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Autore: Angie96    08/01/2019    2 recensioni
Takane è una ragazza come tutte altre: non ha superpoteri, vive la sua vita (quasi) monotona da studentessa universitaria in un mondo dove mostri di ogni genere appaiono periodicamente per creare scompiglio e un'organizzazione dove lavorano degli eroi professionisti ha il compito di eliminarli per proteggere quelli come lei normalmente, un po' come tutte le persone.
L'unica fissazione che ha è quella per un ragazzo, autoproclamatosi "aspirante eroe per hobby" aveva salvato lei ed altre persone, due anni prima, da un disastro provocato da un essere misterioso per ringraziarlo: non sa nulla di lui, neanche il suo nome, eppure prova così tanta ammirazione da cercare ogni giorno il suo visto nel registro ufficiale degli eroi iscritti all'associazione, senza però trovarlo mai.
Solo quando incontra un uomo pelato dal costume da eroe troppo normale e l'espressione apparentemente apatica, si rende conto di avere davanti la stessa persona, seppur cambiata e infinitamente volte più forte
[what if? dedicata a bridgetvonblanche ed ispirata alla sua fanfiction "i'm not a hero, not yet a villain"]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genos, Nuovo personaggio, Saitama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Genos era logorroico.
Takane se n'era accorta nello stesso momento in cui il cyborg aveva cominciato a parlare a ruota libera del suo passato, rendendo il tutto così noioso e poco accattivante da provocarle sonnolenza.
Un ragazzo che fino all'età di quindici anni aveva vissuto una vita normalissima in un quartiere di una città senza nome che lui non aveva voluto nominare, l'attacco di un cyborg impazzito che aveva portato alla distruzione della suddetta e al quasi totale sterminio dei suoi abitanti: in un certo senso, in realtà, l'incipit era parecchio interessante, per quanto la situazione sembrasse abbastanza comune, almeno per gli standard della società in cui viveva.
Il tutto era accaduto un anno prima della nascita dell'Associazione Eroi, eppure già dall'epoca la gente comune dimenticava con una fretta surreale disastri di quel genere, quasi come se fosse stato un evento di poco conto, proprio come aveva fatto anche lei.
Le città distrutte spesso e volentieri sparivano dalle mappe senza preavviso nel giro di pochi mesi, quasi come se non fossero mai esistite e finivano per essere rimpiazzate con altre nuove di zecca, come se nulla fosse accaduto: ai singoli individui importava solo della propria sopravvivenza e a tutti, come anche a lei, andava bene così.
In fondo, il caso di Genos, che era stato tratto in salvo e trasformato in cyborg da un certo Dottor Kuseno, non era poi così raro, se non addirittura piuttosto comune: anche dopo la fondazione dell'Associazione, nonostante la diminuzione di incidenti con i mostri, gli eroi professionisti non erano comunque in grado di arrivare a salvare tutti, optando per il semplice "Salviamo quante più persone possibile".
Era un ragionamento che aveva un che di macabro, ma era qualcosa che condivideva, in un certo senso.
Diamine, devo essere davvero annoiata per pensare a questo genere di cos-.
«Ora basta! Riassumi tutto in sole venti parole!».
Grazie al cielo.
Takane avrebbe finito per applaudire, in quel momento, se solo l'urlo di Saitama non l'avesse spaventata abbastanza da farle bere altri sorsi di tè in modo lento, mentre cercava di seguire come sarebbe andata la faccenda dell'autoproclamatosi allievo e del maestro che, in modo piuttosto evidente, non aveva la minima intenzione di prenderlo sotto la sua ala: una risposta vagamente interessante quanto assurda detta da Genos dopo diversi, interminabili secondi di silenzio dove l'attesa aveva contribuito a rendere l'atmosfera pesante, le aveva quasi fatto sputare la bevanda.
«Aspetta, aspetta.» disse, dopo aver posato la tazza sul tavolino, mentre si massaggiava le tempie in modo nervoso. «Tu mi stai dicendo che per te era importante raccontare la storia della tua vita in modo noioso solo per arrivare a chiedere a Saitama di poter diventare suo allievo? Avrei preferito spararmi in testa piuttosto che sentire ancora qualche altra parola, e sono seria».
Abbozzò un "grazie" riconoscente a Saitama, mentre beveva quello che rimaneva dell'ormai fredda bevanda che le era stata offerta: in un primo momento aveva pensato che avrebbe finito per litigare per il modo maleducato con cui si era rivolta al cyborg, tanto che stava pensando di chiedergli scusa in ginocchio per cercare di tornare a casa tutta intera, per lo meno.
«Anche tu pensi che io debba parlare di meno? Capisco, quindi il maestro ti ha fatto rimanere per allenarmi ad intrattenere i civili mentre parlo?».
Prego?
Takane spalancò gli occhi, non sapendo davvero cosa dire: rimase in silenzio, cercando lo sguardo di Saitama, sorpreso esattamente come lei, finendo per sospirare rassegnata.
«Se lo ha fatto, allora non me ne sono accorta» disse, abbozzando un sorriso: le dava abbastanza fastidio il fatto che il più grande dei tre non stesse dicendo o facendo nulla, quasi come se stesse concordando con tutto quello che aveva detto il cyborg «Devi aver già fatto breccia nel cuore del tuo maestro, se non ti ha già buttato fuori di casa».
Una piccola risata, mentre si alzava.
«Scusate, ma io devo and-» Takane venne interrotta, ancora una volta da Genos, che era scattato in avanti, all'allerta, esattamente davanti alla porta d'ingresso.
Ma che-?
Non fece in tempo a chiedere cosa stesse accadendo che, pochi secondi dopo, vide Saitama tirare il solito pugno ad un essere misterioso apparso dal nulla, lamentandosi del soffitto rotto.
Takane sbatté le palpebre ripetutamente, provando a metabolizzare ciò che era appena successo: sbiancò, sedendosi a peso morto sul cuscino ai suoi piedi, tremando lievemente.
«Immagino sia fuori discussione tornare al mio appartamento adesso, giusto?»
 
*********************

«Casa dell'Evoluzione?»
Takane sbatté le palpebre: il suo sabato sera di quella settimana si era ridotto ad ascoltare una storia che era iniziata nel momento stesso in cui lei aveva visto andare via Saitama e Genos dopo uno scontro con degli esseri misteriosi sotto il palazzo dove lei ed il suo unico vicino abitavano: Genos le stava raccontando com'era andata con una strana confidenza, quasi come se la conoscesse da tempo.
«Esatto, siamo entrati nel laboratorio segreto dello scienziato che ha creato gli esseri misteriosi che abbiamo combattuto stamattina».
Wow.
Non sapeva davvero come continuare quel discorso: era deprimente, perché poteva già immaginare chi aveva battuto il boss finale, a giudicare quanto era messo bene il suo coetaneo e a quanto “senpai” stesse ascoltando la loro conversazione, preferendo invece zapping in tv senza aver paura di dimostrare il suo disinteresse per... tutto.
Ecco, Takane era sicura che Saitama trovasse le voci dei presenti fastidiose quanto il ronzio di una mosca vicino all'orecchio.
«Sembra roba uscita da un film d'azione degli anni settanta» disse, alzando leggermente la voce per aspettare la reazione del padrone di casa. «Tipo quelli mezzi horror con le maschere fintissime che non fanno paura» aggiunse, continuando a lanciare occhiate non troppo discrete a Saitama.
«Alla fine chi era il boss di fine livello? Che tipo di pseudo-animale era? Un rinoceronte umanoide? O una tigre! Sì, una tigre sembrerebbe la scelta più logica!».
Takane annuì tra sé e sé, senza neanche preoccuparsi di controllare che tipo di reazione avessero gli altri.
«Magari era un tipo estremamente intelligente... no aspettate, se era addirittura un pinguino allora avrei voluto vederlo!» le sembrava quasi di essere un suo amico alle elementari, quando lo sentiva parlare di insetti strani che lei invece non voleva vedere neanche in foto, quel tipo di eccitazione quasi malata.
«E se fosse una roba strana tipo un s-».
«Smettila di urlare, era solo un fottuto scarabeo logorroico».
Il tono di voce inespressivo di Saitama faceva trasparire una punta lievissima di rimprovero e completo disinteresse a voler parlare insieme ai suoi "ospiti", senza nascondere il fatto che li considerasse delle seccature.
«... grazie per aver distrutto tutte le mie aspettative, senpai».
Takane aveva cercato di rendere la punta di sarcasmo la più affilata possibile, quanto bastava perché magari l'uomo reagisse.
Anche se non credo che sarebbe cambiato qualcosa se me l'avesse detto in modo meno brusco.
«E piantala di chiamarmi in quel modo».
Tono senza alcuna sfumatura emotiva, come al solito.
 
*********************

Quella mattina faceva troppo caldo.
Takane sospirò, il computer davanti a lei e gli appunti disordinati vicino ad esso, mentre sorseggiava del tè freddo dalla cannuccia.
Nonostante l'aria condizionata la facesse sentire in paradiso, dall'altra parte c'era il chiasso della gente seduta in quel bar che, al contrario, la stava facendo sentire stupida per non aver deciso di restare a casa a studiare ed era arrabbiata perché quel caos le stava dando più fastidio di quanto avrebbe ammesso.
Forse è meglio finire questa bibita e poi tornare a casa.
Schioccò la lingua, spegnendo il portatile e chiudendolo con un gesto secco, mentre risistemava tutto nella borsa a tracolla in modo disordinato.
«E dire che è una così bella giornata, sarebbe uno spreco passare il week-end a studiare».
Fosse stata con Kumiko l'avrebbe trascinata in qualche altro posto ignorando il fatto che tra poco più di una settimana avrebbe avuto un esame.
«Sai che la gente potrebbe prenderti per pazza se ti metti a parlare con la tua borsa?».
Takane era quasi sicura di aver fatto un salto dalla sedia, in quel momento: ci aveva messo una manciata di secondi a riconoscere la voce che le aveva parlando, mutando l'espressione quasi spaventata a una offesa in modo quasi infantile, mentre poggiava la borsa a terra.
«Ma tu non hai niente di meglio da fare che sbucare dal nulla e prendermi per il culo?».
«È diventato il mio passatempo preferito da praticamente dieci anni».
E dire che da bambino eri così educato e carino.
Takane sospirò, cercando di dimenticarsi tutte le risposte maleducate che le erano venute nei confronti del ragazzo che aveva davanti: si alzò, prendendo tutte le sue cose mentre tirava il portafogli, senza guardare il suo interlocutore.
«Mi accompagnerai a casa a lasciare la borsa e poi andremo da qualche parte a parlare, non voglio sentire scuse da parte tua o ti prendo a calci».

L'acqua del fiume era più calda di quanto avesse immaginato: Takane aveva immerso i suoi piedi assumendo un'espressione soddisfatta, quasi ignorando il suono delle automobili che venivano dal ponte che avevano attraversato poco prima per arrivare in quella zona, mentre si stiracchiava, l'acqua all'altezza delle ginocchia.
«Ne avevo proprio bisogno!» disse, mentre continuava a sorridere, il ragazzo che l'aveva seguita borbottando per metà del tempo non era ancora entrato in acqua con lei «Dai, vieni! Anche se hai addosso i pantaloni lunghi basta che li alzi un po'!».
Nessuna risposta dal suo interlocutore, probabilmente troppo intento a voltarle le spalle senza apparente motivo.
«Ehi, sto parlando con te!» urlò, abbassando lievemente lo sguardo verso la gonna azzurra che quasi sfiorava l'acqua, facendo per girarsi a sua volta di nuovo.
Una situazione come quella doveva essere impensabile per due civili come loro: divertirsi come se nulla fosse, quando magari da qualche parte del mondo qualcuno stava venendo attaccato da un essere misterioso, o magari uno stava per apparire da qualche parte vicino a loro senza che loro se ne accorgessero, era strano.
Takane sentiva di non averne il diritto.
Era convinta di essere obbligata ad avere paura.
Di doversi guardare intorno decine di volte ogni volta che usciva di casa con un'espressione terrorizzata, con la consapevolezza che gli eroi erano comunque esseri umani e che non potevano fisicamente salvare tutti.
In fondo, non esistono paladini della giustizia come Justice Man nel mondo reale.
«Ehi, ripigliati, guarda che il mio piano non era quello di farti perdere tutta la voglia di vivere mentre facevo finta di ignorarti!».
Di colpo, sentì una sensazione di bagnato sui vestiti, mentre si toccava lievemente la stoffa della camicetta senza maniche che aveva addosso.
Avrei dovuto aspettarmelo...
Se avesse avuto il cellulare in tasca, probabilmente avrebbe finito per urlargli contro.
Fece per pulire con un dito le gocce che erano finite sugli occhiali, mentre si girava verso il colpevole.
«Quindi stavi fissando il cielo come un'idiota per fare questo?» disse, mentre si accucciava abbastanza da poter immergere le mani «Ogni azione ha una conseguenza, sai?».
Alzò le mani velocemente, cercando di tirar su più acqua che poteva verso l'amico, mentre assumeva un'espressione soddisfatta.
Quello era stato l'inizio di una guerra lampo che probabimente avrebbe finito per avere un solo premio, probabilmente il più facile da ottenere: stare qualche giorno a letto con l'influenza.

«Dai, prendi: anche se non hai il ricambio, puoi restare qui ad asciugarti un attimo».
Takane gli aveva dato un asciugamano senza neanche guardarlo negli occhi, mentre prendeva la t-shirt che gli aveva chiesto di togliere per asciugarla al sole, mentre continuava a ripetergli di non sedersi sul divano per non bagnarlo, indicando invece una delle sedie di plastica che aveva tirato fuori dal balcone per permettergli di sedersi.
«Mi aspettavo un posto più in periferia e meno chiassoso di questo» lo sentì dire mentre, con la coda dell'occhio, lo vedeva portarsi l'asciugamano in testa e strofinare, mentre si guardava intorno.
Alla fine aveva deciso di portarlo nell'appartamento che aveva in centro città, ancora troppo in ordine perché finiva per occuparlo solo per circa la metà delle volte: era vero che quel posto la sera e durante il giorno aveva il chiasso tipico del centro città, ma era sicura di preferirlo alle urla dei vari esseri misteriosi che passavano davanti o nelle vicinanze che sentiva quando veniva a stare nel quartiere fantasma, trovando quasi incredibile come situazioni di quel tipo in zona fossero quasi all'ordine del giorno.
«Non è poi così chiassoso» disse, mentre si allontanava verso la camera da letto per prendere il ricambio e l'asciugamano «Il vero casino c'è solo il sabato sera e, comunque, anche se facessero esplodere qualcosa credo che farebbero comunque fatica a svegliarmi».
In realtà stava un pochino esagerando con i paragoni, ma era comunque vero che il suo sonno pesante le permetteva di non fare molto caso a circa metà del trambusto che sentiva sotto casa quasi ogni notte.
«Quindi, se un giorno decidessi di entrare dalla finestra di casa tua a notte fonda come se fossi un ladro, tu non te ne accorgeresti, dico bene?».
Takane scosse la testa, a sentire quella domanda: il tono di lui era palesemente da presa in giro, mentre assumeva un'espressione pensierosa come se non si fosse neanche reso conto di aver detto qualcosa di stupido e impensabile.
«Giuro che se provi a farlo davvero ti prendo a padellate» gli rispose, con un ghigno stampato in faccia, prima di sparire in bagno.
 
*********************
 
Takane guardò il certificato che aveva in mano con un'espressione quasi imbarazzata, non sapendo cosa dire alla persona seduta di fronte a lei.
«Sai, senpai, non so cosa dire...» disse, mentre fissava la C stampata in grassetto sul foglio.
Com'è potuto succedere?
Quando lei aveva detto il giorno prima di tifare per lui e per Genos per gli esami non intendeva mica portar loro sfiga: doveva essere stato perché aveva assunto un'espressione sorpresa quando Saitama aveva ammesso di non essere a conoscenza dell'Associazione Eroi dopo che lei il cyborg l'avevano nominata per tirargli su il morale dopo una giornata... strana?
Takane, che aveva sempre pensato che l'uomo davanti a lei avesse deciso deliberatamente di lavorare da solo, si era lamentato perché un tizio che aveva incontrato non lo aveva riconosciuto, scambiandolo per il membro di un gruppo di criminali della zona.
«Ho fatto schifo all'esame scritto, a quanto pare».
Ah.
Takane non aveva pensato neanche per un momento che ci fosse la possibilità di dover sostenere una prova diversa da quelle fisiche, anche se probabilmente serviva anche per testare l'eroismo di una persona.
Spalancò gli occhi, guardando ancora il certificato dell'uomo davanti a lei.
«Sono sicura che salirai fino alla classe S prima che tu te ne accorga, perché a questo punto non possono certo far finta di niente di fronte alle tue azioni e a quanto sei forte!».
Erano quelle le parole che servivano per tirare su il morale un amico, no?
Anche se si trattava di una persona a cui importava davvero poco di quel genere di cose, vista la reazione praticamente impassibile di Saitama.
Takane sbuffò di nuovo, lasciando il foglio sul tavolo, e alzandosi con una certa fretta, mentre salutava il suo interlocutore con la mano.
«Io vado, ormai si è fatto tardi, buonanotte».
Aprì la porta con un gesto secco, mentre sbatteva i piedi per sistemare le scarpe, alzando lo sguardo verso qualcosa che la costrinse a chiedersi se quello era il mondo reale o meno.
«Genos, perché hai quello zaino enorme sulle spalle?».
 
 
 
 
L'angolo dell'autrice:
Beh, salve.
Non so nemmeno come giustificarmi davvero del mio ritardo, visto che il capitolo precedente risale alla bellezza di un anno e due mesi fa e, molto probabilmente, avrete pensato che l'avessi in qualche modo droppata per mancanza di tempo e voglia (e non vi biasimo, visto che probabilmente questa è la prima vera long che voglio portare al termine e forse l'unica che è andata oltre ai quattro capitoli), ma ho davvero intenzione di continuarla e lo farò, anche se dovessi metterci un decennio per finirla (speriamo di meno, però).
Anche se, vabbè, la poca voglia e la mia vita universitaria hanno davvero reso difficile la continuazione di Side by Side e, giuro, non fosse stato per la ending di Mob Psycho 100 II, a quest'ora non mi sarebbe venuta l'ispirazione per scrivere quasi 1500 parole in due giorni.
Per quanto riguarda lo scritto, ho deciso di semi-rushare le cose, a meno che non ci fosse una situazione con Takane protagonista, così entriamo il prima possibile nel vivo della storia e posso nominare pg misteriosi su cui vi do hint e vivere in pace.
Grazie per aver letto e per avermi aspettata, spero di potervi portare il prossimo capitolo un po' prima rispetto a questo!
Un abbraccio,
Angie 96
   
 
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