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Autore: lady lina 77    07/01/2019    5 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La grandissima casa dei Boscawen era quanto di più elegante Ross avesse mai visto in vita sua. Mobili di pregio, arazzi, quadri di valore alle pareti, tappeti di pregiata fattura persiana nei corridoi e nelle camere, un numero impressionante di servitori e personale di servizio, un parco enorme che abbelliva il retro della dimora pieno di alberi secolari, panche, fontane e vialetti ben curati. Un lusso estremo, anche se non pacchiano, che però a Ross non poteva piacere se rapportato alla grande povertà della gente che lo circondava in Cornovaglia.

Giunsero da Falmouth, lui e Basset, di mattina presto e un maggiordomo li portò nello studio dove l'uomo li aspettava già con la scrivania piena di documenti, carte e una bottiglia di ottimo brandy da sorseggiare insieme.

L'unico aspetto positivo di quella mattinata che, nonostante le buone premesse, prese subito una presa sonnecchiosa ai suoi occhi di uomo abituato alla fatica e al movimento.

Ross si stava annoiando da morire e in silenzio non smetteva di maledirsi per aver accettato l'invito di Lord Falmouth. Ma d'altro canto, scegliere di andare a Londra, capire che era da sempre la strada che faceva per lui e annoiarsi facevano parte del pacchetto, doveva farci solo l'abitudine. Doveva farlo, per lui che sentiva di essere dove doveva e per le persone a cui voleva bene che speravano che la sua presenza a Londra avrebbe migliorato le loro vite o comunque, più tardi, quelle dei loro figli. E poi, cosa aveva da perdere, partendo? In Cornovaglia si sentiva morto e senza più nulla per cui lottare, la sua miniera andata a meraviglia e Londra forse sarebbe potuta diventare un nuovo stimolo per il futuro.

Lord Basset insisteva con Lord Falmouth da ore, su questioni su cui non sarebbero andati mai d'accordo e lui li ascoltava cercando di imparare e chiedendosi come avrebbe fatto, col suo carattere orgoglioso, a giungere a compromessi con gli altri e la sua coscienza. L'intento di Basset era trovare alleati preziosi da portare dalla loro parte, era chiaro da sempre, e questo Lord Falmouth, da ciò che aveva capito, era un uomo potente e socialmente vicino ai sovrani e, anche se affabile e buon conversatore, di contro rappresentava il vecchio mondo dei privilegi nobiliari che lui non approvava. E neanche Basset. Come potevano trovare un accordo? Falmouth era un uomo indubbiamente intelligente e capace ma per Ross le affinità finivano lì.

Improvvisamente la porta dello studio si aprì di scatto, sbattendo rumorosamente sulla parete e facendolo sussultare, destandolo dal torpore in cui era caduto.

Quattro bambini irruppero nella stanza, portando baccano e risate. Ross e Basset si voltarono e quest'ultimo sorrise. “Oh, i piccoli Boscawen al gran completo, pronti per le nozze del giorno. A parte Clowance, è molto che non li vedo in giro e tutti insieme non sembrano meno rumorosi di quanto li ho incontrati a Natale al ricevimento di Miss Mougless”.

Ross osservò i bambini, felice per quell'improvvisata che dava sollievo alla sua noia. C'era la bambina vista al parco il giorno prima, quella con la lupa, un bambino di circa nove anni e due splendidi bimbi più piccoli, un maschio e una femmina, biondissimi, che a prima vista avevano circa tre anni e sembravano gemelli. Erano vestiti con abiti molto eleganti, le due bimbe con vestitini bianchi pieni di tulle, legati in vita da nastrini azzurri e con una coroncina di roselline fra i capelli e i maschietti con pantaloncini di seta blu, nastro in vita azzurro come i nastrini delle bambine e camicina di seta bianca con colletto di pizzo. Nulla era stato lasciato al caso, nell'abbigliamento dei piccoli, a quanto poteva vedere, soprattutto nella scelta dei colori.

Falmouth osservò i piccoli, sospirando. “Signor Poldark, vi presento i miei nipoti al gran completo. Che oggi saranno fra i paggetti e le damigelle del matrimonio del mese... SPERANDO che adempiano al loro compito egregiamente”.

Basset rise. “E allora? Pronti per il matrimonio di lady Margarita Allyster”.

Falmoth tossicchiò. “Speriamo che i paggetti e le damigelle facciano la loro parte senza fare scherzi... Sarà il debutto ufficiale dei gemelli nella società e io al pensiero non ci dormo da mesi, come sapete. Che ci fate qui, bambini? Non dovreste essere diretti alla Cattedrale?”.

Il bambino più grande, dai capelli castani leggermente mossi, che a Ross sembrava stranamente famigliare in certi tratti, annuì. “Zio, la mamma ieri ti ha portato gli anelli degli sposi ma stamattina ha dimenticato di venire a recuperarli. Ci aspetta in carrozza con gli altri bambini, siamo venuti a prenderli”.

Se no gli sposi non si sposano!” - aggiunse Lady Clowance.

Scusate signori” - disse Falmouth, alzandosi dalla sedia e dirigendosi nella stanza accanto - “Sistemo i bambini in modo che possano andare a fare il loro dovere e poi torno da voi”.

Ross sospirò, appoggiandosi allo schienale. Beh, aveva scoperto un'altra cosa su Falmouth, aveva quattro nipoti...

I quattro bimbi, vivacissimi, presero a giocare fra loro e a fare baccano e Basset rise. “Arriveranno alle nozze sporchi e spettinati come i peggiori monelli della Cornovaglia. Ho visto spesso questi quattro, qui da Lord Falmouth e a qualche ricevimento e sono scatenati. Quattro pesti furiose molto diversi da quell'angioletto che è vostro figlio Valentine. Eccetto Clowance, ovviamente” - concluse, guardando la bambina più grande che stava leggermente in disparte rispetto agli altri tre.

Falmouth, tornando da loro con due scatoline in mano, sospirò. “Bambini, basta!” - li ammonì, porgendo al più grande gli anelli. Poi scosse la testa. “Sono sei mesi che ci esercitiamo perché siano perfetti! Ma vedo che i risultati sono incerti... Accidenti a Lady Margarita che li ha scelti per condurla all'altare”. Occhieggiò il maschietto più piccolo, un monello con una faccia da peste evidente che, da sotto il caschetto biondo, lo guardava per nulla turbato. “Demian, che ti ha detto la mamma se non fai il bravo?”.

Che mi mette in castigo”.

Per quanto?”.

Tutta la vita” - rispose il bimbo, strappando un sorriso a Ross.

Falmouth sorrise. “Tutta la vita è un tempo lungo, vedi di fare il bravo”.

Demian alzò le spalle e poi si avvicinò alla scrivania, mettendosi in punta di piedi per vedere cosa ci fosse sopra. “Zio?”.

Sì?”.

Che cosa sono tutti questi fogli?”.

A quella domanda, Lord Falmouth si affrettò a impignare e ad allontanare dalle mani del bambino le sue carte. “Niente di importante, niente che tu debba toccare”.

Posso disegnarci sopra?” - chiese Demian, strappando un secondo sorriso a Ross che si immaginava il bambino che scarabocchiava sui progetti dell'agognata strada privata di suo zio.

Improvvisamente la bambina più piccola, quella che dal viso sembrava la più scatenata, si tolse con un gesto secco la coroncina di fiori fra i capelli. “Giuda, mi da fastidio!” - esclamò, gettandola a terra.

E Ross spalancò gli occhi e per poco non cadde dalla sedia. Da quanto non sentiva quell'imprecazione? Guardò quella bambina, un piccolo soldo di cacio che apparteneva all'alta aristocrazia londinese. Come poteva conoscere quell'espressione – così poco regale – in uso nel mondo dei minatori della Cornovaglia? “Ha detto... Giuda???”.

Falmouth, sospirando e torvo in viso, si alzò dal tavolo e si avvicinò alla piccola. “Ha detto Giuda e ora raccoglierà la sua coroncina, se la rimetterà in testa e farà la brava, se non vuole ritrovarsi il sederino rosso entro mezzogiorno”.

Gli altri tre bambini risero guardandosi in faccia mentre la piccola guardò lo zio con aria di sfida, incrociando le braccia al petto. “NNNNOOOO!”.

Daisy, rimettiti la coroncina! Subito!”.

Lei sostenne lo sguardo, non arretrando di un centimetro. “Se no che mi fai?”.

Basset scoppiò a ridere e anche Ross parve divertito dal vedere quella mocciosetta dar del filo da torcere a uno degli uomini più potenti di Londra. Era decisamente diversa dalla sorella incontrata ieri, anche se erano accomunate entrambe da un carattere decisamente forte che però si manifestava in modi diametralmente opposti.

A un certo punto Clowance si avvicinò alla sorella, raccogliendo la coroncina e mettendogliela in testa. “Ricordi? Dobbiamo essere uguali oggi. Io e te!” - le suggerì, con voce calma.

Mi punge” - si lamentò la piccola.

Sì, ma serve mettersela”.

Daisy sbuffò. “Uguale a te?”.

Sì, uguale!”.

E a quel punto la piccola cedette, con Clowance. NON con Falmouth. “Va bene” - disse, prendendo per mano la sorella.

Ross osservò di nuovo la bambina più grande, rendendosi conto che Basset aveva ragione, era davvero capace di catalizzare rispetto e attenzione su di se. Più di Falmouth stesso. Notevole, come lo era stato addestrare la lupa. E da quel poco che aveva visto, forse rispetto a Queen era più complessa e decisamente degna di lode la sua capacità di farsi ascoltare da quella sorellina terribile.

Falmouth, ormai innervosito, indicò loro la porta. “Sparite, voi e gli anelli! Correte da vostra madre, andate ad accompagnare la sposa all'altare, FATE i bravi e vedete di non fare scherzi!”.

I due bimbi più grandi annuirono.

Il ragazzino più grande si mise gli anelli in tasca, prese per mano Demian e si avvicinò alla porta. “Tu quando vieni, zio?”.

Il più tardi possibile” - rispose Falmouth. “Sai che le candele, col loro fumo, mi fanno male”.

I bimbi a quelle parole risero e poi corsero fuori, spinti dalle occhiatacce dello zio, ma prima di chiudere la porta, la piccoletta che odiava la coroncina si voltò, facendo la linguaccia. “Io vado! Però tu sei cattivo!” - disse a Falmouth, prima di sbattere la porta e correre dietro ai fratelli.

L'uomo sospirò, mettendosi le mani nei capelli. “L'istitutore svizzero! O il collegio fino alla maggiore età! Ecco che ci vuole! Se solo la loro madre...”.

Ross osservò la porta dove erano scomparsi i bambini, decisamente divertito da quell'intermezzo che aveva spezzato la noia delle loro conversazioni politiche. “Paggetti e damigelle a questo famoso matrimonio?” - chiese.

Falmouth annuì. “Sì”.

Ross sorrise, ricordando un episodio del suo passato. “A sette anni mi fecero fare da paggetto, con mio cugino Francis, al matrimonio di un parente. Ricordo con orrore i pantaloncini color oro fino al ginocchio, chiusi con un bottone, la camicia di seta bianca fredda come il ghiaccio e soprattutto un enorme fiocco giallo che mi hanno legato al collo che mi faceva sembrare una capra. Non ho parlato con mio padre per un mese, dopo, lo odiavo per avermi costretto a fare una pagliacciata simile... E' stata la cosa più umiliante che abbia mai fatto in vita mia... E tutti dicevano che ero carino...”.

Falmouth rise. “Beh, i miei nipoti sono belli e vestiti con gusto!”.

Ross annuì. “Beh, di certo i loro abiti sono meno appariscenti di quelli toccati a me! Ma non è comunque il mio stile. Ho sempre odiato i bambini coi pantaloncini corti”.

Basset rise. “Ross, è la consuetudine. I maschietti devono indossarli fino agli otto anni anche in inverno! E' l'etichetta che lo dice!”.

Ross alzò gli occhi al cielo. “E poi a otto anni che succede? Un bambino acquisisce il diritto di non morire di freddo?”.

Falmouth lo guardò leggermente interdetto ma poi scoppiò a ridere. “Ross Poldark, voi mi piacete! Sfacciato e diretto, come piace a me! Vorrei parlare con voi più a lungo ma temo di dovermi preparare per andare in Chiesa. Ci vediamo la?”.

Basset annuì. “Si, mi siederò nelle ultime file a vedere la cerimonia, come sapete non sono stato invitato. E spero che Ross vorrà farmi compagnia”.

Ross deglutì. “Ecco... Io nemmeno so chi siano gli sposi”.

Falmouth si alzò e Ross e Basset lo seguirono. “Signor Poldark” - gli disse, accompagnandoli verso l'uscita - “Gli sposi sono giovani e fuori dalla politica ma appartengono a famiglie importanti. Ma la cosa che conta sono gli invitati! Ci saranno tutti i rappresentanti della nobiltà e del Parlamento! Se siete furbo come sembrate, iniziate a conoscerli in un'occasione lieta come un matrimonio in modo che domani, in Parlamento, sappiano già chi siete e si rapportino a voi in via più... amichevole...”.

Ma...” - provò ad obiettare.

Ascoltatemi” - insistette Falmouth.

Giunti alla porta, Ross sospirò mentre un maggiordomo gli faceva segno di seguirli fino al cancello. “Lord Falmouth, grazie dell'invito” - disse.

Falmouth annuì, strizzando l'occhio a Basset. “Di nulla, vi voglio qui spesso! E spero di vedervi anche dopo, alle nozze. Basset, trascinatelo lì con la forza, se serve!”. E detto questo, si congedò, lasciando soli Ross e Basset in giardino, a seguito del maggiordomo di casa Boscawen.

Venite, che vi costa?” - insistette Basset. “Il matrimonio durerà si e no un'ora, non è una tragedia! Sarà interessante e al massimo, ci annoieremo insieme”.

Ho sempre odiato questo genere di cose... Cerco di evitarle pure quando a sposarsi sono parenti, figuratevi oggi...” - ammise Ross, ricordandosi poi di una cosa che lo aveva colpito poco prima, caduta nel dimenticatoio, che poteva servirgli per sviare il discorso. “Posso chiedervi una cosa?”.

Certo” - rispose Basset - “E io vi risponderò SOLO se verrete in Chiesa”.

Ross scosse la testa, divertito e ormai con le spalle al muro. Ma sì, era solo un'ora di cerimonia, poteva sopravvivere e se due Lords che se ne intendevano dicevano che sarebbe servito alla sua carriera... “Avete vinto... Anche se non capisco perché insistiate tanto”.

E' per il vostro bene, come vi ha anche spiegato Falmouth. Ascoltate quella vecchia volpe, da buoni consigli ai giovani che ritiene meritevoli. Ma ora su, che volevate chiedermi?”.

Sospirò, ormai persuaso ad andare a quelle dannate nozze. “Quella bambina... La piccolina... Ha detto 'Giuda'? Come può conoscere quel modo di dire? E' un'imprecazione che usano dire i bambini dei nostri minatori, non la piccola principessina di una delle più nobili famiglie di Londra”.

A quella domanda, Basset scoppiò a ridere. “Ahah, Poldark! SELEZIONATISSIME tate della Cornovaglia! La madre è originaria di lì e Daisy è tremenda, una piccola peste che apprende il peggio dalla servitù di cui è circondata. Fa impazzire suo zio e il suo gemellino non è molto diverso”.

Ross ridacchiò, incuriosito da quella strana famiglia. “E' molto diversa dalla sorella maggiore”.

Assolutamente” - rispose Basset. “E ora su, andiamo in Chiesa” - ordinò, mentre uscivano dalla residenza dei Boscawen. “E' ora che conosciate chi conta, qui a Londra!”.



La Cattedrale di Westminster era gremita di gente elegantissima, distinta e sicuramente piena di denaro e titoli nobiliari e quando Ross vi arrivò, con Lord Basset, si sentì per un attimo sperso in mezzo a tanta opulenza e ostentazione.

Le panche erano già tutte piene, i posti in prima fila assegnati ai selezionatissimi invitati d'onore e i due uomini si misero nelle ultime panche in fondo alla navata. Basset salutò i Lords e le loro mogli elegantissime e piene di gioielli preziosi che ne adornavano il corpo, lui annuì un po' da orso con la testa e in questo quadretto dove si sentiva un pesce fuor d'acqua, sperava solo che quella tortura finisse quanto prima.

Ross si sporse e vide lo sposo, giovanissimo ed emozionatissimo, che in lontananza aspettava la sua futura moglie davanti all'altare e guardandolo si rese conto che lui non era mai stato colto da quella felicità mista a paura prima del fatidico sì. Con Demelza c'era stata una strana costernazione e una sorta di incredulità nel trovarsi alla Chiesetta di Sawle a sposarsi mentre con Elizabeth... beh, quel giorno aveva detto sì con la morte nel cuore e senza alcuna aspettativa per il futuro. Mai, in nessuno dei suoi due matrimoni, si era sposato con la leggera paura e grande felicità che dovrebbe precedere un passo simile... Avrebbe voluto viverla, un giorno, quella leggera euforia mista ad agitazione che prova ogni sposo all'altare, mentre aspetta la donna che ama...

Improvvisamente l'orchestra cominciò a suonare la marcia nuziale e la sposa fece il suo ingresso. Aveva il viso pulito e ancora da bambina, un passo stentato e forse non propriamente aggraziato come ci si aspetterebbe da una delle rappresentanti della famiglia reale, la sua emozione era evidente dal colore rosso acceso delle sue guance e dal luccichio degli occhi e indossava uno splendido abito bianco dal lungo strascico che veniva sorretto da due bambini che la seguivano nel corteo.

Ross si sporse, riconoscendo fra loro i nipotini di Falmouth, oltre ad altri quattro bambini. Il bimbo dei Boscawen più grande, insieme a un altro dei paggetti, reggeva elegantemente il velo mentre gli altri sei bambini seguivano il corteo, con gli altri due maschietti che tenevano per mano ognuno due bambine.

Erano graziosi anche se – Ross ci avrebbe scommesso – si sentivano idioti a dover sottostare a quella pagliacciata. MAI avrebbe costretto Valentine a vestirsi da bambolotto per fare il paggetto a un matrimonio! MAI!!! E lui lo avrebbe ringraziato per questo, un giorno!

A Ross venne da ridere nel vedere la faccia dei due gemelli. La bimba era imbronciata, il maschietto sembrava annoiato e si guardava attorno con aria smarrita e un po' spaventata mentre la bambina amica della lupa pareva invece perfettamente a suo agio e sicura di se. Ma d'altronde su di lei, Ross non aveva dubbi, quello era il suo mondo! Si comportarono bene e per la gioia del loro zio, accompagnarono la sposa fino all'altare senza incidenti e poi furono presi in carico da una donna assunta probabilmente come bambinaia per intrattenerli durante la funzione. Erano piccoli dopo tutto e sarebbe stato impensabile tenerli fermi e zitti nella Cattedrale per l'intero tempo della Messa. Avrebbe faticato lui a starsene buono, figurarsi loro!

Dietro la sposa arrivarono i genitori, entrambi elegantissimi, alcuni parenti stretti e...

E a un certo punto il cuore di Ross si fermò...

Una giovane e bellissima donna dai capelli rossi, vestita con un elegantissimo e raffinato abito blu, avanzò a passo sicuro nella navata, in mezzo a quelle persone importanti. I suoi lunghi capelli erano stati lisciati e poi acconciati in morbidi e perfetti boccoli sulle punte, il corpetto del vestito, molto aderente, ne valorizzava le curve, le sue spalle erano nude e il collo era adornato con una preziosa collana di diamanti e la sua gonna, morbida, che le cadeva sulle gambe in mille strati di seta e pizzo, ondeggiava armoniosamente al suo passo.

Santo cielo, era... era... “Demelza...”.

Forse era un sogno, forse era impazzito! Anzi, quasi sicuramente era impazzito perché lei NON poteva essere lì! Non aveva senso...

Eppure... Eppure quel viso che sempre aveva sognato e mai dimenticato era per lui inconfondibile, come il sorriso sulle sue labbra, il colore chiaro della pelle e quello rosso fuoco dei capelli. Anche se pettinati e acconciati elegantemente, lui quei capelli li aveva baciati, accarezzati e fatti scorrere mille e più volte fra le sue dita e li avrebbe riconosciuti ovunque, anche ad occhi chiusi.

Ma nonostante tutto, non poteva essere! Lei, che aveva visto l'ultima volta sette anni prima pallida, stanca, magra e sfinita e che era sparita coi loro bambini dalla sua vita, cosa poteva farci lì, a quel matrimonio, in mezzo a quella gente aristocratica su cui lei primeggiava per raffinatezza ed eleganza?

Basset osservò il suo sconcerto. “Ross, che vi prende?”.

Lui deglutì, quasi timoroso di chiedere. “Chi è quella donna?”.

Quale?”.

Quella coi capelli rossi e il vestito blu” - rispose, sperando che Basset gli dicesse che non c'era alcuna donna così a quel matrimonio e che era preda di allucinazioni. Sì, voleva essere pazzo!

Basset però non disse nulla del genere e rise, sotto i baffi. “Oh, Lady Boscawen? Bella, vero? E' una donna molto potente e ammirata qui a Londra, una delle più nobili ma allo stesso tempo gentili e affabili. Una gran bella persona! Ma non guardatela così, quella non potete permettervela”.

Lady Boscawen...” - ripeté Ross, quasi in tranche.

Basset annuì. “Sì! Ha sposato il nipote di Lord Falmouth, il tenente Hugh Armitage ed è la madre dei quattro bambini che avete visto poco fa nel suo studio. Ed è la migliore amica della sposa nonché sua damigella d'onore!”.

Ross spalancò gli occhi e si sedette, sentendo le gambe tremargli. Sposata? Con il nipote di Falmouth? Era un incubo, non poteva essere altrimenti! Demelza non si sarebbe mai sposata, non avrebbe potuto farlo e l'unica certezza che lo aveva sorretto in quegli anni era che lei, come lui, non facesse trascorrere giorno senza rimpiangere la vita che avevano perso insieme. Non poteva essersi sposata, non poteva essere lei! Non la sua Demelza... Nonostante tutto, nonostante il male che le aveva fatto, lei non avrebbe potuto voltare davvero pagina e dimenticarlo... Si appartenevano, Ross lo sapeva e anche Demelza! Lei lo sapeva quanto lui! “Come si chiama...?”.

Basset gli toccò la fronte, cercando tracce di febbre che spiegassero quello strano modo di fare. “Ross, vi sentite bene?”.

Come si chiama Lady Boscawen?” - ripeté lui, senza nemmeno sentirlo.

Demelza... E' amica di mia moglie, a volte sono stato a cena da loro. Anche a una festa di Natale, tre anni e mezzo fa, quattro giorni dopo la nascita dei gemellini”.

Gli occhi di Ross si appannarono, non capì il perché. Demelza... Era lei, era sposata e aveva ricominciato una nuova vita accanto a un uomo che ora aveva la sua dolcezza, la sua vicinanza, i suoi sorrisi, la sua voce meravigliosa quando cantava, i suoi baci, il suo amore... “Demelza...” - sussurrò. Prima di spalancare gli occhi, rendendosi conto che se lei era... Se lei era...

Due immagini gli vennero alla mente, quasi istantanee, come se stesse mettendo a fuoco solo adesso un altro aspetto della valanga che lo aveva appena travolto: la bambina con la lupa e il bambino che aveva preso gli anelli e portato il velo della sposa... “Come si chiamano i suoi bambini?”.

Basset si accigliò, ora seriamente preoccupato. “Ross, il fumo delle candele vi fa male davvero. Uscite a prendere un po' d'aria!”.

Come si chiamano i nipotini di Falmouth?” - chiese ancora.

Basset sospirò, prendendolo per il braccio. “Demian e Daisy i gemelli. Clowance e Jeremy i due più grandi! Che vi prende, Ross?”.

Jeremy... Il suo Jeremy, che aveva visto per l'ultima volta quasi sette anni prima. E ora era lì, a fare da paggetto a una nobile londinese, era diventato grande, sapeva parlare perfettamente e aveva un nuovo papà che chissà cosa gli aveva insegnato...

E la bambina col lupo... La nobile, aristocratica e carismatica Clowance! Era una bambina, allora! Bellissima, eterea e completamente estranea a lui per conoscenza e modo di vivere... Aveva incontrato la sua bambina senza sapere nemmeno chi fosse... Sentì una fitta al cuore, faceva male saperlo e rendersi conto che erano due estranei perché lui l'aveva abbandonata prima ancora che nascesse.

I suoi bambini, i suoi bellissimi bambini che un altro uomo stava vedendo crescere e che loro chiamavano papà... “Devo uscire...” - mormorò, alzandosi di colpo dalla panca mentre la cerimonia proseguiva placida e tranquilla.

Basset annuì. “Volete che vi accompagni?”.

No, no! Ho un po' di nausea ma niente di grave, mi basterà una boccata d'aria e riposare un po'. Ci vediamo domani in Parlamento...”. E detto questo uscì, in preda a dei conati di vomito che non riusciva a trattenere.

Era un incubo... Un incubo reale che MAI, benché avesse tanto desiderato rivedere Demelza, avrebbe voluto vivere. Ma forse se lo meritava, forse doveva vedere coi suoi occhi a cosa avevano portato i suoi errori e il male che aveva fatto a chi amava. Aveva tradito e abbandonato la sua famiglia e loro lo avevano lasciato, cercando la felicità altrove.

E Demelza, la sua forte, fiera e combattiva Demelza era riuscita a rialzarsi e a tornare a vivere come lui non sarebbe mai riuscito a fare. Era sempre stata più forte di lui, dopo tutto...

Gli era passata davanti senza notarlo in mezzo a tutte quelle persone, erano a pochi metri e lei aveva proseguito dritto senza ovviamente vederlo mentre per lui, una volta accortosi di lei, non era esistito più nessuno in quella Chiesa.

Si sedette sugli scalini esterni, mentre le gambe faticavano ormai a reggerlo. E ora? Ora che doveva fare? Non sapeva, non capiva, non riusciva a formulare un ragionamento lineare. Era perso e improvvisamente Londra aveva assunto ai suoi occhi altri connotati. La sua famiglia era lì, viveva lì e lui senza saperlo era entrato nel suo mondo...

Rimase seduto sugli scalini senza accorgersi del tempo che passava e della gente che pian piano si affollava davanti ai portoni per vedere sposi ed invitati. Si alzò, camminò, quasi strisciando i piedi, fino a una uscita laterale per evitare di essere travolto dal corteo nuziale e poi si sedette di nuovo sugli scalini di pietra, incapace di fare altro se non fissare il vuoto che aveva davanti a se e nella sua mente. Era tutto ovattato attorno a lui e persino il suono delle campane che annunciava la fine della cerimonia e le urla festanti della gente sulla navata apparivano lontane e opache.

E improvvisamente la porta dietro di lui si aprì e i bambini, i quattro paggetti e le quattro damigelle, uscirono assieme alla bambinaia.

La donna lo occhieggiò sospettosa. “Signore, potreste spostarvi? Abbiamo scelto questa uscita per motivi di sicurezza e dobbiamo far salire i bambini nella carrozza”.

Ross osservò lei e poi i bambini. I suoi bambini... Che giocavano con gli altri piccoli, non degnandolo di uno sguardo. Vide una elegante carrozza scoperta che li attendeva a pochi metri, sulla strada, e poi tornò a guardare i suoi figli. Così belli, così lontani, così estranei... Eppure Jeremy lo aveva tenuto sulle ginocchia, avevano giocato assieme al suo cavallino di legno, lo aveva messo ogni tanto a letto e lo aveva tenuto fra le braccia, con orgoglio, quando lo avevano Battezzato. E Clowance... La perfetta, bellissima Clowance... La sua bambina che mai aveva visto e conosciuto, abbandonata nel modo più crudele quando ancora era nel ventre di sua madre.

Improvvisamente Jeremy chiamò uno dei bambini, cercando di non farsi notare dalla bambinaia. “Guarda, Frederik” - sussurrò a quello che sembrava un suo coetaneo, togliendosi qualcosa dalle tasche.

Frederik rise, mettendosi le mani davanti alla bocca. “Bello! Con questa ci divertiamo dopo, al party in giardino!”.

Ross, nella sua confusione, notò che Jeremy teneva in mano una specie di fionda. Cosa che notò anche la bambinaia che si avvicinò con fare severo. “Jeremy, dammi quella fionda!”.

Non è una fionda!” - rispose Jeremy mettendo le mani dietro la schiena per coprire quella palese bugia.

E cos'è?” - chiese la donna.

Il bambino alzò le spalle. “Un pezzo di legno CASUALMENTE simile a una fionda! La natura lo ha fatto così”.

La donna lo guardò storto, con aria severa che non ammetteva repliche e poi allungò la mano. E Jeremy, sbuffando, fu costretto a consegnarle il gioco.

Clowance sbuffò. “Selvaggi! Siete dei selvaggi!”.

Jeremy le fece la linguaccia. “Zitta! Che ancora nemmeno sai leggere”.

La bambina incrociò le braccia al petto. “Meglio analfabeta che selvaggia come voi! Noi siamo Ladies, che importanza ha saper leggere? Basta essere educate!”.

Jeremy rise, seguito dagli altri bambini. “Come Daisy?”.

Clowance si voltò e anche Ross lo fece, notando che la piccolina si era sollevata la gonna mostrando le mutandine, per grattarsi il ginocchio.

La bambinaia corse dalla piccola, tirandole giù il vestito. “Che fai?”.

Mi ha punto una zanzara! Mi prude! Mi prude tutto, pure la testa con questi fiori!” - si lamentò la bimba.

I maschietti risero. “Lady... Mica tanto!”.

Ross guardò i suoi figli che parlavano, litigavano, cercavano di fregare gli adulti e giocavano con altri bambini appartenenti a un mondo di cui lui non faceva parte.

La bambinaia, sbuffando, li fece arrivare fino alla carrozza posta in una strada ormai gremita di gente e Ross continuò ad osservarli come se non esistesse altro, anche se era circondato da perfetti estranei che spingevano per andare ognuno alla propria carrozza.

E improvvisamente, lei ricomparve...

Bellissima, sorridente, circondata da altre persone che lui non conosceva ma che le dovevano essere amiche.

Demelza, una volta spaventata alla sola idea di un Natale a Trenwith con la sua famiglia, ora era la principessa di una società ricca, aristocratica e irraggiungibile quasi per chiunque, vestiva abiti e indossava gioielli che lui non avrebbe mai potuto permettersi di comprarle e sembrava trovarsi perfettamente a suo agio.

Il gemellino più piccolo, Demian, gli corse incontro e lei si chinò a parlargli nell'orecchio, come spesso le aveva visto fare anche a Nampara con Julia e Jeremy quando doveva tranquillizzarli su qualcosa. Vide il bimbo sorridere, saltarle in braccio e lei abbracciarlo. Era suo figlio anche lui, ora lo realizzava appieno... Dei gemellini avuti con un altro uomo...

Era Demelza, ora ne era certo! Ed erano quei gesti dolci, quel modo di essere mamma, quel genere di attenzioni che le stava vedendo dare a quel piccolo a dargliene la conferma, più che le parole di Basset.

Era la sua Demelza...

O no, non era più sua...

Era di un altro uomo che aveva preso, amato e curato qualcuno che lui si era fatto sfuggire di mano e non aveva saputo difendere.

Si guardò attorno cercando quell'uomo che gli aveva portato via chi più amava ma c'era troppa gente, troppo rumore, troppo di tutto.

Rimase immobile, era nessuno fra migliaia di persone, nascosto agli occhi di lei così infinitamente lucente alla sua vista.

La vide salire coi bambini sulla carrozza, chiacchierare con loro e poi allontanarsi diretta a una festa sontuosa alla quale lui non avrebbe potuto partecipare.

  
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