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Autore: Flying_lotus95    09/01/2019    1 recensioni
[Shizuo x Izaya] [Out of character]
-"Intorno a loro albergava il caos. Erano stati appena reduci dall’ennesima battaglia, evidentemente un regolamento di conti yakuza, scenario solito a cui da bambini, loro malgrado, erano sempre stati spettatori. Shizuo ricordava ancora le fantasticherie di Izaya riguardo al suo futuro da quarta testa del clan Orihara…
_Diventerò così potente che tutti mi temeranno!_"-
Uno yakuza ed uno sbirro, un tempo amici d'infanzia, si ritrovano dopo l'ennesimo scontro, rivangando episodi e sentimenti mai del tutto sopiti...
Genere: Angst, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Piccole info guida:
questa fan-fic si è praticamente scritta da sola, lo giuro :D Era da tempo che volevo scrivere su di loro, sebbene non li conosca a fondo come personaggi... ma in un certo senso, mi hanno affascinata da subito. Tra me e loro è nato un leggero colpo di fulmine, poi ho ascoltato "Ciao", la canzone dei Sonohra (le cui parole sono state riportate in grassetto nella storia)... e questa one-shot è stata il frutto di questa situation compromettente :P Spero riesca a trasmettere ciò che ho provato nello scriverla. Spero vi piaccia, e se ci saranno critiche, siate clementi, perchè è il mio primissimo elaborato. Diciamo che è il mio primo esperimento, e se avrà buon esito, magari posterò altro. Tanti baci a tutti!!





“To Hell with love… my Heaven.”

 

 
 
“Ciao, avrei voluto dirti solo ciao…”

Shizuo lo guardò con la coda dell’occhio, e internamente benedì e ringraziò ogni Dio esistente e di cui ricordasse il nome per aver indossato anche quel giorno i suoi soliti occhiali da sole. Izaya lo guardava di rimando, con quel classico sorriso da schiaffi che non dimenticava di dedicare a Shizuo ad ogni ennesimo incontro. Si trovò a pensare che, evidentemente, quel sorriso beffardo lo mettesse su soltanto in sua presenza. Per indisporlo, per provocarlo, o semplicemente perché era il solo modo di sorridere che conoscesse. Irritare Shizuo era stato uno degli obiettivi più importanti della sua vita fin da quando erano bambini.
-“Era da un po’ che non vedevo quel tuo brutto muso imbronciato da queste parti!”-
Esordì Izaya alla volta di Shizuo, alzando il mento e mostrando i denti in un ghigno soddisfatto.
-“Taci, gatto randagio!”- Ruggì di rimando Shizuo, non gliela avrebbe data vinta neanche stavolta. Gli avrebbe sputato contro, ancora una volta il suo disprezzo, sebbene i sentimenti che provasse fossero totalmente l’esatto opposto.

“Avrei voluto che prendessi ancora un po’ di me…”

Intorno a loro albergava il caos. Erano stati appena reduci dall’ennesima battaglia, evidentemente un regolamento di conti yakuza, scenario solito a cui da bambini, loro malgrado, erano sempre stati spettatori. Shizuo ricordava ancora le fantasticherie di Izaya riguardo al suo futuro da quarta testa del clan Orihara…
Diventerò così potente che tutti mi temeranno!
Shizuo si trovò a sorridere di quel ricordo, immaginandosi lui ed Izaya bambini, per le strade del quartiere di Ikebukuro, quel quartiere intriso di malavita fino alle fondamenta, quel quartiere in cui erano cresciuti, rincorrersi e giocare con l’innocenza che solo due bambini come loro potevano possedere, nonostante le brutture che i loro sguardi avevano già memorizzato troppo in fretta, fin dalla più tenera età. In quel turbinio di violenza, sangue e follia, nonostante tutto, c’era stato anche il tempo della tenerezza, delle carezze nascoste, delle lacrime sgorgate con violenza. Si era fatta spazio, tra tutta quella merda, una forza motrice più forte della gravità o della volontà stessa…
-“Diventi sempre più scontante ed antipatico! Se fossi un tantino più carino mag-“-
Izaya Orihara bloccò bruscamente la frase a metà, Shizuo aveva caricato la pistola e gliela stava puntando contro. Erano soli, Izaya avrebbe potuto benissimo approfittarne per darsela a gambe. Eppure non lo fece. Non rimase lì perché impietrito dalla paura o perché non sapesse cosa escogitare, rimase per sfida. Per pura follia suicida. Chissà perché, da un po’ di tempo a questa parte, quando Shizuo gli puntava una pistola contro, in lui albergava sempre la fiducia che quel grilletto non si sarebbe spostato di un millimetro. Lo fissava fermo, il sorriso beffardo stampato sfacciatamente sul volto. Non ho paura di te, Shizuo. Non ne avrò mai.
Dal suo canto, Shizuo prese la mira e preparò la sicura della sua calibro 38. Avrebbe colpito Izaya in pieno petto, dove ormai era quasi certo non battesse più un cuore, ma una scatola di latta con una bomba ad orologeria al suo interno. Cercò di non pensare al suo volto di fanciullo, al suo viso ancora innocente, quando gli giurava che sarebbero stati amici per sempre…

“…per accarezzarti ancora il viso e poi sentire il bene che mi hai dato…”

“Segui ancora lo stesso copione Shizu-chan?” provocò Izaya, alzando impercettibilmente le mani, con fare volutamente provocatorio. Voleva assolutamente dimostrargli che non lo temeva, né sarebbe fuggito alle sue responsabilità. Lo avrebbe affrontato faccia a faccia, come sempre.
“Avanti, premi quel grilletto! Dimostrami che là sotto hai ancora le palle Heiwajima!”
Shizuo Heiwajima rimase impassibile alla provocazione del giovane yakuza. Avrebbe volentieri sparato quella pallottola, il suo desiderio di ucciderlo era più forte di qualsiasi altra tentazione al mondo. Più forte dei sentimenti in ballo…

“…toccarmi e dirmi che non durerà mai per sempre.
Non dicevi niente, ma lo sapevi già…”

“Che c’è? Il tuo dovere di servo della legge te lo impedisce? Non la voglio la tua pietà, perciò se sei uomo spara!”
Shizuo continuò a fissarlo. Iniziava a cedere, lo sentiva. Sentiva i tremori salirgli fin sulla schiena, attanagliargli le spalle e raggiugergli i polsi. Le dita esitavano, si ribellavano agli ordini della testa. In quell’istante, pensò che se avesse puntato la pistola alla tempia, premere quel grilletto sarebbe stato sicuramente molto più facile.
Resteremo sempre insieme, Shizu-chan?

“…di andartene.”

Un respiro profondo.
Dove vai tu, vengo anch’io. Ce lo siamo promesso!
Palpebre chiuse.
Shizuo…
Labbra increspate.
Andiamo via, Shizuo. Non voglio diventare come mio padre…
Un sussulto. Di colpo Shizuo si ritrovò con gli occhi spalancati, quella leggera nota di esitazione non passò inosservata al nemico.
Izaya avanzò di un passo, gli occhi scuri fissi in quelli di Shizuo, sebbene protetti dalla patina di vetro dei suoi occhiali da sole. L’unico regalo di Izaya dopo l’operazione che aveva subìto agli occhi. Aveva sofferto di un leggero strabismo sin da piccolo, e il suo amico aveva interceduto presso il padre per pagargli le spese dell’operazione. Quando ancora le cose tra di loro non avevano preso una piega piuttosto spiacevole…
Shizuo avvertì il cuore saltargli pericolosamente nel petto, lo sentiva rimbombare persino nei padiglioni delle orecchie.
Lo yakuza continuò ad avanzare, non curante del pericolo. Doveva provare fin troppa fiducia in sé stesso, o forse conosceva perfettamente l’animo del suo cecchino.
Shizuo…
Quella voce non voleva saperne di ammutolirsi.
Stringimi…
-“Spara!”-
Era seria la voce di Orihara. Lo sguardo gelido.
Il poliziotto aveva l’animo in tumulto. Le immagini vorticavano confuse nella sua testa, rivedeva lui ed Izaya bambini, che giocavano a rincorrersi e a farsi bang bang e rattatatà con le dita, simulando a vicenda delle perfette mitragliette, nei rispettivi ruoli del poliziotto e del criminale. Successivamente, l’immagine del volto di Izaya rigato di lacrime, a 16 anni, quando suo padre lo costrinse ad eliminare un traditore della famiglia, puntandogli una pistola alla nuca, gli offuscò i sensi. Shizuo non aveva mai visto prima di allora gli occhi dell’amico così spaventati e agghiacciati, giurò che in vita sua non aveva mai assistito ad  uno spettacolo tanto straziante. Mai avrebbe pensato che sul viso vispo di Izaya vi avrebbe scorto tanto rossore, tanta paura e vergogna. Quel pomeriggio fu la svolta della sua vita. La fine della sua fanciullezza, la fine dell’innocenza e dell’ingenuità.
Stringimi forte…
-“Spara, stronzo!”-
L’urlo di Izaya rimbombò nell’aria. Heiwajima sussultò improvvisamente, per poco l’arma non gli sfuggiva di mano.
-“Lo sapevo… tu non ne sei capace… non ne sei mai stato capace, inetto!”-
A quella provocazione, la reazione di Shizuo fu irruenta. Dopo aver abbassato velocemente l’arma da fuoco, afferrò Izaya per il bavero e lo sbattè sul muro adiacente, puntandogli la pistola sotto al mento, costringendo l’altro a battere il capo sul muro, provocandogli un bernoccolo notevole.
 
                                                                                                                     “Se mi cercherai un’altra volta…”

-“Il tuo senso della teatralità l’ho sempre trovato così rivoltante!”-
Shizuo cercava disperatamente di elencare mentalmente le innumerevoli gesta di cui l’ex amico si era sporcato le mani e l’anima fino dentro al midollo, quelle gesta vergognose e giuridicamente discutibili di cui era stato complice, mandante o addirittura artefice, ma tutto ciò che riuscì a pensare erano i ricordi felici che avevano condiviso insieme, risate, segreti, e anche qualcosa di più intimo…

“…mi vedrai rincorrerti le mani, e poi…”

-“Shizuo, non voglio essere un assassino come mio padre. Ho paura.”-
L’altro non sapeva come controbattere. Izaya era corso da lui piangendo, gli aveva raccontato tra le lacrime ciò che suo padre gli aveva costretto ad eseguire. Aveva dovuto sparare ad un uomo sulla nuca. E non per finta, come il resto delle volte quando giocavano insieme… la sua T-shirt era ancora macchiata leggermente di sangue, tremava come una foglia, le mani che si nascondevano sul petto…
-“Non ha avuto un briciolo di pietà… ho avuto tanta paura…”-
Shizuo fece qualcosa di illogico. Lo strinse forte in un caldo abbraccio, con una mano gli infilò le dita nei capelli neri come la notte, lo sguardo perso verso il pavimento.
-“Non avere paura. Io ti proteggerò. Ho deciso che voglio diventare uno sbirro, voglio combattere al fianco della legge! Tu verrai con me, e se non sarà possibile ora, tornerò a prenderti.”-
Non seppe mai darsi una risposta al perché pronunciò quella frase. Ancora adesso, se ci pensava, non riusciva a darsi una spiegazione, nemmeno se si fosse scervellato fino all’esaurimento.
Izaya scostò il volto lacrimante dalla sua spalla, lo fissò per alcuni minuti, e lo baciò tremante, a fior di labbra. Shizuo rimase sconvolto da quel gesto. Si sarebbe aspettato qualsiasi cosa dal suo amico, ma… un bacio?! E poi, lo aveva scambiato per una femmina per caso?? È vero che portava i capelli leggermente lunghi, però non glii sembrava una scusa tanto incalzante. Quando però quel bacio si sciolse dolcemente, non c’era alcun segno di scherno sul volto di Izaya. Non indossava maschere, era nudo di fronte a lui, con le paure e i timori esposti in primo piano. Shizuo rispose a quello sguardo con una carezza a palmo aperto sulla guancia bagnata dell’altro.
-“Stringimi… Stringimi forte Shizuo!”-
Fu la preghiera di Izaya. Seguì un’abbraccio disperato, confuso, le mani scesero lungo la schiena, le dita incerte toccarono il bordo della cinta… Dopo pochi istanti erano riversi sul tappeto della stanza di Shizuo. Fu un turbinìo di baci, carezze, lacrime, tocchi audaci, ma gentili…
Terminarono di amarsi al tramonto, nudi, l’uno di fianco all’altro, riversi sul tappeto e nel disordine dei loro indumenti sparsi. Non smisero di specchiarsi l’uno negli occhi dell’altro. Erano entrambi spaventati, erano fottutamente consapevoli di quello che avevano combinato. Eppure Shizuo giurò a sé stesso, senza ammetterlo mai davanti ad Izaya, che mai nella vita aveva, ed avrebbe vissuto un momento tanto intenso e magico come quello appena accaduto.

“…sfiorarti appena…”

Izaya, nonostante la posizione non proprio comoda in cui versava, la testa bloccata dalla canna della pistola ferma sul suo mento, studiò a fondo lo sguardo di Shizuo. Voleva leggerlo, voleva captare ogni minimo segnale di cedimento… Suo padre glielo aveva inculcato da sempre:
Il trucco più efficace per annientare il tuo nemico è capire le sue debolezze, e infierire su di esse, senza pietà.
Ci avrebbe scommesso tutto ciò che aveva per affermare con assoluta certezza che la debolezza più profonda che lo sbirro che lo bloccava al muro possendeva, non era altri che Izaya stesso. Era così certo di tale fatto che poteva addirittura lasciarsi scappare un sorrisetto compiaciuto sulle labbra. Non sapeva con certezza se sarebbe uscito vincente o no da quello scontro, ma sicuramente ne sarebbe uscito vivo. Era una certezza che avrebbe potuto affermare a muso duro, indossando la sua solita maschera beffarda di bastardo incallito quale era. A differenza di Heiwajima, con le armi non era stato mai bravo, preferiva i combattimenti corpo a corpo, o sgattaiolare senza farsi notare. In cuor suo, l’unico da cui si sarebbe fatto notare, anche solo per becera spavalderia, era Shizuo.
-“Non ho tutto il pomeriggio, ti decidi a premere il grilletto sì o no?”-
Come un’interruttore acceso per sbaglio, lo sguardo di Shizuo tornò al presente, ad un presente in cui stava per uccidere il motivo delle sue mille elucubrazioni, lasciando un passato in cui le labbra da cui era fuoriuscita l’ennesima provocazione le stava divorando a suon di morsi appassionati… Molto probabilmente, ora, avrebbe infilato la canna della sua pistola tra il palato e la lingua di quello sporco yakuza. Preferì non chiedersi se in seguito si sarebbe pentito di quella scelta. L’unica cosa che Shizuo fece, però, fu rifilargli una ginocchiata in mezzo alle gambe, senza avere troppo riguardo per i gioielli di famiglia della sua preda. Izaya soffocò un grido tra i denti, strabuzzò gli occhi, appoggiò impercettibilmente il mento sulla spalla dello sbirro, che nel frattempo aveva rilassato il braccio, abbassando il muso della pistola al suolo. Shizuo, di parte, alzò lo sguardo al cielo, lo immaginò terso e chiaro come sempre, la nota bluastra accentuata gliela concedevano le lenti blu degli occhiali. Affrontare lo sguardo dell’altro in quel momento avrebbe significato resa assoluta.
-“Brutto pezzo di merda…”-
Shizuo sussurrò l’insulto stancamente, gli occhi pungevano con insistenza. Alzò la canna della pistola verso quel cielo, che da piccolo gli riserbava promesse di sogni e libertà. Quel cielo che guardava sognante assieme ad Izaya. Aveva una gran voglia di sparare a quell’immensa distesa celeste, tanto splendida quanto ingannevole.
L’altro invece, fissava il muro adiacente con aspettativa. Se proprio doveva morire, voleva che succedesse all’istante. Tra le braccia del suo amato carnefice.

“…per dirti ciao.”

Izaya non riuscì mai a capire come fece suo padre a scoprire il suo dolce segreto. Quel segreto che lo aveva avviluppato al suo amico d’infanzia in un modo così improvviso e roccambolesco da spaventarlo. Fu tutto così veloce da non rendersi conto di nulla, neanche di chi stesse assistendo alla vicenda. Era trascorsa una settimana da quel pomeriggio a casa di Shizuo, non seppe mai con certezza cosa fu l’elemento scatenante che portò il genitore alla scoperta del misfatto. Forse qualcuno aveva visto, aveva notato un cambiamento negli atteggiamenti di entrambi, una stretta di mano di troppo, uno sguardo di troppo… una vicinanza di troppo.
Izaya non riusciva a smettere di pensare alle mani di Shizuo, alle sue labbra calde baciargli la pelle dello sterno, poco sopra il cuore, che da quel giorno cominciò a dissipare molti più battiti del normale. Sognava di perdersi nelle iridi scure dell’altro, di nascondersi tra le sue braccia, sentiva che lo avrebbe davvero protetto da quel padre che, nel giro di poco, si era convertito in un mostro ai suoi occhi. Mai si sarebbe aspettato che sarebbe stato proprio lui, Izaya , sempre così avido di premure, di dover proteggere, a costo della propria vita, il suo amico d’infanzia e ciò che avevano condiviso.
“Come hai potuto farmi un’affronto così grande? Tu, sangue del mio sangue! Trasformarti in una becera checca agli occhi di tuo padre… e così vorresti diventare la nuova testa di famiglia? Con quale faccia ti presenterei mai agli altri esponenti della famiglia?”
Izaya riversava a terra, il dolore delle cinghiate che suo padre gli aveva rifilato gli dolevano sulla pelle offesa. Il sangue gli usciva copioso dal labbro spaccato. Se lo morse, immaginandosi le labbra di Shizuo, in uno di quei tanti baci condivisi durante quel pomeriggio d’amore. Perché altri nomi per descrivere quanto successo, quel ragazzino di 16 anni non ne aveva, se non il più comune e il più ovvio: amore. Nient’altro che amore. Solo e soltanto amore.

“Non fargli del male… Ti prego padre, ti scongiuro…”

Seguì un calcio in pieno stomaco.

“Mi scongiuri?? Lurido verme, devi strisciare tu e quel pezzente del figlio di Heiwajima nello sterco per poter ottenere la mia compassione… Ah, giusto, dimenticavo che noi yakuza compassione non ne proviamo per nessuno!” Izaya lo odiò a morte per questo. Non sopportò l’idea che le botte che suo padre gli rifilò sulla pelle, di lì a poco, si sarebbero ripercosse anche su Shizuo. Molto probabilmente, a quel punto, suo padre non si sarebbe neanche scomodato a sporcarsi le mani del suo sangue… avrebbe lasciato fare ai suoi scagnozzi… e non si sarebbero solo limitati a gonfiarlo di botte… Izaya poteva vederlo, poteva immaginarlo benissimo. Sapeva di cosa era capace il clan Orihara. Shizuo invece veniva da una famiglia modesta, di umili lavoratori, che si spaccava la schiena giorno e notte per portare avanti la baracca. Shizuo non era da meno. Aveva sempre seguito il proprio padre con celerità. Ma dopo quanto successo, era stato come pugnalare il vecchio Ohihara in pieno petto, sotto gli occhi di tutti, senza alcun riguardo o pietà. E per questo doveva pagarla cara, poco importava se avesse la stessa età di suo figlio. Se avesse delle ambizioni, dei sogni, dei desideri nascosti…
Izaya cercò di trattenere le lacrime per decenza, per non dimostrare a suo padre che aveva paura, che avrebbe risposto a qualsiasi tipo di provocazione a testa alta, sebbene versasse in uno stato misero e pietoso, i vestiti sgualciti e gli arti doloranti.

“Lasci che me ne occupi io, padre.”

Izaya pronunciò quella frase a perdifiato, faceva molta fatica ad alzare la testa, ma l’orgoglio e la tenacia lo avrebbero aiutato a sopportarne il peso con dignità.
Il vecchio yakuza puntò il suo sguardo raggelante sul figlio agonizzante. Per un istante veloce come il vento, provò un moto di soddisfazione nel sentirlo replicare di conseguenza. Sentiva che, dopotutto, se solo si fosse comportato a modo, avrebbe potuto incutere abbastanza timore nei suoi prossimi sottoposti.

“Allora lo devi eliminare.”

La sentenza di suo padre fu perentoria, sibilata quasi. Izaya riuscì a puntare le iridi ferite e tremanti in quelle dell’uomo possente dinnanzi a lui. Con la morte nel cuore, si rese conto amaramente che in quell’istante, aveva detto addio al suo amico di sempre. Ma giurò a sé stesso che d’ora in poi, lo avrebbe amato con tutta l’anima, con tutta la forza necessaria. Anche a costo di farsi odiare. Anche a costo di perderlo. Avrebbe fatto di tutto, per allontanare la morte dal destino di Shizuo, perfino vendere l’anima al diavolo, se fosse stato necessario… Sarebbe stato come assistere alla caduta magistrale di Lucifero negli inferi, per permettere al suo Dio di splendere e brillare come le stelle.

“Qui, il cielo mi è caduto addosso…e…”

Uno sparo infranse l’aria. Shizuo aveva premuto il grilletto verso un punto imprecisato, in alto. Izaya sussultò, il petto contro il petto di Shizuo, non avrebbe mai pensato che il suo pensiero prima di morire fosse stato proprio il ricordo atroce dell’affronto con il padre. Quell’affronto che decretò la sua morte interiore, ma donò un nuovo inizio all’altra persona che, Izaya non faticò troppo ad ammettere, avrebbe amato e protetto per sempre, anche se di nascosto e in silenzio.
-“Avresti dovuto puntarmi quella pistola in fronte, pivello!”- Sussurrò bonariamente Izaya, lo sguardo languido sul punto delle lacrime.
Un suono di sirene irruppe nell’abitacolo. Di lì a poco, i poliziotti sarebbero venuti a fare ricognizione dell’accaduto, se avessero trovato il giovane boss della yakuza ancora vivo, la galera non gliela avrebbe risparmiata nessuno.

“…le lacrime che ho perso adesso, le ho raccolte io per te…”

“Vattene.”
Izaya rivolse quell’ordine con un sorriso da schiaffi all’amico di sempre, puntandogli una pistola contro. Suo padre assistette alla scena seduto in macchina, assieme ad altri tre sottoposti. Sebbene non lo stesse dando magistralmente a vedere, Izaya stava tremando dentro. Avrebbe preso volentieri lui stesso un proiettile vacante per proteggerlo, se lo era giurato innumerevoli volte da quello scontro contro il padre.
Shizuo lo guardava spaventato, a pugni chiusi, con infinite domande stampate negli occhi. Izaya poteva coglierle tutte, una per una. Ma non era quello il momento delle risposte. Probabilmente quel momento non sarebbe mai giunto. Izaya pregò che tale eventualità si avverasse.

Cosa ti prende?

Vuoi farmela pagare per quello che ti ho fatto?

Se mi chiedessi di cancellare quanto accaduto, lo farei all’istante. Lo farei solo per te.

Voglio tornare ad essere tuo amico. Non so cosa ci è preso, cosa ci è successo… non rovinare tutto, Izaya!

Tutte quelle domande vorticavano nella testa di Shizuo, imperterrite. Aveva paura, ma allo stesso tempo voleva scorgere una via d’uscita, voleva accertarsi che Izaya non stesse davvero facendo quel che si stava accingendo a fare. Non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua.
“..M-m- Mi dis- mi dispiace… La prego, Ohihara-sama, farò tutto quello che vorrà!”
Voleva essere una preghiera urlata a squarciagola, ed invece fu un sussurro vuoto quello di Shizuo.
Izaya, di rimando, non potè fare a meno di pensare quanto quel volto fosse sempre stato bello e gentile, soprattutto con lui. Shizuo lo aveva sempre difeso, lo aveva difeso da chi lo reputava un delinquente, un degno erede di suo padre. Puntargli contro quella pistola era stata l’azione più dolorosa della sua vita. Ma doveva farlo, doveva dimostrare a suo padre che era un vero uomo, un vero vendicatore. Non per un particolare interesse nei suoi confronti, una piccola parte di lui voleva dimostrarlo anche al sedicenne che aveva di fronte. Voleva dimostrargli che non era più quel moccioso di sempre, che d’ora in poi se la sarebbe cavata anche senza di lui, in quella che di lì innanzi si sarebbe tramutata nella sua vita, se così poteva azzardarsi a chiamarla. Voleva disperatamente che Shizuo recepisse il messaggio, che capisse la sua richiesta silenziosa dietro quel “Vattene” uscito fuori dalle sue labbra così duramente.

Non sarò capace di proteggerti da mio padre se resti qui. Per favore, vattene il più lontano possibile, vai via…
“…amore mio.”

Come se Shizuo avesse in qualche modo intercettato il pensiero proibito di Izaya, sussurrò quelle parole, e una lacrima solitaria gli bagnò la guancia. Era questa la forza di Shizuo, saper ammettere di essere debole, dimostrare al suo imminente carnefice le sue debolezze, che era pronto a morire anche davanti ad un plotone d’esecuzione, lo avrebbe fatto per dimostrargli quanto grande era l’affetto che lui provava per il figlio di quell’uomo ingrato, che regnava sovrano ed indisturbato ad Ikebukuro.
Shizuo avanzò, indurendo lo sguardo, avvicinò il petto alla canna della pistola di Izaya. Una vita senza di lui, non sarebbe stato in grado di sopportarla.
“Guarda che non sto scherzando, cretino! Voglio che tu lasci questo quartiere… che non faccia più vedere la tua brutta faccia qui intorno. Se ti dovessi trovare bivaccando qua in giro, ti scaricherò l’intera carica addosso della mia pistola!”
In qualsiasi altro momento, Shizuo avrebbe potuto benissimo affermare che l’amico stesse giocando. Stesse giocando al cattivo ancora una volta…
Ma certo… un gioco…
Era quella la scappatoia, l’unica, vera scappatoia che Izaya gli poteva concedere.
“Andrò via da qui. Non mi vedrai mai più. Anzi, magari la prossima volta sarò io a puntarti la mia pistola contro.”
Il viso ancora bagnato, ma lo sguardo deciso. Se ci fosse stato un modo per morire indolore, Izaya credette di averlo trovato. Shizuo aveva giocato la sua carta più pericolosa, la più scottante. Aveva giocato il tutto per tutto. E aveva vinto. Aveva vinto a testa alta contro il giovane yakuza. Internamente, quest'ultimo gliene fu immensamente grato. Nonostante il suo viso fosse una maschera di cera, impassibile, una volta a casa sarebbe esploso in un pianto liberatorio. Avevano vinto entrambi a quel gioco infame, uscendone paradossalmente martoriati e sconfitti… Izaya aveva perso l’amore della sua vita, ma aveva vinto contro l’imponenza della sua famiglia… la sua caduta agli inferi era stata un successo eccellente.

“…per dirti ciao l’ultima volta.”

-“Smamma, Izaya.”-
Shizuo fece tornare al presente il giovane yakuza, aveva socchiuso gli occhi ripensando al momento esatto in cui le loro vite avevano preso due strade totalmente diverse e distanti, troppo per potersi ricongiungere ancora, un’ultima volta…
-“Sparisci da qui. Dirò che sei riuscito a sfuggirmi. Non farti più vedere qua intorno per un bel po’.”-
Sembrava una richiesta gentile quella di Shizuo, ma Izaya aveva fiutato il vero intento di quella richiesta tanto garbata.
Se c’è qualcuno che deve porre fine alla tua vita, quel qualcuno devo essere io…
-“… amore mio.”-
Shizuo rimase sorpreso nel sentirsi chiamare così da Izaya, a sguardo basso, con un sorrisino sfacciato dipinto sul volto. Aveva concluso inconsciamente il suo pensiero, e la cosa lo turbò non poco.
Rimase così turbato da quella frase che non avvertì il gancio sinistro che Izaya gli rifilò in piena faccia, svincolandosi dalla sua presa e ritrovando finalmente la liberta.
Libero già da un paio di secondi, Izaya si voltò. Shizuo gli riconobbe quello sguardo malandrino, quello che gli soleva rivolgere quando da bambini giocavano al poliziotto buono e al criminale.
“Scusami, Shizu-chan, niente di personale… ma ho degli affari da mandare avanti. Ti lascio fare tranquillamente rapporto con i tuoi superiori… e mi raccomando, sii buono, non attribuirmi in toto le colpe di questo macello!” Affermò lo yakuza, quasi ridendo, muovendosi a passo di danza tra i cadaveri. Shizuo non potè resistere dal pensare che lo stesse trovando bellissimo in quel contesto assolutamente grottesco.
“Al prossimo scontro mio caro… e mi raccomando, punta bene la mira la prossima volta!”
Il saluto provocatorio di Izaya risuonò alle orecchie di Shizuo come una cantilena divertente. Lo odiava, lo odiava con tutto sé stesso. Così tanto da non riuscire a smettere di amarlo, e desiderare per lui un finale con una vista nettamente migliore di quella che gli si prospettava. Nonostante tutto.

“… per quel che resta di un’ombra che non sa andarsene…”

Tra quel delirio di sirene e urla, Shizuo si preparò mentalmente ad affrontare i suoi superiori, a proteggere ancora una volta quel compagno di giochi, rimembrando vigorosamente quel debito che mai avrebbe ripagato degnamente, fossero pure passati mille anni. Alzò gli occhi al cielo, Shizuo ora non lo considerava più così tanto traditore… gli aveva saputo perdonare parte delle sue colpe.
-“Abbi cura di te, gatto randagio. Tornerò. Tornerò sempre!”-
Izaya, dal canto suo, si ritrovò anche lui ad osservare il cielo, un sorriso strafottente dipinto sul viso.
-“L’inferno ci aspetta… torna a prendermi… amore mio.”-

“… dimmi ora dove sei.. so che sorridi, pensando a noi.”
   
 
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