Serie TV > Star Trek
Ricorda la storia  |       
Autore: Parmandil    13/01/2019    0 recensioni
La Guerra delle Anomalie si tinge di giallo quando l’Enterprise incontra dei misteri che s’intrecciano alla confluenza dello spazio federale, Klingon e Romulano.
Quale segreto si cela dietro la ridente colonia Galatea, passata indenne attraverso secoli di conflitti? Cosa vuole realmente Delara, l’amica d’infanzia di Neelah, riemersa da un passato che la dottoressa preferirebbe dimenticare? Quali trame si celano dietro il sorprendente esito della Battaglia di Carraya? Fin dove si spinge l’influenza della Sezione 31, il famigerato servizio segreto federale? Ma soprattutto, di chi ci si può realmente fidare? Le domande non sono mai state così tante e le risposte potrebbero essere devastanti.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Star Trek Universe Vol. IV:

Segreti di famiglia

 

 

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA.

QUESTI SONO I VIAGGI DELLA

NAVE STELLARE ENTERPRISE.

LA SUA MISSIONE È ESPLORARE

STRANI, NUOVI MONDI,

SCOPRIRE NUOVE FORME DI VITA

E NUOVE CIVILTÀ,

FINO AD ARRIVARE LÀ

DOVE NESSUNO È MAI GIUNTO PRIMA.

 

 

-Prologo:

Data stellare 2538.211

Luogo: Tantalus V

 

   Dicono che chi nasce cieco riesca a muoversi nella propria camera come se ci vedesse. Chiunque avesse coniato quell’espressione, evidentemente non aveva mai avuto una compagna di stanza come Delara. Era una delle sue magliette, buttata a terra chissà quando e lì dimenticata, che aveva fatto scivolare la ragazza cieca. Passato lo shock, la teenager si rialzò. A parte un dolore sordo al fondoschiena non si era fatta male. Afferrò la maglietta di Delara e la schiaffò nell’armadietto della compagna. Era certa che non fosse una delle sue maglie: lei non le dimenticava mai in giro. Sedette sul suo letto, perfettamente rifatto (contrariamente a quello di Delara, su cui sembrava passata una mandria) e si tastò delicatamente le garze che le coprivano gli occhi. Il bruciore era passato da un pezzo. Forse era arrivato il momento di toglierle. In quella il sibilo della porta l’avvertì che qualcun altro era entrato in camera.

   «Ah, sei qui! Ti ho cercata dappertutto!» trillò la voce inconfondibile di Delara.

   «Bastava chiedere al computer» rispose flemmatica la ragazza con le garze.

   «Dicevo così per dire. Dai, Ninì, fammi vedere gli occhi!» chiocciò la compagna di stanza, accompagnandosi con una risatina infantile.

   «Te lo chiedo per l’ultima volta... non chiamarmi Ninì» rispose l’altra con voce strascicata. «Io sono Neelah. E presto sarò la dottoressa Neelah» puntualizzò.

   «Sissì... allora, me li fai vedere o no, i tuoi nuovi occhi?» chiese Delara. A giudicare dalla voce, le era venuta appresso.

   «Come sono le luci?».

   «Abbassate del 30%. Non ti accecherai».

   «Okay... allora vediamoli» sospirò Neelah. Si portò le mani agli occhi e cominciò a sfilare lentamente le garze. Il materiale intelligente venne via senza problemi. Non restava che sollevare le palpebre.

   «Sei emozionata?» chiese Delara.

   «Un po’» ammise Neelah. Era un eufemismo: aveva atteso quel momento per quasi tutta la sua giovane vita. Socchiuse gli occhi e le tenebre si dissiparono. C’era luce nella camera, ma faticava a mettere a fuoco gli oggetti. Resistette alla tentazione di stropicciarsi gli occhi, anche se li sentiva pungere fin quasi a lacrimare.

   «Oh, Ninì... hai gli occhi azzurri!» esclamò Delara, che sembrava più emozionata di lei. «Piacerai un sacco ai ragazzi!».

   «Non ci tengo a piacere a nessuno» brontolò Neelah, cercando di focalizzare la visione. «Questo l’ho fatto solo per me».

   «Beh, ma non c’è niente di male a voler piacere. Guarda me... io piaccio a tutti!» gongolò Delara, le cui avventure amorose erano note in tutta la scuola. «Oh, ma dove ho la testa... computer, modalità specchio!» ordinò.

   Neelah si trovò di fronte il proprio ologramma, che faceva da specchio tridimensionale. Mentre i suoi occhi si abituavano a funzionare, la visione divenne più nitida. Finalmente Neelah poté vedersi... non attraverso l’elaborazione di un Visore, ma allo stesso modo in cui la vedevano gli altri.

   Come tutti gli Aenar – i rari Andoriani albini – aveva la pelle bianca e i capelli ancora più candidi. Le sottili antenne craniali avevano un accenno di biforcazione in punta. Tutto questo lo sapeva già; ciò che la colpì fu l’aria generale. Davanti a lei c’era una teenager magra fino all’osso, dai capelli corti un po’ disordinati e una faccia che sembrava non aver sorriso mai. Su quel volto scarno, gli occhi spiccavano enormi e un po’ febbricitanti. Almeno non erano più rosa e senza sguardo. Ora avevano pupille nere e iridi azzurre, che... sì, erano proprio carine.

   «Hai visto, Ninì? Sei bellissima! Oh, sono così felice per te!» pigolò Delara, abbracciandola.

   «Groan... va bene, sei stata abbastanza chiara» sospirò Neelah, cercando di scollarsela di dosso. Guardò anche lei, per pura curiosità accademica... e forse per mettersi a confronto. Delara era una Betazoide, come indicavano le enormi pupille nere, che le riempivano quasi del tutto gli occhi. Aveva un viso tondo, ben curato, e lunghi capelli rossicci un po’ mossi. Le sue forme erano più femminili, notò Neelah con una punta d’invidia; ma si disse che era irrilevante. «Computer, disattiva specchio» ordinò.

   «Allora, sei soddisfatta?» chiese Delara, sedendo a gambe incrociate sul suo letto sfatto. Invitò Neelah a fare altrettanto.

   «Ti saprò rispondere quando avrò fatto i test ottici» rispose l’Aenar con prudenza. «Se avrò i dieci decimi che mi hanno promesso, allora sì, sarò soddisfatta». Sedette anche lei a gambe incrociate, davanti alla compagna di stanza.

   «La solita perfezionista!» la canzonò Delara. «Senti, non volevo chiedertelo prima, ma... questa cosa è sicura?».

   «Certo, perché non dovrebbe?».

   «Beh, ti sei iniettata delle nanosonde Borg... non è una cosa che fanno tutti...» mormorò Delara, improvvisamente a disagio.

   «Nanosonde Borg modificate» puntualizzò Neelah, sollevando l’indice ossuto. «Non mi assimileranno, se è questo che temi. Però mi hanno ricostruito gli occhi e i nervi ottici, partendo da quei resti vestigiali che avevo. Era l’opzione migliore, anche meglio della terapia genica».

   «Oh, Ninì, il tuo DNA non ha niente che non va...».

   «Come no, è perfetto... per chi si accontenta di vivere nelle grotte. Io voglio di più». Era da quando aveva memoria che Neelah desiderava di più. Vivere nelle caverne ghiacciate di Andoria non faceva per lei. Sentiva, in modo prepotente, di essere chiamata a un destino più alto. Aveva solo sei anni quand’era stato chiaro che le scuole normali sarebbero state una perdita di tempo per lei. Il suo quoziente intellettivo e il livello ESP esagerati richiedevano un’istruzione speciale. I suoi genitori si chiedevano che fare, dove mandarla per assicurarle il futuro migliore. Così, quando si erano presentati gli emissari di una “scuola per giovani dotati” gestita dalla Flotta Stellare, era parsa una manna dal cielo. I suoi genitori avevano firmato un contratto, perché fosse questa agenzia – dal bizzarro nome di Sezione 31 – a occuparsi della sua formazione.

   Da allora, Neelah li aveva visti sì e no una volta l’anno. La Sezione 31 l’aveva portata su Tantalus V, assieme ad altri “giovani dotati” che aveva radunato, per studiare a fondo le loro capacità e spingerli a dare il massimo. Nei dodici anni successivi, Neelah aveva fatto ogni sorta di test per misurare le sue facoltà intellettive e i suoi poteri telepatici. Aveva studiato molte discipline, ma si era progressivamente concentrata sulla biologia, in particolare sulle tecniche d’ingegneria genetica. Aveva anche approfondito la nanotecnologia, studiando le nanosonde Borg. Quando i suoi insegnanti dissezionavano un drone sotto i suoi occhi, Neelah non ci trovava nulla di strano; non stava a chiedersi come facesse la Sezione 31 a procurarselo. Per quanto ne sapeva, cose del genere avvenivano su tutti i pianeti federali. Non immaginava quanto invece fossero rare e pericolose. Quanto al suo problema, la cecità congenita degli Aenar, Neelah vi sopperiva con un Visore elettronico. Talvolta ne faceva a meno, sfruttando la telepatia per crearsi una mappa mentale dell’ambiente circostante. Ma per leggere e per fare lavori minuziosi le serviva il Visore. Aveva cambiato più volte modello, cercandone sempre di migliori. Poco alla volta aveva compreso che stava studiando biologia per liberarsene. Voleva vedere il mondo con i suoi occhi, non con un pezzo di tecnologia che potevano toglierle in qualunque momento.

   Poco alla volta gli anni di sacrifici avevano cominciato a dare frutti. I potenziamenti genetici avevano innalzato ulteriormente il suo livello ESP, oltre a renderla più forte e veloce. Ma ottenere la vista era la svolta fondamentale: non solo per avere una vita normale... ma anche perché era opera sua. Era stata lei a modificare le nanosonde per ottenere questo risultato. Aveva preso la natura per la gola, obbligandola a darle ciò che voleva. Era una sensazione inebriante... ed era solo l’inizio.

   «Sai, le nanosonde non mi servono solo per vedere» spiegò l’Aenar, contenta di avere un pubblico, per quanto ristretto. «D’ora in poi mi terranno in ordine tutto l’organismo. E mi aiuteranno a cicatrizzare più in fretta le ferite». Fu tentata di tagliarsi per controllare quanto in fretta, ma si trattenne. C’erano modi meno sanguinosi di appurarlo.

   «Quindi sei diventata una specie di supereroina?» chiese Delara, un po’ divertita e un po’ spaventata.

   «Beh, in un certo senso...» sogghignò Neelah. «In effetti non sono mai stata così bene. Mi sento piena d’energia. E quanto a questo...» aggiunse, agguantando il Visore che teneva sul comodino «... non lo indosserò mai più!». Lo torse fra le mani, fino a spezzarlo in due, e gettò i pezzi nel cestino.

   «Ora mi fai paura, Ninì» mormorò Delara, arretrando con la schiena contro la testata del letto. «Quel Visore era fatto di metalli durissimi. Come l’hai...».

   «Te l’ho detto, sto diventando più forte» spiegò Neelah, con voce bassa e seria. «Così mi farò rispettare. La prossima volta che qualcuno mi tocca il sedere, gli stronco il braccio».

   «Dave faceva solo per scherzare...».

   «Dave capirà che a me non piacciono gli scherzi» ribatté l’Aenar, digrignando i denti. «Ma non preoccuparti, tu sei al sicuro».

   «Uhm... non è che da un momento all’altro estrai gli iniettori Borg e me li cacci nel collo?» chiese Delara, ancora un po’ intimorita.

   «Non ho gli iniettori... non ancora» la rassicurò Neelah. «Comunque non faccio tutto questo solo per me. Le nanosonde hanno potenzialità inesplorate. Continuerò a studiarle, per correggere altri difetti genetici... curare le malattie... prolungare la vita. Insomma, per migliorare le specie. Un giorno il mio lavoro beneficerà milioni di persone!» sostenne, dandosi importanza.

   «Quindi hai deciso, continuerai a studiare nanotecnologia» disse Delara, facendosi seria.

   «Senza dubbio» confermò l’Aenar. «C’è una facoltà su Denobula che fa al caso mio... se non è troppo provinciale. Forse dovrei andare sulla Terra. Ho sempre sognato di vedere la capitale, ci sarà un bell’ambiente cosmopolita...».

   «Quindi te ne andrai» precisò Delara.

   «Certo che me ne andrò!» rispose Neelah. «Sono stata su questo sputo di pianeta per dodici anni. Non vedo l’ora di cambiare aria. È così anche per te, no? Mi hai sempre detto quanto vorresti tornare su Betazed, e poi vedere i pianeti più griffati...».

   «Infatti è così» assicurò Delara. «Ho tanta voglia di rivedere i miei genitori. E di gustarmi un po’ di Galassia. Ma mi spiace anche lasciare questo posto... in fondo ci sono cresciuta. Tutte le mie amiche sono qui».

   «Sciocca sentimentale» si disse Neelah, schermando i propri pensieri perché la Betazoide non li captasse. «Sono certa che avrai successo anche altrove» disse più diplomaticamente.

   «Grazie, Ninì!» s’illuminò Delara. «Sai, sono sempre più convinta che farò l’insegnante. Già qui mi sono un po’ occupata dei piccoli del primo anno. Continuerei volentieri a farlo su Betazed».

   «E tutte le ricerche sulla telepatia?» chiese Neelah. «Hai passato anni a spingere i tuoi poteri al limite. Ora che li padroneggi, non vuoi usarli per qualcosa di... di grande?» chiese. Stava per dire di “importante”, sottintendendo che insegnare non lo era.

   «Sono stanca di questa disciplina para-militare che c’impongono» confessò Delara. «Ho già sacrificato tanto per accontentare la Sezione 31. I nostri insegnanti hanno i dati psico-fisici che volevano. Ora vorrei una vita normale».

   «Sì, capisco» si addolcì Neelah. «Anch’io non ne posso più di questo regime. Per questo non entrerò mai nella Flotta Stellare. Qualunque cosa faccia, resterò nel ramo civile» disse con decisione.

   «Ben detto. Sai, vorrei avere più tempo per conoscere la nuova te» sospirò la Betazoide. «Purtroppo ci resta poco. Fra qualche giorno saremo maggiorenni e prenderemo strade diverse» aggiunse malinconica.

   «Già...» annuì Neelah, meditabonda. I loro compleanni cadevano ad appena sette giorni di distanza. E poiché stavolta compivano diciotto anni, tutto sarebbe cambiato. Quando uno dei “dotati” diventava maggiorenne, il contratto firmato dai suoi genitori perdeva validità e doveva essere rinegoziato dal diretto interessato. Naturalmente la Sezione 31 non voleva perdere i suoi pupilli, dopo aver speso tanto tempo a istruirli. Perciò cercava di convincerli a rimanere come Agenti Operativi. Perché era quella la verità che i “dotati” comprendevano poco alla volta: la Sezione 31 non era una branca qualunque della Flotta Stellare. No, era un servizio segreto. E i suoi metodi erano poco ortodossi. Chi ne faceva parte sceglieva una vita di anonimato e di pericolo. Gli altri – quelli che se ne andavano – potevano invece rifarsi una vita normale. Malgrado le loro differenze, Neelah e Delara miravano entrambe a questa opzione, la più comoda e sicura.

   «Ninì, promettimi che resteremo in contatto» disse Delara. Parlava come se la sua vita dipendesse da questo.

   «Eh? Sì, certo» fece l’Aenar distrattamente. Fece per scendere dal letto, ma Delara la trattenne.

   «Dico sul serio! Giuralo sulle tue antenne!» insisté la Betazoide, porgendole il dito mignolo con aria drammatica. Era difficile compiere quel gesto con drammaticità, ma lei ci riuscì in modo ammirevole.

   «Oh, per l’amor...!» pensò Neelah, senza nemmeno schermare i suoi pensieri. Sapeva quanto fosse cocciuta Delara. Solo perché condividevano la stanza, quella pellerosa pensava che fossero amiche del cuore. Ma Neelah non aveva mai avuto amiche e non ne sentiva la mancanza. Delara le serviva solo per sfogarsi, di tanto in tanto. Decise di accontentarla, giusto per levarsela dai piedi. «Va bene... giuro sulle mie antenne che ci terremo in contatto, qualunque cosa accada» disse con sopportazione, incrociando il mignolo con quello di Delara. Se li strinsero con forza per qualche secondo.

 

   Nei giorni successivi, Neelah superò con successo i test ottici. I suoi nuovi occhi erano all’altezza delle aspettative, il che la riempiva di soddisfazione. Qualcuno dei ragazzi le fischiò dietro, ma lei non ci badò. Contava i giorni che mancavano alla maggiore età. Ma prima c’era il compleanno di Delara. Per quanto vivessero in un austero centro d’addestramento, la Betazoide riusciva sempre a trasformare le feste in una baraonda. Quella poi, essendo l’ultima, sarebbe stata la più sfrenata di tutte. Così, la sera della vigilia, Neelah uscì sulla superficie del pianeta per godersi il silenzio e la tranquillità. Per lei era come prendere una boccata d’aria, prima del chiasso che l’aspettava la sera successiva.

   Tantalus V era un deserto roccioso, su cui crescevano pochi arbusti stentati. Di conseguenza il centro d’addestramento era in gran parte sotterraneo, anche se alcune attività – come i corsi di sopravvivenza – si svolgevano in superficie. Vista da fuori, l’installazione sembrava composta da pochi prefabbricati isolati, contenenti gli ascensori. Ma il suo sviluppo nel sottosuolo era notevole; in tanti anni Neelah non aveva mai scoperto la sua estensione. Ogni volta che s’informava su un livello veniva a sapere di un altro sottostante, ancora più top secret. Alla fine aveva smesso di pensarci. Preferiva la superficie, per quanto arida. E poi c’era quel bellissimo anello bianco che solcava il cielo, frutto di un’antica luna disgregata. Neelah osservò il tramonto con i suoi nuovi occhi, trovandolo bellissimo. Quando il sole svanì dietro l’orizzonte l’aria si raffreddò di colpo, com’è tipico dei deserti. Nata per vivere tra i ghiacci di Andoria, l’Aenar non ne soffrì. Ma il regolamento vietava di stare fuori dopo il tramonto, quindi si affrettò verso l’ingresso del centro.

   Fu allora che scorse due persone che passeggiavano davanti al basso edificio grigio. Ne riconobbe subito una: era la Direttrice Vanth, colei che gestiva la scuola. In quegli anni l’aveva vista di rado, più che altro in occasione dei discorsi che rivolgeva agli studenti. Più spesso l’aveva sentita all’altoparlante. Non che ci tenesse a vederla in faccia. La Direttrice era una Tiloniana: aveva spesse arcate ossee che le circondavano la fronte e s’incurvavano sugli occhi, dandole un’aria schizoide. Portava sempre un dispositivo applicato alla tempia, che bloccava i poteri telepatici degli studenti, perché nessuno leggesse la sua mente. Era la prima volta che Neelah la vedeva in superficie; di solito se ne stava rintanata nei livelli inferiori, come una termite regina. L’Aenar si nascose dietro una roccia e schermò i suoi pensieri, non volendo farsi scoprire. Se la Direttrice l’avesse sorpresa fuori a quell’ora, sarebbero state grane. La sua severità era leggendaria.

   Neelah si sporse appena dal riparo, per capire con chi stava passeggiando Vanth. Ora che il sole era calato, si era fatto subito buio. Intravide però un ufficiale, vestito con l’uniforme nera della Sezione 31. Aveva la pelle blu e corti capelli bianchi, da cui facevano capolino due antenne. Un compatriota! Da quando era su Tantalus, Neelah aveva visto ben pochi Andoriani. Si chiese chi fosse quello; probabilmente un pezzo grosso della Sezione 31. Spinta dalla curiosità, la ragazza cercò di ascoltare la conversazione. La Direttrice e il suo ospite erano abbastanza lontani, ma il silenzio del deserto rendeva udibili le loro voci.

   «Allora, Sheev, com’è andata la missione con gli Tzenkethi?» chiese la Direttrice, rivelando il nome del collega.

   «Abbastanza bene, ma sai com’è... se ti rivelassi i dettagli, poi dovrei ucciderti» ridacchiò l’Andoriano. Da come si parlavano, sembravano avere una certa familiarità. «Veniamo a te, piuttosto. Ho letto le schede che mi hai mandato. C’è senz’altro del materiale interessante. Il Soggetto 379, per esempio».

   «Uhm, sì. Ragazza promettente... peccato che voglia lasciarci» annuì Vanth.

   «Fa’ in modo che resti dei nostri» ordinò bruscamente Sheev.

   Neelah rimase interdetta. Non sapeva chi fosse il Soggetto 379: non aveva mai sentito usare quella terminologia per riferirsi agli studenti. Ma la prossima ragazza che avrebbe lasciato la scuola era Delara, l’indomani. Quel tipo voleva impedirle di andarsene e la Direttrice non faceva obiezioni... ma in che modo volevano costringerla a restare? Neelah ascoltò ancora più attentamente, conscia che si stavano decidendo le sorti della sua compagna di stanza... la cosa più simile a un’amica che avesse.

   «Non sarà un problema» disse la Direttrice, nel tono di chi fa spesso discorsi del genere. «L’abbiamo preparata per anni. Sai, è un eccellente soggetto... estremamente ricettiva al trattamento subliminale. Quando abbiamo superato quel po’ di resistenza iniziale, si è rivelata del tutto malleabile. Abbiamo fatto un lavoro di fino con lei; sarà un’ottima Agente...». La Tiloniana tacque e si guardò attorno, sondando le tenebre con gli occhi schizoidi. Terrorizzata, Neelah si appiattì dietro le rocce e abbassò il più possibile i suoi segni vitali, per non essere rilevata.

   «C’è qualche problema?» chiese Sheev.

   «Non dovremmo stare all’aperto» rispose Vanth, sibillina. «Di queste cose è meglio discutere nel mio ufficio».

   «Scendiamo, allora. Prima le signore...» disse l’Andoriano, con galanteria un po’ beffarda. Seguì la Direttrice all’interno del prefabbricato e poi nell’ascensore che portava sottoterra.

   Neelah rimase all’esterno per un pezzo, cercando di calmarsi. Aveva davvero sentito quelle parole o aveva frainteso? Sfruttando la sua memoria fotografica, le ripassò al setaccio. No, nessun equivoco. La Direttrice e quell’altro tipo stavano davvero parlando di condizionamenti mentali inflitti agli studenti, per costringerli a restare. Le peggiori tesi complottiste che la ragazza aveva udito trovavano improvvisamente conferma, e dalla bocca della Direttrice!

   «Delara... l’ho sempre saputo che eri una testa vuota, ma adesso so perché!» si disse Neelah. Ora capiva il suo insano attaccamento a quel luogo, che contrastava con la voglia di tornare a Betazed. Forse, se l’avesse informata di cosa le avevano fatto, Delara avrebbe trovato la forza di opporsi. «È pur sempre una telepate, anche se non in gamba quanto me» pensò Neelah. Non volendo che le telecamere registrassero il suo rientro dopo la Direttrice, andò verso un’altra entrata: un ingresso di servizio abbandonato, che qualche studente aveva riaperto di nascosto per sgattaiolare in superficie. Le ci volle un po’ per raggiungerlo, anche perché doveva stare attenta a dove metteva i piedi. Il suolo roccioso diventava una trappola, nell’oscurità, e una caviglia slogata avrebbe rivelato che era stata all’aperto in orario proibito. Raggiunse l’ingresso con il cuore che batteva a mille.

   Ridiscesa nell’installazione, Neelah corse in camera, ma la trovò vuota. La sua compagna di stanza non le aveva lasciato nemmeno un messaggio. Ed essendo scattato il coprifuoco, non poteva cercarla in giro per la scuola. «Computer, localizza Delara Livras» disse con voce tremante.

   «La studentessa Livras è stata chiamata a colloquio dalla Direttrice Vanth» rispose la voce asettica del computer. Neelah si sentì sprofondare. Dovette sedersi sul letto per calmarsi. La Direttrice non aveva perso tempo. Appena stabilito di tenersi Delara, l’aveva chiamata per... che cosa? Far scattare il condizionamento? Costringerla a firmare un nuovo contratto che l’avrebbe incatenata alla Sezione 31? Era più che probabile. Ma lei che poteva fare per aiutarla?

   Niente, si disse Neelah. Era solo una povera studentessa di biologia, non poteva mettersi contro i servizi segreti federali. Sarebbe stata fortunata a sfuggire la punizione per aver violato il coprifuoco. Il meglio che poteva fare era tener duro per quell’ultima settimana, rifiutarsi categoricamente di firmare impegni e andarsene da quell’istituto degli orrori. Allora sì, sarebbe stata padrona di se stessa, libera di proseguire gli studi e diventare qualcuno. Ma non poteva salvare Delara, né gli altri che erano stati indottrinati a loro insaputa. Con questo pensiero, Neelah andò a letto; ma si rigirò tra le coperte per più di un’ora, senza pace, prima di trovare sonno.

 

   Il mattino dopo, Delara non era ancora tornata. Neelah passò una mattinata orribile, cercando di non pensare a cosa le avessero fatto. Fu solo all’ora di pranzo che la incontrò in sala mensa.

   La Betazoide era irriconoscibile. Venne verso di lei con movenze robotiche e si sedette senza una parola. Dagli occhi cerchiati si sarebbe detto che aveva passato la notte insonne. I capelli rossi erano ora raccolti in una severa crocchia, che la faceva sembrare di dieci anni più matura. «Ciao, Neelah» la salutò. Era la prima volta che la chiamava col suo nome.

   «Uh, ciao» mormorò Neelah, guardandola di sottecchi. «Non ti vedo da ieri... dov’eri finita? Hai passato la notte fuori camera».

   «Sono stata chiamata a colloquio dalla Direttrice Vanth» rispose Delara, con voce asettica quanto quella del computer.

   «Ah... e di che avete parlato?» chiese l’Aenar con un groppo in gola. Stava torturando un cubetto vegetale con la forchetta, senza mai portarlo alla bocca.

   «Del mio futuro nella Sezione 31» disse la Betazoide, sedendo rigida.

   «Credevo che volessi tornare a casa per fare la maestrina o qualcosa del genere» azzardò Neelah.

   «Come tu stessa mi hai fatto notare, sarebbe uno spreco di talento» rispose rigidamente Delara. «La Direttrice Vanth mi ha aperto gli occhi. La Sezione 31 ci ha addestrate per uno scopo. Le nostre capacità devono porsi al servizio della Federazione. Prima non lo capivo, ma ora è tutto chiaro».

   «Quindi... non tornerai su Betazed?» chiese Neelah. Era una domanda idiota, a quel punto, ma l’Aenar non trovava di meglio che fare la finta tonta.

   «No» rispose Delara, senza traccia di rimpianto. «Ho già firmato l’impegno per diventare Agente Operativo. Naturalmente il resto dell’addestramento non avverrà qui. Non so dove mi manderanno, ma non importa».

   «Tu hai firmato per diventare Agente Operativo» ripeté Neelah, fissandola allibita. Sperava che da un momento all’altro Delara scoppiasse a ridere e le dicesse che era tutto uno scherzo... uno stupido scherzo d’addio. Quanto l’avrebbe voluto!

   Ma la Betazoide sembrava aver dimenticato cosa fosse l’umorismo. «Sì, esatto» rispose. «Spero vivamente che farai altrettanto, Neelah. Saresti un elemento prezioso per la Sezione 31». Da quando si era seduta non aveva ancora sbattuto gli occhi.

   «E cosa devo alla Sezione 31?» rispose Neelah, reprimendo la collera.

   «Tutto. Tu e io le dobbiamo tutto» rispose Delara a bassa voce. «I nostri poteri mentali superiori al normale ci rendevano delle disadattate. La Sezione 31 ci ha dato una casa, un’istruzione e – cosa più importante – uno scopo. Ormai è diventata la nostra famiglia. Non credi che si debba fare tutto, per la famiglia?».

   Neelah cercò di sondare la mente della Betazoide, per capire l’entità del danno e come intervenire per rimediare, ma si scontrò con un muro invalicabile. Davanti a lei c’era un’estranea. Si chinò in avanti, accostandosi a Delara, e le sussurrò la sua risposta all’orecchio. «Io non ho famiglia» sibilò con voce velenosa. «A me non serve una famiglia».

   Scambiò un’ultima occhiata torva con l’ex compagna di stanza, fredda come una statua, e si ritiro. Quella sera, tornata in camera, scoprì che la roba di Delara era sparita. Il computer le confermò che la festa d’addio era stata annullata e che la ragazza se n’era già andata con un trasporto. La destinazione era riservata.

   «Ancora una settimana e sarò fuori da questa gabbia di matti» si disse Neelah, raggomitolandosi nelle coperte. Mai come allora le era mancato il disordine della sua compagna di stanza. Persino il suo russare le sarebbe giunto gradito, in quel momento.

 

   Nei giorni successivi, Neelah vide avvicinarsi il suo compleanno non più con trepidazione, ma con ansia. Aveva visto Delara stravolgersi dall’oggi al domani, dopo che la Direttrice le aveva fatto scattare il condizionamento mentale. Non poteva fare a meno di chiedersi quanti altri, dei loro compagni di scuola, avessero subìto lo stesso trattamento. Di certo non tutti. Nel corso degli anni, Neelah aveva visto molti compagni scegliere di non restare con la Sezione 31. La maggior parte degli studenti abbandonava per sempre l’organizzazione, andando a farsi una vita dove meglio credeva. Questo la faceva ben sperare per sé. D’altra parte, non era realistico che un servizio segreto condizionasse così tanti dei suoi membri. Inoltre non tutti gli Agenti Operativi della Sezione 31 venivano dalla “scuola per dotati”. La stragrande maggioranza non aveva poteri telepatici ed era reclutata tramite canali tradizionali.

   Questa era una magra consolazione per Neelah, visto che lei era lì. C’era stata per dodici anni, e anche se non aveva legato granché con insegnanti e compagni, non era nemmeno rimasta con i sensi sempre all’erta. Soprattutto nei primi tempi, quand’era una bambina piccola, era stata vulnerabile. Non poteva sapere se le avevano nascosto qualcosa nel cervello, prima che diventasse abbastanza grande da alzare le sue barriere. Così, giorno dopo giorno, la sua inquietudine crebbe. L’unica consolazione era che, avendo preso coscienza della trappola, poteva cercare di opporsi. Se ne aveva la forza.

   L’Aenar non poteva nemmeno confidare le sue angosce, perché dopo quel che aveva sentito dalla bocca della Direttrice non si fidava di nessuno. Poteva contare solo su se stessa. Così si concentrò al massimo sul suo obiettivo, uscire da lì, cercando di rafforzare la sua determinazione. Mise in atto tutte le tecniche che conosceva per proteggersi la mente dalle influenze esterne.

   Venne la vigilia del suo compleanno. Neelah non avrebbe mai immaginato di trascorrerla in un simile stato d’animo. La sera stava meditando nella sua camera – grigia e spoglia, dopo la partenza di Delara – quando la voce del computer la fece sobbalzare.

   «La studentessa Neelah è desiderata nell’ufficio della Direttrice per un colloquio» disse la voce senz’anima.

   «Ci siamo» pensò l’albina, osservandosi all’olo-specchio. Si chiese se la mattina dopo sarebbe stata ancora se stessa. Non c’era che un modo per scoprirlo, pensò deglutendo. Uscì dalla cameretta e si avviò tremante verso l’ufficio della Direttrice, come un agnello al macello.

 

   La mattina dopo, i compagni di corso di Neelah non la videro a colazione. Sapendo che era il suo compleanno, con ciò che comportava a livello burocratico, non se ne dettero pena. Fu solo dopo pranzo che l’Aenar apparve nella sala ricreativa, dov’erano riuniti in molti.

   C’era indubbiamente qualcosa di diverso in lei. Che cosa fosse, i compagni lo capirono solo quando aprì bocca. «Salve, ragazzi!» esordì con un’aria baldanzosa del tutto insolita per lei. «Vengo a dirvi che io me ne vado. Le mie cose sono già imballate. Lascerò il pianeta entro sera».

   «Hai accettato di diventare Agente Operativo, come Delara?» chiese Dave, un po’ preoccupato dal modo in cui sparivano le ragazze.

   «Che?! Neanche per sogno!» esclamò Neelah. «Non ho firmato nessun contratto-capestro, io. Perciò sono libera come l’aria. Ora vado su Denobula ad approfondire gli studi di nanotecnologia. Ho chiuso con la Sezione 31!». A quel punto fu chiaro a tutti in cos’era cambiata. Aveva una nuova sicurezza, una nuova fiducia in se stessa, che traspariva dalla voce come dallo sguardo. In lei c’era la soddisfazione di chi ha superato una prova, uscendone più forte.

   «Caspita... temevo che saresti restata» fischiò Dave.

   «Ho detto a tutti che non l’avrei fatto».

   «Molti di quelli che lo dicono cambiano idea all’ultimo momento» borbottò il giovane.

   «Peggio per loro. Io non cambio idea dall’oggi al domani» rispose Neelah con fierezza.

   «Ma dicci di più. Com’è andata? Che ha detto la Direttrice?» insisté Dave, accostandosi.

   «Ha cercato di convincermi a restare, naturalmente» ammise l’Aenar. «Ha sfoggiato i classici ricatti psicologici, dal “non puoi lasciarci dopo tutto quel che abbiamo fatto per te” al “noi siamo la tua famiglia”. Ma io ho tenuto duro, mi sono imposta. E indovina un po’? La vecchia megera non aveva niente per trattenermi. Niente! A parte una dannata clausola del vecchio contratto, che per qualche acrobazia burocratica è ancora in vigore. In pratica la Sezione 31 potrebbe richiamarmi come “consulente esterna”, in caso d’emergenza. Spero che non succeda mai. Ho i miei studi, e una vita da vivere» disse con arroganza.

   «Hai ben poca gratitudine per chi si è curato di te in questi anni» disse un giovane Ulliano, facendosi avanti. «Come hai ben poca lealtà per la Flotta» aggiunse duramente.

   Quest’accusa fece ribollire il sangue di Neelah. Preferiva essere un’ingrata, ma di sua spontanea volontà, piuttosto che coltivare una fede cieca imposta da qualcun altro. Era decisa a lasciare la Sezione 31 già da tempo. Ma dopo aver origliato quella conversazione tra la Direttrice e Sheev, aveva capito di doversene andare soprattutto per dimostrare a se stessa che non era stata influenzata. Si avvicinò all’Ulliano. «Mi sono presa ciò che mi serviva e ora levo le tende» sibilò. «Consiglio a tutti voi di fare altrettanto. La Sezione 31 non è quella madre amorevole che credete. Vuole semplicemente usarci per i nostri poteri. Beh, io credo che chi ha poteri non dovrebbe stare al servizio di chi non li ha!».

   «Wow, oggi sei una tigre!» disse Dave, ammirato. «Quindi vai su Denobula... in che zona, di preciso?».

   «Non ti darò il mio nuovo indirizzo, se è questo che chiedi» avvertì Neelah. «Scusa, ma non sei il mio tipo».

   «Oh, beh... buona fortuna coi tuoi studi» mormorò il ragazzo, deluso.

   «Non montarti troppo la testa» disse però l’Ulliano. «Stai voltando le spalle a qualcosa di grandioso; un giorno potresti pentirtene». Neelah si accorse che, a parte Dave, gli studenti mostravano ostilità nei suoi confronti. Poco male; stava per lasciarseli tutti alle spalle.

   «Pensala come vuoi, ma resta il fatto che ora sono libera, a differenza di voi» disse Neelah, osservando gli ex compagni. Quand’era cieca e debole l’avevano sempre maltrattata; ora si aspettavano che tenesse a loro? «Glielo farò vedere, quanto ci tengo» pensò l’Aenar. Girò sui tacchi e uscì a grandi passi dalla sala ricreativa. «Addio, branco di perdenti!» esclamò, alzando la mano in un gestaccio. La porta si richiuse alle sue spalle, separandola dal suo passato. Adesso non le restava che il futuro.

   Entro sera, Neelah caricò le sue poche cose sulla nave trasporto e lasciò Tantalus V, il luogo della sua infanzia e della sua adolescenza. Si augurò di non rivederlo mai più. La sua strada portava a Denobula e poi forse alla Terra. Solo un rimpianto l’assalì, quando vide il globo grigio-bruno di Tantalus che rimpiccioliva. Delara. Non sapeva dove fosse finita, né che le stessero facendo. «Inutile darmi pena... probabilmente non la vedrò mai più» si disse, lasciando l’oblò per tornare in cabina. Si augurò che fosse così. Perché se l’avesse rivista, Delara non sarebbe più stata la sua compagna di stanza, ma un Agente Operativo della Sezione 31.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Star Trek / Vai alla pagina dell'autore: Parmandil