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Autore: QueenVictoria    06/01/2019    26 recensioni
Non era per debolezza che spesso non aveva dato il meglio di sé in battaglia; il suo animo ripudiava la violenza, odiava infliggere dolore. Preferiva lottare per donare la vita che la morte, con quello stato d’animo era stato capace di bruciare il suo cosmo oltre ogni limite per salvarlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era stato così facile morire?
 
No, forse no. Attorno era buio, freddo, incerto. Ma la mente di Hyoga in qualche modo funzionava ancora.
 
Era stato sconfitto.
 
Non era arrivato lucido alla settima casa, non abbastanza per poter sostenere lo scontro. Il rimorso per aver ucciso il suo maestro bruciava ancora dentro di lui. A nulla era servito cercare di soffocare il dolore combattendo, il ricordo di quel giorno continuava a perseguitarlo.
 
Se ne era accorto subito, Camus di Aquarius, che con i suoi occhi di zaffiro sembrava leggergli nel profondo dell’anima.
 
Nulla aveva potuto contro di lui; nessuno dei suoi colpi lo aveva raggiunto. D’altra parte, come poteva la polvere di diamanti avere effetto su colui che ne aveva insegnato i segreti al suo maestro?
 
Era caduto sotto quegli stessi colpi che il cavaliere d’oro, spavaldo, gli aveva reso con il doppio della sua forza prima di infliggergli quello più grande e crudele; spingere la nave con il corpo di sua madre in quell’abisso senza fine. Come sarebbe più riuscito a raggiungerla a tale profondità? Lei, il suo unico sostegno spirituale. Raggiungere quel luogo, l’unica consolazione concessagli dal destino che li aveva voluti separati così presto, gli donava serenità d’animo.
 
L’odio per Aquarius aveva riempito il suo cuore già colmo di emozioni, allontanandolo ancora di più dal cosmo ultimo che avrebbe dovuto raggiungere.
 
"Chi si lascia dominare così dai propri sentimenti non sarà mai in grado di acquisire il settimo senso" lo aveva sentito gridare, mentre si accingeva a colpirlo per l’ultima volta.
 
Era stato sconfitto, come uomo e come cavaliere.
 
Si era sentito svuotato, annientato nel profondo del cuore. Mentre cadeva nell’abisso infinito, in preda ai rimorsi e alla paura, aveva chiesto scusa ad Athena e ai suoi compagni per non essere stato all’altezza del suo ruolo, per non aver saputo vivere come un cavaliere, e nemmeno morire.
 
Si era lasciato andare in quell’oblio, abbracciato dai colori dell’aurora boreale.
 
Tra quelle ombre era apparsa una luce lontana; il sorriso della mamma. Aveva cercato di correre verso di lei, senza mai raggiungerla.
 
No figlio mio, devi continuare a vivere. Anche senza di me.
 
In quel momento aveva capito che non l’avrebbe mi più rivista. Adesso, perso nel buio e nel gelo ai confini nello spazio eterno, era davvero solo.
 
Era quindi l’amore una così grande debolezza? Avrebbe dovuto rinunciare davvero ai più bei ricordi della sua vita? Che differenza poteva fare ormai? Non stava forse morendo? Era facile lasciarsi andare, arrendersi al freddo eterno, fluttuando nell’oscurità. In fondo, perché tornare alla sofferenza?


 

Quanto tempo era passato? Si chiese mentre riprendeva coscienza di sé. Dov’era finito? Era davvero ancora vivo?
 
Cercò di scuotersi dal torpore. Per quanto si sforzasse non riusciva a riemergere da quell’oblio.
 
Gelidi artigli lo trattenevano nell’oscurità, gli immobilizzavano gli arti e stritolavano la sua volontà. Per la prima volta nella sua vita sentiva davvero freddo dentro di sé.
 
Ad un tratto percepì qualcosa di strano. Cos’era quella sensazione? Qualcosa si stava facendo strada in quel buio mare di sensazioni che lo circondava, qualcosa di tiepido arrivava da lontano. Si avvicinava lentamente, lo cercava.
 
Lo sentì improvvisamente vicino; lo aveva raggiunto.
 
Cos’era quel tepore confortante? Quella rassicurante tranquillità? Quella stretta forte come una catena che cercava di strapparlo da quel freddo innaturale?
 
Un altro battito affiancava quello del suo cuore, alito caldo nei polmoni, sangue bollente che scorreva nelle sue stesse vene. Si strinse a quella fonte di calore che, protettiva, gli infondeva quiete e sicurezza.
 
Sì, ora riconosceva quel cosmo che lo circondava con disperata dolcezza. Shun! Ma dov’era davvero? Come aveva fatto a trovarlo? Si aggrappò con tutte le sue forze a quella calda fonte di vita e si lasciò portare verso la luce.
 
Aprì gli occhi. Era così debole, intontito. Con grande sforzo mise a fuoco il soffitto sopra di lui. Riconobbe l’architettura della settima casa, una luce fioca filtrava attraverso il colonnato.
 
Shun giaceva privo di sensi accanto a lui, un braccio ancora attorno ai suoi fianchi. Si voltò verso di lui, puntando un gomito sul pavimento per alzarsi.
 
“Shun, amico mio!” Ma il ragazzo non rispose, rimase disteso immobile, gli occhi chiusi.
 
Gli scostò i capelli dal viso, era terribilmente pallido, le labbra quasi violacee. Lo sentiva respirare piano, il battito del cuore appena percettibile, ma era ancora vivo!
 
Sentì una stretta al cuore. Shun aveva messo a repentaglio la propria vita per salvare la sua bruciando all’estremo il suo cosmo rischiando di perdercisi dentro.
 
Un sorriso amaro dispiegò le sue labbra. Lo aveva sempre considerato il più debole del gruppo, ma si era sbagliato; ora che aveva sentito da vicino la vastità del suo cosmo ne aveva avuto quasi paura. Non era per debolezza che spesso non aveva dato il meglio di sé in battaglia; il suo animo ripudiava la violenza, odiava infliggere dolore. Preferiva lottare per donare la vita piuttosto che la morte, con quello stato d’animo era stato capace di bruciare il suo cosmo oltre ogni limite per salvarlo.
 
No, l’amore non era una debolezza. L’amore era un sentimento nobile, di qualunque natura fosse; verso la propria madre, un amico, un fratello, il proprio maestro. No, l’amore non andava mai dimenticato.
 
Doveva rialzarsi e lottare. Doveva farlo per sua madre che non aveva esitato a dare la vita per salvare la sua. Il ricordo di quell’amore che lo accompagnava fin da quando era bambino era l’unica cosa importante che gli restava, non se ne sarebbe mai separato.
 
E doveva farlo per Shun che era andato a riprenderlo al confine tra la vita e la morte, per il Maestro dei Ghiacci che lo aveva trattato come un figlio e cresciuto nella giustizia e nell’onestà, per i suoi amici che stavano combattendo per raggiungere il Grande Tempio.
Avrebbe tenuto i suoi sentimenti stretti nel cuore, avrebbe imparato a non lasciarsi sopraffare da essi, ma non li avrebbe mai dimenticati, da essi avrebbe tratto la forza per andare avanti.
 
Sarebbe tornato a combattere a fianco degli altri cavalieri. Avrebbe rincontrato Aquarius, e questa volta lo avrebbe battuto.


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Nota dell'autrice.

So che su questa scena molti hanno fantasticato shippando Hyoga e Shun. Io invece l'ho sempre vista in un'ottica diversa, un atto di amicizia e generosità e non potrò mai immaginarla sotto una luce romantica perché mi sembrerebbe di rovinare qualcosa che mi ha sempre commosso.
 
Quindi se speravate di trovare un ragazzo innamorato (o due!) sarete rimasti delusi. ^_-

Spero abbiate apprezzato lo stesso questa storia basata sulla profonda amicizia e nobiltà d’animo che lega i due cavalieri.


E per finire, indipendentemente dalle decisioni di Netflix, Shun per me rimarrà sempre un uomo. #ShunIsNotAWoman #ShunIsARealMan  
   
 
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