Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: Marti4869_    12/01/2019    4 recensioni
Erano passati 5 anni da quella maledetta notte al Tropical Land, e la lotta all’organizzazione degli uomini in nero era, recentemente, finalmente terminata.
Ai, finalmente, era riuscita a venire in possesso della sostanza che aveva trasformato lei e il suo amico in due bambini, e passava le sue giornate a cercare di sintetizzarne l’antidoto.
Shinichi, invece, si trovava alla ricerca delle parole giuste per rivelare a Ran la verità che era sempre riuscito a tenerle nascosta grazie a qualche sporadico incontro tra i due. Questa situazione, però, rendeva il detective continuamente pensieroso e dubbioso perché, nonostante fossero anni che lo aspettava, doveva ammettere di provare paura. Spesso si ritrovava a chiedersi come sarebbe andata. E se lei non avesse capito perché lui glielo aveva nascosto? Avrebbe dovuto lasciarla andare? O magari avrebbe dovuto provare a farsi perdonare in tutti i modi? Sapeva che lui avrebbe compreso ogni reazione da parte della fidanzata, ma lo avrebbe accettato? Proprio adesso che erano riusciti ad essere la coppia che tanto sognavano, seppur riuscendo a vedersi solo di tanto in tanto. Avrebbe mai accettato di perdere la possibilità di affondare i suoi occhi, in quelli dell’unica persona che riusciva a fargli
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Tre settimane prima…

«Papà, io vado a dormire da Sonoko questa sera, ti ho già lasciato la cena pronta»
«D’accordo» ricevuta la risposta da suo padre, la ragazza, chiuse la porta dell’agenzia e corse al piano di sopra in camera sua. Non sarebbe andata da Sonoko quella sera, ma da Shinichi. Il ragazzo, quel pomeriggio, l’aveva invitata a cena dicendole che era riuscito a tornare a Tokyo solo per quel giorno. Entrò nella sua stanza e tirò fuori dall’armadio un vestitino rosso, dalla linea ad A, che le arrivava qualche centimetro al di sopra del ginocchio, stretto in vita da una cintura in pizzo nero. Lo indossò e ci abbinò un paio di decolleté non troppo alte. Non era solita indossare tacchi, ma da qualche anno aveva iniziato ad utilizzarli per le occasioni. Poi corse in bagno e mise solo un po’ di mascara. Infine, prima di uscire di casa, si avvicinò alla sua scrivania e indossò il braccialetto in argento con scritto il suo nome, che le aveva regalato Shinichi l’ultima volta che si erano visti e che lei toglieva solo per fare la doccia. Si perse a fissarlo, pensando che finalmente lo avrebbe rivisto e avrebbero passato la serata insieme, si fece scappare un sorriso, prima di essere riportata alla realtà dal campanello che suonava. Si diresse ad aprire, spalancando la porta che rivelò davanti a lei la figura del giovane detective con un mazzo di orchidee a coprirgli la faccia. Lei, dopo essere scoppiata a piangere lo afferrò e saltò con le braccia al collo del suo fidanzato, lasciandogli un bacio pieno d’amore sulle labbra. Si staccarono e, mano nella mano, andarono dal taxi che li avrebbe portati a cena in un ristorante in centro città. Una volta finito di mangiare, si diressero a piedi verso il viale coperto dai ciliegi che iniziavano a preparare la loro fioritura, dove camminando e scherzando tra di loro fecero passare la mezzanotte. Decisero di rientrare a casa e, chiamando un altro taxi, si fecero accompagnare a villa Kudo, dove avrebbero passato la notte. Appena entrati, Ran non perse un secondo per togliersi le scarpe che le torturavano i piedi e, nel momento in cui si alzò, sentì due braccia fasciarle la vita. Shinichi avvicinò le sue labbra al collo della ragazza, iniziando a lasciarle una scia di baci umidi che si spostavano dalla spalla, alla guancia, passando per il collo. La karateka, si abbandonò a quel tocco che per troppo tempo le era mancato. Improvvisamente, con uno scatto, il ragazzo la girò verso di se baciandola sulle labbra, con dolcezza ed un pizzico di malizia, mentre, le sue mani accarezzavano le curve di lei. Il detective, si allontanò leggermente passandole un braccio sotto le gambe, mentre con l’altro, stringeva l’esile vita della fidanzata a se, portandola poi al piano di sopra nella camera matrimoniale dove, prima di trasferirsi a Los Angeles, dormivano i suoi genitori. Entrò nella stanza, chiuse la porta con un piede e si diresse sul letto dove lasciò Ran posizionandosi sopra di lei. Riprese a baciarla in maniera sempre più passionale e, mentre lei armeggiava con i bottoni della camicia del ragazzo tentando di sbottonarli, lui iniziò ad abbassarle la zip del vestito, alzandolo e andando a giocare con l’elastico dei suoi slip. In poco tempo si ritrovarono entrambi in intimo, che però non rimase a lungo sulle loro pelli considerando che, passando la sua mano sotto la schiena della ragazza Shinichi le slacciò con un gesto secco il reggiseno, facendolo finire insieme agli altri vestiti inermi sul pavimento, raggiunti poco dopo anche dal resto del loro intimo. Quella notte i due ragazzi si abbandonarono alla passione, come se fosse stata la loro ultima volta. Niente e nessuno avrebbe mai avuto il potere di fargli dimenticare l’amore provato l’uno nei confronti dell’altra in quella nottata.


Quella mattina, come ormai le accadeva da un paio di giorni, Ran si ritrovava a svegliarsi con una strana sensazione di nausea. La ragazza iniziava a preoccuparsi, anche se era abbastanza convinta si trattasse solo dell’influenza che aveva, di recente, avuto anche suo padre, un dubbio si faceva spazio nella sua mente, dubbio che aveva paura di confermare. Sonoko era andata in vacanza con Makoto e la sua famiglia, sua madre era partita per un lavoro fuori città dal quale non sarebbe tornata prima della settimana successiva e la karateka si ritrovava a Tokyo senza nessuno con cui confidarsi, nessuno che avrebbe potuto aiutarla. Per sua fortuna era riuscita a nascondere tutto ciò ai due che vivevano con lei, poiché quando lei si alzava suo padre dormiva sempre e il piccolo Conan aveva ,da qualche giorno, la testa completamente altrove.

Dopo essere corsa in bagno e aver rimesso anche l’anima, si sciacquò la faccia e andò a cambiarsi per preparare la colazione ai due con cui conviveva.

In seguito alla mattinata passata divisa tra bagno e divano, la ragazza preparò il pranzo ai suoi coinquilini e decise di uscire di casa. Prima di tutto, si diresse a fare la spesa per comprare l’occorrente per la cena di quella sera e qualche pasto precotto per i giorni successivi, dato che, non sentendosi troppo bene, non aveva neanche voglia di cucinare.
Successivamente, si diresse in farmacia per acquistare delle cose, tra cui anche un qualche medicinale che avrebbe potuto aiutarla a farle passare la nausea.

Finite le commissioni che l’avevano portata ad uscire, presa dalla stanchezza si avviò per rientrare.

Arrivata davanti all’agenzia, salì le scale fino a raggiungere l’appartamento che vi era situato sopra, entrò in casa e dopo aver poggiato le buste piene di cibo in cucina, scese al piano di sotto.
Aprì la porta dell’ufficio ma lì trovò solo il ragazzino che abitava con loro, disteso sul divano, con un libro in mano ed un’espressione che tutto sembrava meno quella di un lettore.
«Conan» lo chiamò, facendolo sussultare.
«Sai che fine ha fatto mio padre? Prima che uscissi era qui.»
«Ran… ehm, non ne ho idea, credo abbia detto che uscisse ad indagare su qualcosa» disse il ragazzo con un’espressione che definirla sorpresa era poco. Infatti, prima che arrivasse Ran a destarlo dai suoi pensieri, era immerso nel ragionare su come le avrebbe detto tutto. Si ricompose e poggiando il libro che teneva tra le mani, sul tavolino davanti a lui, si alzò e mentre stava per uscire una voce lo bloccò.
«Dove vai?»
«A fare una passeggiata.»
«Okay ma non tardare, tra poco più di mezz’ora la cena sarà in tavola.»
«Va bene» aprì la porta e uscendo aggiunse «Ci vediamo tra mezz’ora allora».
Scese gli scalini che lo dividevano dalla strada e lasciando Ran a preparare la cena, si diresse verso il viale coperto di ciliegi in piena fioritura. Quei fiori, lo riportavano a quando all’asilo conobbe quella ragazza, all’ora bambina, che gli avrebbe cambiato totalmente la vita, insegnandogli cosa voleva dire amare una persona tanto, da voler morire al suo posto pur di proteggerla dalla crudeltà del mondo. Il ricordo di quei momenti, lo faceva stare bene e la tranquillità che gli suscitavano, era la cosa che più lo avrebbe aiutato a prendere una decisione.

Camminando, si ritrovò sommerso da una miriade di petali rosa che cadevano dai rami ad ogni folata di vento e andavano a circondarlo, aiutandolo ad immergersi nei suoi pensieri. Arrivò ai piedi di un albero e si sedette, cingendosi le ginocchia con le braccia e portando lo sguardo a terra. Non si era mai ritrovato in una situazione del genere e adesso tutto gli appariva così difficile, nessuna parola gli sembrava giusta a spiegare la situazione alla sua Ran, ogni cosa la reputava stupida e senza senso. Lui stesso che, ogni singolo giorno da quella maledetta notte di 5 anni prima, avrebbe voluto rivelarle tutto ponendo fine a quelle bugie, in quell’istante si trovava a sperare che quel momento non arrivasse mai. Doveva ammetterlo, anche se non voleva accettarlo, Shinichi Kudo aveva paura. Nessuno avrebbe mai accostato questo sentimento a quel ragazzo spaccone e pieno di sé, eppure era così. Temeva la reazione della sua amica. Aveva paura che dopo averle rivelato tutto, lei non avrebbe più voluto sentir parlare di lui. Aveva paura di perdere per sempre la possibilità di guardare negli occhi la persona che aveva sempre amato. Lui che mai si era spaventato davanti a nulla, cercando di trovare sempre una soluzione con razionalità, adesso si trovava nel panico più totale. Non voleva rinunciare a tutto quello che aveva creato con lei in quegli anni da quando si erano fidanzati, portando avanti quella relazione nonostante tutto, nonostante non potessero essere come quelle coppie che si vedono in giro per strada, a causa del segreto che lui le nascondeva per paura di perderla per mano di qualche mente malata. Conan passò la mezz’ora successiva ad immaginare a come avrebbe parlato alla sua Ran, a cosa le avrebbe detto e a supporre come avrebbe reagito lei, però, ogni volta i suoi pensieri andavano a finire in un modo peggiore.

A destarlo dalle sue riflessioni, ci riuscì solo lo squillo del suo cellulare. Prendendolo dalla sua tasca, dopo essersi alzato da terra, il ragazzo lesse sullo schermo il nome dell’amico di Osaka e premendo il tasto verde che si illuminava sul suo display, rispose alla chiamata.
«Hattori…»
«Kudo!» Heiji, al sentire il tono malinconico dell’amico, interruppe improvvisamente la domanda che gli stava per porre e continuò: «cos’è successo come mai questo tono disperato? Dati gli ultimi avvenimenti, pensavo di trovarti più felice»
«Mi piacerebbe essere spensierato, ma è quasi una settimana che sto cercando un modo di parlare a Ran di tutta la storia… con scarsi risultati aggiungerei.»
«Ah… ma quindi ancora non sa nulla?»
«Sei sordo?» disse Shinichi, con il tono leggermente alterato dal nervosismo che lo caratterizzava in quei giorni: «Scusa… è che…» continuò portando lo sguardo sui suoi piedi, ma esitò nel finire la frase, non voleva ammettere di avere paura, non voleva ammetterlo neanche a se stesso figuriamoci ad un’altra persona. Dall’altra parte, il detective dell’ovest, compreso lo stato d’animo dell’amico, decise di cambiare discorso «Ti lascio ai tuoi pensieri, ci sentiamo appena starai più tranquillo. Ricorda però che se avessi bisogno di me, basterebbe una telefonata.»
«Grazie Heiji.» disse l’altro con un tono freddo, alzando lo sguardo da terra e concludendo la chiamata: «Devo andare adesso, avevo detto a Ran che sarei rientrato presto, altrimenti si preoccupa.»
Heiji, da parte sua, annuì pur sapendo di non essere visto e terminò la conversazione con un sorriso sulle labbra, intriso di tristezza per la situazione dell’amico.


Conan rientrò in casa e aprendo la porta con cautela, scorse Ran seduta sul divano con le gambe incrociate, un cuscino stretto al petto e lo sguardo fisso sul suo polso. Si fermò ad osservarla. Era una settimana che, preso dalle sue riflessioni, non dedicava del tempo alla ragazza che sempre gli era stata vicina. Adesso si trovava lì, fermo sulla soglia della porta, ad osservarle le guance solcate dalle lacrime. Era stato così stupido da non accorgersi che lei stava male, eppure ce l’aveva avuta sempre sotto gli occhi, nonostante ciò era riuscito a non notare che non stava bene. Dopo un primo momento di esitazione, decise di avvicinarsi a lei e, senza fare alcun rumore la raggiunse sul divano. La ragazza sobbalzò e si asciugò immediatamente le lacrime.
«Conan… non ti ho sentito arrivare» disse poi provando a camuffare la voce spezzata dal pianto.
Il ragazzino non disse una parola e, dopo averla guardata negli occhi, l’abbracciò stringendola forte a se nella vana speranza di aiutarla a stare meglio e di farsi perdonare, più che da lei da se stesso, che in quei giorni non era stato capace di avvertire lo stato d’animo della ragazza.
«Grazie, davvero, mi ci voleva.» disse Ran staccandosi dall’abbraccio dopo qualche decina di secondi e tuffando il suo sguardo negli occhi blu del ragazzino che aveva di fronte, occhi che le ricordavano terribilmente quelli del ragazzo di cui era innamorata, colui che voleva accanto in quel momento così difficile per lei.
«Allora… è pronta la cena?» disse Conan sorridendo, utilizzando il tono più infantile che riusciva ad usare, tentando di distrarla e alleggerire la tensione che si era creata nell’aria.
«Sì certo!» rispose lei alzandosi, prendendo per mano il ragazzino, che arrossì leggermente, e portandolo verso il tavolo che aveva preparato con il cibo servito. Si sedettero e iniziarono a mangiare.
«Ma lo zietto? Non cena con noi?»
«No mi ha chiamata appena sei uscito di casa avvertendomi che non sarebbe tornato perché il suo cliente lo aveva invitato a cenare fuori» rispose lei leggermente interdetta. La cena andò avanti nell’assoluto silenzio poiché entrambi erano immersi nei propri pensieri, uno a pensare a come le avrebbe rivelato tutto e l’altra a pensare ai dubbi che affollavano la sua mente. Successivamente, andarono a dormire senza dire una parola oltre ad uno striminzito “buonanotte” quasi sussurrato da parte di entrambi.




 
\\\\\\SPAZIO AUTRICE\\\\\\
EHILÀ!
Sono tornata, mi ripresento, il mio nome è Martina.
Non so se qualcuno di voi aveva già letto la storia che avevo publicato qualche mese fà, nel caso lo aveste fatto, mi scuso ma, rileggendola ho pensato di cambiare delle cose perché, provando ad andare avanti, mi era difficile continuare a scrivere.
Sperando che quesata volta sia la definitiva, approfitto della giornata di oggi (*colpo di tosse* episodio 928 *colpo di tosse*) per provare a riproporvi quello che ho scritto.
Non so darvi una data precisa per il nuovo capitolo ma spero di riuscirci entro due settimane. 
Se ne avete voglia, una recensione è sempre gradita! 
Mi scuso ancora con chi, questo, lo aveva già letto, spero di riuscire a ripagare la vostra pazienza con i prossimi capitoli.
   
 
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