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Autore: Parmandil    13/01/2019    1 recensioni
La Guerra delle Anomalie si tinge di giallo quando l’Enterprise incontra dei misteri che s’intrecciano alla confluenza dello spazio federale, Klingon e Romulano.
Quale segreto si cela dietro la ridente colonia Galatea, passata indenne attraverso secoli di conflitti? Cosa vuole realmente Delara, l’amica d’infanzia di Neelah, riemersa da un passato che la dottoressa preferirebbe dimenticare? Quali trame si celano dietro il sorprendente esito della Battaglia di Carraya? Fin dove si spinge l’influenza della Sezione 31, il famigerato servizio segreto federale? Ma soprattutto, di chi ci si può realmente fidare? Le domande non sono mai state così tante e le risposte potrebbero essere devastanti.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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-Capitolo 5: ...estremi rimedi

 

   Era Vrelik.

   «Capitano, io ho indubbiamente i miei difetti» disse il Trill, facendosi avanti con un sorriso spigliato, «ma nessuno mi ha mai accusato d’essere un cattivo ospite».

   «No? Eppure dicono che l’ospite è come il pesce... dopo tre giorni puzza» rispose Chase sardonico. «Lei non doveva sbarcare ad Acamar? Eppure è ancora qui. Cosa l’ha trattenuta?».

   «Volevo sapere come sarebbe finita l’evacuazione di Galatea» si giustificò subito Vrelik. «Certo non mi aspettavo un esito così infausto. Le mie condoglianze, Capitano. Forse si sente in colpa, ma non deve. I Galateani si sono scavati la fossa da soli».

   «E lei l’ha scavata ai Krenim, senza nemmeno sporcarsi le mani» ribatté brusco Chase.

   «Capitano, lo scherzo è durato abbastanza» disse Vrelik. «Ora comincia a diventare grottesco». Fece per andarsene, ma Chase era fra lui e l’uscita. Per forza di cose dovette passargli a fianco. Il Capitano gli calò la mano meccanica sulla spalla, trattenendolo.

   «Che ci fa qui dentro, Vrelik? Credevo che Neelah le avesse concesso quell’intervista già da un pezzo».

   «Il mio pubblico è così entusiasta che ne ha chieste altre e la dottoressa è stata così gentile da acconsentire» spiegò il giornalista.

   «Dice la verità, lascialo andare!» esortò Neelah, preoccupata dalla strana piega degli eventi.

   «Eppure finora lei ha pubblicato solo un trafiletto» obiettò Chase. «Che strano... eppure qualcosa deve aver fatto, in tutto il tempo che ha passato qui con Neelah».

   «Capitano, la credevo una persona evoluta. Questa scenata proprio non le si addice» disse Vrelik, con aria ferita. «Le giuro sul mio onore che il rapporto fra me e Neelah è puramente professionale».

   «E io le credo» disse Chase a sorpresa, lasciandolo andare. «Purtroppo la sua professione non è il giornalismo. Dico bene... Agente Operativo?». Il Capitano indietreggiò, per mantenersi fra il Trill e l’uscita.

   «Lei ha perso la ragione» disse Vrelik, con lo sgomento in volto. «In queste condizioni non può dirigere l’astronave. Informerò il Comandante Dax, perché le subentri nel comando».

   «Lasci Ilia fuori da questa storia... se l’è già lavorata abbastanza, approfittando della vostra pseudo-parentela» disse Chase, implacabile.

   «Alexander, stai delirando!» gemette Neelah, sconcertata. «Come puoi credere che Vrelik lavori per la Sezione 31?».

   «Beh, sappiamo con certezza che una spia a bordo c’è» rispose Chase. «È giunta da poco, con l’ordine di contagiare i Krenim di Carraya IV e d’andarsene subito dopo. Ma Delara era venuta sull’Enterprise per restarci. Il nostro amico Vrelik, invece, è qui solo per fare qualche intervista, dopo di che se ne andrà. Quella di giornalista è la copertura perfetta. Può ficcare il naso dove vuole e intervistare chiunque. Ha avuto accesso persino al tuo laboratorio, che di solito è off-limits per gli estranei».

   «E queste sarebbero prove? Capitano, dovrà fare meglio di così!» esclamò il Trill, sprezzante.

   «Ci sto arrivando» rispose Chase, imperturbabile. «Vede, c’erano alcune domande che mi ronzavano in testa. Come ha fatto Delara a contrabbandare l’Agente 47 a bordo? Come ha contagiato Cormak senza farsi notare? E soprattutto, perché non ha distrutto la siringa – la prova che l’ha inchiodata – subito dopo?».

   «E quale fantasiose risposte si è dato?» chiese Vrelik.

   «Tanto per cominciare, mi sono detto che il modo più logico di procedere non era portarsi dietro l’Agente 47» spiegò il Capitano. «Era molto più facile portarsi la ricetta – nascosta nei suoi file di giornalista – e sintetizzare il virus qui a bordo, sfruttando le strutture mediche. Non quelle dell’infermeria, certo: parlo di queste» disse, indicando le attrezzature di Neelah.

   «Se Vrelik avesse sintetizzato un virus letale nel mio laboratorio, io me ne sarei accorta!» protestò l’Aenar.

   «Non l’ha sintetizzato lui» disse Chase, sconcertandola ancora. «Vedi, dobbiamo smettere di pensare che il colpevole sia uno solo. In realtà sono due. C’è il mandante, chiamiamolo così... e l’esecutrice. Quest’ultima è un’Agente in Sonno della Sezione 31, che può essere riattivata con poche parole-chiave».

   «Fammi capire» disse Neelah, passeggiando nervosamente avanti e indietro. «La Sezione 31 ha mandato Vrelik con la ricetta del virus. Gli ha dato la falsa identità di giornalista per permettergli di aggirarsi indisturbato sulla nave e parlare con tutti. Una volta qui, Vrelik ha riattivato Delara e l’ha costretta a sintetizzare il virus... nel mio laboratorio» aggiunse, incredula. «E poi cos’è successo? Delara ha contagiato Cormak in infermeria?».

   «No, è solo per un caso fortuito che si sono trovati nella stessa stanza» spiegò il Capitano. «Nemmeno la Sezione 31 poteva immaginare che Lantora avrebbe designato proprio Delara alla sorveglianza dei Krenim feriti».

   «E allora com’è avvenuto il contagio?» chiese l’Aenar.

   «Capitano, la sua teoria fa acqua da tutte le parti!» sbottò Vrelik. «Delara non ha avuto altre occasioni di accostarsi a Cormak. Io l’ho intervistato, è vero... ma siamo sempre rimasti separati da un campo di forza».

   «Infatti, questo è il punto che non mi spiegavo» convenne Chase. «Ma l’ipospray nell’alloggio di Delara era stato chiaramente piazzato lì per incriminarla. Considerando il suo passato nella Sezione 31 e le sue condizioni mentali precarie, i sospetti erano già tutti su di lei. In realtà, Delara non è mai stata riattivata. Lei se n’è servito come di un comodo parafulmine, per stornare i sospetti dalla vera colpevole!» accusò.

   «Afferma che ci sia un terzo agente della Sezione 31 a bordo?» chiese Vrelik, ormai oltre lo stupore.

   «Sappiamo entrambi che c’è» rispose il Capitano con la massima tranquillità.

   «E chi sarebbe?!» esclamò Neelah, sempre più sconcertata.

   «La tua mente rifiuta di comprendere» disse Chase, fissandola serissimo. L’Aenar vide qualcosa nel suo sguardo... paura. Paura per lei. Se ne sentì contagiare, anche se non sapeva perché. Il Capitano la fissò per qualche secondo, assorto. Poi le fece una domanda all’apparenza slegata: «Neelah, tu conosci la designazione di Delara su Tantalus V?».

   «Ma che c’entra?» chiese la dottoressa, confusa da quel saltare di palo in frasca.

   «Rispondi, per favore».

   «Te l’ho detto... Soggetto 379».

   «Sbagliato: è Soggetto 378!» disse Chase, come se questa fosse la prova decisiva.

   «Tu come lo sai?».

   «Poco fa ho chiesto a T’Vala di effettuare una Fusione Mentale con Delara» spiegò il Capitano. «Povera donna... la sua mente è torturata come poche. Serviranno anni di terapia per rimetterla in sesto. Ma a dispetto dei blocchi mentali, che nemmeno la Fusione riusciva a schiudere, Delara ha ricordato un dettaglio. La sua designazione su Tantalus era Soggetto 378».

   «Ti dico che è impossibile... era il Soggetto 379» insisté l’Aenar.

   «Come lo sai, tu?».

   «Perché ho ascoltato la Direttrice che ne parlava con Sheev».

   «So che hai una memoria fotografica, Neelah. Devo chiederti di ripetere le esatte parole che udisti allora».

   «Ma sono passati tanti anni... okay, ci provo» cedette Neelah, vedendo la preoccupazione di Chase. Chiuse gli occhi e piegò le antenne, sforzandosi di ricordare. «Sheev disse che aveva letto la scheda del Soggetto 379, una ragazza promettente che stava per lasciare la scuola. Ordinò alla Direttrice Vanth di farla restare. Allora la Direttrice rispose qualcosa come “non c’è problema, l’abbiamo preparata per anni. È un eccellente soggetto, estremamente ricettiva al trattamento subliminale. Quando abbiamo superato la resistenza iniziale si è rivelata del tutto malleabile. Abbiamo fatto un lavoro di fino, sarà un’ottima Agente Operativa”».

   «Agente Operativa? Non dissero solo Agente?» suggerì Chase.

   «Ora che mi ci fai pensare, sì... dissero solo Agente. Che differenza fa?» chiese Neelah, riaprendo gli occhi.

   «Moltissima. Loro non parlavano di un’Agente Operativa, ma di un’Agente in Sonno» rivelò il Capitano. «Quella sera tu ascoltasti le loro parole, ma non capisti a chi si riferivano. Loro non parlavano affatto di Delara».

   «Come no?! Parlavano di una studentessa che stava per lasciarli!» esclamò Neelah, agitatissima.

   «Appunto» disse Chase, fissandola addolorato. «Neelah, hai un’intelligenza straordinaria. Possibile che tu non veda ancora la realtà? Il Soggetto 379... quello così malleabile... non è Delara. Sei tu».

 

   Tre persone si fronteggiavano nel laboratorio freddo e semibuio. Due di loro erano Agenti della Sezione 31. Il terzo era un Capitano della Flotta Stellare.

   «Capitano, lei ha costruito un assurdo castello di carte» disse Vrelik in tono misurato. «La mente di Delara dev’essere un pandemonio. Non può cavarne fuori un numero e dire che è la prova d’un complotto».

   «Sono una telepate addestrata; nessuno controlla la mia mente» aggiunse Neelah con fierezza.

   «Addestrata da chi? È stata la Sezione 31 ad allevarti» obiettò Chase. «Dimmi, hai mai usato i tuoi poteri per sondare i loro Agenti?».

   «N-no, mai» ammise l’Aenar di malavoglia.

   «Perché no? Una curiosona come te!» ironizzò Chase. «Neelah, la Sezione 31 studiava voi telepati, ma vi temeva anche. Così vi ha presi da bambini e vi ha fatto il lavaggio del cervello, per accertarsi che non usaste i vostri poteri contro di essa. E ti sei mai chiesta come mai sei così brava nella lotta corpo a corpo? Due anni fa hai messo KO la T’Vala dello Specchio, una combattente abile quanto spietata. È il segno che la Sezione 31 ti ha preparata a lottare!». La voce di Chase era andata alzandosi, ma quando il Capitano riprese fiato scese di tono. «Ho temuto per te già quando mi dicesti che avevano condizionato Delara, senza renderti conto che potevi aver subìto un trattamento analogo. La differenza tra voi è che, la sera del tuo diciottesimo compleanno, la Sezione 31 decise di non far scattare il condizionamento».

   «Perché no?» chiese l’Aenar.

   «Delara voleva tornare su Betazed per fare la maestrina!» rispose con foga il Capitano. «Se l’avesse fatto, la Sezione 31 non avrebbe potuto usarla per niente di utile. Anni di fatiche e addestramento sarebbero andati in fumo. Così la fece scattare, per tenerla come Agente Operativo. Anni dopo, però, Delara fallì miseramente una missione e fu espulsa. La Sezione 31 non l’ha più riattivata, accontentandosi d’usarla come capro espiatorio in questa faccenda.

   Tu sei tutt’altro discorso. A diciott’anni eri già una brillante mente scientifica, esperta d’ingegneria genetica e nanotecnologie. Saresti certamente finita in posti interessanti, con incarichi di responsabilità. Così la Sezione 31 preferì tenerti come Agente in Sonno, pronta a riattivarti in ogni momento. Basta qualche parola chiave per farti svolgere gli incarichi, che poi dimentichi. Naturalmente ciò significa che un Agente Operativo deve fornirti le istruzioni».

   Chase si rivolse a Vrelik, senza più nascondere la collera. «Il giorno stesso del suo arrivo sull’Enterprise, lei ha ottenuto un’intervista da Neelah. Vi siete dati appuntamento proprio in questo laboratorio. Un laboratorio che è una vera fortezza, tra l’altro... mi chiedo se anche qui non ci sia lo zampino della Sezione 31» aggiunse, osservando il tetro stanzone. «Comunque, lei si è fatto accogliere da Neelah con la scusa dell’intervista. Appena dentro l’ha messa in trance e le ha dato istruzioni. Le ha fornito la ricetta del virus e Neelah l’ha sintetizzato. Le ha detto di recarsi in infermeria con una scusa e contagiare un prigioniero. Neelah ha fatto anche questo. Infine, come ciliegina sulla torta, uno di voi due ha nascosto l’ipospray compromettente nell’alloggio di Delara, sapendo che l’avremmo ritrovato. Ecco fatto... i Krenim sono morti e Delara è in attesa della corte marziale. Avete sfruttato per bene il vostro Agente in Sonno e avete trovato un’utilità anche per l’altra, quella che vi aveva deluso» concluse il Capitano, applaudendo beffardo.

   «Vrelik?!» chiese Neelah, fissando il Trill con sguardo omicida. Questi se ne stava con le mani in tasca e guardava dappertutto, tranne che verso gli altri due.

   «Se vuoi sapere la verità, Neelah, sonda la sua mente» disse Chase con pacatezza. «Non ci riesci? È naturale. Lui è della Sezione 31. E tu sei condizionata per non leggere quelli della Sezione 31».

   Neelah si torse le antenne, nello sforzo disperato di leggere la mente del Trill. Ma era tutto inutile, non ci riusciva. Anzi, peggio ancora... non voleva.

   «Va bene, Capitano, mi arrendo!» sorrise Vrelik, alzando un attimo le mani nella parodia di una resa. «Ottimo detective... è lei che avremmo dovuto reclutare. Ora calmiamo gli animi, visto che siamo tutti dalla stessa parte».

   «Io e lei non abbiamo niente in comune» ringhiò Chase.

   «Però il mio lavoro le ha fatto comodo!» insorse Vrelik. «Se non avessi diffuso il morbo fra i Krenim, avreste salvato i prigionieri di Carraya? Certo che no! Sarebbero ancora nei campi di concentramento. Avreste distrutto le navi da guerra? Niente affatto. E soprattutto, avreste eliminato tutte le catapulte subspaziali? Anche qui, mi conceda di dubitarne» disse con un sorriso sprezzante. «Eravate in pochi, vi avrebbero fatti a pezzi. Se non fosse stato per me, i Krenim avrebbero ancora la supremazia tattica. Invece, grazie al mio piccolo intervento, le sorti della guerra girano contro di loro. La loro lotta nel Quadrante Beta si fa difficile, i Klingon lanceranno una massiccia controffensiva. E l’opportunismo dei Tuteriani, che stanno già impadronendosi di Carraya, obbligherà i Krenim a farsi qualche domanda sul loro ruolo in questa guerra. A conti fatti, Capitano, lei dovrebbe ringraziarmi. Ho fatto i tre quarti del suo lavoro. E le ho lasciato il 100% della gloria».

   «Non c’è gloria nel massacrare i civili con armi biologiche» ribatté Chase. «Le fa Vosk, queste porcate».

   «Questo è il motivo per cui Vosk sta vincendo!» gridò Vrelik, preso da una collera subitanea. «Non vede, Capitano? Dietro l’uniforme luccicante della Flotta Stellare c’è sempre stata la Sezione 31. Noi facciamo quello che nessun altro osa fare. Viviamo nell’ombra perché possiate godervi la luce. Ci sporchiamo le mani di sangue perché le vostre restino pulite. Non è che ci piaccia; ma se non lo facciamo noi, non lo fa nessun altro. E paghiamo il nostro tributo di sangue» aggiunse, gesticolando animato. «Dall’inizio della guerra, gran parte delle nostre basi sono state distrutte dal Fronte. Vosk in persona si è presentato a Tantalus V con la sua nave ammiraglia e ha spaccato in due il pianeta. Abbiamo persino dovuto rivelare la nostra base di ricerca temporale su Plutone, dopo l’attacco al sistema solare». Vrelik prese fiato e si accostò a Chase, parlando con più calma: «Quindi non venga a dirmi che siamo i cattivi. Noi combattiamo e moriamo per il bene della Federazione, proprio come voi. Mi spiace che a volte qualche innocente ci vada di mezzo, ma anche lei ha preso decisioni difficili. Ognuno fa la sua parte. Io ho fatto la mia. E ora che la missione è compiuta, me ne vado. Addio, Capitano» disse, cercando di sgattaiolare verso l’uscita. Ma Chase si frappose nuovamente.

   «Che ne sarà di Delara?» chiese l’Umano.

   «Anche lei è una vittima di guerra. Almeno vivrà» rispose il Trill.

   «E Neelah?».

   «Starà bene».

   «Fino alla prossima volta che vi servirete di lei» obiettò Chase. «È vero, tutti fanno la loro parte, nella Flotta come nella Sezione 31. Ma Neelah aveva scelto di starne fuori. Però voi non l’avete accettato, così le avete messo i vostri legacci. Ora che conosce la realtà, sarà tormentata per sempre dai rimorsi. Lei... ma perché ne parlo come se non ci fosse?» si corresse il Capitano. «Neelah, dimmelo tu. Che devo fare con questo... Agente Operativo?».

   «Devi arrestarlo» disse Neelah con sguardo iroso. «Costringilo a testimoniare al processo. Così Delara sarà scagionata e dietro le sbarre ci andrà lui».

   «Ottima idea» convenne Chase.

   «Voi non vi rendete conto...» disse Vrelik, passando lo sguardo dall’uno all’altra. «Non potete trattenermi».

   «Perché no?» fece Neelah, fissandolo come se volesse farlo a pezzi con le sue mani.

   «Perché ho un nuovo incarico» rivelò l’Agente. «Capitano, lei si domandava perché non sono sceso su Acamar. In fondo la mia missione è terminata. Invece mi sono trattenuto. Perché crede che l’abbia fatto?».

   «Dopo la Battaglia di Carraya, avrà interrogato di nuovo Neelah per sistemare qualche dettaglio» rispose Chase con lentezza. «E quindi ha scoperto che...» lasciò in sospeso.

   «No!» gridò l’Aenar, portandosi una mano alla testa. «Era il mio segreto più importante!».

   «Tu non hai segreti per la tua famiglia» sorrise Vrelik. «Quel Tox Uthat sembra un’arma portentosa. Mi chiedo che effetto avrà sulle Sfere dei Tuteriani. Anche se fallisse, potremmo sempre usarlo nel modo tradizionale. Far esplodere le stelle, eh? Sembra un buon deterrente contro il Fronte. Perché dovrebbe conquistare i nostri sistemi, se poi resta con un pugno di polvere? Perché dovrebbe sfidarci, se possiamo annientare i suoi sistemi in un batter d’occhio?» chiese, leccandosi le labbra.

   «Tu non metterai le mani sul Tox Uthat!» ringhiò l’Aenar. «Ho giurato a Kal Dano di distruggerlo, piuttosto che farlo cadere in mani sbagliate».

   «La decisione non spetta a te» la rintuzzò Vrelik con leggerezza. «La prima volta che ne abbiamo parlato mi hai fornito la traccia quantica del Tox Uthat. E poco fa mi hai dato i piani del sensore temporale di Grenk. Con queste due cose, la Sezione 31 può cercare l’arma dentro e fuori lo spazio romulano. Altro che le vostre ridicole sonde! Noi garantiremo che nessun’altra fazione delle Guerra Temporale s’impadronisca dell’Uthat. Né i Vorgon, né Vosk, né quel fantomatico Tizio del Futuro».

   «E come crede di consegnare quei dati alla Sezione 31?» chiese il Capitano. «Finché si trova sull’Enterprise, lei è in trappola».

   «Finché si trova in questo laboratorio, lei è in trappola» ribatté Vrelik con un sorriso sinistro. Toccò un comando su un pannello e subito un campo di forza si attivò, dividendo Chase dagli altri due.

   «Capitano a Sicurezza, venite subito nel laboratorio di Neelah» ordinò Chase, premendosi il comunicatore. Non ebbe risposta. «Capitano a Terry, emergenza. Mi senti?» chiese, con un orribile presentimento.

   «Non sprechi il fiato, Chase. Questo laboratorio blocca le trasmissioni» rivelò Vrelik. «E io ho bloccato la porta» aggiunse, vedendo che l’Umano cercava di uscire nel corridoio.

   Il Capitano si girò come un leone in gabbia. Era bloccato fra l’ingresso del laboratorio, sigillato, e il campo di forza. Neelah si trovava dall’altra parte della barriera... con Vrelik.

   «Ti libero io, Alexander» disse l’Aenar, marciando verso il pannello di controllo, ma il Trill la intercettò.

   «Calma, Soggetto 379! Non ho ancora finito con te» le disse, sollevando l’indice.

   «E io non ho nemmeno iniziato, con te!» sibilò la dottoressa. Gli afferrò il braccio e glielo piegò dietro la schiena, in procinto di spezzarglielo. «Ti piace il mio laboratorio? Io lo trovo un po’ sporco. Vediamo se migliora, strofinandoci la tua faccia!». Costrinse l’Agente a piegarsi fino a terra.

   «Ouch! Calma, Neelah... sappiamo tutti che non puoi farmi davvero del male» ridacchiò Vrelik, anche se dall’espressione si sarebbe detto che soffriva. «Credi che ti abbiamo condizionata solo su Tantalus? Sciocchina! Quando la Sezione 31 ti richiamò su Plutone, per quella faccenda dei Parassiti Neurali, ne approfittò per rinfrescarti la memoria».

   «Che?!» ringhiò Neelah, voltandolo per vederlo in faccia.

   «Certo, dovevamo assicurarci che dopo tanti anni rispondessi ancora al trattamento. E indovina un po’? Sei stata di nuovo un successo completo!» sorrise Vrelik.

   «Cerca di minare la tua autostima» l’avvertì Chase. «Non ascoltarlo. Mettilo subito KO!».

   «Credi di essere salita spontaneamente su questa nave?» proseguì Vrelik, implacabile. «Non volevi neanche saperne, di Chase! Fu il Direttore Sheev a dirti la parolina magica, proprio sotto al naso del Capitano, e tu obbedisti. Sei qui solo perché noi l’abbiamo voluto».

   «No, no!» gemette Neelah. Lo lasciò andare e barcollò all’indietro, con la testa fra le mani.

   «Sì, invece» disse Vrelik, rialzandosi. «Sei sempre stata una nostra creatura. Come sai che anche la tua relazione col Capitano non è frutto di un nostro ordine?» ammiccò, muovendo il braccio per riavviare la circolazione.

   Dietro il campo di forza, Chase si sentì mancare. Ricordava perfettamente il primo incontro con Neelah, nel laboratorio su Plutone. Ricordava come l’Aenar fosse acida e sprezzante, finché il direttore Sheev aveva detto quella parola, itoat. Chase pensava che fosse un’imprecazione. Invece era un comando. Solo dopo averla udita Neelah aveva accettato d’imbarcarsi sull’Enterprise.

   «Maledetti... mi avete piazzata dove volevate, e poi mi avete usata per sterminare una colonia!» si disperò Neelah.

   «Non dolertene» disse Vrelik con voce dolce e comprensiva. «Sbarazzarci dei Krenim era indispensabile per far capire al Fronte che l’Unione è determinata a sopravvivere. Vedi, la giustizia è equilibrio. Loro distruggono i nostri mondi come se niente fosse. Devono capire che rischiano lo stesso. Se il messaggio di Carraya non basterà, sono certo che il Tox Uthat glielo farà capire».

   «Occhio per occhio, dente per dente» commentò Chase da dietro il campo di forza.

   «Io direi piuttosto: a mali estremi, estremi rimedi» corresse Vrelik.

   «Se non siamo migliori del Fronte, per cosa combattiamo?» insisté il Capitano.

   «Per la vita, tanto per cominciare. E per tutto quello che bene o male riusciamo a infilarci dentro» rispose il Trill senza scomporsi. «Ma basta parlare, si è fatto tardi. Io devo andare».

   «Ho ordinato ai miei ufficiali di non far uscire nessuno dall’Enterprise e di bloccare ogni trasmissione» avvertì Chase.

   «Ora darà ordini contrari» disse Vrelik. «Lasci perdere le trasmissioni... non mi sarei azzardato a inviare messaggi così importanti nel subspazio. Consegnerò i dati di persona, così leverò anche il disturbo» disse, mostrando un’unità di memoria che aveva in tasca. Conteneva indubbiamente il progetto del sensore temporale e la traccia quantica dell’Uthat, i due elementi indispensabili per trovarlo.

   «Tu non vai da nessuna parte!» ringhiò l’Aenar. Balzò verso una consolle e aprì un comparto segreto, estraendone un phaser. Lo puntò dritto al petto di Vrelik.

   «No!» gridò Chase, presagendo il peggio. «Stordiscilo con le mani e abbassa il campo di forza, ma lascia stare le armi. Potrebbe...».

   «Tranquillo, Alexander. Ora lo controllo io, il gioco» disse Neelah. Si avvicinò a Vrelik, tenendolo sotto tiro. Ma lui continuava a sorridere, come se fosse tutta una ragazzata. La biologa aggrottò la fronte e strinse i denti, nello sforzo disperato di premere il grilletto. Ma le dita sembravano diventate di marmo. Contrasse i muscoli, ma niente: non riusciva a muovere l’indice, sebbene tremasse da capo a piedi per lo sforzo.

   «Avanti, Neelah... spara, se ne sei capace» disse dolcemente il Trill. «Non puoi, vero? Certo che no. Come non hai potuto spezzarmi il braccio, prima. Come non puoi leggermi la mente. Nel profondo del cuore, sai che sono un tuo collega... un tuo superiore. E ai superiori non si spara. Ai superiori si obbedisce».

   «Viscido pezzo di...».

   «Sssshhhh, sssshhhh» fece Vrelik, avvicinandosi senza alcun timore del phaser. «Va tutto bene... tutto sta andando come deve. Ora ascoltami attentamente. Itoat» disse in tono di comando. Neelah lo fissò con occhi spiritati.

   «Dannazione, non ascoltarlo!» ruggì Chase. «Mettiti le dita nelle orecchie, se devi, ma non ascoltarlo!».

   «Buono, Capitano. Non vede che sto lavorando?» fece Vrelik, sollevando il palmo per esortarlo a tacere. L’attimo dopo aveva dimenticato Chase ed era tutto concentrato su Neelah. «Ascoltami, ti dico. Concentrati sulla mia voce. Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!» disse tutto d’un fiato.

   L’effetto fu immediato, come se l’Agente avesse premuto un interruttore nel cervello di Neelah. Le braccia dell’Aenar ricaddero lungo i fianchi. La presa venne meno e il phaser le scivolò dalle dita, cadendo a terra. Le palpebre calarono e la testa le ciondolò in avanti, con le antenne abbassate. Sembrava che dormisse in piedi.

   «Bravissima» sorrise Vrelik. Le prese delicatamente le spalle e cominciò a farla oscillare come un metronomo. «Tranquilla, andrà tutto bene. Sei con la tua famiglia» disse con voce profonda. «Ora rilassati e svuota la mente. Fai respiri profondi... così, lenti e regolari. Inspira... ed espira. Molto brava. Lasciati andare... abbandona i dispiaceri... e fidati della tua famiglia...» cantilenò.

   L’espressione di Neelah, prima sofferente, si rasserenò. Il suo respiro si regolarizzò, facendosi lento e profondo, come se dormisse. Tutta la postura si rilassò. Ogni parola del Trill aveva un effetto immediato ed evidente su di lei.

   «Adesso che sei tranquilla e sicura, puoi ricordare tutto» proseguì Vrelik con voce suadente. «Ricorda le tue sedute. Ricorda le tue terapie. Ricorda chi sei veramente, Soggetto 379. Sì... ora ricordi tutto con chiarezza. Sei pronta a riprendere servizio?».

   A queste parole Neelah rialzò il capo e anche le antenne. Inspirò a fondo e aprì gli occhi: erano spalancati, con le pupille contratte, e non sbattevano mai. «Soggetto 379 pronto a servire. Quali sono gli ordini?» chiese con voce innaturalmente calma.

   «Raccogli il phaser» disse Vrelik. Neelah eseguì con gesti lenti e fluidi, poi si fermò, in attesa di ulteriori input.

   «Che c’è, vuol prendermi in ostaggio?» chiese il Capitano, non ancora rassegnato alla brutta piega degli eventi. «Voi due non riuscirete nemmeno ad avvicinarvi a un hangar. Quando l’equipaggio vedrà che mi tenete sotto tiro, sarete circondati da squadre della Sicurezza. E Terry teletrasporterà via il phaser».

   «Io non voglio prenderla in ostaggio» disse Vrelik con calma. «Soggetto 379, regola il phaser su uccisione».

   Neelah armeggiò con i controlli dell’arma e Chase non dubitò che avesse eseguito l’ordine. Guardò Vrelik stralunato.

   «Ah ah, tranquillo, Capitano!» ridacchiò il Trill. «Non la ucciderei mai. Lei è troppo prezioso per la Flotta Stellare. Deve restare al comando di questa nave, così ci darà altre vittorie. Neelah, d’altro canto... potrei sacrificarla, per l’Uthat» aggiunse, osservando l’Aenar. «Mia cara, ora voglio che ti punti il phaser alla tempia».

   Senza la minima esitazione, Neelah si puntò l’arma regolata per uccidere. I suoi occhi rimanevano inespressivi, le labbra semiaperte.

   «Cosa crede di fare, Vrelik?» chiese il Capitano, allarmato da quella svolta inattesa.

   «Tra poco potrei chiederti di premere il grilletto, Soggetto 379» disse dolcemente il Trill, ignorando l’Umano. «Tu che farai, in quel caso?».

   «Premerò il grilletto» rispose l’Aenar con voce atona.

   «Bravissima. Lo premerai subito, vero? Senza un secondo di ritardo» la istruì Vrelik.

   «Senza ritardo...» ripeté Neelah, trasognata.

   «Disse quella che controllava il gioco!» ridacchiò il Trill. «Non coglie l’ironia, Capitano? La sua amichetta possiede poteri mentali che io manco mi sogno. È più forte, più veloce, più resistente di me. Devo ammettere che è anche più intelligente. Tuttavia... sono io che reggo i fili!» sottolineò, passeggiando davanti al campo di forza.

   «Lei è pazzo... dove vuole arrivare?» chiese l’Umano.

   «A una navetta. Ora le spiego come funziona il gioco» disse Vrelik, con una scintilla di divertimento negli occhi. «Abbasserò il campo di forza e ripristinerò le comunicazioni col resto della nave. Lei ordinerà al suo equipaggio di lasciar andare me e Neelah, per ragioni riservate. Se dirà qualcosa di diverso... o se avrò il sospetto che stia dando istruzioni in codice... ordinerò a Neelah di uccidersi. E lei obbedirà, ne stia certo. Vero che obbedirai?».

   «Vero...» confermò l’Aenar, tranquillissima.

   «Dopo di che, Capitano, la stordiremo e la chiuderemo qui da qualche parte» riprese Vrelik, guardandosi attorno. «Quando i suoi ufficiali la troveranno, saremo già lontani. Un balzo a cavitazione quantica e nemmeno l’Enterprise potrà rintracciarci. Così saremo tutti felici e contenti. La Sezione 31 potrà cercare l’Uthat. Neelah sarà finalmente un Agente Operativo. E lei, beh... la Galassia è grande. Si trovi una donna meno problematica».

   «Avrà la sua navetta, ma lasci qui Neelah» disse Chase, trafiggendolo con lo sguardo.

   «Sigh... non afferra che questa non è una trattativa» disse Vrelik, sconsolato. «Neelah non può restare sull’Enterprise, lo capisce? Ormai è bruciata, come Agente in Sonno. Quando me ne andrò, l’affiderà ai suoi medici perché la deprogrammino. Così noi perderemo il suo splendido cervello» disse, sfiorando la guancia dell’Aenar. «Se la porto con me, invece, sarà ancora utile alla Sezione 31. Anche se è bruciata nella Flotta, ci sono missioni sotto copertura per cui andrà benissimo. E tu sei impaziente di servire, vero?».

   «Sì, impaziente...» confermò Neelah. Chase tremò nel vedere che si puntava ancora il phaser alla tempia. La minima contrazione del dito avrebbe fatto partire il colpo mortale.

   «Ottimo» disse Vrelik, fregandosi le mani. «Ora, Capitano, stia bene attento. Sto per abbassare il campo di forza e ridarle la comunicazione. A quel punto lei che farà? Su, lo dica... non abbiamo tutto il giorno!» esortò.

   «Ordinerò di farvi andare con una navetta. Tutti e due» disse Chase, odiandosi per ogni sillaba che gli usciva dalle labbra.

   «Bravissimo, vede che anche lei conosce i suoi doveri?» applaudì Vrelik, deliziato. «Poi si farà un bel sonnellino, mentre noi ce ne andiamo. Coraggio, si va in scena!». Si recò alla consolle e disattivò il campo di forza, mentre Neelah continuava a puntarsi il phaser alla testa.

   Con gesto rallentato, Chase si portò la mano al comunicatore. «Capitano a plancia» disse.

   «Sì, signore?» rispose Terry.

   Chase ebbe la fortissima tentazione di avvertirla con una delle parole concordate per casi del genere. Il guaio era che Vrelik, come Agente della Sezione 31, le conosceva. Finché teneva Neelah sotto scacco, Chase non se la sentiva di rischiare. «La situazione è cambiata» disse con voce incolore. «La dottoressa Neelah deve recarsi immediatamente su Acamar. Già che c’è, porterà Vrelik con sé. Date loro una navetta e non fategli perdere tempo. Io devo trattenermi ancora un po’ nel laboratorio... poi vi spiegherò».

   «Ne è certo, signore?» chiese Terry con una traccia di preoccupazione. «Ci aveva ordinato di non far uscire nessuno».

   «E ora vi do nuovi ordini» disse Chase, sotto lo sguardo divertito di Vrelik. «È di vitale importanza che facciate come ho detto, mi sono spiegato?».

   «Sì, signore» cedette Terry. «Prepariamo subito la navetta. Neelah e Vrelik possono prenderla quando vogliono. Plancia, chiudo». Se aveva fiutato la trappola, non si era azzardata a farla scattare.

   «Ammiro i suoi ufficiali» disse il Trill. «Fanno quel che gli dice senza tante storie. Devono rispettarla molto».

   «Finiamola, Vrelik» disse Chase, tagliente. «Le faccia abbassare l’arma».

   «Tutto a suo tempo» avvertì l’Agente. «Soggetto 379, punta il phaser contro il Capitano e regolalo su stordimento». Neelah eseguì anche questo comando. «Ora dimmi... dove possiamo rinchiuderlo, perché non ci dia fastidio per un po’?» chiese il Trill.

   «Ho dei campi di contenimento... e la cella frigorifera» rispose l’Aenar.

   «Vada per la cella, così ci metteranno di più a trovarlo» decise Vrelik. «Si muova, Capitano».

   Tenuto sotto tiro, Chase dovette andare nella stanza di destra, dov’erano custoditi vari campioni. Neelah lo seguiva a breve distanza, col phaser spianato, e Vrelik chiudeva la fila. Chase camminò adagio, per guadagnare qualche secondo.

   «Ascoltami, Neelah. So che ci sei ancora, che puoi sentirmi. Non devi fare come dice lui. Non è né la tua famiglia, né il tuo superiore. Si sta solo approfittando di te. Sai che è vero» disse il Capitano, con voce lenta e chiara.

   «Ci risparmi il monologo zuccheroso» fece Vrelik, esasperato. «Il Soggetto 379 ascolta solo me. La sua lealtà alla Sezione 31 è indiscutibile, vero?».

   «Indiscutibile...» confermò Neelah, per nulla toccata dalle parole di Chase. Erano già arrivati alla cella frigorifera. Si trattava di uno stanzino alto abbastanza da starvi in piedi, ingombro d’inquietanti resti biologici, interi o a pezzi. Vrelik aprì il portello, mentre Neelah sorvegliava Chase. Furono investiti da un’ondata di gelo.

   «Diceva di non volermi uccidere» notò il Capitano. «Là dentro morirò in pochi minuti».

   «Non se prima equalizziamo la temperatura» spiegò Vrelik, strappandogli il comunicatore con gesto svelto. Andò ai comandi della cella e disattivò il refrigeratore. Con la porta aperta, la temperatura prese subito ad aumentare. Entro pochi minuti sarebbe diventata tollerabile.

   «Ti sta controllando, Neelah» disse ancora Chase. «Combattilo... come hai combattuto il Parassita Neurale. So che hai la forza di liberarti».

   «Sigh... perché insiste?» si chiese Vrelik. «Il Parassita Neurale era un organismo alieno che controllava forzosamente il suo sistema nervoso. Le nanosonde di Neelah non ci hanno messo molto a ucciderlo. Ma stavolta non c’è alcun corpo estraneo da aggredire. È solo la mente di Neelah che è fatta così. Nessuno dei suoi potenziamenti può aiutarla».

   «Per quanto la influenzi, non può cambiare la sua natura profonda» obiettò il Capitano.

   «E sarebbe? Una sociopatica narcisista?» ridacchiò Vrelik.

   «No. Neelah, io ti conosco meglio di lui» disse Chase, rivolgendosi direttamente all’interessata. «So che in fondo – molto in fondo – ti preoccupi per le persone. Sei diventata una dottoressa per curare le malattie e i difetti genetici. Volevi migliorare la vita della gente. Ma la Sezione 31 ti ha fatto uccidere degli innocenti. E se gli darai il Tox Uthat ne ucciderà molti di più. So per certo che non lo vuoi» disse con fermezza.

   Neelah aggrottò la fronte. I suoi occhi si socchiusero e le pupille si dilatarono, mostrando una scintilla di riconoscimento. «N-no, io non voglio... uccidere gli innocenti...» disse con un filo di voce.

   «Non ci sono innocenti nel Fronte!» la zittì Vrelik. «Anche i civili Krenim sapevano di occupare le terre strappate a qualcun altro. Hanno dormito nei letti ancora caldi dei proprietari, che intanto morivano nei campi di lavoro. Perciò mi aiuterai a respingerli, Soggetto 379. Itoat!» strepitò.

   Neelah rialzò subito il mento, come se avesse ricevuto una sferzata. La sua fronte si spianò e gli occhi azzurri tornarono vitrei, con le pupille ridotte a capocchie di spillo. La presa sul phaser si rinsaldò. Passato l’attimo d’esitazione, era di nuovo sotto il pieno controllo dell’Agente.

   Chase si morse la lingua, sapendo che restava pochissimo tempo. La cella frigorifera si stava riscaldando, presto lo avrebbero chiuso dentro. A quel punto non li avrebbe fermati più nessuno. «Neelah, so che hai le tue... direttive» disse con difficoltà. «Ma ora sei chiamata a disobbedire per un bene più grande. Ricorda cos’ha fatto Karen Mallory pochi giorni fa. Era un ologramma con direttive implacabili, eppure ha trovato la forza di opporsi... perché sapeva che era la cosa giusta».

   «E guardi com’è finita!» ribatté Vrelik. «Ha ottenuto solo di distruggersi. E non è nemmeno riuscita a salvare gli altri Galateani. Il suo sacrificio è stato vano. È questo che vuole per Neelah?».

   «Karen Mallory non è morta inutilmente» obiettò Chase. «Ha salvato tutti noi, evitando una battaglia fra navi dell’Unione. Ha salvato anche lei, Vrelik. E poi, Neelah non è un ologramma». Si rivolse di nuovo all’Aenar. «Puoi sconfiggere le direttive e sopravvivere. Devi solo volerlo. Pensa a quante vite puoi salvare, ribellandoti a questo verme».

   «Basta così, la cella è abbastanza calda» constatò Vrelik, avvicinandosi al Capitano. «Spara, Soggetto 379. Poi ficcalo dentro e chiudi il portello».

   «Sii te stessa, Neelah. Non ti chiedo altro» disse Chase, fissandola intensamente.

   «Spara, ho detto!» ordinò Vrelik, seccato da quella breve esitazione. Lui e Chase si fronteggiavano davanti alla cella frigorifera. Neelah stava più indietro e un poco di lato, con il phaser puntato. Vrelik non poteva vederla, ma Chase sì. Con sguardo vacuo, l’Aenar prese la mira e fece fuoco.

 

   Chase e Vrelik s’irrigidirono entrambi, udendo il ronzio del phaser. Per un attimo si fissarono con odio. Poi uno dei due si accasciò, sotto lo sguardo dell’altro.

   «Ordine eseguito, signore» disse Neelah con voce strascicata. «Ma avresti dovuto ripetermi fino all’ultimo a chi dovevo sparare». Si accostò al corpo riverso di Vrelik e lo voltò con un calcio, per vederlo in faccia. «Se penso che ti sono stata a sentire...» mormorò, fissandolo con sconfinato disgusto.

   Accanto a lei, Chase dovette appoggiarsi un attimo alla paratia per riprendersi. Era quasi certo che Neelah l’avrebbe colpito. Passato lo shock, abbracciò stretta l’Aenar. «Sei di nuovo tu?» le chiese.

   «Credo di sì» rispose Neelah. Posò il phaser su una mensola vicina e ricambiò l’abbraccio con trasporto. «In un certo senso non me ne sono mai andata, ma ero come... sommersa. Volevo fare una cosa, ma il mio corpo ne faceva un’altra. Era orribile».

   «Non sono mai stato tanto spaventato in vita mia» confessò Chase. Considerando quel che aveva passato nel corso degli anni, non era un’affermazione da poco. Si baciarono e poi si staccarono quel tanto che bastava da guardarsi negli occhi, pur restando abbracciati.

   «Mi spiace d’averti spaventato... non sapevo cosa mi avesse fatto la Sezione 31, fino a poco fa» spiegò Neelah. «Ma ora ricordo tutto».

   «Cosa ricordi?».

   «Le sedute di condizionamento, su Tantalus e su Plutone. I loro sporchi trucchi. Mi chiedo cos’altro mi abbiano ficcato in testa... e se riusciranno ancora a controllarmi con qualche parola» si avvilì l’Aenar.

   «Chiederemo ai nostri dottori di darti una ripulita» disse Chase, incoraggiante. «Hai già fatto i primi passi, i più importanti. Ti sei ribellata a un ordine e hai recuperato la memoria. Ci sono terapie che ti aiuteranno a disfarti anche del resto».

   «E che sarà di... noi?» chiese Neelah, angosciata.

   «Ne abbiamo già passate. Supereremo anche questa» sospirò Chase, carezzandola tra collo e guancia.

   «M-ma come faccio a sapere se quello che sento per te...» gemette l’Aenar. Lacrime cocenti le solcarono il viso.

   «Temi che sia impiantato anche quello?» s’incupì il Capitano. «Da parte mia ti amo, e questo non cambierà. Da parte tua... solo tu puoi saperlo. Solo tu puoi decidere cosa fare, d’ora in poi».

   «Ricordo i loro ordini. La nostra relazione non era tra quelli» disse Neelah, tirando su col naso. «Spero solo di ricordare tutto. E comunque... quel che provo ora è autentico. Io vorrei continuare... se per te va bene. Altrimenti capirò. Chi vorrebbe questo disastro di fidanzata?».

   «Io, lo voglio. E smettila di svalutarti» consigliò Chase.

   «Devo farlo» disse Neelah. «Sono sempre stata così arrogante... credevo di essere la mente più forte su questa nave. Invece...».

   «Tu sei forte. Sei la prima che ha vinto il condizionamento della Sezione 31 da chissà quanto. Credo che questo ti renda ufficialmente la più tosta della Galassia» scherzò Chase, asciugandole le lacrime. Quando sentì che si era un po’ ripresa, la lasciò e andò a perquisire Vrelik. Gli ci vollero pochi secondi per trovare l’unità di memoria con i dati rubati. «Questa ce la riprendiamo... nessun altro cercherà l’Uthat» commentò, mettendosela in tasca. Recuperò anche il comunicatore.

   «Groan...» gemette il Trill, cominciando già a riaversi.

   Chase recuperò subito il phaser e lo prese di mira. «Buongiorno, Vrelik. La informo che il gioco è cambiato. Non è più lei che fa le regole».

   «Aspetti a dirlo» mugugnò l’Agente. Si massaggiò le gambe, cercando di rialzarsi. «Questo è solo un incidente di percorso. Con una parolina posso obbligare Neelah a ucciderla, Capitano. O a uccidere se stessa!» minacciò, il viso distorto in una smorfia.

   «Davvero?» chiese Neelah, avvicinandosi. Vrelik sorrise, sicuro di sé, e per un attimo Chase temette che riuscisse ancora a controllarla. Ma l’Aenar afferrò il Trill per la gola e lo sollevò di peso, lasciandolo a sgambettare a mezz’aria. «Dimmi, “signore”... come farai a pronunciare quella parolina, se non riesci nemmeno a respirare?» sibilò Neelah. Rafforzò la stretta, costringendo Vrelik ad annaspare in cerca d’aria.

   «Piano... ricorda che ci serve vivo, per scagionare Delara» le ricordò Chase.

   «Non l’ho dimenticato. Voglio solo divertirmi un po’» spiegò Neelah, godendosi i rantoli di Vrelik.

   «Dopo il processo, magari» suggerì il Capitano.

   «E sia!». La dottoressa scaraventò l’Agente dritto nella cella frigorifera, mandandolo ad atterrare malamente sui campioni biologici. Prima che si rialzasse lo chiuse dentro, sigillando bene il portello. La sua mano corse subito ai comandi del freezer. «Facciamo venti gradi sottozero?» propose.

   «Sotto il punto di congelamento sarebbe tortura» le ricordò Chase.

   «Dieci sottozero... per non danneggiare i miei campioni» mercanteggiò l’Aenar.

   «Okay, tanto non ci resterà a lungo» acconsentì il Capitano. Si premette il comunicatore. «Chase a Sicurezza, voglio subito una squadra nel laboratorio di Neelah» ordinò.

   «Capitano, sta bene?» rispose la voce preoccupata di Lantora. «Quegli ordini di prima ci hanno fatto temere che fosse in pericolo».

   «Lo ero, ma ora è risolto» spiegò Chase. Passò un braccio attorno alle spalle della partner, scambiando un sorriso incoraggiante. «Piuttosto, dica a Ilia di venire. Ho una brutta notizia per lei» aggiunse, tornando a incupirsi mentre osservava la cella frigorifera.

 

   Ilia ascoltò l’accaduto in un silenzio composto, ma era chiaro che soffriva in ogni fibra. Quando Chase terminò le spiegazioni, sospirò dolorosamente. «Che intende fare con la spia?» chiese, rifiutando persino di nominare il “nipote”.

   «Porteremo Vrelik ad Acamar, per il processo» rispose il Capitano. «Così Delara sarà del tutto scagionata».

   «E lei, Neelah?» chiese Ilia, angustiata.

   L’Aenar tenne gli occhi bassi, incerta su quanto l’aspettava.

   «Non eri in te, quando hai contagiato Cormak» disse Chase, cingendola ancora con il braccio. «Te la caverai. Io testimonierò a tuo favore. Sarà la Sezione 31 a finire nei casini».

   «Speriamo!» ringhiò Lantora, aprendo finalmente la cella frigorifera. Vrelik ne uscì tutto intirizzito e subito si trovò circondato da guardie coi phaser spianati.

   «Scortate il signor Vrelik in una cella di massima sicurezza» ordinò Chase. «E liberate immediatamente il Guardiamarina Livras».

   «Con piacere» disse Lantora, puntando il phaser alla schiena del Trill. «Muoviti!» abbaiò.

   Con passo strascicato, Vrelik si diresse verso l’uscita. Quando passò accanto a Ilia si fermò un attimo e alzò gli occhi su di lei. «Guarda cosa fanno a tuo nipote, solo perché ha servito la Flotta Stellare!» disse nel tono di chi subisce un’orribile ingiustizia.

   «Tu non sei mio nipote» rispose Ilia, fissandolo con durezza. «E non hai servito la Flotta».

   Lantora tamburellò il phaser contro la schiena di Vrelik, perché ripartisse. Il Trill sospirò e passò avanti, con l’aria di un martire. «Siamo in guerra, Capitano» disse quando fu sulla soglia. «Nessuno di noi ne uscirà con le mani pulite».

   «Almeno decideremo noi cosa fare» rispose il Capitano.

   Quando la Sicurezza si fu allontanata con il prigioniero, Ilia rimase sola con Chase e Neelah. «Ci dà un minuto, signore?» chiese la Trill.

   «Certo» annuì Chase, recandosi nella sala principale del laboratorio.

   Fra Ilia e Neelah cadde un silenzio imbarazzato. Fissavano il pavimento, senza che nessuna delle due si decidesse a parlare.

   «Mi spiace» disse infine la Trill. «Ero così accecata dalla gioia di avere Vrelik a bordo che non ho badato a cosa faceva».

   «Non è colpa sua. Vrelik è stato abile a nascondere le sue mosse» rispose Neelah. «Nessuno poteva sospettare chi fosse realmente».

   «Credevo di conoscerlo» disse Ilia con voce incrinata. «Quella di giornalista non era una copertura temporanea. Sono anni che leggo i suoi articoli. Chissà se era lui a scriverli o se glieli passava qualcun altro. Nel seguire la sua carriera mi sentivo una sorta di... zia orgogliosa, o di cugina. Ricordo anche quand’era piccolo, nella mia vita passata. Se avessi immaginato...». Scosse la testa, avvilita.

   «Era il vostro segreto di famiglia» commentò Neelah. «Le famiglie dei Trill Uniti devono essere molto complicate».

   «Beh, lui è parente di Martis, non mio» si consolò Ilia. «Devo smetterla d’identificarmi con gli Ospiti passati e di attaccarmi alle loro famiglie. Ormai la mia famiglia è qui, sull’Enterprise. E lei ne fa parte» assicurò, guardandola finalmente negli occhi. «Quindi, se le servisse qualcosa, non esiti a chiedere. Sarò dalla sua» promise.

   «Grazie, davvero. Ma non credo che mi serva nulla» rispose Neelah con modestia, prima di ritirarsi.

   Rimasta sola, Ilia riuscì a sorridere. Ora capiva perché, con tutte le possibilità che c’erano a bordo, il Capitano si era legato proprio alla dottoressa. C’era davvero del buono, sotto il ghiaccio di Andoria.

 

   L’Enterprise era di nuovo nell’orbita di Acamar, per sbrigare le ultime faccende prima di lasciare il settore. A qualche anno luce di distanza, i sistemi di Carraya e Galatea erano ormai invasi dalle anomalie, che facevano avvizzire i mondi abbandonati. In compenso i Krenim avevano smesso di espandersi in tutto il Quadrante Beta. Privati di un cospicuo numero di catapulte subspaziali, erano costretti a fortificare le loro postazioni, in attesa della controffensiva Klingon. Il Federal News diede ampio risalto alla notizia.

   Il processo militare su Acamar, invece, si tenne a porte chiuse. Come suo solito, la Sezione 31 negò ogni coinvolgimento, pur non riuscendo a spiegare da dove venisse la variante dell’Agente 47. Ma le testimonianze di Chase, T’Vala e Neelah non potevano essere ignorate. Il giorno della sentenza, gli ufficiali superiori dell’Enterprise erano tutti nell’aula del tribunale.

   «Questa corte proscioglie il Guardiamarina Livras da tutti i capi d’accusa, in quanto estranea ai fatti» lesse il giudice. «La corte ritiene altresì che la dottoressa Neelah non fosse in grado d’intendere e di volere, nel momento in cui contagiò il Caporale Cormak. Come conferma la perizia psichiatrica del dottor Korris, la dottoressa aveva subìto un intenso e prolungato condizionamento mentale, riattivato con alcune parole chiave. La corte la proscioglie quindi dalle accuse, assegnandole una terapia di recupero sull’Enterprise».

   Chase e Neelah si scambiarono uno sguardo trionfante.

   «Nel caso del signor Vrelik, invece, la corte lo ritiene pienamente responsabile di tutti i capi d’accusa» riprese il giudice con severità. «Vrelik, lei è condannato all’ergastolo per cospirazione, manipolazione, attacco bio-terroristico e depistaggio. La condanna sarà scontata nella colonia penale di Jaros II. Le indagini proseguiranno per accertare la presenza, su Tantalus V, di una struttura illegale per il condizionamento e il reclutamento di agenti. Così è deciso, l’udienza è tolta» sentenziò il giudice, picchiando col martelletto.

   «Sarà difficile che trovino qualcosa su Tantalus» commentò più tardi Neelah, quando si riunì a Chase. «Vosk ha lasciato il pianeta in briciole».

   «Comunque è un bello scossone per la Sezione 31» rispose il Capitano. «Credo che Sheev ci penserà due volte, prima di tornare a romperci le scatole». Stavano scendendo a braccetto lungo la scalinata del tribunale.

   «Mi basta qualche mese» disse Neelah, truce. «Poi potrà dire le parole d’ordine che gli pare... potrà anche cantare e ballare... ma non m’impedirà di annodargli la spina dorsale!».

 

   «Sei certa di non voler restare?» chiese Neelah, osservando Delara. La Betazoide era in abiti civili e portava una borsa a tracolla, con le sue poche cose. Era la loro ultima conversazione, in sala teletrasporto.

   «Più che certa» confermò Delara. «Anche se Vrelik non mi ha riattivata, un altro Agente Operativo potrebbe farlo in ogni momento. L’unico modo che ho per non far danni è stare lontana dalle astronavi e dall’azione. Inoltre ho ripensato alle parole del Comandante Dax. È vero, mi sento stanca di questa vita. Stanca di dover combattere ogni giorno, contro i nemici di fuori... o quelli di dentro» sospirò.

   «Il dottor Korris è molto bravo. Mi sta aiutando a superare... tutto questo» disse Neelah, indicandosi la tempia e tracciando un cerchietto con l’indice. «Può aiutare anche te».

   «Forse» disse Delara, malinconica. «Ma ho nostalgia di casa. È una vita che non vedo Betazed. Voglio rivedere il sole che tramonta nell’Oceano Thaxan. E soprattutto voglio rivedere la mia famiglia. Non so come mi accoglieranno, dopo tutto questo tempo, ma...». Si aggiustò i capelli, cercando di nascondere l’impianto neurale.

   «L’amore non guarda in faccia» rispose Neelah a bassa voce. «E tu ne meriti tanto, dopo quello che hai passato».

   «Grazie» sorrise Delara, confortata. «Ti dirò... ora che ho dato le dimissioni, mi sento già meglio. Come se mi avessero tolto un peso dal cuore. Anche se la guerra continua».

   «Non durerà per sempre. Prima o poi il Fronte cederà» disse Neelah, più come augurio che come valutazione. «Allora, cosa conti di fare su Betazed?».

   «Non lo so ancora» ammise Delara. «Chissà se c’è posto per un’insegnante un po’ deteriorata!» disse, ricordando il suo sogno adolescenziale. Lei e Neelah scoppiarono a ridere. Delara dovette portarsi una mano alla bocca per calmarsi. Da quant’era che non rideva! «Ora devo andare, il trasporto per Betazed sta per partire» disse quando si fu ripresa. Si aggiustò la tracolla della borsa, per evitare che le scivolasse dalla spalla.

   «Certo» fece Neelah, indietreggiando di un passo. «Fai buon viaggio».

   Delara aveva già un piede sulla pedana, quando ci ripensò e scese. «Ah, un’ultima cosa» disse, tutta seria.

   «Sì?».

   «Promettimi che resteremo in contatto, Ninì. Sul serio, stavolta!» disse, porgendole il mignolo.

   Neelah ci mise un attimo a ricordare quel gesto e quel soprannome. Un grande sorriso le illuminò il volto albino e subito incrociò il mignolo con quello di Delara. «Giuro sulle mie antenne che ci terremo in contatto, qualunque cosa accada... amica mia» disse con convinzione.

   Si strinsero con forza i mignoli; per un attimo fu come essere ancora diciottenni, emozionate per la nuova vita che si apriva loro innanzi. Poi Delara si ritirò e salì sulla pedana del teletrasporto. Con i capelli sciolti, l’impianto neurale non si notava quasi per niente. «Buona fortuna, Ninì».

   «Anche a te, Delara». Neelah osservò la sua amica dissolversi nel teletrasporto azzurro dell’Enterprise. Che strano, pensò. Quando aveva ritrovato Delara, l’aveva sentita più distante che mai. E ora che se n’era andata, non l’aveva mai sentita così vicina.

 

   «Itoat» disse il dottor Korris con voce chiara e forte.

   Neelah chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di resistere. Affondò le unghie nel materassino del bio-letto.

   «Non mi hai sentito, Soggetto 379? Ti ho detto di alzare il braccio destro. Itoat» ripeté paziente il medico, seduto accanto al lettino.

   «Urgh... non ne ho una gran voglia...» gemette Neelah. Stava contraendo tutti i muscoli del braccio: sia quelli flessori, sia quelli estensori. Di conseguenza l’arto tremava, ma ancora non si sollevava.

   «La tua volontà è irrilevante, ti ho dato un ordine. Solleva il braccio destro, subito» disse Korris, in un tono che non ammetteva repliche. «Itoat!» disse ancora, così seccamente da farla sobbalzare.

   «Col frell che lo sollevo!» ansimò Neelah, spalancando gli occhi. I muscoli si rilassarono e il braccio restò posato sul materasso.

   «Bene, stai facendo progressi» constatò Korris, soddisfatto. «Stavolta non l’hai alzato per niente. E a giudicare da quel che vedo qui, non hai avuto nessun intervallo d’amnesia» aggiunse, osservando le letture cerebrali sull’interfaccia accanto alla testata del letto.

   «Sta diventando più facile» disse Neelah, incoraggiata. «Fra poco potremo provare col codice 2».

   «Un passo alla volta. Prima ti liberiamo del tutto da questo comando, poi passiamo al prossimo» disse Korris con calma. «So che vuoi sempre bruciare le tappe, ma stavolta devi prenderti il tempo che serve. Non ci sono scorciatoie».

   «Okay, dottore» cedette Neelah. «Senti, se hai altro da fare... queste sedute posso svolgerle con qualcuno del tuo staff».

   «Preferisci qualcun altro?».

   «No, preferisco te!» assicurò l’Aenar. «Era solo per non farti perdere tempo».

   «Oh, tranquilla... i miei esperimenti col vaccino non cambieranno risultato, se gli stacco gli occhi per un’oretta al giorno» garantì Korris.

   «Beh, allora grazie. Per la tua presenza e per... la discrezione» aggiunse Neelah. Erano soli nella saletta: Korris non faceva entrare nessuno, durante le sedute, per non mettere l’Aenar a disagio.

   «Sono vecchio stile. Il rapporto di segretezza fra medico e paziente è sacro» sorrise Korris. «In realtà... questi incontri fanno bene anche a me» sospirò. «Mi tengono impegnato e mi fanno sentire ancora utile, dopo... dopo Karen».

   Neelah comprese che la morte di Karen Mallory era una ferita ancora aperta nell’animo del dottore. Forse non si sarebbe mai richiusa. «Mi spiace per la tua perdita» disse con sincerità. «Ma Karen sarebbe orgogliosa di vedere come ti batti contro l’Agente 47. Se qualcuno troverà la cura, sarai tu con la tua squadra».

   «Sarei ugualmente felice se fosse qualcun altro» disse Korris con semplicità. «Ma apprezzo le tue parole. Ora, visto che abbiamo ancora qualche minuto, che ne dici di un’altra prova? Potremmo controllare le reazioni più fini, come i movimenti oculari».

   «Per me va bene» disse Neelah, ma in quella entrò Chase.

   «Scusate, vi ho interrotto?» chiese il Capitano. «È che ho un aggiornamento importante...».

   «Qualcosa di riservato?» chiese Korris.

   «In effetti sì. Non fraintenda, dottore... ha la mia piena fiducia» assicurò Chase. «Ma non vorrei darle altri pensieri. Ne ha già abbastanza».

   «Va bene, vi lascio» acconsentì Korris, alzandosi. «Domani alla stessa ora, Neelah» raccomandò quando fu sulla porta. «Controlleremo i movimenti oculari e le reazioni pupillari».

   «Certo, a domani» annuì l’Aenar.

   Quando la porta si fu chiusa dietro al dottore, Chase sedette sulla sedia lasciata vuota. «Allora, come procede la terapia?».

   «Bene, penso. Ma la strada è lunga, mi sto ancora disintossicando dal primo comando» sospirò Neelah. «Almeno Korris è discreto. Allora, che volevi dirmi?» chiese, alzandosi a sedere sul lettino.

   «Buone notizie!» disse il Capitano, con lo sguardo delle grandi occasioni. «Ho parlato con l’Ammiraglio Nelscott. L’Enterprise costeggerà lo Stato Imperiale Romulano per disegnare la mappa aggiornata delle anomalie e tracciare gli spostamenti delle flotte Vorgon e Na’kuhl».

   «In altre circostanze ti direi che è una pessima missione... lunga e pericolosa» commentò l’Aenar. «Ma stando così le cose, è un’ottima copertura».

   «Sì, ci permetterà di disseminare le sonde» annuì Chase. «Terry ha preparato la griglia esplorativa e sta aiutando Grenk a costruirle. È un lavoraccio, sai. Bisogna ficcarci dentro un sacco di hardware: motori, occultamento, il sensore temporale e un’autodistruzione che scatti se qualcuno cerca d’impadronirsene. Il difficile è trovare la formula per costruire la prima, dopo di che sarà facile replicarle».

   «Speriamo che ne valga la pena» disse Neelah. «Dopo la fatica che hai fatto per salvare questo progetto dalla Sezione 31, pensa che beffa se non ci servisse a niente!».

   «Il tentativo va fatto, se non altro per metterci il cuore in pace» rispose il Capitano. «Se sarà un buco nell’acqua, pazienza. Ma se avremo successo... il Tox Uthat cambierà le sorti della guerra» affermò. Di lì a poco, l’Enterprise iniziò a costeggiare lo Stato Imperiale. Il suo lungo lavoro era appena cominciato.

 

 

FINE

 

 

   
 
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