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Autore: Tenru Dragon    13/01/2019    0 recensioni
-Sei diversa, speciale, non dimenticarlo, promettimelo- dice lei con un filo di voce
-Te lo prometto mamma- le rispondo abbracciandola forte per l'ultima volta.
Da quel giorno sono passati 6 anni, Elinor ha mantenuto la sua promessa, non ha dimenticato, ma ha comunque perso se stessa.
Elinor è la prova che anche tra due persone completamente diverse che in principio dovevano odiarsi, può nascere l'amore.
Dopo essere rimasta in orfanotrofio per sei anni dopo la morte della madre, Elinor decide di cambiare il suo stile di vita per tenersi al sicuro, cominciando col cercare Farkas, un vecchio amico del padre, trovando invece colui che le farà ritrovare sé stessa.
Storia già conclusa e pubblicata sul mio account di wattpad: Elenhemmingsirwin
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Spero che questa mia storia vi piaccia. Ripeto che l'ho già conclusa ed è interamente pubblicata su wattpad con lo stesso titolo firmata Elenhemmingsirwin, spero vi piaccia! Pubblicherò ogni due giorni un capitolo, buona lettura!
TD

-Elinor, tu sei diversa...speciale, potrai cambiare le cose, non dimenticarlo, promettimelo! Promettimi che non dimenticherai!- disse mia madre con un filo di voce, la ferita aperta sul petto perdeva molto sangue, stava morendo, glielo leggevo negli occhi che ogni secondo perdevano un po' di vita, ogni secondo poteva essere l'ultimo.

-Te lo prometto mamma...- dissi piangendo per poi stringerla a me un'ultima volta.

-Cerca Farkas, digli che Mahigan è morto e che è tempo di mantenere la sua promessa, lui ti proteggerà- disse con voce ancora più bassa, le lacrime continuavano a rigarmi il volto, un rumore mi distrasse, qualcuno si stava avvicinando, qualcuno di pericoloso.

-Scappa, vivi, e non dimenticare chi sei- la lasciai li, quello fu l'errore più grande della mia vita, iniziai a correre lontano e non mi fermai nonostante le urla che sentivo nel vento, l'avevano presa quando era ancora viva, ma sapevo che non lo sarebbe stata ancora per molto.

Non mi voltai indietro neanche una volta, corsi senza fermarmi finché non raggiunsi un piccolo paesino in fondo alla valle, avevo i piedi scalzi che sanguinavano e i vestiti tutti strappati, una signora mi si avvicinò ma non sentii quello che mi disse perché in pochi secondi, finita l'adrenalina a tenermi in piedi, tutto divenne buio.

Da allora sono passati sei anni, dopo una breve permanenza in ospedale i servizi sociali mi mandarono a vivere in un orfanotrofio dove rimasi fino al compimento dei miei diciotto anni, avvenuto quattro mesi e mezzo fa dopo il quale mi sono trasferita in una casa che i miei genitori possedevano e la più nascosta nelle vicinanze di uno dei branchi più numerosi d'Europa dove ero convinta di trovare Farkas, l'uomo di cui i miei genitori tanto si fidavano.

 Dopo una notte di incubi mi sveglio tutta ansimante chiamando il nome di mia madre, mi guardo intorno e mi rendo conto di essere al sicuro, mi faccio una doccia e dopo essermi ripresa esco di casa, sono le due del mattino per cui in giro non c'è nessuno così vado sulla spiaggia a godermi il silenzio, mi sdraio sulla sabbia coi piedi che vanno nel mare e chiudo gli occhi, subito mi appare il volto di un uomo, che allungava le sue braccia verso di me, aveva un sorriso felice e mi chiamava 

–Padre- bisbiglio aprendo gli occhi, una lacrima mi riga una guancia, e mi metto seduta, lui, Mahigan, era stato il papà migliore del mondo, quando ero felice lui c'era e quando ero triste trovava sempre il modo di trasformare la mia smorfia in un sorriso, non fui più la stessa dalla sua morte così come mia madre, prima eravamo felici davvero e nonostante lei cercasse di far continuare le nostre vite facilmente si sentiva che un pezzo mancava.

Dopo aver visto l'alba mi incammino verso casa ma una strana sensazione mi rende nervosa, mi volto a guardarmi dietro ma non vedo nessuno, eppure continuo ad avere paura, inizio a camminare più velocemente ma poco prima di superare i confini di casa mia, qualcuno mi afferra la spalla.

-Cosa ci fa una strega nei nostri territori?- chiede un giovane ragazzo con occhi ambrati

-Me lo stavo chiedendo anche io, fratello- dice un altro identico al primo mettendosi accanto a me

-Non capisco di cosa state parlando, lupi, io sto solo tornando a casa- dico stringendo il polso del ragazzo che mi tiene, lui subito ritrae la presa come scottato e un livido gli appare dove l'ho toccato.

-Maledetta- dice l'altro cercando di afferrarmi ma io corro e supero la linea di confine di casa mia, oltre quella linea non possono toccarmi, ho alzato una barriera che non permette ad altri all'infuori di me di oltrepassarla, i due prendono le sembianze di due lupi che a prima vista paiono identici e cercano di colpirmi ma una scossa elettrica li scaraventa lontano da me.

-Sapete, mi sorprende che ci siano voluti quattro mesi prima che riusciste a rintracciarmi, sono quasi delusa- gli sorrido e loro mi mostrano i denti arrabbiati

-Maledetta str..- sta per dire uno

-Mi spiace ragazzi- lo interrompo -Mi piacerebbe stare qui a parlare ancora con voi, mi sembrate molto ragionevoli, ma non ho nulla da fare se non un bel bagno rilassante che mi aspetta ed è sicuramente meglio che stare qui, perciò, addio- dico avviandomi verso casa senza più aspettare una risposta.

Dopo un bel bagno rilassante mi rendo conto che i due licantropi non se ne sono ancora andati, anzi hanno chiamato altri amici –Non mollano eh...- dico sbuffando per poi prendere una camicia da notte e una tazza con del the e sdraiarmi sul divano a guardare la tv.

Nel pomeriggio mi preparo per andare al lavoro e noto che finalmente i miei nuovi amici se ne sono andati, così, dopo aver fatto un incantesimo di occultamento, mi avvio verso il bar che si trova sulla strada per andare alla spiaggia, giunta li mi cambio e inizio il turno, servo diversi clienti prima di fare una pausa per fumare una sigaretta, osservo il pacchetto che mi rigiro in una mano e ripenso a quando ho iniziato, in orfanotrofio arrivò una ragazzina di quattordici anni che era sempre arrabbiata con tutti, una sera sentii dei rumori sulla tettoia e uscendo la trovai lì a fumare, mi spiegò che gliele aveva procurate un amico e me ne offrì una, da allora quello divenne il nostro angolo segreto, non abbiamo mai parlato e non eravamo amiche ma stare così in silenzio insieme era in qualche modo d'aiuto.

Sento un rumore e mi volto di scatto -C'è qualcuno?- chiedo, nessuno risponde, così mi rivolto e mi trovo davanti Tess, lancio un urlo –Oddio, mi hai spaventata da morire- dico ridendo, lei si scusa e ride a sua volta.

-Comunque sono venuta a dirti che la pausa è finita, oggi c'è pieno di gente- dice lei, la conosco da un paio di mesi, ovvero da quando ho cominciato a lavorare qui, è molto simpatica, lavora quasi sempre di sera ma ultimamente, grazie agli orari più flessibili dell'università, riesce a fare anche qualche turno pomeridiano.

-Arrivo- dico seguendola, continuando ad avere la sensazione di essere osservata.

Appena giungo al bancone sbianco, seduti li ci sono i due gemelli che avevo incontrato quella mattina e subito la paura mi assale, i due mi osservano senza mai perdermi di vista per il resto della serata e quando il mio turno finisce corro a prendere le mie cose.

-Vuoi un passaggio?- mi chiede Tess, rifiuto e mi incammino, non so cosa vogliano da me quei due ma non posso rischiare la vita di un'amica così facilmente.

-Chi si rivede- dice una voce alle mie spalle che subito riconosco.

-Samuel attento- dice l'altro preoccupato.

-Non preoccuparti Ed, non mi faccio fregare due volte- dice afferrandomi per non farmi scappare, io mi dimeno cercando di staccarmi dalla sua presa ma non riesco, è molto forte, mi concentro, visualizzo la fiamma di una candela, la temperatura del mio corpo aumenta in modo esagerato e quello che dovrebbe chiamarsi Samuel inizia a urlare scottato, mi lascia cadere e dopo essermi alzata comincio a correre, più veloce che posso ma qualcuno mi atterra –Dove credi di andare eh?!- mi tira una schiaffo fortissimo e poi mi solleva, mi trascina e inizio a perdere conoscenza -Non voglio arrendermi, le ho fatto una promessa...- sussurro, chiudo gli occhi e un ondata di energia mi investe, una luce accecante scaturisce dal mio corpo e il lupo è costretto a mollare la presa, non sento nulla se non il suono della mia voce –Imperium sanguis- queste parole rimbombano intorno a me, spalanco gli occhi e vedo Samuel, che poco prima mi stava trascinando, iniziare a sanguinare dagli occhi, dalla bocca e dalle orecchie così come io volevo, alza un braccio come gli comando e afferrata una pietra appuntita la avvicina al suo collo pronto per uccidersi ma prima di riuscirci un urlo mi distrae –Papà! No!- gli ordino di fermarsi e il braccio gli si blocca a mezz'aria, una bambina di cinque anni esce da un cespuglio con le lacrime agli occhi e mi torno in mente io da piccola, quando mia madre morì e lo liberai, un semplice gesto e l'uomo svenne, smise di sanguinare, smise di obbedirmi.

La luce sparì e rimasi lì, in piedi davanti a un branco di lupi che mi guardava spaventato, uno di loro mi si stava avvicinando ma prima che potesse fare qualunque cosa tutto divenne buio.

Quando apro gli occhi mi rendo conto di essere in una cella, le pareti sono di pietra e le mie mani sono incatenate ad un gancio su di esse, mi dimeno cercando di liberarmi ma nulla, neanche la mia magia funziona, inoltre sono esausta ed ho un gran mal di testa per lo sforzo, mi torna in mente quello che è successo, non l'avevo mai fatto prima, conoscevo solo incantesimi di basso livello e di difesa imparati da mia madre.

Il rumore di una serratura mi distolse dai miei pensieri –Alzati- disse Ed che, con le mani tremanti, mi prende dalle catene per portarmi non so dove –Paura?- chiedo guardandolo

-Zitta Strega- dice schifato ma con la voce leggermente tremante

-Come sta?- chiedo riferendomi a Samuel –Non sono affari tuoi mostro- mi risponde lui arrabbiandosi mentre mi spinge dentro ad una stanza piena di gente

-Calmati, Edwin- dice un ragazzo poco più grande di me coi capelli neri e gli occhi rossi seduto su un trono al centro della stanza.

-È lei? Malachia, è solo una bambina- dice una ragazza un po' preoccupata rivolgendosi all'Alpha

-Una bambina che mi ha quasi ucciso- dice Samuel uscendo dall'ombra per poi sputare ai miei piedi

-Potrei rifarlo, cane- dico disgustata da lui, Edwin mi strattona e mi stringe ancora di più le catene provocandomi una smorfia di dolore

-Ci sono molti lupi qui che se ci provassi ti farebbero fuori ancor prima di fare un passo- dice saccente

-Ma almeno mi toglierei uno sfizio- dico alzando il capo a mo' di sfida

-Brutta...- al posto dei denti appaiono delle zanne e gli occhi gli diventano blu acceso, le unghie gli si allungano e inizia ad avvicinarsi a me, inizio ad avere paura ma non abbasso lo sguardo

-Sei coraggiosa- dice l'Alpha, fermando Samuel –Hai tentato di uccidere uno dei miei, sei entrata nel mio territorio, dammi una buona ragione per non ucciderti?- dice senza però mai guardarmi negli occhi, non so cosa dire e Samuel riprende la sua camminata verso di me, ripenso a mia madre, le avevo fatto una promessa –Farkas...- sussurro chiudendo gli occhi, sperando che lui sia lì, pronto a salvarmi, tutti si bloccano, ma qualcuno mi afferra il volto –Cosa hai detto?-

-Farkas- dico alzando la voce –Come sai il suo nome?!- dice ringhiando quello che mi tiene, avendo gli occhi chiusi dalla paura non lo vedo ma dalla voce e dalla forza direi che è l'Alpha 

–Mia madre, mi ha mandato a cercarlo, mi ha detto che lui mi avrebbe protetto- dico –Mi ha detto di dirgli che è arrivato il momento di mantenere una promessa, per questo sono venuta qui-

–Lasciatela andare!- grida una voce, tutti si allontanano da me e apro gli occhi, davanti a me si trova una vecchia signora che mi osserva curiosa –Non posso crederci- dice sgranando gli occhi –Sentivo la tua presenza ma non riuscivo a trovarti- dice con una lacrima che le riga la guancia 

–Lei è la figlia di Mahigan, del mio Mahigan- tutti rimangono sorpresi

-Ma...è una strega, come può...- Samuel non finisce la frase che subito la donna lo interrompe 

–Stai forse dicendo che non riconosco mia nipote?!- chiede arrabbiata per poi calmarsi e voltarsi verso di me –Come sta? Dimmi, come sta mio figlio?- mi guarda con gli occhi pieni di lacrime di gioia ma purtroppo sarò io a spezzare la sua felicità, abbasso lo sguardo e lei subito si preoccupa –Mi dispiace, è stato ucciso quando avevo sette anni-

  
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