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Autore: Niaile    07/01/2019    3 recensioni
460 giorni. Un tempo definito in cui si nasce e si muore.
Il racconto spregiudicato di chi racconta un amore.
"Vorrei tanto essere io ad abbracciarla, questa volta!"
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura:

 

460 gorni.

L'ho vista felice per 460 giorni.

L'ho vista urlare di gioia e piangere di rabbia per 460 giorni.

Tornava in camera e mi parlava di lui: “Ho trovato quello giusto!” diceva, e mi stritolava chiudendo gli occhi, forse vedendo lui al posto mio.

Conosco tutto di lui. Ha avuto 460 giorni per parlarmene; mi raccontava del loro primo sguardo, del loro primo giro in macchina e come potrò mai dimenticare l'emozione con cui mi ha preso e abbracciandomi disse: “Non posso andarci, mi vergogno!”, lei che si vergognava, forse, allora, era veramente quello giusto, quello che la fa sentire importante... in fondo me lo ripeteva sempre che con lui stava maledettamente bene, che lei lo amava e si sentiva amata, per la prima volta così com'era.

Sì, quello me lo disse spesso in quei 460 giorni. Iniziai a crederci anch'io!

Una sera tornò entusiasta. Tremava. Mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “Avrei dovuto baciarlo!”, non me lo aveva mai detto con quella serietà. E allora pensai che, sì, avrebbe dovuto.

460 giorni per cambiare. Cambiò un sacco in quel periodo. Era convinta di sé, faceva ragionamenti diversi. Lui la migliorò. Quegli occhi azzurri la presero così in fondo, che tutta la sua superfice crollò. Quelle mani grandi la strinserò così forte, che ad un tratto il suo corpo si modellò. Si modellò su di lui.

E allora tornava a casa e litigava con me: “Perchè? Perchè deve essere così tragico? Cos'è successo?”; mi rivolgeva parole dure ed io, inerme, la notavo sempre più assuefatta. Era diventato una droga, litigavano in continuazione e il peggio di lei tornava a galla. Non pianse mai ma la vidi mordersi le mani un sacco di sere; era arrabbiata.

La conosco da quattordici anni. L'ho vista crescere. Ho visto un fiore sbocciare, in lei. Ci sono stato in tutte le sue tappe, in tutte quelle sere che si addormentava con gli occhi gonfi. Ha sempre trovato in me quel cuore in cui riversare tutte le sue frustrazioni.

L'amo spropositatamente. Un universo in costante cangiamento. Una stella esplosa. Polvere volante. Inchiostro. E tante altre mille cose racchiuse in due pozzi castani che sono i suoi occhi. Ecco cos'è.

In 460 giorni l'ho vista brillare. Ero contento per lei. Ero grato a lui.

460 giorni sono un tempo minimo nella vita di una persona, eppure d'impatto. Poco più di un anno. Puoi stravolgerti per sempre. Il potere che dai al tempo è esageratamente sconvolgente. In poco più di un anno puoi lasciarti andare e riprenderti completamente diversa, ritrovarti nuova. In 460 giorni puoi amare disperatamente, ballare emozionata, piangere arrabbiandoti per un nonnulla.

460 giorni sono pochissimi se messi in confronto ad una vita intera. Manco il tempo di una sigaretta, di un libro, di un desiderio espresso in una notte d'estate. In 460 giorni puoi avere il tempo di un bacio o non avere manco il tempo di trovare il coraggio per farlo. Poco più di un anno per scrivere una lettera e non spedirla mai.

Eppure quei 460 giorni le sono bastati per vivere una storia tragica, per parlare sotto casa fino alle 3 del mattino, per leggere pensieri nascosti e segreti sepolti. Per scambiarsi l'anima.

Ma, in fondo, io sono solo un orsacchiotto di peluche che ha vissuto questa storia a sgoccioli, che non ha mai conoscito questo strano coprotagonista che l'ha fatta splendere e che, un pomeriggio, l'ha uccisa.

460 giorni.

È tornata a casa. Piangeva, non si mordeva le mani. Non era arrabbiata, era delusa. Sconfitta. Non mi ha reso partecipe di questa disfatta. Probabilmente non mi vedeva. Non ci vedeva, gli occhi troppo offuscati, il mondo nascosto sotto un velo sottile quanto quei 460 giorni.

Aveva perso. Era distrutta. Stava male. Tremava e soffocava urla di disperazione. “HO SBAGLIATO!” ripeteva in un mantra ossessivo, solo per convincersene. La vedevo sul letto in silenzio, immobile. Lei che ad ogni litigio era un uragano, adesso era raggomitolata in silenzio. Era orrendo vederla così. Io non ero molto convinto, non poteva aver sbagliato. In quei 460 giorni aveva amato troppo. Era luce. Ora vedevo solo caos.

Poi mi strinse di nuovo a sé. Eravamo, di nuovo, solo io e lei. Lui un'ombra pesante sul suo cuore.

460 giorni per amare.

Quanti giorni servono per dimenticare?

In quel giorno buio mi raccontò tutto e io assorbii tutto il male che potei. Un orsacchiotto di pezza che piange.

Sono passati altri giorni. Lei non è più la stessa. È disillusa. È cinica. Non balla più, non entra più, in camera, sorridendo.

La notte mi abbraccia ancora, mentre dorme la sento sussurrare parole sconnesse.

È sconnessa lei.

Dal mio posticino comodo sul letto, quei 460 giorni sono sembrati un'eternità, costellati da ogni tipo di sentimento: è stata felice, è stata entusiasta, si è arrabbiata, una sera lo si capiva subito che avevano fatto pace, è entrata e quasi volava, i suoi occhi... brillare è un eufemismo!

Poi è arrivato il quattrocentosessantesimo giorno e nessun litigio mi aveva preparato a quello. Nessuna rabbia. Nessuna tristezza. Solo pura consapevolezza. Era finita.

Oggi sono passati altri 368 giorni (sì, è una precisina preoccupante su questo punto, poi che il piumone sia mezzo a terra e quindi si becca il raffreddore, ma chi se ne frega...), la vedo scrivere qualcosa. Si sta impegnando parecchio, 5-6 pagine, “è l'ultima riga che scrivo per te, l'ultima, lo giuro.” ripete...

sono solo un peluche, ma vorrei tanto essere io ad abbracciarla questa volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensieri e Parole:

si, prometto che è l'ultima riga. È passato troppo tempo.

Fatemi sapere che ne pensate, se sembra disordinato o se il narratore si capisce. Se è scontato. Cosa avete provato. Vi aspetto!

Vivogliotantobene

Sempre vostra Nia <3

   
 
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