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Autore: _Cthylla_    13/01/2019    2 recensioni
[one shot strettamente legata a Downpour, di vermissen_stern, di cui per tale ragione consiglio la lettura]
Durante la "vacanza forzata" di Jiren nella città di Dima, la quotidianità e le frequentazioni del Grigio si fanno leggermente più bizzarre del consueto... o del dovuto.
Dal testo:
"Nel corso della propria esistenza aveva visto molte cose più o meno strane, al punto da avere a volte la presunzione di ritenere che ormai nulla potesse più sorprenderlo. Aveva affrontato avversari di ogni sorta, esseri malvagi di ogni tipo, mostri più o meno orribili; l’ultimo di questi, un leviatano che era riuscito ad avvelenarlo, era tra i motivi del prolungamento forzato della sua vacanza a Dima.
Nonostante ciò, l’idea di aver visto una civetta volare a testa in giù davanti al vetro riusciva a farlo sentire piuttosto perplesso. "
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jiren, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà a tutti (Tanto per restare in tema)!
Il capitolo che vi apprestate a leggere è ambientato in uno dei giorni immediatamente successivi ai fatti accaduti nell'ultimo capitolo di "Downpour". Probabile che chi è capitato qui lo abbia già letto e dunque io stia dicendo un'ovvietà, ma nel dubbio...
Comunque buona lettura :)



Say "Ehilà" To The Family- parte terza
(Eredità)










Vestita con una semplice t-shirt, i capelli rossi sciolti e l’espressione tranquilla quanto soddisfatta, Ember pensò che la vita finalmente stesse iniziando a girare nel verso giusto.
Mentre annusava l’infuso caldo che aveva preparato, chiuse gli occhi e ascoltò il rumore dell’acqua che scorreva in bagno. Jiren a breve avrebbe finito di fare la doccia.
 
“La prossima volta la faremo insieme di nuovo” pensò la ragazza.
 
In quei giorni erano usciti dalla camera da letto solo per andare in bagno o in cucina, e anche in quei casi spesso lo avevano fatto insieme, finendo per fare anche lì quel che avevano fatto in camera. Stavano recuperando tutto quel che non c’era stato fino a quel momento, il che per entrambi era fantastico.
Sorrise e, avendo deciso di bere l’infuso sul divano, lo raggiunse con tutta la calma del mondo.
 
«Ehilà!»
 
Una calma che si distrusse una volta che Ember si rese conto di non essere sola in quella stanza, al punto da cacciare un breve strillo e lasciar cadere la tazza mug dalle mani.
 
«Tazza salva!» esclamò Eve afferrandola al volo «Buonasera, nighean ùr. Finalmente ci incontriamo di nuovo».
 
«M-ma come ma cosa m-ma non-» farfugliò Ember, facendo a malapena caso al rumore della porta del bagno che veniva quasi strappata dai cardini.
 
«EMBER!» tuonò Jiren, allarmato per averla sentita strillare «Cosa succ…»
 
Ammutolì con rapidità vedendo che quanto era successo non era tanto un “cosa”, se mai un “chi”.
 
«Armamenti notevoli, asal deas» commentò l’intrusa, allargando leggermente il sorriso.
 
Eve Hallows, la strana, bizzarra e assurda madre di Ember era tornata, era lì in casa.
E lui non era solo bagnato, era anche nudo.
 
Non che avesse alcunché di cui vergognarsi, eppure percepì in modo chiaro e fastidioso la nascita e la crescita del rossore sulle proprie gote, e le mani scattarono in modo automatico a coprire le pudenda bellamente esposte.
 
«Va tutto bene, Jiren, è solo che, ecco… abbiamo visite» disse Ember che, appena riavutasi dallo stupore, fu svelta ad afferrare il plaid sopra il divano e portarlo al compagno. Un plaid era sempre meglio di niente -e anche meglio delle mani.
 
«Sì, questo l’ho notato» borbottò il Grigio con voce tetra mentre avvolgeva il plaid attorno ai fianchi.
 
«Io e Finnan siamo qui in città da qualche giorno, infatti questa non è la prima volta che io, o entrambi, abbiamo provato a venire qui» disse Eve, avvicinandosi a Ember per restituirle la mug «Solo che le altre volte stavate venendo anche voi!»
 
Ambedue gli interessati -semplicemente arrossita una, rosso ormai tendente quasi al violaceo l’altro- si coprirono il volto con una mano.
 
«Quindi mi sono detta che magari non era il caso. Già, forse dovrei cambiare soprannome e iniziare a chiamarti “mac-chèile”» disse, più tra sé e sé che altro, guardando Jiren.
 
«Sono contenta di rivederti, Eve, però...» “Però potevi avvertire prima, o almeno entrare dalla porta dopo aver bussato o suonato il campanello” pensò Ember  «Eh… come sei entrata? Le finestre sono chiuse quindi hai, non so, scassinato la porta?» le chiese scherzando, nel tentativo di allentare un po’sia la propria tensione, sia quella del Grigio.
 
«Naaah» rispose la donna «Ormai conosco bene il posto, non ho bisogno di porte e finestre per entrare. Allora, che programmi avete per stasera?»
 
«Avevamo in programma di stare da soli. Come le altre sere» disse Jiren, col chiaro sottinteso “Quindi tu, madre della mia compagna o no, ora togliti di torno”.
 
«Difatti i vostri amici cominciano a chiedersi che fine abbiate fatto. O meglio, gli amici di Ember» si corresse Eve «I quali in realtà la fine che avete fatto la immaginano benissimo ma questo è solo un dettaglio».
 
«Un motivo in più per lasciarci in pace» brontolò il Grigio, lasciandosi perfino andare a uno sbuffo nervoso sentendo bussare alla porta.
 
In casa c’era già una persona di troppo e, poiché chiunque stesse bussando alla porta sembrava non aver voglia di desistere, si decise ad aprire e affrontarlo per stroncare sul nascere qualsiasi altra fonte di disturbo.
 
«Ehilà!» lo salutò Finnan, sorridendo allegramente, quando lui aprì la porta «Ho perso mia madre, non è che-»
 
Il Pride Trooper chiuse la porta di scatto. Se non fosse stato completamente glabro, ogni pelo sul suo corpo a quel punto si sarebbe drizzato: era proprio vero che le disgrazie non arrivavano mai da sole.
 
«Ehilà Finn!...» esclamò Hallows, avendo sentito chiaramente la voce del figlio «Sono qui!»
 
Da fuori della porta si sentì un sospiro. «Ma non avevamo deciso di venire a trovarli insieme? Magari entrando dalla porta e bussando, prima?»
 
«Finnan prima di entrare bussa sempre. È educato» disse Eve a Ember, come se fosse stata una cosa speciale conoscere almeno un vago accenno di norme sociali.
 
«A beh… meglio così, no?»
 
Ember si grattò la testa e dopo aver scambiato un’occhiata con Jiren -il quale sembrava un po’abbattuto oltre che innervosito- entrambi si arresero all’idea che per quella sera avrebbero avuto compagnia.
Non che le dispiacesse l’idea di trascorrere un po’di tempo con la famiglia, anche per la genuina curiosità causata dall’alone di mistero che quella parte di essa aveva attorno, però a certi arrivi improvvisi direttamente in casa era tutt’altro che abituata.
 
Jiren, maledicendo il fatto di non poter prendere a pedate i familiari della propria compagna, riaprì la porta con un’espressione che avrebbe portato chiunque a svignarsela più in fretta possibile.
Chiunque eccetto Finnan, che sorrideva ancora.
 
«È permesso?»
 
Il Grigio si limitò ad annuire e chiudere la porta alle spalle del ragazzo quando questi fu entrato.
 
«Sono contento di rivedervi. Bel vestito» disse a Jiren.
 
«È un plaid» bofonchiò questi.
 
«Bel plaid!»
 
Jiren strinse le labbra in una leggera smorfia d’irritazione. La sensazione che il fratello di Ember lo stesse prendendo per i fondelli era tutt’altro che andata via. Se non fossero stati parenti della sua compagna probabilmente avrebbe sbattuto entrambi fuori dall’appartamento con un movimento delle palpebre -e chi se ne importava dei muri rotti, ne sarebbe valsa la pena.
 
«E comunque mi sa che la doccia è ancora aperta» osservò Ember «Vado a-»
 
«Vado io» la precedette il Grigio, volendo approfittare dell’occasione sia per rivestirsi, sia per darsi una calmata.
 
Capendo cosa gli passava per la testa Ember non glielo impedì, rivolgendosi invece ai due ospiti a sorpresa. «Bene, allora… immagino che la caccia ai fantasmi sia finita, sbaglio?» chiese loro, ricordandosi di quanto detto da Finnan nel loro ultimo incontro.
 
«Aye, wumman» annuì Eve «Almeno dalle nostre parti. Quest’anno è stata lunga, un po’perché erano abbastanza bastardi…»
 
«E un po’per colpa mia che l’ho rallentata. Eve mi fa fare pratica» spiegò Finnan alla sorella «Ho cominciato ad aiutarla solo da quando ho saputo che sono suo figlio e tutto il resto. Prima non avrei potuto, non avevo gli strumenti giusti».
 
Seppur leggermente sorpresa dalla naturalezza con cui era stato tirato in ballo il discorso “figlio nascosto”, Ember decise di assecondare la propria curiosità riguardo il resto. «Quali strumenti si usano per la caccia ai fanta… smi?»
 
In mano a Eve era comparsa una claymore che fino a un attimo prima non c’era.
Borselli magici, mele d’oro, cambi di forma, spade che comparivano di botto!
Non era poi tanto più assurdo di tutto il resto delle cose con cui aveva a che fare più o meno quotidianamente, però in quel caso le facevano i suoi parenti e, al di là della stranezza, non poteva fare a meno di chiedersi una cosa: “Davvero non sono in grado di farlo anche io?”
 
«Io ho questa» disse Hallows «Finnan invece ha un’arma diversa».
 
«In ben due versioni» aggiunse il ragazzo.
 
«Solitamente quelli come me, quelli della mia razza, possiedono una singola arma che mantiene sempre la stessa forma» continuò Eve «Tuo fratello però è un caso particolare già per il solo fatto di essere nato. Prima di lui io credevo che la mia razza fosse semplicemente sterile, sai?»
 
«E comunque, Ember, solo di recente abbiamo capito di preciso quanto ho ereditato da lei, ossia quando ho ottenuto gli armamenti…»
 
«Quelli del ragazzone grigio sono tali che non mi stupirebbe se ricacciassero i fantasmi da dove sono venuti a suon di complessi di inferiorità» commentò Eve, col suo sorriso disagiato «A proposito, nighean ùr, complimenti per la scelta!»
 
«…per la caccia ai fantasmi» proseguì Finnan, ignorando la madre.
 
«Non che abbia tutta questa fretta di infilarmi in una caccia ai fantasmi, però se tu hai avuto tutto questo di recente c’è la possibilità che un giorno anche io mi svegli con la capacità di diventare un animale e di volare? E tiri fuori un’arma dalle mani?»
 
«Se dovesse succedere non sarà in un giorno e in un modo a caso, non credo che sia possibile, soprattutto per te che di base non hai abilità particolari. Al di là delle ultime novità, io sono sempre stato un mutaforma… e il resto è venuto fuori all’improvviso, sì, ma non svegliandomi una mattina» rispose Finnan «Anche se l’avrei preferito».
 
«Lo avremmo preferito tutti e due, Finn» disse Eve, curiosamente senza sorridere.
 
Il ragazzo si voltò a guardarla. «Quel che è successo non può ripetersi, mamma. Lo sai».
 
«Vero».
 
Ember avrebbe voluto chiedere ulteriori delucidazioni ma venne distratta da ritorno di Jiren.
Se l’era presa comoda ma ora era sia vestito, sia un po’più calmo.
 
«Direi che tu sia pronto per uscire, mac-chèile!» osservò Eve «Perfetto direi. Invitarvi a uscire tutti insieme in fin dei conti era quello che avevamo progettato di fare».
 
«Quello che avevate progettato voi» ribatté Jiren.
 
«Però forse non è una cattiva idea. Non è un male fare qualcosa di diverso ogni tanto, e poi potrebbe essere un modo per conoscerci tutti un po’meglio» disse Ember.
 
L’espressione del Grigio divenne leggermente perplessa. «Dunque tu vuoi farlo?»
 
La ragazza annuì. «Vado a vestirmi anch’io. Ci metterò poco».
 
Guardandola sparire nel corridoio, Jiren si chiese cosa potesse averla spinta a cambiare idea, dal momento che prima sembrava aver voglia quanto lui di stare in compagnia di altre persone. Forse aveva fatto un errore a non ascoltare la conversazione quando si era allontanato.
In ogni caso se Ember aveva deciso così doveva avere sicuramente dei buoni motivi e lui, che di quei due mutaforma non si fidava, l’avrebbe seguita per assicurarsi che non succedesse niente di inappropriato.
 
«Io non so perché siete venuti qui» disse il Grigio «Non so cosa siete né so cosa volete da Ember… ma se farete qualcosa che non mi piacerà, piacerà ancora meno a voi».
 
Eve sollevò il pollice destro in segno di approvazione. «Sono contenta che Ember abbia trovato qualcuno tanto determinato a proteggerla. Non dubito che sappia badare a se stessa ma questa città non è precisamente il posto più tranquillo dell’universo. A dirla tutta spero che riesca ad andarsene di qui in fretta. Però ti dico questo, mac-chèile: io e Finnan non siamo nemici. Siamo solo parte della famiglia. Vorremmo conoscere meglio Ember e che lei conosca meglio noi. Nulla di pericoloso, ti pare?»
 
«Sarò io a valutarlo».
 
Seguì una pausa di silenzio.
 
«Sì però quel plaid dove l’hai comprato?» chiese Finnan al Pride Trooper «Mi piace assai».
 
«Eccomi!» annunciò Ember, tornata appena in tempo da evitare a Jiren di rispondere «Dove andiamo di bello?»
 
«In questi giorni io e ma’ abbiamo trovato un paio di locali carini in questo blocco» disse Finnan «Quindi se non avete in mente altro avevamo pensato di andare lì».
 
Ember annuì. «A me va bene. A te, Jiren?»
 
Rassegnato, lo zetano rispose affermativamente con un breve cenno del capo.
 
«In uno di quei bar ho anche ritrovato uno con cui ero stata a letto qualche tempo fa!... a detta sua mi aveva anche rincontrata di recente, ma mi sa che ha leggermente sbagliato persona perché io al Red Ribbon non ho mai ballato» osservò Eve, pensierosa.
 
«Quindi quella specie di grosso gatto viola antropomorfo ubriaco cercava te!» allibì Ember.
 
“Appunto. Possono dire quel che vogliono ma per me questi qui sono venuti solo a portare problemi” pensò Jiren.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
«“I knew I loved you before I met you! I think I dreamed you into liiiife! I knew I loved you before I met you, I have been waiting all my liiife!”»
 
Il Blocco C era pieno di locali notturni, dunque non era poi così strano che l’allegro -più o meno- gruppetto, dopo averne girati un po’, si fosse fermato in uno abbastanza carino in cui c’era una serata dedicata al karaoke.
 
Così come non era troppo strana la voglia di morire o di uccidere qualcuno da parte di Jiren, ora che Finnan era arrivato alla terza canzone.
 
«È piuttosto bravo» commentò Ember, giocherellando con l’ombrellino del suo cocktail «In questa canzone in particolare sta mettendo proprio impegno!»
 
La serata fino a quel momento era stata piacevole -eccettuato il muso lungo del suo compagno, per il quale tuttavia non lo biasimava- ma nonostante le chiacchiere, che non erano mancate,  non era riuscita ad avere informazioni in più su ciò che le interessava in particolar modo.
Non era riuscita ad attraversare l’alone di mistero che i suoi familiari si portavano dietro, e la mancata riuscita dei suoi intenti le stava facendo venire voglia di fumarsi almeno una sigaretta.
 
«Ovvio che ci mette impegno» rise Eve «Finnan ha trovato la ragazza giusta e questa è la loro canzone».
 
«L’altra volta ora che ci penso mi aveva accennato qualcosa di lei mentre comprava quell’uovo con la faccia inquietante» ricordò Ember.
 
«Posso affermare con tranquillità che entrambi i miei figli si sono accompagnati bene, anche se il tuo uomo parla ben poco! A proposito» si rivolse a Jiren «Ti offro qualcosa di un po’meno analcolico? Ho cambiato parecchie mele».
 
«No. Grazie» declinò il Grigio.
 
«Eh, a proposito delle mele avrei qualche domanda da farti. Tipo, da dove vengono?» chiese Ember a Eve, cogliendo la palla al balzo.
 
«Dagli alberi, nighean ùr, come tutte le mele!»
 
«Io però non ho mai visto alberi che fanno mele di quel tipo» ribatté la ragazza.
 
«Vero, non li hai visti… ancora».
 
Niente da fare, nessun indizio o frase rivelatrice in più, nemmeno a pagarla con tutte le mele d’oro del mondo.
 
 Erano usciti insieme per conoscersi un po’ meglio, giusto? Eppure, nonostante tra una chiacchiera e l’altra Finnan e Eve ormai sapessero molto della sua vita a Dima -e anche qualcosa di quella su Amazon, anche se lei aveva evitato accuratamente di parlare di quel che l’aveva portata a lasciare il pianeta- lei non poteva dire di sapere granché della loro vita attuale.
Non sapeva neppure quanti anni avessero, a dirla tutta, ed era impossibile riuscire a stabilirla dal loro aspetto fisico: varie persone più o meno lucide avevano scambiato Eve per lei, però sua madre non poteva certo avere venticinque o trent’anni, e iniziava a chiedersi se per Finnan valesse lo stesso discorso.
 
«Vado un attimo in bagno» disse, piano, per poi alzarsi e allontanarsi rapidamente.
 
Circa un minuto dopo la canzone terminò, e Finnan si decise a scendere dal palco. «Ehi Jiren, ti andrebbe di fare un duetto?»
 
«No. Grazie» rispose questi, con la frase che aveva usato più spesso nel corso della serata.
 
«Un terzetto?»
 
«No. Grazie».
 
«Sai, mi ricordi un po’una ex di mia madre. Alla fine ero riuscito a entrare abbastanza in confidenza da poterci scambiare due chiacchiere, immagino che con te sarà più o meno lo stesso. È solo questione di tempo» attirò l’attenzione di una cameriera con un cenno «Una birra scura, per favore».
 
«Forse tra duecento o trecento anni» rispose il Grigio.
 
Finnan fece spallucce. «Va benissimo, io ci sarò! A proposito di gente che c’è e non c’è, che fine hanno fatto Ember e ma’?»
 
«Tua madre è-»
 
Il Pride Trooper stava per dire “è qui, non la vedi?” ma non poté completare la frase perché, di fatto, di Eve Hallows non c’era traccia.
 
«Immagino che siano andate in bagno» ipotizzò Finnan, appena dopo aver accolto con un sorriso e un “grazie” il boccale di birra scura «Perché ti sei alzato? Non vorrai seguire Ember anche lì?»
 
Jiren non rispose, ma l’intenzione era proprio quella. Non capiva il motivo di quell’atteggiamento e non gli piaceva nemmeno. Se quella strana donna doveva dire a Ember qualcosa di veramente innocuo, avrebbe potuto farlo anche davanti a lui.
 
«Che tu voglia proteggerla è una buona cosa, ne sei innamorato… e infatti magari dovrei dire a mio padre che non c’è più bisogno di aiuto» disse tra sé e sé «Ma anche lasciare sole almeno per qualche minuto una madre e una figlia che si incontrano per la seconda volta nella loro vita lo è. Quando ti abbiamo detto che non vogliamo fare del male a mia sorella era la verità. So che sei diffidente ma non mi sembra il caso di fare danni anche in questo locale, sebbene al Red Ribbon non abbia iniziato tu» concesse il ragazzo.
 
«Non mi fido di chi compare in casa mia dal nulla».
 
Finnan alzò gli occhi al soffitto. «E come darti torto? Io glielo avevo detto, che avrebbe fatto meglio a… bussare…»
 
Inizialmente lo sguardo di Finnan si fissò su un punto preciso del soffitto, poi iniziò a spostarsi lentamente in direzione della porta d’ingresso del locale.
 
Notata quella stranezza, Jiren sollevò lo sguardo a sua volta, trovandosi a osservare quello che sembrava in tutto e per tutto un ectoplasma di un alieno non meglio identificato con una voluminosissima pancia da birra e wurstel con ketchup.
Pur sapendo dell’esistenza dei fantasmi, era la prima volta che ne vedeva uno dal vivo.
 
«A quanto pare da queste parti è ancora stagione di caccia. Jiren, immagino che buona parte della tua diffidenza derivi dal fatto che ci conosci poco, quindi ti andrebbe di vedere come si caccia un fantasma? Anche se questo non sarebbe territorio di competenza mia o di Eve» mormorò Finnan «Ma spero che chi di dovere non se la prenda troppo se gli alleggerisco il lavoro. E magari resta un po’ a distanza, non vorrei che il fantasma tenti di possederti».
 
«È questo che fanno i fantasmi? Possiedono i vivi?» si informò il Grigio, suo malgrado interessato trattandosi di un potenziale pericolo.
 
«Spesso ci provano. A volte, se ci riescono con la persona sbagliata, diventano una rottura di scatole, soprattutto perché possono essere rispediti da dove sono venuti solo con strumenti particolari» spiegò Finnan, alzandosi dopo aver finito la birra scura con un sorso «Vado a pagare il conto, tu non perderlo d’occhio».
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Ember, dopo aver asciugato le mani con un sospiro, alzò gli occhi sullo specchio sopra il lavandino, rendendosi conto soltanto in quel momento di non essere più sola.
 
«Ehilà di nuovo».
 
Dopo un breve sobbalzo, la ragazza si voltò verso la madre. «Un altro arrivo a sorpresa?»
 
«Stavolta sono entrata normalmente. Tutto a posto, nighean ùr?»
 
«Sì, è… anzi, no» si corresse Ember «Non proprio».
 
«Possiamo cambiare locale, se vuoi».
 
«Non è per il locale, del locale non mi importa. Senti, tu e Finnan siete venuti qui così che potessimo conoscerci e passare del tempo insieme, così avete detto. Giusto?»
 
Eve annuì. «Infatti quel che stiamo facendo».
 
«Più o meno. Tu e Finnan ormai conoscete piuttosto bene la mia vita attuale, anche perché quand’è al dunque non c’è poi così tanto da dire…»
 
«Considerando le frequentazioni del tuo ragazzo avrei da ridire su questo punto» commentò Eve, sorridendo come suo solito.
 
«… ma io di te e Finnan so ancora ben poco! Io… sì, so che questa è solo la seconda volta che ci incontriamo, so che per certe cose serve del tempo, mi rendo conto, sul serio, ma in queste poche volte in cui ci siamo visti avete messo un sacco di carne al fuoco su cose che in futuro forse, non si sa quando, potrebbero riguardare anche me, e ho avuto più domande che risposte. Anch’io voglio davvero conoscervi ma come faccio, se parlate per enigmi?»
 
Per qualche attimo nessuna delle due disse niente.
 
«Anche se non ho cresciuto Finnan l’ho sempre frequentato, tant’è che si è abituato a tutto questo e a me da quando era molto piccolo» disse Eve «Di solito mi importa poco e niente di quello che chiunque pensa o sa della sottoscritta, quindi non so bene come approcciarmi a una figlia adulta per la quale ovviamente non vale lo stesso discorso. È una situazione nuova per te, per tuo fratello e anche per me. E comunque ci sono cose che vanno dette nel momento e nel luogo giusto» si guardò attorno «O beh… posso sempre farmelo andare bene, per mostrarti qualcosa».
 
Le luci del bagno persero rapidamente energia, al punto di spegnersi dopo pochi istanti.
 
«Non correre via urlando, nighean ùr».
 
Inizialmente Ember, ancora leggermente scossa dal buio improvviso, non capì neppure a cosa si riferisse Eve; quando però notò di avere attorno dei piccoli esseri che sembravano fuocherelli azzurri muniti di braccine, occhi e sorriso vagamente inquietante, il primissimo istinto fu proprio quello di correre via urlando.
 
«C-chi sono?!...»
 
«Io li chiamo Willies. Sono stati generati da quel che ha generato anche me e tutti quelli della mia razza. Mi hanno assistita durante la crescita -perché sì, diverso tempo fa sono stata piccola anche io- e mi assistono ancora in alcune cose, tipo la caccia ai fantasmi o il semplice ritorno a casa. Non ti vogliono fare del male» la rassicurò Eve, allungando una mano sulla quale andò subito a posarsi un fuocherello.
 
Ember fece un respiro profondo e, preso coraggio, allungò una mano per toccare l’esserino. Questi parve esserne contento, al punto da abbracciarle l’indice. Non le face male, Ember avvertì solo una vaga sensazione di calore e di “vicinanza”, in senso fisico e non.
Improvvisamente quei fuocherelli non facevano più così tanta impressione.
A guardarli bene iniziavano quasi a essere familiari.
 
«Sono parte dell’eredità di tuo fratello e anche della tua; non so ancora in che misura ma, essendo tu una ragazza perfettamente normale, scoprirlo è inevitabile. Magari più tardi possibile».
 
«Tra quel che hai detto e il fatto che tu e Finnan diate la caccia a qualcosa che dovrebbe stare nell’oltretomba, inizio a chiedermi dove sia “casa”. E anche come sia».
 
«Vicino a casa c’è un bel frutteto di mele» sorrise Eve «Posso fartela visitare quando vuoi, come ho fatto con tuo fratello. Quando vorrai vederla potrai anche chiedere a Jiren di seguirci… non che sia necessario, perché immagino che cercherebbe di farlo a prescindere. A dirla tutta sono stupita che non sia ancora piombato qui sfondando la parete».
 
La luce tornò di colpo come se n’era andata, e com’era scomparso il buio scomparvero anche gli Willies.
 
«E a tal proposito direi di tornare dai ragazzi. Non vorrei che Finnan chieda al tuo uomo qualcos’altro sul plaid!»
 
«Se lo facesse mi sa che Jiren finirebbe a distruggere il locale per sbaglio» disse Ember, uscendo dal bagno assieme alla madre.
 
Con sua somma sorpresa, trovarono il tavolo vuoto.
 
«Sono usciti dal locale qualche minuto fa dopo aver pagato il conto» le informò la cameriera di prima «Uno dei due aveva la faccia di chi ha visto un fantasma».
 
«Il che è molto probabile. Credo che qui sia ancora stagione di caccia» commentò Eve, per poi farle cenno di avvicinarsi di più «Ho visto il biglietto che mi hai messo in tasca. Non posso dire che ti chiamerò perché come al solito non ho la più pallida idea di dove sia andato a finire il mio cellulare, ma rimarrò in città ancora per un po’, dunque sicuramente ripasso!»
 
 
 
 
***
 
 
 
 
L’espressione di Jiren diceva chiaramente cosa pensava più di quanto avrebbero potuto fare mille parole.
 
«Torna quiiiii!»
 
Il fratello di Ember aveva parlato della caccia ai fantasmi dipingendola come una cosa piuttosto seria, al punto che lui stesso era uscito dal locale per guardarlo fronteggiare la possibile minaccia, tenendosi anche un po’ a distanza come Finnan gli aveva consigliato.
 
«Ma anche no! Io volevo solo tornare nel mio locale preferito ancora una volta, non volevo fare niente di male!»
 
Insomma, si sarebbe aspettato qualcosa più di un inseguimento che Finnan -probabilmente dopo aver capito che quel fantasma in particolare non aveva chissà che brutte intenzioni- non sembrava nemmeno prendere troppo sul serio.
O così suggeriva il fatto che stesse correndo dietro lo spettro brandendo una grossa gruccia che, a detta sua, era la seconda variazione della sua arma anti fantasmi.
 
«E comunque questo non è il tuo territorio, non è la prima volta che esco e le altre volte non sei stato tu a rispedirmi dentro! LASCIAMI IN PACEEEEE!» urlò il fantasma, lanciando due cassonetti contro il suo inseguitore.
 
«Non oggi!» esclamò Finnan, facendo diventare la gruccia una grossa spada-motosega a due mani -degna dei film di “Sharknado”- con la quale tagliò in due entrambi i cassonetti «Visto, Jiren?!»
 
Sì, ovviamente il Grigio aveva visto.
E altrettanto ovviamente si stava chiedendo cosa avesse fatto di tanto male in questa vita, o forse in una vita precedente, per ritrovarsi in una situazione così profondamente scema.
 
«Jiren!»
 
Lo zetano volse lo sguardo alla propria sinistra e, vedendo Ember arrivare assieme a Eve, non poté evitare di biasimare se stesso per aver scelto di assistere a una caccia inutile. Se non altro la sua compagna sembrava piuttosto tranquilla, pur essendo stata da sola con la madre, il che era un sollievo.
 
«Ember. È tutto a posto?» le chiese subito.
 
«Sì, va tutto bene» “E avrò diverse cose da raccontargli, dopo” aggiunse mentalmente la giovane «Che state facendo tu e Finnan qui fuori?»
 
«ALL’ARREMBAGGIO!» gridò entusiasticamente Finnan, tornato a brandire la gruccia, cercando di saltare addosso al fantasma panzone.
 
«Si diverte con un fantasma, direi» osservò Eve.
 
«Quindi quella cosa sarebbe un fantasma?» si stupì Ember.
 
 «Sì, ma direi che questo sia piuttosto innocuo. In caso contrario Finn l’avrebbe già rispedito dove deve stare».
 
“In ogni caso sarebbe apprezzabile se tuo figlio lo facesse in tempi brevi”.
 
Ember e Jiren sobbalzarono entrambi nel sentire una voce sconosciuta e metallica dentro le loro teste, mentre Eve si limitò a spostare lo sguardo su un vicolo buio. «Ehilà, Vaen!» esclamò, salutando con la mano.
 
Dall’ombra fuoriuscì una donna  tanto alta quanto magra, con un abito nero a coprire una pelle che sembrava biancastra. Era del tutto glabra, priva di ogni tratto facciale esclusi due occhi gialli grandi come acini d’uva, rotondi e ben distanziati, e stava ricambiando il saluto di Eve con uno identico, agitando una mano munita di sole quattro dita. Una sfera delle dimensioni di un’arancia, inoltre, la seguiva fluttuandole accanto.
 
Jiren pensò che a guardarla sembrava in tutto e per tutto un’abitante di un piccolo pianeta vicino, conosciuto semplicemente col nome V12… ma era una conoscente di Eve, il che non prometteva niente di buono.
 
“Ehilà, Eve Hallows. Tu e tuo figlio siete piuttosto lontani dal vostro territorio”.
 
Era una figura piuttosto inquietante, tanto che Ember senza nemmeno rendersene conto si avvicinò ulteriormente a Jiren, sperando di non dover vedere una lotta tra cacciatori di fantasmi -aveva parlato di territorio, come aveva fatto Finnan prima, dunque era probabilmente una collega- causata da uno sconfinamento.
 
“È curioso vedervi qui” continuò l’aliena, senza avvicinarsi ulteriormente.
 
Finnan, dal canto suo, si decise a finire il fantasma panzone con un fendente della propria arma, tornata nuovamente a essere una spada-motosega. «Ehilà!» salutò «Noi siamo solo in visita».
 
Seppur immobile, Jiren si stava preparando a rispondere a qualsiasi attacco in modo drastico. Non che temesse alcunché da parte quella tizia, non era nulla che non potesse gestire, ma essendo presente Ember intendeva stroncare qualsiasi cosa sul nascere.
 
«Questioni personali. Direi di famiglia» disse Eve.
 
Lo sguardo fisso di Vaen cadde su Ember e lì rimase. “Sei piena di sorprese anche per i nostri standard, Eve Hallows”.
 
«Sì» concordò questa, col suo sorriso inquietante «Sono piena di sorprese anche per me stessa, se è per questo».
 
“Non ne dubito” disse l’aliena, per poi tornare a sparire nell’ombra del vicolo, così com’era apparsa “Il tuo amico zetano comunque ha le chiappe d’oro”.
 
Eve rise di gusto. «L’abbiamo notato tutti!»
 
Dopo ciò, silenzio.
 
«Credo che sia andata» disse Finnan.
 
«Chi era quella?» domandò Ember «Una… collega?»
 
«Esatto» confermò Hallows «Si chiama Vaen e questo, quand’è stagione, è il suo territorio di caccia. Lei è della mia razza».
 
«Menti. Lei è un’abitante del pianeta V12. Tu no» la contraddisse il Grigio.
 
«Io non mento mai, mac-chèile. Anche perché…» fece spallucce «Non posso».
 
«Se non vi spiace vorrei tornare a casa. Mi sento piuttosto stanca» disse Ember, per la gioia di Jiren che non vedeva l’ora di sentire una cosa del genere «È stata una giornata lunga».
 
«Ti capiamo» sorrise Finnan «O beh, immagino che ci rivedremo presto!»
 
«E pensa a quel che ti ho detto riguardo casa. Quando vuoi basta farmelo sapere, nighean ùr».
 
Dopo un ultimo breve saluto si separarono e Jiren, riportando a casa Ember in volo, si concesse un lungo sospiro sia di sollievo per la serata finita, sia di rassegnazione perché ce ne sarebbero state altre.
Inoltre aveva svariate domande da farle.
 
«Di quale casa parlava?»
 
«La sua. È una lunga storia, Jiren, quando arriveremo a casa nostra ti racconterò tutto per bene. Alcune cose che ha detto mi danno di che riflettere. Non ne ho paura, ma inizio a pensare che, pur dando  la caccia i fantasmi, anche Eve, la sua casa e forse Finnan non siano precisamente di questo mondo… dei vivi».
 
Il Grigio aggrottò la fronte, più che mai in allerta. «In che senso?»
 
«Forse letterale. Non so dirlo bene neppure io e questo è precisamente il motivo per cui voglio saperne di più. Mi ha invitata a vedere casa sua e io, possibilmente, vorrei andarci presto. Con te, se tu-»
 
«Sì».
 
Non avrebbe dovuto nemmeno chiederlo: ben difficilmente lui l’avrebbe lasciata sola con dei familiari che diventavano sempre più strani a ogni incontro.
Prima erano dei mutaforma, poi dei mutaforma volanti con mele d’oro e oggetti magici, e ora Ember se ne usciva con l’idea che saltassero fuori dall’aldilà!
Se lei fosse stata una persona con appena meno buonsenso e quei due -tre, con quell’aliena del pianeta V12- fossero stati meno strani avrebbe ritenuto il tutto un’ipotesi abbastanza assurda.
 
«Verrò con te, Ember, anche se quella casa fosse nell’aldilà per davvero».
 
 


 
 
Sembrava impossibile… ma ce l’abbiamo (ho) fatta!
La canzone che canta Finnan si chiama “I Knew I Loved You”, dei Savage Garden.
Un’ultima nota nel caso a qualcuno sia venuto qualche dubbio: Vaen è un personaggio che appartiene a me e, aggiungo, è alla sua prima (e ultima, almeno qui) apparizione.
Alla prossima,
 
_Dracarys_
 
 
   
 
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