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Autore: Signorina Granger    06/01/2019    10 recensioni
Dal testo:
“Non è una persona cattiva.
Infondo non ha fatto niente di male.
Qual è stata la sua colpa? Ancora una volta, ha azzardato troppo. Ha sempre voluto troppo, Ophelia, e ora ne paga le conseguenze.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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The Sin of Gluttony with the wild boar symbol 




Lewis, Ophelia.”

Le candele sono accese, luccicano mentre si librano magicamente sopra le teste di studenti, vecchi e nuovi, e insegnanti. 
Il Banchetto non è ancora iniziato, al contrario dello Smistamento: decine di occhi sono puntati sulla gracile ragazzina che è appena stata chiamata dalla Vicepreside, che attende tenendo un vecchio e pieno di pieghe cappello a punta in mano. 

Ophelia respira, cerca di non pensare al fatto che tutti, in quel momento, stanno guardando lei. Persino i fantasmi non si muovono, la guardano curiosi con i loro occhi vitrei mentre si siede timidamente sullo sgabello e si lascia appoggiare il cappello incantato sul capo.

Cappello che, come con tutti i giovani maghi che l’hanno preceduta, le sta fin troppo largo e le cala sul viso, impedendole di vedere quanto le accade intorno.
Ophelia trattiene il fiato, non si muove. Le hanno parlato tanto di quel momento e non può davvero credere che sia arrivato anche per lei, finalmente, lo Smistamento.

Le piccole fiammelle delle candele tremolano leggermente e sembrano le uniche a muoversi nella silenziosa Sala Grande mentre la voce acuta, bassa e quasi sottilmente melliflua del cappello giunge alle orecchie della sua temporanea cavia: Ophelia sobbalza un poco, e sa che non potrà mai dimenticare quel momento.
Si chiede se anche gli altri possano sentire la voce del Cappello di Godric Grifondoro, che le sussurra all’orecchio quanto incredibile potenziale veda in lei, quanta magia scorra nelle sue vene.

Ophelia si è spesso chiesta in che Casa sarebbe stata assegnata: di certo non Grifondoro, si era sempre detta, visto che non è così coraggiosa. E probabilmente nemmeno Tassorosso, visto che non ha nessuna pazienza. 

Il Cappello si dice indeciso tra le due Case restanti e la tiene lì, seduta su quello sgabello a tre piedi traballante, per quelli che alla giovane sembrano ore intere. 
Poi, alla fine, prende una decisione: la sua ambizione e la sua mente acuta non possono che condurla in una precisa direzione. 

Serpeverde, ecco cosa sente Ophelia prima di togliersi il Cappello e restituirlo, abbozzando un sorriso. Quasi non sente gli applausi mentre si dirige verso il tavolo di quella che è appena diventata la sua Casa e prende posto quando la voce ferma della Vicepreside chiama un altro nome della lunga lista che tiene tra le mani. 

Un certo Richard Monroe prende il suo posto, ma il Cappello ci mette meno tempo per collocarlo tra le fila dei Serpeverde. Così, un ragazzino leggermente più alto di lei e dai capelli scuri la raggiunge poco dopo, sedendo proprio di fronte a lei.

Entrambi sono nuovi, ma Richard ha sul viso un sorriso compiaciuto, soddisfatto quasi. 
Sono diversi e Ophelia lo sa, eppure si scambiano un’occhiata curiosa, poi la giovane strega sorride e gli porge la mano:

“Ciao.”
“Ciao. In che Casa voleva mandarti il Cappello? Ci ha messo tanto.”
“Corvonero.”
“Anche io. Allora sei intelligente?”
“Certo che lo sono!”

Gli occhi verdi di Ophelia mandano un lampo mentre il suo viso pallido si trasfigura in un’espressione quasi offesa. Richard invece sorrise, divertito. La guarda e chissà, forse già sa che in futuro condivideranno molte cose, oltre alla divisa verde e argento.


*


“Questo polpettone è secco!”
“Secondo me è ottimo.”
“Mi sembra evidente che tu non ne sappia nulla di cucina, Monroe.”

Ophelia incrocia le braccia al petto e parla arricciando il naso, stizzita. Richard invece sorrise, sollevando un sopracciglio:

“Perché, tu sí?”
“Già. A casa aiuto mia madre a cucinare da quando ero piccola e posso assicurarti che so preparare un polpettone molto più buono di questo.”
“Un giorno me lo dimostrerai, Ophelia?”

Ophelia non batte ciglio e annuisce, seria in volto: non è solita tirarsi indietro di fronte ad una sfida, quindi sì, assicura al suo compagno di classe che un giorno gli proverà quanto bene se la cava ai fornelli.


*


Una lista infinita di Eccezionale compongono la pagella di quella che viene definita da tutti gli insegnanti una delle studentesse più brillanti che Hogwarts abbia mai avuto. 

Ophelia Lewis, che strega le armature, muove le cose e trasfigura oggetti anche senza bisogno di una bacchetta. Nei corridoi sono in molti a parlare di lei, le viene anche proposto di saltare un anno visto che alla fine del secondo anno conosce tutti gli incantesimi richiesti ai G.U.F.O.. 

“La magia scorre dentro ognuno di noi, Ophelia. Tuttavia incanalarla è difficile, per questo abbiamo iniziato ad utilizzare le bacchette. Vedi, ci permettono di controllarla e ad indirizzarla correttamente, senza causare danni.”
“Ma io posso fare un sacco di cose anche senza, Professoressa!”

“Tu hai… molta magia dentro di te, Ophelia. Sono sicura che farai grandi cose, ma non avere fretta.”


Ophelia si sente dire spesso queste cose, ma nonostante tutto si intrufola spesso nel Reparto Proibito della Biblioteca, sfogliando infinità di libri. Impara in fretta, Ophelia, ma non le sembra mai abbastanza: non è paziente, non le va di aspettare, vuole sapere tutto, fare tutto e che ciò avvenga subito.

“Perché leggi sempre tutti quei libri? Sei già bravissima in tutto.”
“Ci sono ancora tante cose che non so fare, e voglio imparare. Tu vai pure a giocare Quidditch.”

Richard non capisce, ma si stringe nelle spalle e la lascia sola, con il naso incollato ai libri come sempre.


*


“Ophelia, quello che hai fatto è grave, lo capisci?”
“Mi dispiace, volevo solo…”
“So che non volevi, ma è per questo che imparare a controllare la propria magia è così importante. Tu riesci a fare Incantesimi senza bacchetta, ed è una dote rara, ma finché non imparerai a controllarla ti vietiamo di farlo, è chiaro?”

Ophelia annuisce, il capo chino e rossa in volto. Un ragazzino aveva deriso una sua amica, e lei lo aveva scaraventato giù dalle scale senza nemmeno toccarlo o prendere la sua bacchetta. 

“Sì.”
“Bene. Credo sia il caso che tu prenda… lezioni private, tutto il corpo docenti si è consultato e pensiamo che qualche lezione extra ti sarebbe d’aiuto, ne parleremo con i tuoi genitori.”
“Ok. Non succederà più, promesso.”


*


Quando vede Richard seduto davanti al camino, solo, Ophelia esita. È sempre stato raro vederlo senza compagnia intorno, del resto il suo brillante compagno di Casa ha sempre avuto tanto carisma da attirare molta attenzione e considerazione su di sè, persino da ragazzi più grandi. 

È appena tornata dalla Biblioteca e stringe due libri tra le braccia, ma si avvicina silenziosamente al compagno invece di andare nella sua stanza, sedendo accanto a lui. Se Richard se ne accorge non si cura di darlo a vedere, perché fissa le fiamme senza proferire parola e aspetta che sia lei a parlare, a bassa voce e dopo un attimo di esitazione:

“Ho sentito di tua madre, mi dispiace molto.”
“Anche a me.”
“Sei sicuro di voler stare solo?”
“… Sì, penso di sì.”

Ophelia esita, mordendosi il labbro. Poi annuisce e, senza aggiungere altro, si alza e si allontana. 
Richard non la segue con lo sguardo, non muove un muscolo quando sente la porta del dormitorio femminile chiudersi.
Porta che si riapre poco dopo, ma questa volta Ophelia non cerca di parlargli, anzi lo supera e lascia la Sala Comune senza dire nulla, lasciando il compagno nel suo catartico silenzio.



Quando Ophelia torna nella Sala Comune trova Richard ancora sul divano, ma addormentato. 
La giovane strega appoggia così il vassoio pieno di biscotti che ha preparato sul tavolino, lo copre con una coperta e alla fine se ne va di nuovo, lasciandolo solo.

Le piace prendersi cura delle gente, anche se non lo ammetterebbe mai. Preferisce farlo in silenzio e basta.


*


Il suo ultimo giorno ad Hogwarts arriva in fretta, e Ophelia è seduta sul suo letto pronta a raggiungere la Sala Grande per la consegna dei Diplomi, mentre osserva la sua bacchetta. 

Ricorda bene il giorno in cui l’ha acquistata, sette anni prima. 
Olivander le disse che si trattava di una bacchetta molto potente, che conteneva la piuma di una splendida Fenice. Ne aveva costruite altre sei, così aveva detto, e oltre alla sua ne aveva già vendute quattro negli anni passati e le altre due solo il giorno prima. 

Due dei proprietari di quelle sette bacchette gemelle avevano quindi la sua stessa età, e molto probabilmente li conosce.
Ophelia non si è mai soffermata troppo su quel pensiero prima di quel giorno, ma all’improvviso si chiede di chi si tratta. Magari qualcuno che conosce bene?

La strega, dopo aver gettato un’occhiata al suo orologio da polso, si alza e ripone la bacchetta nella tasca della veste prima di uscire dalla sua stanza, stentando a credere che il suo ultimo giorno ad Hogwarts sia arrivato. 
Quel posto le ha dato tanto, ma Ophelia sa anche che fuori da quelle mura c’è una vita intera che l’aspetta.


*




Per circa un paio d’anni, il governo magico inglese era entrato in lotta con un’associazione criminale, associazione che, sentendo parlare di una strega molto giovane ma dalle doti straordinarie, si era messa in contatto con lei per poter approfittare dei suoi servizi.

Ophelia, di fronte alle ricompense che le avevano proposto, non aveva rifiutato. 
Ma non aveva rifiutato nemmeno quando il Ministero le aveva chiesto di collaborare anche con loro per sventare il gruppo criminale. 

Non è una persona cattiva, Ophelia lo sa mentre si ritrova sotto processo. È stata impulsiva, stupida, avventata… ingorda. 
Ha voluto troppo, desiderato troppo, preso troppo.

Ha acconsentito ad aiutare due fazioni in conflitto, si è presa le ricompense che le avevano promesso – non curandosi tanto del denaro, quanto più dei rari cimeli magici che le erano stati promessi – quando in realtà non ha mosso un dito per nessuna delle parti. 
E il governo magico, una volta sventata l’associazione, non ci ha messo molto per risalire a lei.

Si è sempre definita intelligente, ma questa volta sa di aver commesso un passo falso: non ha mai avuto pazienza, si è sempre presa tutto e subito, e adesso sa di dover pagare per il suo errore.


*



Ophelia è orgogliosa. 
Ophelia non implora. 
Ophelia non è nemmeno solita arrendersi e farsi piegare, ma non può muoversi mentre un uomo la tiene seduta con una mano stretta sul suo collo e l’altra sulla sua spalla sinistra. Un altro la tiene per la spalla destra mentre le sue braccia sono bloccate sui braccioli della rigida sedia di metallo, le mani intrappolate da dei lacci incantati che le impediscono di muovere le dita o di fare Incantesimi.

Non le è mai capitato di non riuscire ad usare la magia, ma sembra che quella stanza sia stata creata apposta per lei, affinché non possa fare uso del suo enorme potere.

Ophelia digrigna i denti, serra gli occhi per non piangere mentre un terzo uomo, inginocchiato davanti a lei, le incide sulla pelle del polpaccio destro la figura di un animale. 
La strega china il capo, guarda inerme la figura rossastra che ora fa capolino sulla sua gamba, che sgorga sangue. 

Un cinghiale. 
Sorrise, Ophelia. 
È questo che è, allora? È così che la vedono, è così che vogliono che lei si veda?

“Portatela ad Azkaban, c’è una cella che l’aspetta. Tanti auguri, tesoro.”

Il suo “tatuatore” si alza e ripulisce la sua bacchetta dal sangue della strega mentre gli altri due la costringono ad alzarsi prima di portarla via. 
Ophelia, nonostante fatichi a camminare, non smette di sfoggiare un’espressione di placida rassegnazione e serenità: non passerà la vita in una cella, lo sa bene. Sa che ne uscirà, anche se non come o quando. 


*


La prima cosa che fa, uscita da Azkaban, è cercare la sua famiglia.
Scopre così che suo padre e sua madre si sono trasferiti in America, forse per dimenticarsi della loro unica figlia che tanto li ha disonorati e fatti soffrire.

Ophelia ha l’obbligo di non lasciare il Paese, anche se è stata assolta e fatta uscire di prigione, così si arrende all’idea che non li rivedrà, almeno non tanto presto.


“So che alcuni di voi non si riavvicineranno alle proprie famiglie, ma ora siete liberi. Potete sempre costruirvene una nuova.”

Queste sono state le parole di Finch, il Ministro che appena eletto ha pensato di liberare alcuni detenuti per costruirsi un corpo di guardia personale. A pelle quell’uomo le piace, e di solito è brava a capire le persone… chissà, forse ha davvero avuto fortuna, dopotutto.

Ophelia, seduta nella terrazza del loro alloggio temporaneo, osserva il cielo stellato per la prima volta dopo molti mesi. Sente qualcuno raggiungerla e sorride appena, parlando senza distogliere lo sguardo dalla volta celeste:

“Non pensavo che ci saremmo rivisti, e di sicuro non in simili circostanze, Richard.”
“È quello che ho pensato anche io quando ti ho vista nell’ufficio del Ministro. Dimmi Ophelia, che cos’hai combinato?”

“Ho fatto alcune scelte stupide. Tu invece?”
“Io ho fatto cose poco nobili che forse ti faranno cambiare opinione su di me. Ma non me ne pento affatto.”


*


“Che nuovo nome vuole prendere?”
“Mackenzie.”

Ci pensa da qualche giorno, al modo con cui vorrebbe farsi chiamare d’ora in poi. Ophelia sorride di fronte all’espressione corrucciata di Finch, l’uomo che una settimana prima l’ha tirata fuori da Azkaban dopo poco meno di un anno di prigionia.  
Non è un’esperta di Legilimanzia, ma non è necessario esserlo per capire che l’uomo si sta chiedendo come mai la sua scelta sia ricaduta su un nome così poco consueto.

“È il cognome di mia madre. Non voglio dimenticare totalmente chi sono, Ministro… Potrò anche cambiare nome e vita, ma Ophelia Lewis sarà sempre una parte di me, anche se in un certo senso smetterà di esistere.”

Del resto è proprio questo che sua madre le diceva sempre: qualunque cosa accada, non dimenticare mai chi sei. Ora Ophelia, che presto dovrà abituarsi ad un altro nome, non sa che cosa il futuro le riservi, ma è certa di non voler sprecare questa seconda opportunità come ha fatto con la prima parte della sua vita.








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Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Ammetto che non ero sicura di scriverne una per lei, ma visto che l’hanno votata molte persone ho cambiato idea… appurare che il Peccato più votato sia stata Mac mi ha fatto molto piacere, quindi grazie.
La prossima Os (attenzione, non scriverò una Raccolta, ma OS slegate tra loro) sarà quasi sicuramente su una Virtù. 
Buonanotte e a presto con un capitolo vero e proprio!

Signorina Granger 

   
 
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