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Autore: Evola Who    07/01/2019    2 recensioni
Albus Silente stava dormendo tranquillamente e si trovava immerso nel mondo dei sogni, finché non si accorse che i primi raggi del sole iniziarono a filtrare dalla finestra e a pizzicare gli occhi del giovane mago...
Si alzò di scatto, era quasi fuori dal letto, quando una mano gli afferrò il polso, e una voce ancora impastata dal sonno gli chiese: “Dove credi di andare?” per poi tirarlo verso il letto.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Your Place is here,
With me

 

Gordric’s Hollow. Estate, fine ottocento.
 
Albus Silente stava dormendo tranquillamente e si trovava immerso nel mondo dei sogni, finché non si accorse che i primi raggi del sole iniziarono a filtrare dalla finestra e a pizzicare gli occhi del giovane mago, che si svegliò borbottando.
 
Quando vide l’alba dalla finestra, sussultò spaventato, dicendo: “È tardissimo! Devo ritornare a casa!”
 
Si alzò di scatto, era quasi fuori dal letto, quando una mano gli afferrò il polso, e una voce ancora impastata dal sonno gli chiese: “Dove credi di andare?” per poi tirarlo verso il letto.
 
Albus girò e vide il volto quasi angelico di Gellert Grindelwald: il ragazzo era steso a pancia in giù, con la schiena nuda, ma dai fianchi ai piedi era coperto da un leggero lenzuolo – che lasciava ben poco spazio all’immaginazione del giovane mago – e lo teneva per il polso. Gli lanciò uno sguardo con aria ancora po’ assonata, con la testa appoggiata sul cuscino, i capelli biondi scompigliati e gli occhi blu, quasi grigi, che alla luce dell’alba sembravano ancora più luminosi e quasi ipnotici.
 
Al sorrise dolcemente, gli prese la mano per accarezzarla e rispose: “Mi spiace, Gel, ma devo andare. Lo sai”.
 
Gli baciò il dorso della mano e cercò di alzarsi, ma Gellert lo trascinò di nuovo sul letto dicendo: “Oh, no! Tu non te ne vai da nessuna parte. Non senza un mio ordine!”. Si avvicinò a lui, fermandosi davanti al suo volto, mentre Albus guardava in basso, nascondendo un piccolo sorriso.
 
“In fondo, è ancora presto. Visto che mi hai svegliato, possiamo iniziare la giornata ripartendo da dove ci siamo fermati stanotte…”.
 
Iniziò a baciarlo, con rapidi baci sulle labbra, alzando il suo volto verso di lui. Per poi farli diventare più lunghi e appassionati. Albus lo fermò un po’ a malincuore, dicendo: “Gel, su serio. Per quanto mi piacerebbe restare, lo sai che devo tornare a casa”, protestò, quindi guardò l’amato con aria dispiaciuta, mentre Gellert non nascose la sua delusione, guardandolo mentre si alzava dal letto.
 
Il mago si sedette sul bordo del letto, guardando la finestra con il sole che stava sorgendo, per poi tornare a chinare la testa, fissando i loro vestiti sparsi in giro. Ricordava perfettamente di essere entrato dalla finestra della camera di Gel in piena notte, dopo aver litigato per l’ennesima volta con Aberforth per qualcosa che aveva già dimenticato.
 
 Quando aveva visto l’espressione perplessa di Gellert per il suo arrivo improvviso, si era gettato sulle sue labbra senza dire nulla. Lui aveva ricambiato il suo bacio senza fare domande, sapendo il perché di quel gesto e del suo bisogno di conforto. Si erano concessi l’uno all’altro, dedicandosi a quel momento d’amore, Albus aveva sperato che quel momento durasse in eterno, per non dover tornare ai suoi problemi, anche se sapeva che non sarebbe andata così, ma si consolava all’idea di poter stare tra le braccia del suo innamorato, almeno per un po’.
 
Gellert notò che Albus era ancora fermo, senza dire nulla e si preoccupò. Si mise accanto a lui dicendo: “Al? Tutto bene?”.
 
“Sì, sto solo pensando…” e fece un lungo sopirò paziente.
 
“Lo sai,” disse l’altro posando il mento sulla spalla di lui “non sei obbligato a tornare a casa. Anzi, forse non è meglio non ritornare più?”.
 
“Ma devo tornare. Lo sai…”
 
“Certo, per poi litigare con lui per ogni minima cosa e tornare da me con il broccio per piangerti addosso”.
 
“Io… io non mi piango addosso!” ripeté Albus convinto.
 
“Certo. E io sono un pessimo mago.”
 
Albus e Gellert si guardarono in silenzio per qualche istante per poi ridere insieme.
 
“Comunque, davvero io non mi piango addosso.”
 
“E io, come ho già detto prima, sono un pessimo mago.”
 
Gellert lo guardò con un sorriso vittorioso e Albus lo ricambiò dicendo: “Sei sempre il solito vanitoso.”
 
“Lo so ed è per questo che ti piaccio!” e risero di nuovo.
Ma Albus fece un lungo sospiro ritornando serio: “Anche se io e Aberforth litighiamo dobbiamo essere uniti. Per Arianna”, guardò in basso con aria malinconica: “Sono il fratello maggiore, la responsabilità è mia, non posso lasciare tutta la mia famiglia e gettare tutto il peso ad Abe. Non sarebbe giusto.”
 
 Fece un lungo sospiro paziente e si coprì il volto stanco con le mani. Ripensò alla sua situazione frustrante in casa: non aveva potuto girare il mondo dopo il suo diploma ad Hogwarts. Suo padre era stato imprigionato ad Azkaban e sua madre era stata uccisa involontariamente da sua sorella. E ora lui era il capo famiglia, portava sulle spalle tutte le responsabilità. Responsabilità che lui non voleva. Sentendosi soffocato e sottovalutato dal suo potenziale credeva che stesse sprecando inutilmente la sua vita.
 
“Allora, perché devi portare un fardello così pesante e soffrire per cose che non volevi?” disse Gellert con un tono dolce.
 
Albus alzò la testa, quasi di scatto dopo quelle parole, come se l’altro gli avesse letto nel pensiero, e si scontrò con i suoi occhi grigi, rimanendo quasi stregato da quello sguardo e rapito dalla sua voce.
 
“Albus, tu sei un grande mago, hai tanto talento e grandi doti, oltre che capacità a dir poco straordinarie ed eccezionali. Sei sprecato qui. Noi siamo sprecati qui.”
 
Gel ammirò il profilo del suo volto, mentre il mago ritornò a fissare in basso con aria perplessa.
 
“Lascia perdere Aberforth e i suoi stupidi tentativi di fati credere che tu non vali niente. Perché sappiamo bene entrambi che non è così, è solo invidioso del tuo talento e ti costringe a restare qui.”
 
“E Arianna?” chiese Albus, alzando leggermente lo sguardo. I suoi occhi erano malinconici e tristi, nascosti dietro ad un volto impassibile, e lasciarono Gellert un po’ sorpreso.
 
“Non posso andarmene e abbandonare tutto come se fosse niente. Se sono ancora qui, è per lei, Gel” questa volta alzò la guardo guardandolo in faccia: “Arianna è instabile ormai. Io e Abe siamo gli unici di cui si fidi e si sente sicura solo con noi. Anche se noi due non andiamo mai d’accordo, dobbiamo stare insieme per il suo bene e quello della mia famiglia. Se un giorno me ne andassi, potrebbe impazzire per il dolore, diventando ancora più instabile e incontrollabile. Non è giusto che Alb si prenda tutte queste responsabilità da solo. In fondo, quale razza di fratello lo farebbe?” abbassò di nuovo lo sguardo, pensando al suo destino, ormai rassegnato.
 
“Un fratello maggiore che cerca di capovolgere la situazione” disse Gellert con tono convinto ma dolce. Alzò il mento dalla spalla del suo amato, guardandolo in volto e con le dita lo costrinse a girare la testa verso di lui.
 
“Al, ricorda il nostro scopo, ricorda il perché siamo alla ricerca dei doni della morte”.
 
“Per risolvere il governo magico e togliere la segretezza tra maghi e babbani una volta per tutte e essere padroni della morte”
 
“Esatto. E non solo quello, immagina se non ci fosse mia stata quella stupida legge…”
 
Albus ritornò a perdersi nei suoi occhi e ad innamorarsi della voce del futuro mago oscuro, così sensuale, dolce, con quelle parole dette quasi con un sussurro, ma allo stesso tempo nascondeva un tono deciso e sicuro.
 
“Se non fosse mai stata costretta a nascondere la magia, e quei stupidi bambini non l’avessero aggredita per questo, Arianna sarebbe una bambina felice e gioiosa, con due genitori a prendersi cura di lei. Tu e Aberforth saresti stati liberi da ogni responsabilità famigliare. E il tuo talento sarebbe migliorato, sarebbe stato conosciuto e apprezzato molto di più, come meriterebbe.”
 
Ascoltando quelle parole, il giovane Albus si immaginò l’intera scena: i suoi genitori vivi, Arianna sana, felice e spensierata come ogni bambina dovrebbe essere, senza provare timore per la sua magia. Aberforth avrebbe dedicato la sua vita alle capre e lui, libero di girare il mondo magico senza rimorsi o sensi di colpa, sarebbe stato insieme a Gellert.
 
“Purtroppo non è così” Disse Gel, riportandolo crudelmente alla realtà “Ma possiamo cambiare tutto questo, se diventiamo padroni della morte saremo potenti, talmente tanto da risolvere tutto il mondo magico e rendere maghi e streghe liberi di esprimersi e mostrare la loro magia a tutti. Così, tua sorella vivrà una lunga vita felice e tu avrai il rispetto e il potere che meriti. O meglio, noi avrei il potere che meritiamo”.
 
Gellert con la mano iniziò ad carezzare il volto del suo amato, con dolci e frugaci carezze. Albus iniziò a pensare al piacere di quel contatto, provando una intensa sensazione di lussuria. 
 
“E io sarò sempre al tuo fianco. Sempre, in ogni momento.”
 
“Promesso?” chiese Albus con tono fermo.
 
“Promesso…” rispose Gellert, avvicinandosi al suo orecchio. “Ma intanto non voglio vederti così triste davanti ad me. Mentre potresti fare cose mooolto più utili.”
 
“Ad esempio?”
 
Gellert sorrise con malizia per l’ingenuità del suo amante. Con un gesto lo fece stendere sul letto, rimanendo sotto di lui, bloccando le mani sopra il cuscino con una mano, e accarezzando i suoi fianchi con l’altra, ammirando con ardore il suo fisico nudo e asciutto.

Albus rimase sorpreso da quel gesto improvviso, sebbene lo trovasse eccitante, e ammirò Gellert che si alzava davanti a lui, con il suo fisico atletico (probabilmente a Durmstrang prendevano lo sport più seriamente): la sua pelle bianca rifletteva il sole. E mentre ad Albus batteva forte il cuore e aveva il fiato corto, Gellert, con un solo gesto della mano, chiuse le tende della finestra, coprendo il sole, ormai alto, e rendendo la stanza scura. Poi si abbassò lentamente verso di lui, dicendo: “Te lo devo proprio spiegare?” e sorrise con aria maliziosa.
 
Albus ricambiò e i due iniziarono a baciarsi. Albus liberò le mani dalla sua stretta dolce, mettendogli le mani sul volto e accarezzando e giocando con i suoi capelli biondi, mentre Gellert lo accarezzava avidamente. Iniziò a baciarlo su collo, facendolo gemere con gli occhi chiusi e un sorriso beato su volto.
 
Dopo essersi uniti ancora una volta, si concessero qualche momento di dolcezza: Albus era sdraiato, con la testa e le mani sul petto di lui, con gli occhi chiusi e un sorriso beato sul volto. Gellert, con il braccio sinistro appoggiato alla testa di Albus, era intento a giocare con le sue ciocce scure, mentre con il destro lo stringeva a sé, con lo stesso volto sereno.
 
“Lo sai? Dovresti farti crescere i capelli” gli disse con tono dolce.
 
Cosa?”
 
“Fatti crescere i capelli” ripeté, giocando le sue ciocche: “Ti immagino con una bella e lunga cascata di capelli rossi... o anche una bella e folta barba. Come i veri maghi o stregoni importanti.”
 
Entrambi risero divertiti, immaginandosi Albus Silente con una lunga barba imponente e i capelli color rosso che gli scendevano lungo le spalle.
“Allora…” disse il Grifodoro mettendo la mano sulla guancia del suo amante: “Se io mi farò crescere la barba e i capelli, allora dovrai farlo anche tu!”
 
“Ti prego! Non mi farò mai crescere i capelli così lunghi né mi farò mai crescere una barba! Forse solo un bel paio di baffi.”
 
“Secondo me non ti donerebbero”
 
I due maghi si guardarono con aria seria, dopo quell’ultima “provocazione” per poi mettersi a ridere sguaiatamente e scambiarsi un dolce bacio sulle labbra.
 
“Forse, è ora che mi alzi e…”
 
“Albus, ti ho detto che…”
 
“Per bussare alla tua porta e farmi invitare dalla tua prozia a fare colazione da te.”
 
Gellert lo guardò un po’ stupito da quella idea, mentre Al continuò con aria ancora più sodisfatta: “Così non mi vedrà scendere da sopra e non si farà ‘strane domande’.”
 
Il mago batté le palpebre un paio di volte, per poi ricambiare il sorriso vittorioso, rispondendo con tono dolce: “Allora, va bene.” E gli diede un bacio sulla fronte.
 
“Spero che abbia fatto qualche torta alle fragole o il suo sorbetto al limone!” e rise.
 
Gellert alzò gli occhi, ma con aria divertita, conoscendo la golosità del suo amato. Non poteva fare a meno di sopportare un po’ quel lato.
I loro occhi si incontrarono di nuovo, si guardarono con aria intesa e dolce, scambiandosi un lungo bacio, come un buon inizio giornata.

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Note:
Posso spiegare!
Ho dovoto cancellare questa
storia e ripubblicarla 
perchè la storia l'avevo pubbnlicata ad metà!
Qundi, ho messo la storia INTERA.
Spero che vi piaccia questa prima storia
di Harry Potter e di questa prima - e non ultima-
su questa ship!
Evola 

   
 
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