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Autore: Axel Knaves    13/01/2019    0 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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[Attenzione]» Uso intenso di violenza e splatter « [Attenzione]


 

[18]» Attacchi a sorpresa e cioccolata calda «[18]

 

3rd POV

«Se non funzionasse?» Bisbigliò Tridel ad Helel, mentre i suoi occhi scuri erano fissi sull’angelo femmina nascosto a qualche metro da loro.
Helel chiuse gli occhi e si massaggiò il ponte del naso per trattenersi dall’urlare e dallo sbattere la testa contro al muro grezzo su cui era appoggiato.
Tre ore, tre ore che Tridel non chiedeva nient’altro. Per quanto il mezzo-demone fosse il suo migliore amico e suo fratello, Helel aveva voglia di ammazzarlo. Una voglia così forte neanche Bruto l’aveva provata nei confronti di Giulio Cesare.
«Se me lo chiedi un’altra volta ti giuro che ti ammazzo». Gli rispose con tono stizzito, cercando di tenere un tono basso, per non farsi scoprire.
Il volto di Tridel si deformò in un’espressione da finto offeso e si portò una mano al petto con fare da donna di mezz’età.
«Non oseresti».
Helel lo fissò senza dire nulla, alzando semplicemente un sopracciglio.
“Vogliamo provare?” Stava urlando in silenzio. Il mezzo-demone vedendo l’espressione del Diavolo, si rilassò un poco e gli regalò un sorriso sornione, un po’ ruffiano.
Magari Tridel stava esagerando, sapeva benissimo che il piano era stato progettato al millimetro, eppure l’idea della sua Mikael in prima fila insieme a loro, a combattere contro i demoni, lo metteva in ansia. Voleva la donna rinchiusa in una qualche stanza lontana da un qualsiasi pericolo.
Ovviamente non aveva dato voce alle sue preoccupazioni: conosceva estremamente bene la sua consorte e sapeva anche come chiederle di non partecipare a quella guerra sarebbe stato uguale a gettare benzina su un incendio. Non aveva certo nessuna voglia di morire per mano della sua amata.
Mikael era pur sempre il sacrosanto arcangelo Michele, l’angelo combattente, chiederle di non intervenire in quel piano era come chiedere a qualcuno di tagliarsi un piede.
Helel scosse la testa al sorriso offertogli dal fratello scarlatto e si guardò attorno, perlustrando la zona.
Dopo che Tridel aveva dato la notizia dell’arrivo dei demoni alle porte del Paradiso nella sala di guerra l’unico rumore udibile, per un buon quarto d’ora, era stato il respiro irregolare del demone e i palpiti irregolare dei cuori dei presenti.
Finalmente a distruggere il silenzio, e gli sguardi sgranati e sbarrati dei presenti, era stato un giovane mietitore: «Quattro comandanti cosa facciamo?» Aveva chiesto con tono strozzato e un’ovvia espressione di paura in volto.
Quella semplice domanda aveva fatto finalmente comprendere a tutti i rappresentati degli angeli e dei mietitori cosa stava davvero succedendo fuori da quella sala e ciò che era stato perso in quei giorni, mentre loro erano rimasti chiusi in quella sala a litigare come dei bambini piccoli. In un attimo tutti si voltarono verso Gavriel chiedendo come avrebbero dovuto agire.
Mentre Gavriel e Mikael, con l’aiuto di Tridel, iniziavano a progettare la loro prossima mossa, Helel aveva notato loro fratello minore avvicinarsi al giovane mietitore - una semplice recluta in addestramento come guardia, dal nome di Marvin - e lo ringraziarlo per aver fatto cambiare idea a tutti i presenti.
Il piano non ci aveva messo troppo ad essere completato soprattutto grazie ad Helel quando aveva deciso di aggiungersi alla discussione, seguito a ruota dal piccolo di famiglia. I mietitori e gli angeli, abituati a vedere i quattro angeli lavorare ognuno per conto suo, quasi si spaventarono a vedere con quale calma e risolutezza i cervelli dei quattri lavano perfettamente in sincrono, insieme a quello del mezzo-demone, per progettare un piano semplice, efficace e sanguinario.
Si spaventarono soprattutto quando compresero che per i quattro angeli e il mezzo-demone quello non era solo un piano di contrattacco, quel piano era la loro vendetta. Era stato proprio il Diavolo a pronunziare le parole: «Ogni demone che non seguirà il mio consiglio di ritirarsi sarà ucciso come se fosse niente di più che uno scarafaggio»
E così era stato.
Neanche dodici ore dopo che i demoni avevano fatto capolino nel primo cielo del Paradiso, Helel era apparso nel campo nemico a spiegare ai suoi demoni come Erezel li avesse ingannati sui fatti successi nei mesi precedenti, sottolineando come lui non fosse affatto sotto influenza divina. Infine aveva consegnato l’ultimatum deciso di dare dall’armata di angeli e di mietitori: se l’armata demoniaca non si fosse ritirata immediatamente, ridando agli angeli Purgatorio e Paradiso, ogni demone presente in Paradiso avrebbero perso la vita in modo agonizzante.
Erezel era diventato paonazzo ad ogni parola del Diavolo e la sua furia era aumentata ad ogni demone scappato all’inferno con un schiocco di dita, spaventato dalle minacce di morte del loro stesso leader. Tutti i demoni erano consapevoli di quanto potesse essere freddo e crudele il loro sovrano quando si trattava di traditori.
Il demone con un solo corno aveva tentato di attaccare direttamente Helel, ma il giovane dagli occhi bianchi era sparito un attimo prima che la spada di Erezel gli affondasse nel collo, con un sorriso beffardo dipinto in volto.
Erezel fece a se stesso la promessa di sventrare quel moccioso con le sue stesse mani appena l’avrebbe rivisto.
Gli angeli e i mietitori avevano così assistito all’avanzata dei demoni dall’ultimo cielo, senza muovere un muscolo. Dopo l’apparizione del Diavolo, i demoni rimasti, erano diventati molto più agitati e irrequieti; inoltre vi era da aggiungere l’assoluta assenza di angeli e mietitori lungo il loro passaggio.
Il fatto che non avevano più gruppi di guerrieri a contrastarli stava facendo scoppiare ancora di più i caratteri dei demoni: alcuni se ne andavano nella notte, altri iniziavano a picchiare un proprio compagno d’armi pur di picchiare qualcosa e altri ancora semplicemente si lasciavano logorare dal panico e dall’ansia che Helel potesse apparire insieme ai suoi tre fratelli e torturarli per l’eternità.
Erezel stava perdendo ogni controllo avuto fino a quel momento sul suo esercito, un attimo dopo l’altro, senza neanche accorgersene.
Ed era a questo che gli angeli e i mietitori avevano puntato: disorganizzare i demoni, diminuire il loro numero così da far diventare possibile un attacco diretto con i loro numero di soldati ed estinguere la minaccia in un’unica volta.
Gavriel aveva aspettato quattro giorni prima di attaccare. Insieme ai fratelli aveva accuratamente scelto il luogo migliore in cui tenere l’attacco: le porte dell’ultimo cielo dove i demoni avrebbero dovuto fermarsi, a causa della potente barriera protettiva a loro protezione. In questo modo i demoni avrebbero avuto un lato chiuso e l’armata divina avrebbe dovuto preoccuparsi di una via di fuga in meno.
«Sono qui». Tridel riportò alla realtà Helel.
Il Diavolo scosse un attimo la testa per ritrovare la concentrazione e poi posizionò lo sguardo su suo fratello maggiore rannicchiato accanto loro sorella. Helel poteva benissimo vedere come i muscoli di Gavriel e Mikael si stessero tendendo ogni secondo di più e ad ogni passo che si avvicinava.
Helel riportò un attimo lo sguardo su Tridel, il quale le nocche quasi bianche da quanto stringeva la propria spada.
«Mikael sa il fatto suo in battaglia», gli bisbigliò, «smettila di preoccuparti».
Tridel rilassò un attimo il pugno e sorrise beffardo, puntando gli occhi sulla donna.
«Lo so». Rispose al fratello e poi il suo sguardo venne incrociato da quello di Mikael, la quale gli fece il labbiale di: “Stai attento”. Il mezzo-demone non poté non sentire un calore immenso invadergli il petto a quel gesto di affetto.
I passi ormai erano dietro alle mura dove loro erano nascosti, gli schiamazzi dei soldati e l’accozzaglia delle armi coprivano ogni suono che gli angeli e i mietitori potessero creare; rendendoli ancora di più invisibili all’armata nemica.
«Erezel avevi promesso sangue di angeli sulle nostre armi ed armature!» Stava urlando una voce. «Ed invece non vediamo un angelo da ben quattro giorni!»
Gavriel, dopo essersi assicurato di comer tutti gli angeli fossero in posizione, azzardò e si alzò quel tanto per vedere cosa stesse accadendo dall’altra parte del muro.
Il gruppo di demoni, ormai metà della metà di quelli entrati in Paradiso qualche giorno prima, era proprio dove volevano gli angeli e sembrava che si fossero fermati per riprendere fiato. L’arcangelo in un attimo identificò Erezel - il corno rotto lo rendeva facile - e vide come il leader dell’orda demoniaca era alle prese con un soldato insubordinato.
«Invece di prendertela per certe stupidate dovresti tornare al tuo posto, soldato!» Urlò Erezel in faccia al demone, la sua concentrazione totalmente rivolta a lui. «Se non vediamo un angelo da quattro giorni ci sarà sicuramente un motivo e se ci facciamo trovare impreparati ci potrebbero anche distruggere!»
È ora! Avvisò mentalmente Gavriel a tutti i suoi soldati: quella era la loro occasione e di certo non avrebbe aspettato che Erezel riportasse alta la guardia dei suoi soldati. Attacchiamo!
Le urla di guerra degli angeli squarciarono l’aria e fecero sussultare i demoni che appena seduti a riposare, le armi a terra e non al loro fianco. I due squadroni guidati da Helel, Tridel, Gavriel e Mikael attaccarono il gruppo di demoni da destra e sinistra, prendendo totalmente di sorpresa i demoni.
Quando il ferro delle spade angeliche sbattè contro le armi demoniache, un gran numero di demoni era già caduto sotto la forza dell’armata divina. I demoni stanchi e spossati avevano risposto troppo lentamente e aveva dato agli angeli l’occasione per uccidere una buona parte di soldati senza troppe energie sprecate.
Erezel imprecò dopo aver ucciso un altro inutile angelo che aveva provato a farlo diventare uno spiedino di pollo. Questo attacco non ci voleva, non ora che era così vicino alla cima del Paradiso, non ora che la sua vendetta su Helel e sugli angeli era a un passo dall’essere portata a termine.
Ma Erezel si rese conto, inspirando l’aria inacidita dall’odore del sangue dei suoi stessi soldati, di come la battaglia sarebbe stata persa se non avesse fatto qualcosa immediatamente; avrebbe perso l’intera guerra in un’unica battaglia.
Con i denti stretti decise di utilizzare il suo piano di riserva.
«Ritirata!» Iniziò ad urlare mentre parava l'ennesimo affondo arrivato nella sua direzione. «Ritirata, maledizione!» Continuò ad urlare a suoi uomini.
Sentendo quelle parole Helel, intento a decapitare un demone, comprese di come era sua responsabilità concludere il piano da loro progettato.
Azrael ora! Ora! Ora! Urlò telepaticamente evitando una lancia nel ventre, entrando nella difesa del nemico per poi aprire in due il petto del demone che aveva cercato di ucciderlo.
In quel modo, quando i demoni si girarono per ritirarsi dalla battaglia trovarono la loro via di fuga bloccata da un’armata di mietitori capeggiati da Azrael stesso. I demoni più vicini all’angelo della morte sgranarono gli occhi mentre dei sudori freddi scendavano lungo le loro schiene, notando lo sguardo di odio e morte che l’angelo gli stava riservando.
«All’attacco!» Urlò il giovane angelo prima di correre verso i demoni, falce alla mano, con l’esercito  urlante al suo seguito.
Erezel, quando sentì il secondo urlo di battaglia tagliare l’area del Paradiso, iniziò a guardarsi intorno e vide come molti dei suoi avevano iniziato a sparire con uno schiocco di dita. In quel momento il diavolo da un corno comprese che ormai era troppo tardi, quella battaglia era stata persa: gli angeli erano stati bravi e li avevano giocati fino all’ultimo secondo, senza lasciare nulla al caso.
Eppure il demone non riusciva ad accettare di aver perso la guerra, non riusciva ad accettare che tutti quegli anni passati a farsi mettere i piedi in testa da un marmocchio divino avevano portato a nulla, non riusciva ad accettare di aver perso contro degli stupidi angeli.
L’uomo in rosso evitò un altro angelo, tagliandoli la testa di netto, e chiamò il suo beta.
«Malik!» Urlò e in un attimo il demone fu al suo fianco, coperto nel sangue del nemico.
«Ai vostri ordini sire». Disse il secondo demone.
«Concentra i tuoi attacchi sull’arcangelo Mikael!» Gli ordinò parando la falce di un mietitore, arrivato a lui. «Tridel correrà sicuramente in suo aiuto! Quando succederà abbatti Tridel, in questo modo toglieremo di mezzo metà del problema».
Malik trafisse il mietitore da fianco a fianco prima di portare la mano destra sul cuore. «Sì, mio signore».
In un battito di ciglia Malik non fu più di fronte ad Erezel. Il demone sorrise malignamente: se non fosse riuscito a vincere la guerra distruggendo l’armata divina, l’avrebbe vinta giocando sui legami che univano i comandanti dell’armata divina. Prima avrebbe distrutto Tridel, rendendo inerme la giovane Mikael e alterando Helel, così da far perdere al giovane ogni controllo, infine lo avrebbe colpito al cuore distruggendolo completamente.
Trovare la propria metà era un rischio per un angelo, la propria vita iniziava a dipendere da quella persona, letteralmente. Se la controparte moriva o veniva ferita gravemente l’angelo lo sentiva come se fosse successo a lui; e l’istinto lo avrebbe portato alla pazzia se non fosse accorso ad aiutarla.
Con uno schiocco di dita Erezel, all’insaputa di tutti, si meterializzò sulla terra dove risiedeva il suo asso nella manica.

EVA’S POV

Quella notte faceva più freddo del solito. Era stato una cosa quasi impossibile ma in ventiquattro ore le temperature erano diminuite di una decina di gradi - a dispetto delle previsione - e mi ero rifugiata, avvolta nel mio plaid preferito, davanti al camino acceso in salotto.
Ero raggomitolata sulla mia poltrona preferita, una tazza di cioccolata sul tavolino accanto a me e il libro compratomi da Azrael, durante il nostro primo e unico appuntamento, in mano.
Non sapevo come ci fosse riuscito ma avevo trovato la busta, con dentro il libro che avevo cercato di comprare quel pomeriggio, abbandonata accanto al divano un paio di ore dopo la dipartita degli angeli.
Non sto neanche a descrivere quante lacrime avevo versato a quella scoperta.
Fermai un attimo la lettura per stropicciarmi gli occhi e bere un goccio di cioccolata calda, ascoltando il crepitio della legna avvolta dalle fiamme.
Erano ormai passati cinque giorni da quando ero arrivata a casa dei miei genitori e, anche se non era stato uno dei più gioiosi, avevamo festeggiato il Natale tra risate, cibo e vino. Tanto vino.
Sfortuna mia che tenevo bene l’alcol e mi ero quasi dovuta scolare una bottiglia di vino da sola per diventare brilla. Serena al contrario con due bicchieri aveva iniziato a ridere come se non ci fosse un domani.
Aveva continuato a ridere anche durante il sonno! Era stato una scena così tanto epica per cui, seppur estremamente brilli, io e Davide eravamo stati in grado di farle un video ed inviarlo ai nostri cugini come regalo aggiuntivo di Natale.
Sorrisi a quel ricordo e al pensiero di quanto l’avremmo ricattata con quel singolo video.
«Ancora sveglia?» Chiese la voce di Davide alle mie spalle. Voltai il capo e lo trovai in piedi, quel tanto sveglio da rimanerci, che camminava verso il divano a sinistra della mia poltrona. Era vestito con un assurdo pigiama a due pezzi dai sfarzosi motivi natalizi. Era il regalo di Natale fatto e spedito da Zia Assunta per lui; faceva male agli occhi da quanto il verde acceso contrastava il rosso fiammante e le rifiniture oro.
Mamma l’aveva costretto a metterselo, per inviare la foto alla Zia e fornire il tempo a me di farne qualcuna per il futuro, ma alla fine Davide non aveva più avuto voglia di toglierselo e aveva finito per tenerselo addosso. Un pochino iniziava a puzzare, se dovevo essere sincera.
«Non riuscivo a dormire». Mentii sorseggiando la cioccolata calda. Un’ora prima, cioè alle 2 del mattino, mi ero svegliata dall’ennesimo incubo in un bagno di sudore e avevo compreso come quella notte non sarei più riuscita a dormire.
Avevo così deciso, dopo essermi fatta una doccia ed essermi cambiata nel pigiama di pile regalatomi da mia madre - Zia Assunta a me aveva regalato dei guanti verdi evidenziatore, come una buona cioccolata calda e un buon libro avrebbero fatto il trucco.
Davide, sdraiato a pancia in su sul divano, sbuffò irritato.
«Se credessi minimamente a quella idiozia, mi dovrebbero togliere il titolo di tuo fratello maggiore, ah!» Mi rispose, ovviamente non tanto contento della menzogna appena uscita dalle mie labbra. «Lo so che hai degli incubi, le nostre stanze sono adiacenti, stupida, sento quando ti svegli di soprassalto». Aggiunse con tono addolorato.
Puntai gli occhi nel fuoco e cercai di non pensare alle parole appena uscite dalla bocca di mio fratello o al tono con cui aveva parlato. Quello era il mio dolore da sopportare nella vita, mio fratello non avrebbe dovuto preoccuparsene così tanto. Non sarebbe stato giusto.
«Non ti preoccupare». Pigolai.
«Sei in ritardo di vent’anni per quello», mi fece notare lui, «ero preoccupato per la tua salute ancora prima della tua nascita».
Mi girai verso di lui e gli sorrisi affettuosamente, cercando di non dar peso al groppo in gola creatosi a quelle semplici parole.
«Tanto dici di non sopportarmi e poi guardarti, più dolce di un cioccolatino». Lo stuzzicai e potei vedere le sue guance diventare rosse alla luce del fuoco.
«Piantala piccoletta!» Esclamò lui mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.
Riddacchiai e tornai a contemplare le fiamme, con la tazza stretta in mano, ovviamente i pensieri incentrati su Azrael e su come stesse in quel momento. Stava bene? Ed Helele? Mikael, Tridel e Gavriel? Come stava andando la guerra? Erano feriti? Dormivano abbastanza?
Davide sospirò e riportò i miei pensieri al luogo in cui il mio corpo era. Mi voltai nuovamente verso di lui e vidi come ora era seduto, fissandomi seriamente.
Aggrottai le ciglia dubbiosa.
«Che c’è?» Gli chiesi.
«Non devi tenerti tutto dentro». Mi rispose lui. «So quanto Azrael ed Helel ti mancano, so anche quanto quei due avevano iniziato a contare molto nella tua vita e so persino come nessuno su questa terra potrà riempire il vuoto nel tuo cuore lasciato da Azrael - e ho quasi la sensazione di come lo stesso valga per Serena. Ma non devi tenere tutto dentro, sappiamo bene entrambi come non ti faccia bene il “non parlare”. Puoi parlarmi di qualsiasi cosa a qualsiasi ora, dovresti ormai saperlo benissimo».
«Grazie», dissi facendo un respiro profondo, «quando sarò in grado di poterne parlare con qualcun’altro sarai il primo da cui mi recherò».
Lui annuì con il capo, un sorriso soddisfatto sul viso, e si alzò. Quando fu accanto a me mi mise una mano sulla spalla.
«Prossima volta che hai un incubo vieni in camera mia e ti lascerò dormire con me». Promise e sentii nel profondo che se Davide non avesse smesso di parlare sarei scoppiata in un altro pianto isterico. Maledizione all’affetto di mio fratello nei miei confronti!
«Di cosa state parlando?» La voce assonnata di Serena fece scattare entrambe le nostre teste verso l'ingresso della sala. Lì stava Serena con il suo pigiama a braghe corte. Come facesse a non aver freddo era dato solo a lei conoscerlo.
«Che ci fai sveglia a quest’ora?» Chiese Davide con tono da mamma chioccia.
«Potrei fare la stessa domanda a voi». Controbattè lei. Davide scosse la testa mormorando qualcosa sulla mancanza di rispetto per gli anziani e io ridacchiai della sua reazione.
«Stavamo tornando a letto, vero?» Disse Davide, fissandomi. Appoggiando la tazza sul tavolino e prendendo il libro, mi alzai dalla poltrona.
«Vero». Concordai con mio fratello. Forse se dormivo con lui gli incubi non sarebbero tornati.
Serena annuì e poi si incamminò per le scale, facendoci strada.
Nell’esatto istante in cui misi il piede sul primo scalino, Davide e Serena di fronte a me, una ventata di aria congelata passò nel corridoio e bloccò tutti e tre sul posto.
Il cuore iniziò immediatamente a battere all’impazzata nel mio petto, mentre l’istinto mi diceva di correre il più lontano possibile e nascondermi il meglio possibile.
Deglutii lentamente prima di girarmi, con una lentezza non naturale, di centottanta gradi. Sentii il sangue gelarsi nelle vene quando gli occhi mi finirono su un essere dalla pelle rossa, fermo davanti alla nostra porta d’ingresso.
Un demone era in casa mia.
Mentre il cervello cercava di comprendere cosa significasse il tutto, il corpo si mise di fronte ai miei fratelli per fare loro da scudo. Cosa ci faceva lì? Significava che gli angeli avevano perso? No, ero sicura che Azrael fosse vivo ed ero sicura che anche Helel lo fosse, per cui non
potevano aver perso, allora cosa ci faceva in casa mia?

Lo studiai e subito mi sembrò esattamente come uno dei demoni che mi avevano già attaccato in precedenza - carnagione rossa scura, fisico ben formato, coda che spazzava il pavimento e occhi completamente neri - fu solo quando gli occhi arrivarono alla fronte che mi accorsi della mancanza di una cosa particolare: il demone aveva infatti un corno spezzato.
Non è possibile!
«C-Chi sei?» Chiesi balbettando, sperando di non ricevere la stessa risposta datami dal mio cervello. Ora che non avevo più metà dei poteri di Azrael ed Helel non ero solo un facile bersaglio da uccidere, ma non avrei potuto difendere Davide e Serena in nessuna maniera.
«Credo tu mi abbia già riconosciuto, umana». Rispose il demone con voce così baritonale e velenosa da farmi venire i brividi lungo la schiena. «Il mio nome è Erezel, sovrano dei demoni, sono qui per prenderti la vita».
 
†Angolo Autrice†
E ci avviciniamo sempre più alla fine!
Sono emozionata all'idea che in poche settimane avrò finalmente completato la prima pubblicazione di questa storia! Ma non vi preoccupate, l'editing dei primi capitoli è già in atto!
In breve tempo troverete pubblicati i capitoli editati!
Ma tornando a questo capitolo: come già detto a inizio capitolo questo e il prossimo capitolo saranno molto violenti e cruenti. Ma ci saranno anche scene strappa lacrime e toccanti!
Prossimo capitolo è il penultimo, per cui se siete curiosi come la storia andrà a finire rimanete con me!
Alla prossima,

Axel Knaves

 
   
 
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