui?

«Quando è finito?» chiede Max senza scomporsi.

«Non lo so, da un po'. Perciò negli ultimi mesi ho usato dell'aceto.»

«Aceto» ripete Max soavemente.

«Sei arrabbiato?»

«Stai pulendo da mesi il nostro pavimento con del condimento da insalata» ripete Max con la massima calma.

«Sei tanto arrabbiato, vero?» Ivan ha la stessa espressione spaventata, inquieta, dei caprioli che si bloccano a metà strada abbagliati e confusi dalla luce di fari. Tutti i muscoli del suo corpo sono contratti e pronti alla fuga e tutto del suo sguardo pare urlare di correre via e scappare e non tornare mai più; ma poiché Ivan è sempre stato un grosso bastardo molto avventato e molto poco vigliacco, tutto ciò che aggiunge è: «Su Internet ho letto che è molto igienizzante e soprattutto non inquina.»

Chiunque non sia un fanatico delle pulizie non potrebbe mai capire che cosa Max pensi delle proprietà igienizzanti dell'aceto in questo momento. In questo preciso istante, per la precisione, Max sta pensando che Carvanha è entrata in casa loro cinque giorni fa dopo settimane passate a rovistare tra la spazzatura di tutta la città, e in quei giorni il loro pavimento non è stato pulito con nient'altro che dell'aceto.

«Pensi che me ne freghi qualcosa della salute dei mari in questo momento?» chiede dolcemente.

Se c'è una cosa che Ivan dovrebbe accuratamente evitare di fare in questo momento, è controbattere.

Ivan gonfia il petto e controbatte: «Beh, senti, se tu hai scelto un albero di plastica per non disboscare le abetaie, allora non vedo perché...»

«Ivan, non osare...»

In questo preciso istante succedono due cose. La prima è che le fronde dell'albero hanno un fruscio allarmante, una seconda pallina rotola a terra con più fragore di quanto avesse l'aria di poter emettere, e Carvanha ritiene opportuno richiamare a sé la loro attenzione producendosi in un lungo e lamentoso miagolio di protesta per esser stata tanto a lungo ignorata. La seconda è che Ivan, esattamente come i caprioli terrorizzati che si scagliano contro le macchine perché non sanno dove altro fuggire, gli si avventa contro, lo solleva per i glutei e gli infila la lingua in bocca.

Ok, questa è un'argomentazione sorprendentemente buona.

Ivan si stacca dalla sua bocca solo quando un paio di zampette capricciose ed esigenti si appoggia alle sue ginocchia. A quanto pare, Carvanha non ha apprezzato di non essere al centro dell'attenzione di tutti per la bellezza di quarantacinque secondi, e ha deciso di richiamare ancora la loro attenzione, stavolta nel modo più semplice ed efficace possibile; ma per una volta Ivan si comporta in modo abbastanza serio da non chinarsi a prenderla in braccio per stritolarla di baci e chiamarla in modi ridicoli e un po' poco virili come patatina del tuo papà e amore della mia vita. Per una volta Ivan è tanto preso da lui, o quantomeno tanto determinato a giocarsi bene almeno quella carta, che non accenna a staccarsi da lui, e le sue mani rimangono ancorate ai suoi glutei esattamente come prima.

«Non c'è niente che possa fare per farmi perdonare?» mormora da qualche parte contro il suo orecchio, e Max riflette che, tutto sommato, potrebbe anche approfittare della situazione. No?

«Una cosa tipo pulire, intendi?»

«Voglio dire... oltre a quello, ovviamente.» La stretta delle sue mani sui suoi glutei aumenta quel tanto che basta da sollevarlo ancora un poco da terra, e Ivan lo morde piano nell'incavo del collo. «L'albero possiamo finirlo dopo cena.»

«Oh, Ivan...» Le braccia che lo stringono e lo avvolgono sono calde e possessive da potervi sprofondare, la sua bocca lo tenta più di quanto egli sia disposto ad ammettere; ma quando le dita di Ivan affondano maggiormente tra le sue natiche, Max non può fare altro che discostarsi seccamente da lui. «Abbiamo finito i preservativi, Ivan. Te ne sei dimenticato?»

Ivan rimane interdetto per un solo istante. Ha gli occhi troppo languidi ed eccitati in questo momento, e Max sa quello che sta per dire prima ancora che apra bocca. «Per una volta...»

A quanto pare, anche Ivan sa quello che sta per dire prima ancora che lo dica. Dev'essere a questo che portano quattro anni di convivenza, dopotutto.

«Alt, Ivan. Ti sei scopato mezzo ateneo, perciò finché non ti decidi a fare quelle dannate analisi del sangue, scordatelo.» Dopodiché, per rimarcare il concetto, Max si china, prende Carvanha tra le braccia e va a sedersi a gambe incrociate sotto l'albero. Ivan rimane in piedi in mezzo al salotto con l'espressione più stupida che Max gli abbia mai visto in faccia.

«Sei serio, Max? Non puoi lasciarmi così, dai!»

Miao, ribadisce Carvanha tra le sue braccia, e Max le rivolge un sorriso d'intesa.

«Non sono così cattivo, Ivan. Il negozio qua sotto è ancora aperto, perciò perché non scendi a comprarne un pacco nuovo?»

Ivan apre la bocca, solleva un braccio, guarda fuori dalla finestra, chiude la bocca, abbassa il braccio, guarda verso di lui ed esclama: «Ma sta nevicando, Maxie!»

Max si stringe nelle spalle e risponde: «Allora lo faremo quando smetterà di nevicare. Ora continuiamo con l'albero?»

Per la seconda volta nel giro di un minuto Ivan apre la bocca, ci pensa un po', la richiude, dopodiché esce dalla stanza e va a mettersi il cappotto.

Miao, prorompe solennemente Carvanha, e questo fa tornare in mente a Max la cosa più importante.

«Ah, Ivan...»

Quando si affaccia sulla soglia del salotto, Ivan ha l'espressione più speranzosa del pianeta. «Sì?»

«Non ti manderei mai fuori sotto la neve solo per comprare dei preservativi. Già che ci sei, compra anche due flaconi di candeggina, d'accordo?»

«Ah.» Chissà perché, Ivan ha l'aria d'esserselo aspettato. «Fanculo, Max.»

Max schiocca la lingua con tutta la soddisfazione del mondo. «Ti amo, Ivan.»

«Già, già, ti amo anch'io» urla in risposta Ivan scendendo le scale. «Però fanculo lo stesso, eh?»



Angolino dell'autrice:

Una sciocchezzuola, che mi sono divertita un sacco a scrivere per la challenge natalizia organizzata dal gruppo Facebook Il giardino di Efp, intotolata Una challenge sotto l'albero. Per partecipare ho scelto il primo prompt della lista proposta, che recitava: “A vorrebbe fare l'albero di Natale, ma il gatto di B (suo coinquilino) continua a saltare sui rami e a far cadere le palline”.

Come sempre, un infinito ringraziamento a Fiulopis per averla betata, dato che altrimenti sarebbe stata ancor più illeggibile!

Dedicata a Caloub e Futura, i miei due patatini felini che mi hanno salvata in tutti i modi.

Un abbraccio enorme a tutti e buon anno!



Post-credit scene:

Miao, ribadisce Carvanha, dimenandosi tra le sue braccia per raggiungere il lungo filo di luci che pende dall'albero e che Ivan avrebbe potuto almeno degnarsi di sistemare, dal momento che è più alto di lui – oh, beh, pazienza.

Max si concede l'attimo di tempo necessario a gettarsi una lunga occhiata teatrale attorno: sono soli, adesso, e questo significa che nessuno può vederli.

«Vuoi giocare con le lucine, topolina? Aspetta, adesso il tuo papà te le accende...»


Fine.

   
 
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