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Autore: samv_s    08/01/2019    3 recensioni
“Quando sarò grande, ti proteggerò. Mi aspetterai?”
(yoonkook)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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When I grow up, I will protect you.
Would you wait for me?
 
 
Il giovane svoltò l’angolo adocchiando da subito il portoncino, lasciato socchiuso, di un condominio abbastanza datato. Cercando di fare il meno rumore possibile, spinse la porta e si intrufolò all’interno dell’androne.
Anche quella volta era riuscito a svignarsela.
Provando a regolare il respiro, ripescò il telefono in una delle tasche dei suoi jeans: sul display vi erano segnate quattro chiamate perse, tutte dalla testa persona. Sua madre.
Il giovane si portò una mano a spostare i capelli biondi – ora leggermente sudaticci alla base del collo – e con l’altra si tastò il labbro inferiore. Le sue dita affusolate passarono delicatamente sul taglio che gli avevano procurato, sporco di sangue ormai secco.
Anche quella sera sarebbe entrato dalla porta di servizio.
 
Quando rincasò, erano da poco passate le otto: i suoi, sicuramente, erano già seduti a tavolo per la cena. Anche lì, con le mani che stringevano le scarpe al petto, cercò di non farsi sentire dai due adulti che consumavano il pasto nella stanza affianco.
Con passo felpato, si avvicinò alle scale per poter raggiungere la sua stanza il più velocemente possibile. Proprio mentre poggiava il piede sul primo scalino, la voce di sua madre gli arrivò alle orecchie e gli fece rizzare i peli sulle braccia.
“Dobbiamo parlare.” Il ragazzo si era girato, cercando di mettere su l’espressione più atona che vi fosse nel suo repertorio. I suoi piccoli occhi scuri come la pece, scrutarono il viso della madre studiandone lo sguardo di fuoco e la mascella contratta: era riuscito a farle incazzare anche quella volta.
“Sono stanco, ne parliamo domani. Notte.” E detto ciò, si voltò di scatto e fece gli scalini due a due pur di sfuggire dalle sue grinfie, e dai numerosi richiami.
Ma seppur adesso si trovasse al sicuro fra le quattro mura della sua stanza – perennemente in disordine – l’indomani avrebbe dovuto affrontare l’ira funesta della donna.
 
Il mattino seguente fu svegliato dal rumore fastidioso dell’aspirapolvere in funzione.
Sbadigliando e rigirandosi su di un fianco, allungò un braccio per poter recuperare il telefono abbandonato sul comodino dalla sera prima. L’orologio segnava le otto e mezza del mattino, davvero troppo presto per un diciassettenne in vacanza.
Ciononostante, sapeva che riprovare a riprendere sonno sarebbe stato inutile. Decise quindi di abbandonare il letto e di scendere al piano inferiore: stava avvertendo un certo languorino.
Raggiunta la cucina si ritrovò davanti alla figura della madre, intenta a ripulire il piano cottura. Il ragazzo biascicò un “buongiorno” mentre apriva le ante dei mobiletti ed afferrava una brioche. Si riempì poi un bicchiere con del succo, ed infine prese posto attorno al tavolo iniziando a consumare la sua colazione.
Sua madre non aveva ancora aperto bocca, ma il figlio sembrava non essere turbato affatto da questo comportamento. Infatti, sapeva bene che la donna da lì a poco avrebbe iniziato a sbraitare ripetendogli quanto il suo stile di vita fosse sbagliato.
 “Sappi che questa volta hai superato il limite. Sono stufa di vederti tornare a casa sempre la sera, capisci che sia io che tuo padre siamo perennemente in pensiero per te? – Eccola, pensò il tinto ascoltando, per quella che era forse la centesima volta, la stessa ramanzina. – Ma questa volta basta, ho deciso che la smetterai con questo tuo modo di fare così menefreghista. Questo pomeriggio ti accompagnerò a casa di una mia amica, inizierai a fare da babysitter a suo figlio mentre lei è al lavoro.” Il ragazzo girò il volto di scatto, sbigottito nel sentir udire quelle parole.
“Cosa!? No, tu non puoi farmi questo!” Urlò allora. Sua madre non aveva mai reagito così, i suoi erano sempre stati dei richiami “pacati”. Perché proprio adesso? Perché doveva rovinargli le vacanze? No, non poteva accettarlo.
“È ora che tu inizi a crescere Yoongi. Basta discuterne.” La donna non aggiunse altro, si limitò ad uscire fuori dalla cucina lasciando solo il giovane livido di rabbia.
 
Nonostante avesse provato a farle cambiare idea, sua madre non aveva accettato alcuna condizione. E così, alle tre e mezza del pomeriggio, Yoongi si era ritrovato al fianco della donna davanti al cancello di una villetta poco lontana da casa sua.
Poco dopo, il cancello fu aperto rivelando il corpo esile di una donna avvolta in un tailleur nero mentre un sorriso cordiale illuminava il suo volto. Al suo fianco, vi era invece un ragazzino dal volto chinato: i capelli, di un castano scuro, gli cadevano sulla fronte coprendo i suoi occhi.
“Benvenuti, prego venite.” Il sorriso della donna si allargò maggiormente, mentre con un gesto della mano invitava i due a seguirli. I quattro, allora, percorsero il vialetto in ciottoli che conduceva alla porta di ingresso.
Giunti all’interno dell’abitazione, si accomodarono tutti sul grande divano ad isola posto al centro del salotto.
“Jihyung, grazie mille per il tuo aiuto. Senza di te adesso, starei ancora cercando una babysitter per il mio piccolo Kookie.” Esclamò la signora Jeon, facendo sbuffare il figlio.
“Di nulla Yewon, mio figlio Yoongi era entusiasta all’idea.” Il biondo, sentendo il suo nome, si sforzò di sorridere cordiale. Lui non era affatto entusiasta all’idea di fare da babysitter ad un moccioso, che talaltro sembrava dimostrare tredici anni. Quando aveva avuto la sua età, non era stato affidato a nessuna babysitter.
Poppante, pensò Yoongi.
“Oh, spero che i ragazzi vadano d’accordo allora. Jungkook è un po' timido verso le nuove conoscenze, ma vedrai che ben presto si aprirà con te. – Iniziò Yewon, rivolgendosi al diciassettenne. – Bene, adesso devo proprio andare. Jihyung vieni, ti accompagno alla porta.” Le due donne si alzarono, raccomandando i due ragazzi di fare i bravi in loro assenza. La signora Min lanciò uno sguardo al figlio prima di seguire l’amica e abbandonare l’abitazione della famiglia Jeon.
Lasciati soli, il silenzio calò fra i due ragazzi. Yoongi si accomodò meglio sul divano, scrutando con più attenzione Jungkook. Questi, sentendosi lo sguardo del maggiore addosso, alzò il capo ed i suoi occhi grandi e scuri si incontrarono con quelli piccoli del maggiore.
“So che ti sembro abbastanza grande per rimanere a casa da solo, non sei l’unico a pensarlo, ma mia madre non si sarebbe mai messa l’anima in pace a pensarmi tutto solo qui. Quindi, fai ciò che ti pare l’importante è che non distruggi casa.” Finito di parlare, Jungkook si alzò e si diresse al piano superiore.
Solo quando si sentì una porta sbattere – probabilmente quella della camera del castano – Yoongi si riprese e sbuffò sonoramente.
Altro che timido o moccioso, quel Jeon Jungkook era fin troppo sveglio.
Erano ormai passate due settimane da quel pomeriggio. Due settimane in cui Min Yoongi bussava puntuale il campanello di casa Jeon, e rimaneva in quell’abitazione a non fare nulla fino alle otto di sera.
Jungkook passava la maggior parte del suo tempo chiuso in camera, e quando usciva trovava sempre qualcosa da fare pur di non parlare con il maggiore. Yoongi era così infastidito da quel comportamento: non solo era costretto a fare qualcosa contro la sua volontà, ma quel piccoletto gli rendeva il tutto ancora più noioso di quanto potesse essere.
Il biondo aveva provato più volte a tenersi occupato – si era munito dei suoi manga preferiti ed aveva passato così pomeriggi interi immersi nella lettura – ma i fumetti erano ormai terminati, e quella non era casa sua: non poteva di certo svuotare il frigorifero o buttarsi sul divano per fare un bel riposino.
Così, stufo di quella situazione, un pomeriggio salì le scale e si avvicinò ad una delle porte nel vano tentativo di captare un qualsiasi rumore. Non sapeva quale fosse la stanza del tredicenne, e non voleva violare la privacy della signora Jeon.
“Che diamine stai facendo?” Una voce confusa e allo stesso tempo divertita, lo fece sobbalzare e girare. Poco distante da lui, vi era Jungkook.
“Ti stavo cercando, dobbiamo parlare.” Rispose semplicemente Yoongi, cercando di non fare notare il leggero rossore che adesso stava imporporando le sue guance.
Il minore sbuffò appena, prima di esclamare un “e va bene” e dirigersi al piano inferiore.
Il biondo storse il naso fin troppo irritato per il comportamento di quel moccioso, ma lo seguì in religioso silenzio.
 
Giunti al piano inferiore, presero entrambi posto sulle sedie della cucina. Yoongi ormai la conosceva bene: nei suoi lunghi pomeriggi, quando tutti i fumetti a sua disposizione finivano, si era ritrovato più volte con la gola secca. Così, si era ritrovato più spesso all’interno di quella stanza (inoltre la signora Jeon aveva preso a lasciare degli spuntini per lui e per il figlio, perché rifiutare?).
Il silenzio calò sui due, mentre gli occhi di entrambi erano incatenati gli uni agli altri. Il maggiore osservava il viso di Jungkook: aveva le guance paffute e tinte di un rosa tenue, le labbra sigillate in una linea sottile, quegli occhi grandi e scuri che non la smettevano di studiarlo.
“Sono qui da più di una settimana ormai e ogni volta ti chiudi nella tua stanza. Non pretendo chissà quale grande amicizia, ma almeno potresti avere la decenza di farmi compagnia qualche volta. Sei un bambino abbastanza maleducato lo sai?” Le parole uscirono fuori dalla sua bocca così rapidamente, che Yoongi non riuscì a capire se le avesse realmente dette o solo pensate. In ogni caso, era meglio dire le cose così come stavano, senza girarci intorno.
“Io non sono un bambino! – Rispose offeso Jungkook. – E poi so che non volevi fare questo lavoro, tanto vale che ognuno continui per la sua strada.” Il biondo ghignò. Un ghigno tirato: quel nanetto stava davvero mettendo a dura prova la sua pazienza.
“Ma adesso sono qui, quindi seguirai ciò che il tuo babysitter ti dirà. – Sentenziò allora il maggiore. Il castano aprì bocca, pronto per ribattere, ma l’altro lo bloccò con un gesto della mano. – E non si discute, oppure dirò tutto a tua madre. Di sicuro non sarà felice di sapere che passi tutto il giorno chiuso nella tua stanza a giocare ai videogiochi.” Trovatosi colto in flagrante, Jungkook arrossì lievemente prima di chiudere la bocca.
“Va bene, e cosa vorresti fare?” Chiese allora, arresosi.
“Vestiti e procurati le chiavi di casa, usciamo un po'.”
 
Yoongi non aveva la più pallida idea di dove potesse portare Jungkook: spostarsi in centro avrebbe impiegato troppo tempo – non aveva intenzione di farsi richiamare né dalla signora Jeon, né da sua madre – e come se non bastasse, il più piccolo lo stava osservando con fare interrogativo.
Mentre pensava a qualcosa in alternativa, il castano parlò e le sue parole giunsero alle orecchie del maggiore come una manna dal cielo.
Jungkook voleva un gelato, e lui conosceva il posto adatto dove prenderne uno senza allontanarsi troppo.
Sorridendo di sottecchi, afferrò il polso del minore ed iniziò a camminare in direzione del parco della zona.
 
I due avevano trascorso un pomeriggio diverso, un pomeriggio in compagnia. Yoongi aveva visto per la prima volta le labbra di Jungkook incurvarsi in un sorriso adorabile – scoprendo così i suoi dentini a coniglietto – e quest’ultimo, aveva visto Yoongi sotto una veste più premurosa e meno scocciata. Entrambi, si erano meravigliati di come le cose fossero cambiate dopo solo poche ore assieme.
Ma la pace di quel momento, non poteva durare a lungo.
Mentre i due erano intenti a parlare – avevano scoperto di star leggendo entrambi lo stesso manga e stavano discutendo su chi potesse essere il possibile colpevole – alle spalle di Yoongi, si posizionarono tre figure. Tre ragazzi, forse poco più grandi di Yoongi, dai corpi robusti e con espressioni che non promettevano nulla di buono.
“Ma guarda un po' chi si rivede, il nostro caro amico Min Yoongi.” Al suono di quelle parole, il biondo sussultò appena e si alzò di scatto da terra. Cercando di non farsi sentire, sussurrò a Jungkook di andarsene ma questi non riuscì a capirlo. Rimase quindi seduto sull’erba, osservando la scena confuso.
“Vi ho dato ciò che volevate e già vi ho detto che avevo chiuso.” Cercò di liquidarli in fretta Yoongi, sentendo l’ansia iniziare ad aumentare. Aveva sempre avuto paura – una paura fottuta – di quei tipi, ma adesso che c’era Jungkook si sentiva ancora peggio.
Uno dei tre ghignò e si avvicinò afferrando il biondo per il colletto della giacca di jeans che indossava. Lo strattonò fino ad alzarlo qualche centimetro da terra, puntando il suo sguardo divertito in quello del biondo.
“Oh, me ne ricordo bene. Ma sai, né a me né ai miei amici è piaciuto il modo in cui te ne sai andato la volta scorsa. Sei stato scortese con noi.” Sputò il ragazzo, facendo ridere i due ragazzi dietro di lui. Yoongi, che aveva cercato di rimanere impassibile, mandò giù il groppo formatosi in gola: sapeva che Jungkook stava osservando tutta la scena, probabilmente terrorizzato.
Quando sentì il ragazzo riposarlo con i piedi per terra, provò a girarsi e dire al minore di scappare. Ma riuscì ad incrociare solo i grandi occhioni dell’altro, spalancati per la troppa paura, prima che qualcuno lo colpisse in viso.
Yoongi perse l’equilibrio e prese ad indietreggiare, il sapore metallico del sangue già ad invadergli la bocca.
“No, proprio per niente carino.” Ripeté l’altro, poi sferrò un secondo ed un terzo colpo. Il biondo si ritrovò in poco tempo col labbro nuovamente spaccato, una ferita sullo zigomo destro ed un dolore lancinante allo stomaco.
Quei tre continuavano a ridere di lui, noncuranti della figura di Jungkook: questi, infatti, sedeva ancora a terra completamente bloccato al suolo dalla paura.
“Scusami…non volevo che vedessi tutto questo.” Gli sussurrò Yoongi, mentre cercava di pulirsi dal sangue che gli imbrattava il viso.
Il minore spalancò, ancor di più gli occhi sorpreso dall’espressione addolorata del biondo: non aveva mai visto Yoongi così, non che avesse passato molto tempo con lui, ma aveva sentito un dolore al petto quando aveva incontrato lo sguardo afflitto dell’altro.
Si sentiva in colpa, in colpa perché non era stato in grado di gridare aiuto. Non era stato capace di fare nulla se non rimanere a vedere quei tre picchiare Yoongi.
Come mosso da una forza maggiore, Jungkook si alzò da terra e allungò la sua piccola mano a Yoongi. Il biondo prese ad osservarlo confuso – per quanto potesse, dato che ogni singolo movimento causava altre fitte allo stomaco – prima di comprendere il gesto dell’altro ed annuire un po' incerto.
I tre ragazzi di fronte a loro erano così presi a ridere della scena, che non si accorsero dei movimenti di entrambi. O almeno questo fino a quando Jungkook non si avvicinò loro e pestò con forza un piede al più robusto dei tre. Il giovane urlò dal dolore, i suoi amici si fermarono e lo guardarono interrogativi, poi si girarono in direzione dei due.
Ma non ebbero il tempo di fare o dire nulla, poiché quelli erano scappati.
 
La corsa fino a casa era stata la cosa più difficile che Min Yoongi e Jeon Jungkook avessero mai potuto fare in vita loro: il primo aveva avvertito ad ogni passo le fitte aumentare, mentre il secondo era sempre stato un ragazzino sedentario amante dei videogiochi piuttosto che delle passeggiate.
Erano così giunti davanti al cancelletto di entrata sudati e col respiro pesante. Qui rallentarono, camminando lentamente – ora si erano aggiunti anche i polpacci doloranti – fino alla porta di entrata. Erano riusciti a scappare senza che quei tre bestioni li seguissero.
“Non sederti sul divano. Se dovessi sporcare qualcosa, mia madre se la prenderebbe con me.” Yoongi annuì alle parole del minore dirigendosi in cucina e prendendo posto su una delle sedie. L’altro, invece, corse su per le scale alla ricerca di qualcosa.
Quando ritornò giù ed entrò nel campo visivo del biondo, questi si accorse del contenitore con ovatta, disinfettante e cerotti che Jungkook aveva preso.
Il minore allora prese posto accanto a Yoongi e prese ad aprire la confezione dell’ovatta per poi bagnarla con del disinfettante. Si sporse leggermente – nonostante il maggiore stesse seduto, lui rimaneva più basso – e prese a tamponare delicatamente sul taglio, rimuovendo il sangue ormai secco. Yoongi si lamentò davvero poco, quella non era la prima volta che lo picchiavano, ma rimase tutto il tempo con lo sguardo attento sulla figura minuta di Jungkook. Di sicuro, quella era la prima volta che qualcuno si prendesse cura di lui in quel modo.
“Scusami se non ho fatto nulla per fermarli.” Biascicò il castano mentre prendeva un altro pezzo di ovatta, portandolo questa volta sul labbro del maggiore.
“Anche se avessi avuto la possibilità, non avresti dovuto farlo. Meglio che abbiano colpito me che te. Come lo avrei spiegato a tua madre dopo?” Yoongi sorrise, cercando di essere incoraggiante e di far sentire – anche se leggermente – meglio il più piccolo. Jungkook sorrise e poi alzò lo sguardo, incatenando i suoi occhioni da bambino con gli occhi piccoli del biondo.
Quando sarò grande, ti proteggerò. Mi aspetterai?” Quelle parole meravigliarono Yoongi, ormai sempre più convinto che Jungkook fosse un bambino fin troppo cresciuto per avere tredici anni. Anche questa volta le sue guance si tinsero di un leggero rossore, ma non provò in alcun modo a nascondere quell’imbarazzo. Si limitò a sorridere e a scompigliare, con la mano libera, i capelli castani di Jungkook.
Dopotutto, fare da babysitter a quel moccioso non era affatto male.
Dopo quell’accaduto, qualcosa nel rapporto di Yoongi e Jungkook era cambiato: il più piccolo aveva iniziato a passare i pomeriggi in compagnia del biondo, a discutere con lui sui manga che leggevano e si scambiavano. Yoongi, dal canto suo, stava iniziando ad apprezzare quella condizione e aveva scoperto tante cose di Jungkook.
Ma quella felicità e quella complicità che avevano i due, non durò a lungo: la famiglia Min, infatti, fu costretta a trasferirsi al centro di Seoul per questioni di lavoro – il padre di Yoongi aveva ricevuto un’offerta impossibile da rifiutare – e il biondo dovette fare uno sforzo sovraumano per dirlo a Jungkook.
Così, erano passati gli anni ed i due avevano perso i contatti. Yoongi aveva ventiquattro anni – a marzo ne avrebbe compiuti 25 – e divideva le sue giornate tra lo studio di fotografia ed il suo lavoro come barista. Aveva fatto nuove amicizie, decisamente più affidabili, e poteva ritenersi soddisfatto della sua vita.
Eppure, ogni tanto, non poteva che ripensare a quegli occhioni grandi e ai capelli soffici di Jungkook.
 
***
 
“Hyung, potresti darmi una mano?” La voce di Namjoon richiamò Yoongi, facendo voltare il grigio – tempo addietro aveva abbandonato la tinta bionda – in direzione dell’amico. Quel pomeriggio al bar, sembrava esserci più gente del solito.
“Certo, dimmi pure Nam.” Disse allora il maggiore, sorridendo a dei clienti appena entrati.
“Ti dispiacerebbe sostituire Minhyuk al banco? Mi ha appena avvisato di aver avuto un problema in famiglia, e sappiamo entrambi che sarei meno catastrofico alla cassa che a fare caffè.” I due sorrisero entrambi ricordandosi della tazzina che il minore dei due aveva rotto giusto una settimana prima. Yoongi poi annuì, avvisando gli altri due colleghi di coprire anche i suoi tavoli.
“Salve, cosa le preparo?” Con la testa leggermente china e le mani a risciacquare un piattino di ceramica, il grigio avvertì la presenza di un nuovo cliente appena sedutosi su uno dei tanti sgabelli.
“Due cappuccini da portar via, grazie.” Yoongi annuì alzando il capo e sorridendo gentile a quello che si era scoperto essere un ragazzo avvolto in un cappotto pesante ed una sciarpa bianca. Il loro contatto visivo durò brevemente, ma entrambi sentirono una scarica su per la spina dorsale.
Quegli occhi, così grandi e scuri. Yoongi sembrava spaesato mentre lentamente si metteva a lavoro per preparare le ordinazioni di quello sconosciuto.
Per tutto il tempo, però, non fece che pensare a quegli occhi e a quanto gli ricordassero il viso paffuto di Jungkook.
“Ecco a lei.” Esclamò il grigio posando due bicchieri di medie grandezze colmi di cappuccino fumante. Il ragazzo, a sentire la voce del grigio, sembrò destarsi e scosse appena la testa.
“Grazie mille, signor…?” Chiese allora, spostando lo sguardo sulla targhetta bianca fissa sul petto di Yoongi. Ma fu proprio quest’ultimo a rispondere.
“Min, Min Yoongi.” Disse semplicemente, non capendo il motivo per cui avesse appena detto il suo nome ad uno perfetto sconosciuto.
Sconosciuto che strabuzzò leggermente gli occhi per poi sorridere ampiamente.
“Grazie mille Min Yoongi, alla prossima.” Disse prima di raggiungere frettolosamente la porta ed uscire dal bar, lasciando Yoongi confuso ma allo stesso tempo ammaliato da quel sorriso genuino che gli aveva rivelato l’altro.
 
 
Yoongi aveva pensato a quello strano incontro per tutto il resto del turno non potendo fare a meno di domandarsi se lui e quello sconosciuto potessero, in qualche modo, conoscersi.
Ma se aveva provato a scacciare, più di una volta, quei pensieri dalla sua testa per il resto del pomeriggio, ciò non era stato possibile nelle settimane a seguire. Di fatti, lo sconosciuto aveva mantenuto il suo “alla prossima” iniziando a presentarsi al bar e ad osservare con sguardo attento ogni singolo movimento del grigio.
E se all’inizio Yoongi aveva cercato di non darci tanto tempo – anche se a causa di quegli occhioni tanto profondi, aveva fatto la fine di Namjoon facendo rompere due o tre tazzine. Ma adesso era giunto di porre fine a quella situazione.
Così, quando vide il ragazzo varcare la soglia del locale e prendere posto al suo ormai consueto terzo tavolino vicino alla finestra – non che Yoongi avesse memorizzato la sua posizione, era normale per i dipendenti conoscere la disposizione dei tavoli – gli si avvicinò munito di taccuino e sguardo inespressivo.
“Yoongi, ciao! Oggi vorrei…” Ma le parole del moro furono prontamente bloccate dal maggiore, il quale si accomodò di fronte al ragazzo.
“È un mese che ti presenti qui, durante i giorni in cui ho i turni e che continui ad osservarmi di sottecchi per tutto il tempo. Suppongo ci sia qualcosa sotto, ci conosciamo o sei semplicemente un ragazzo che fa così con tante altre persone? Sai, alle volte sei abbastanza inquietante.” Sputò fuori Yoongi, sentendo quel macigno che gravava sul suo stomaco già da un po', sparire via. Adesso, aspettava solo che l’altro parlasse.
“Ti facevo più sveglio, ma a quanto pare non mi hai riconosciuto. Eppure ci eravamo fatti una promessa: sapevi che una volta più grande, ti avrei protetto Yoongi hyung.” Disse semplicemente il ragazzo, e Yoongi sentì come se qualcuno lo avesse appena colpito con dell’acqua gelata.
“Jungkook…? Ma tu non…” Il grigio era incredulo, gli occhi spalancati e leggermente lucidi. Le mani non la smettevano di tremare: come aveva fatto a non accorgersene prima? Quegli occhi, quel sorriso, quell’irritazione nel tono della voce. Tutto corrispondeva alla figura di quel moccioso indisponente che era stato Jeon Jungkook.
Il moro annuì piano e sorrise, contento che il maggiore lo avesse finalmente riconosciuto.
“Certo che la vecchiaia si fa sentire, ci stavo per perdere le speranze…” Ma anche quella volta, Yoongi non lo fece finire di parlare.
Aveva lasciato vincere i suoi istinti, nonostante stessero sul suo posto di lavoro, ed aveva abbracciato Jungkook. Lo aveva stretto a sé con una forza ed un bisogno con cui mai nessuno aveva avvertito prima di allora. Anzi, Min Yoongi non era mai stato una persona tanto fisica in vita sua. Eppure, in quel momento, si sentì nuovamente un ragazzino di diciassette anni fra le braccia di Jeon Jungkook.
“Mi sei mancato anche tu hyung, mi sei mancato tanto.” Sussurrò allora il minore rafforzando la presa.
 
“Quindi medicina eh? Sai, ti ci vedo bene con il camice.” Lo canzonò il grigio facendo sorridere il minore.
Quel pomeriggio si erano organizzati dandosi appuntamento in un ristorantino poco lontano dal posto di lavoro di Yoongi, cosicché questi potesse raggiungerlo dopo la fine del turno. Ed ora, seduti ad uno dei tanti tavolini intenti a consumare ciò che avevano ordinato, i due si stavano raccontando tutto ciò che era venuto in quegli anni.
Jungkook aveva così scoperto la passione per la fotografia del maggiore e di come fosse fiero dello studio in cui era tirocinante. Mentre Yoongi, aveva appreso che il moro stesse frequentando la facoltà di medicina e che si stava impegnando per diventare medico.
Quella situazione risultava surreale ancora ad entrambi, ancora increduli di essersi ritrovati dopo tanto tempo. Per Yoongi, vedere l’altro ormai sotto le vesti di un ventenne faceva ancora strano.
“Bene, è giunto il momento di fare un brindisi.” La voce di Jungkook lo richiamò alla realtà facendogli alzare il volto e puntare lo sguardo in quello del minore. Accettò, quindi, il bicchiere che l’altro gli stava offrendo e lo alzò.
“Alla lontananza, che adesso non sarai mai così tanta.” Disse Jungkook sorridendo, e Yoongi non poté che concordare con quelle parole. Fecero tintinnare i bicchieri e poi mandarono giù l’alcool al loro interno.
 
***
 
“Yoongi hyung, sei qui?” La domanda di Jungkook non ebbe risposta e, anche se titubante, il minore spinse la porta dello studio in cui lavorava il maggiore. Entrò all’interno della stanza constatando che tutte le luci fossero spente. Decisamente insolito per quell’ora: lo studio chiudeva alle sette e mezza di sera, ma spesso Yoongi rimaneva da solo ad ultimare dei lavori. Ciononostante, il moro proseguì per la sua strada, accompagnato dalla torcia del suo telefono.
“Hyung dai, sii gentile con me almeno oggi che è il mio compleanno!” Cercò di buttarla sul ridere, domandandosi però dove fosse realmente finito il maggiore. In tutto ciò, percorse l’ampio corridoio superando diverse stanze chiuse ed arrivando, finalmente, davanti alla porta della stanza di Yoongi.
Bussò prima e, non ricevendo alcuna risposta, spalancò la porta. Ciò che entrò nella sua visuale, lo fece immediatamente sorridere.
La stanza, per la prima volta, era in ordine. Non vi era alcun foglio o rullino a ricoprire la scrivania, spostata per l’occasione verso la parete di fronte. Su di essa, sedeva uno Yoongi sorridente.
“Buon compleanno. – Disse il maggiore, mentre Jungkook girava lo sguardo a destra e a sinistra osservando i tanti scatti illuminati da fili di luci bianche. - Ques Queste sono foto nostre, o solo di te, che ho scattato in questi mesi. Se penso al modo in cui ci siamo conosciuti, avvicinati, al modo in cui ci siamo detti “addio” e poi a come ci siamo ritrovati, fa ancora strano. Quando ti osservo e mi accorgo che non sei più un bambino antipatico, mi domando se sia tutto vero o solo frutto della mia immaginazione. La nostra Kook, è stata un’amicizia importante sin dai primi momenti. Anche quando io non avevo voglia di farti da babysitter, e tu non avevi voglia di passare quei pomeriggi in mia compagnia.” A discorso concluso, Jungkook aveva ormai raggiunto il maggiore e, solo in quel momento, si accorse dell’ultima foto che stringeva fra le mani affusolate. Era un’altra sua foto, ma non recente.
Lì aveva pressoché tredici anni, una salopette di jeans a fasciargli il corpo esile ed un grande sorriso ad illuminargli il volto.
“Questa l’ho scattata il giorno prima di dirti che mi sarei dovuto trasferire. In questi anni l’ho conservata, volendoti ricordare con questo splendido sorriso piuttosto che con quell’espressione triste di quando ci siamo salutati. Adesso che ci siamo riuniti, vorrei che la tenessi tu e che tu sappia che con questa al mio fianco, mi hai protetto in egual modo.” Gli occhi di entrambi erano velati da un leggero strato di lacrime. Jungkook non sapeva cosa dire, poiché sapeva che se solo avesse provato ad aprire bocca avrebbe finito col piangere. Decise allora di farsi ancora più vicino e di stringere il maggiore fra le sue braccia in un caldo abbraccio. Yoongi ricambiò subito e sorrise nel sentire il più piccolo ringraziarlo ripetutamente, mentre teneva la testa affondata nell’incavo del suo collo.
Quando si staccarono, il grigio posò la fronte contro quella di Jungkook. Nonostante l’imbarazzo per quel gesto così intimo, sentì fosse giusto.
Jungkook, le mani posate ancora sui fianchi dell’altro, abbassò lo sguardo imbarazzato: sentì il cuore aumentare i suoi battiti e la voglia irrefrenabile di posare le sue labbra su quelle sottili e rosee del maggiore.
La distanza tra i due, poi, prese mano a mano a diminuire fino a quando non scomparì del tutto.
Entrambi, non seppero con certezza chi per primo avesse dato inizio a quel bacio, ma solo che avevano bramato quel contatto più di ogni altra cosa.
Rimasero così: stretti l’uno all’altro – le braccia di Yoongi attorno al collo di Jungkook, e le mani di quest’ultimo sui fianchi del maggiore – mentre le loro lingue si intrecciavano in movimenti dolci e carichi di sentimento.





 
Salve a tutti!
Non so se qualcuno si ricorda ancora di me, ma è più che comprensibile dato che non pubblicavo da tantissimo tempo. Devo ammettere che EFP mi era mancato tanto, ma l'ispirazione ultimamente ha deciso di abbandonarmi. In più, con l'inizio dell'ultimo anno di liceo, ho avuto altro per la testa. 
Però, mi ero ripromessa di voler pubblicare qualcosa nel 2019, ed è uscito fuori questo. La yoonkook è una ship a cui tengo molto, ovviamente la yoonmin è la mia preferita, ma anche questi due bimbi hanno un posto speciale nel mio cuore.
Spero, quindi, che possa piacervi tanto quanto è piaciuta a me scriverla. Se volete poi lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate, ne rimarrei estremamente felice: sappiate che critiche costruttive sono ben accette, e possono solo che aiutarmi a crescere. 
Detto ciò, torno a completare lo studio e vi mando un bacio.
Sam
   
 
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