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Autore: Christine_Heart    14/01/2019    2 recensioni
«Tecnicamente non sono inglese. Non ho un nome, non ho un’età, una nazionalità e neanche un titolo. Ho solo il compito di aspettare e accompagnare».
«E non desidereresti tutto questo?»
«Non me lo sono mai chiesto…sì…forse sì…»
«E allora sarai Will».
Un sorriso si affacciò sul viso della figura seduta sul bordo del letto, illuminando la sua espressione compita.
«Grazie Freddie. Chiamami Will se vuoi» e aggiunse: « ed ora che ci siamo presentati, cosa vuoi fare?»
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freddie Mercury, Jim Hutton, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Quanto ho dormito? E tu chi sei? È da ieri che ti vedo li in piedi accanto al camino e non ti muovi. Sei un infermiere? Sei un sorvegliante? È difficile per chi ti ha pagato, starmi vicino e si lava la coscienza mandando un sostituto?»
Nonostante la grande difficoltà a parlare, dovuto all’ aggravarsi del male, la voce era uscita chiara, ben modulata e non come un bisbiglio come stava accadendo da un paio di giorni.
La porta si aprì e Jim entrò nella enorme camera da letto.
«Freddie…ti ho sentito. Parlavi nel sonno. Hai bisogno di qualcosa? Posso fare qualcosa per te?»

«Si per favore. Vorrei un tè, non molto caldo».
La voce era tornata un bisbiglio, ma l’uomo riuscì a sentire ed accennando un sorriso, si allontanò richiudendo la porta.
Gli occhi che erano rimasti abbagliati dalla luce entrata dal corridoio, stavano riabituandosi alla penombra della camera una volta richiusa la porta e la figura immobile accanto al camino era ancora li.
«Devo avere la febbre alta» pensò Freddie «Sono in preda al delirio…bene…altro regalo del mostro».
Rimase a fissare le decorazioni del soffitto immobile sotto le lenzuola di seta color perla mentre un senso di sconforto si faceva spazio nella sua mente. Era stanco ma più della stanchezza, era la sensazione di impotenza che lo angosciava. Avrebbe voluto tanto uscire in giardino, accarezzare Delilah, fare un bagno caldo e cullarsi nel soffice abbraccio della candida schiuma, ma non riusciva nemmeno più a pensare positivamente. Avrebbe voluto urlare ma anche ridere beffardo della sua condizione, ma temeva di urtare la sensibilità di Jim, un uomo gentile e determinato, ma consumato dal triste destino di Freddie.
Jim bussò garbatamente alla porta.
«Ecco il tè. Preferisci che te lo zuccheri?»
«In realtà vorrei una sigaretta Jim, ma ho deciso che smetterò definitivamente di fumare: mi fa’ tossire…»
Jim poggiò il vassoio sul comodino sorridendo.
«Non è una cattiva idea! Alcol e tabacco ci rovineranno prima o poi. Smettiamo finchè siamo giovani e belli».
Jim aveva ripetuto una delle frasi sentite mille volte dal compagno sperando che Freddie si fosse scosso un istante dal torpore, ed infatti riceve’ un sorriso in cambio, mentre sistemava il guanciale dietro la nuca dell’ amico.
«Grazie Jim, ma ora vorrei riposare. Ti prego, lasciami dormire ancora un po’».
«D’accordo…tornerò tra un’ ora a vedere se hai bisogno di qualcosa. Intanto starò di là a leggere» e con un sorriso, Jim lasciò di nuovo la camera, richiudendo la porta uscendo.
Freddie chiuse gli occhi inspirando profondamente, ma la tosse interruppe a metà l’ingresso dell’ aria nei polmoni martoriati, costringendolo a voltare il viso di lato.
Quando smise e tornò supino, di nuovo guardò verso il camino attratto da una sensazione.
Era sempre lì eppure si era spostato.
«Ma allora non sei un’ allucinazione! Puoi prendermi il fazzoletto che mi è caduto per favore?»
L’ombra si mosse per raccogliere il fazzoletto silenziosamente, evitando ogni rumore.
«Grazie signor…signor…? Come ti chiami?»
«Non ho un nome! Eppure mi han chiamato in tanti modi» accennò porgendo il fazzoletto appena raccolto.
Freddie sfiorò le sue dita prendendo il fazzoletto. Erano gelide sebbene l’uomo fosse stato accanto al focolare.
«Non hai un nome? E da dove vieni?»
«Da tanti posti e nessuno».
«Sei qui per me?»
«Sono qui per aiutarti. Vuoi che faccia qualcos’altro per te?»
«Vorrei che sparissi e magari portassi con te il mostro che mi divora da dentro».
«Questo non posso farlo, mi dispiace».
«E cos’è che puoi fare? Prendermi in spalla e portarmi via?»
«Sì se lo desideri, potrei».
«E allora sbrigati che non ne posso più. Non ha senso stare qui ad ascoltare il ticchettio dell’ orologio, sapendo che ogni secondo può essere l’ultimo. Portami via e finiamola».
La figura senza nome si sedette sul letto senza incurvare il materasso. Era come se non avesse peso e Freddie riuscì a vederne bene il viso. Era un adulto dai lineamenti regolari, occhi scuri e sopracciglia nere molto folte. Una barba brizzolata ma corta e curata gli contornava il viso ed gli dava un’ aria serena e piuttosto severa. Un blazer a doppio petto blu, su di un paio di pantaloni grigi e scarpe elegantissime nere, sicuramente fatte a mano. Alto e robusto, grandi spalle e carnagione olivastra. I capelli non erano perfettamente pettinati sebbene fossero in ordine.
«Potresti approfittare della presenza di Jim. Con forbici e un pettine, potrebbe sistemarti i capelli in pochissimo tempo».
«Jim mi vedrà e magari mi farò sistemare i capelli, ma non oggi. Ho il mio compito da svolgere».
«Sai ho sempre pensato che la morte, contrariamente allo scheletro col mantello nero e la falce, fosse una bellissima donna molto provocante. Mi sorprende vedere che sei una persona comune».
«Ma io non sono la morte! Io ho solo un compito da svolgere. Siamo in tanti e ci sono anche donne bellissime e sensuali. Proprio ieri ne ho vista una coi capelli rosso fuoco e gli occhi come due smeraldi…molto bella. Ti sarebbe piaciuta ma…ti sono capitato io. Mi dispiace».
Freddie rise di gusto dopo tanto tempo.
«E come funziona? Mi prendi e mi porti davanti al giudice supremo che mi elencherà tutte le mie azioni e deciderà il mio destino?»
«No. Sto qui ed aspetto che tu sia pronto. Quando vorrai ti accompagnerò…ho la macchina laggiù , parcheggiata dietro i salici».
«La macchina? Una Rolls come si conviene ad una regina?»
«No, mi dispiace. Una semplice berlina, ma molto comoda…»
«Nera immagino!»
«Blu…blu scuro metallizzato con interni in pelle beige ed uno splendido impianto audio a bordo. L’ho voluta così. Non accompagno solo regine…»
«Avresti potuto chiedere qualcosa di meglio».
«Personalmente avrei preferito un’ auto sportiva, una Porsche magari, ma ha solo due posti ed a volte mi capita di guidare per più persone. Magari in futuro cambierò idea e chiederò una Rolls, ma per ora c’è quella e va splendidamente».
«Sono curioso, avanti…vediamo quest’auto e dove mi porterai».
«Non ancora! Quando sarai pronto andremo».
«E quando?»
«Non appena avrai deciso di essere veramente pronto».
«Soffrirò?»
«Sì».
«E non si può evitare?»
«Non è un dolore fisico. Si tratta del dolore che si prova a lasciare ciò che si ama, i propri progetti, lasciare le questioni irrisolte. Ecco perché ti consiglio di non sprecare altro tempo…Jim sarà qui tra meno di un’ora lo sai».
«Quindi mi resta meno di un’ ora? Non riuscirò nemmeno a salutare gli amici più stretti, mia madre, i miei gatti…»
«Non farti condizionare dal concetto tutto umano del tempo che scorre. Basta un solo istante per cambiare il corso di migliaia di vite. So’ che non ti fidi né che accetti consigli, ma per una volta dovrai farlo».
«E dovrei fidarmi di te che non conosco?»
«No! Dovrai fidarti di te stesso. Io devo solo aspettare ed accompagnarti…»
«Mi sta venendo voglia di chiamarti Reginald…Reginald lo chaffeur. Suona bene, non trovi? Il sagace autista inglese…Reginald».
Si sorprese della sua stessa sfrontatezza. Del resto quell’ uomo altero aveva un che di solenne, incuteva rispetto. Non poteva essere un semplice autista.
«Tecnicamente non sono inglese. Non ho un nome, non ho un’età, una nazionalità e neanche un titolo. Ho solo il compito di aspettare e accompagnare».
«E non desidereresti tutto questo?»
«Non me lo sono mai chiesto…sì…forse sì…»
«E allora sarai Will».
Un sorriso si affacciò sul viso della figura seduta sul bordo del letto, illuminando la sua espressione compita.
«Grazie Freddie. Chiamami Will se vuoi» e aggiunse: « ed ora che ci siamo presentati, cosa vuoi fare?»
«Un brindisi per festeggiare! C’è della vodka sul tavolino lì accanto. Versatene anche tu, vuoi?»
Will guardando l’intarsio del parquet e senza sollevare lo sguardo rispose.
«Dovresti limitarti nel bere. Potrebbe ucciderti…»
Ridevano entrambi.



Era quasi inspiegabilmente riuscito a sollevarsi dal letto, ad andare in bagno, a lavarsi e vestirsi da solo, mentre Will aveva osservato tutto il tempo i quadri alle pareti. Si era versato un porto ed ogni tanto portava il bicchiere al naso per sentirne l’aroma mentre lo faceva roteare nel balloon e Freddie smettendo per un attimo di osservare la figura emanciata che lo specchio gli restituiva, lo prese in giro.
«Dì…non bevi mai in servizio?»
«Veramente non bevo mai, ma mi piace sentire gli odori. Tutto ha un proprio odore che può essere piacevole o meno, ma è uno dei segni distintivi delle cose. Qui dentro ad esempio è pieno di odori ai quali forse sei così abituato da non far nemmeno più caso o preferisci coprirli con altri odori che forse ti rassicurano…tipo questo puzzo persistente di sigaretta, di chiuso. Riesci a ricordare gli odori Freddie?»
«Ricordo bene il profumo delle spezie a casa di mia zia quando ero bambino: era ovunque, così intenso da dare fastidio, ma era un odore buono, troppo buono, rassicurante ed io cercavo di stare più lontano possibile dalla casa. Mi piaceva l’odore della benzina, dei gas di scarico delle auto, dei ristorantini di strada di Bombay. Era tutto così magnificamente vivo, in movimento, mutevole e quando venimmo in inghilterra, amai l’odore del kerosene degli aerei. Quando mi occupavo di caricare o scaricare i bagagli dalle loro stive, c’era sempre un’ autobotte che li riforniva. Quell’ odore forte era la promessa di partire, di vedere il mondo, di cambiare…di imparare cose nuove, di sperimentare».
Will lo osservava in silenzio sempre roteando il porto all’ interno del bicchiere. All’ improvviso versò il contenuto in un angolo del caminetto, poco lontano dalla fiamma crepitante, e poggiando il bicchiere su di un comodino esclamò:
«Bene…andiamo a sentire l’odore del kerosene!»
«Sai che non riesco quasi a muovermi accidenti. Mi stai prendendo in giro?»
Will aveva aperto la porta che dava sul corridoio e nella luce mattutina che ne filtrava, la sua figura era diventata un ombra nera mentre usciva dalla camera da letto. Si voltò un istante a guardare Freddie o meglio il suo ricordo vestito di abiti troppo grandi per il suo fisico e gli rispose:
«Se lo dici tu…» e si avviò verso l’androne senza più voltarsi.
Il primo passo fù incerto ma riuscì a farlo senza sforzo, così come quelli che lo seguirono. Uscì nel corridoio seguendo Will che era fermo davanti la porta a vetri socchiusa del salone. Freddie lo raggiunse e guardò a sua volta. C’era Jim che dormiva su una poltrona illuminata da un abat jour. Giornali sparsi sul pavimento ed alcuni piatti sporchi su di un carrello portavivande gli facevano compagnia. Freddie avrebbe voluto tornare in camera da letto a prendergli un plaid, ma pensò che forse era meglio non svegliarlo. Realizzò che nei giorni Jim s’era pressoché annullato senza darlo a vedere e non volle disturbare il suo sonno regolare ma leggero.
Tutti i gatti ad eccezione di Romeo erano vicino la porta che dava sul giardino ed uscirono silenziosamente quando Will l’aprì, tutti tranne Tiffany che per un istante trotterellò verso Freddie andandosi a fermare davanti la ciotolina dell’ acqua di Delilah. Era come se non vedesse l’uomo che cercava di attirare la sua attenzione.
Will si affacciò nuovamente apostrofando Freddie e scuotendolo dai suoi pensieri:
«Allora? Resti lì?»
Il giardino era perfettamente curato come sempre, e la fontanella gorgogliava.
Will era accanto alla Renault 25 lucidissima e quando Freddie si avvicinò all’ auto, aprì la portiera posteriore accennando una specie di riverenza:
«Maestà…» esclamò indicando con la mano l’interno dell’ auto.
Freddie sorrise compiaciuto, ma girò attorno all’ auto, aprendo lo sportello anteriore sinistro per sedersi, rimanendo interdetto trovando il volante.
«E' un’ auto francese…il volante è dalla parte giusta dell’ abitacolo. A meno che non voglia guidare tu, dovrai andare a sederti dall’ altra parte.. o dietro!»
Freddie leggermente piccato dall’esclamazione sul lato giusto dell’ abitacolo, passò davanti all’ auto ed aprendo lo sportello destro, si accomodò, sempre guardando di sottecchi Will il quale a sua volta prese posto, regolò il volante ed avviò il motore.
Si mossero molto silenziosamente. Il motore sembrava un gatto che fa le fusa e questo fù il pensiero di Freddie mentre dopo aver percorso il vialetto si immisero nel rado traffico mattutino in direzione dell’ aeroporto distante una trentina di chilometri ad ovest.
L’abitacolo era spazioso e le poltrone molto comode. Aveva ragione Will: era un’ auto, molto confortevole. Senza nemmeno pensarci, Freddie attivò il lettore di audiocassette sul cruscotto liberando le note delle Tosca. Freddie riconobbe la voce di Renata Tebaldi che intonava “Vissi d’arte” e socchiuse gli occhi, mimando il movimento del direttore d’orchestra.
«Ami l’opera Will? È una bella incisione questa».
«Ascolto tutto ciò che mi piace, anche l’opera, sebbene non proprio tutte mi appassionino».
«Ci hai mai ascoltato?»
«Stavo per venire ad un vostro concerto anche, ma ebbi da lavorare e dovetti rinunciarvi. Vi esibivate a Zurigo, nell’ 86».
«Vivi a Zurigo?»
«Ero lì per lavoro te l’ho detto».
«Sei sempre così enigmatico? Non ti rilassi mai…goditi il viaggio, anzi…non vorrei andare ad Heatrow. Andiamo in campagna o al mare: una così bella giornata…»
«Molto bene».
«E quale canzone ti pace dei Queen? Sono curioso».
«Me ne piacciono molte in verità, ma forse quella che ascolto più volentieri è “Lily of the valley”».
«Ma non la ricordiamo quasi nemmeno più noi quella canzone. Non riesco nemmeno più a ricordare il lato B di quale altra canzone sia».
«E' il lato B di “Here i am” ma il fatto che non sia diventata una hit non dovrebbe metterla in secondo piano rispetto ad altre. Comunque è molto bella.»
«Non tutti l’hanno apprezzata».
«Non tutti hanno gli stessi gusti».
Freddie era soddisfatto e lusingato allo stesso tempo. Will non era uno dei tanti che si fermava ad ascoltare il facile successo proposto dal juke box o dalla radio. Se fosse stato un suo fan, sarebbe stato uno di quelli che lui ringraziava col cuore quando cantando “We are the champion” diceva “Mi avete dato fama e fortuna e di tutto questo vi ringrazio” sicuramente ne sapeva anche di musica e forse addirittura era un musicista a sua volta, ma non glielo chiese. Will era di poche parole e sentiva che se avesse insistito a parlare di musica, sarebbe diventato altezzoso ed irriverente nei suoi confronti e Will, forse solo per buona educazione o per professionalità, lo avrebbe lasciato fare senza ribattere, limitandosi a guidare.
Fù Will che poco dopo riprese il discorso esclamando:
«Le ultime canzoni…sono molto buone. Hai fatto un gran lavoro nonostante la stanchezza e le difficoltà».
«Come lo sai?»
«Tu mi vedi da ieri, ma è da un po’ che ti seguo. Quei ragazzi si sentono persi, Jim si sente perso, Peter...Mary…Beach, chiunque faccia parte della tua vita si sente perso e sa che non può farci nulla se non tacere e starti quanto più vicino possibile. Freddie Mercury è una montagna troppo alta da scalare per chiunque e nonostante questo ti stanno accanto e lavorano come meglio possono. Ti piacerà sapere che porteranno avanti il tuo ricordo come meglio potranno…anche col silenzio a volte».
«Sai, non è la morte che mi spaventa. Deve succedere prima o poi, è naturale, capita a tutti, non ho paura di morire…è che ho talmente tanti progetti, così tante idee. Mi dispiace non finirli. Sto lasciando molto materiale a Brian, materiale che potrà usare se vorranno, portare avanti i Queen…mi piacerebbe che lo facessero, per loro soprattutto».
«Non consideri una cosa però».
«Cosa? Cos’è che non considero?»
«Non sarebbero i Queen. Assieme avete fatto grandi cose, ma assieme. Divisi, senza il frontman, quello che tutti vedono correre sul palco, sarebbero ancora i Queen? Perdona la mia franchezza, ma è innegabile che molti vengano ai concerti per vederti. Tolto lo spettacolo che dai ogni volta, il personaggio Freddie Mercury, quanti accorrerebbero ancora a Wembely ad esempio? I più affezionati sicuramente, ma piano piano, l’interesse calerebbe…è normale. Del resto, di te, quanti conoscono la maschera e quanti l’uomo?»
«Temo che in realtà non mi conosca nessuno a parte loro, a parte Mary e Jim e pochissimi altri. La colpa è mia…non ho mai lasciato avvicinare tanto le persone. Credevo di si, ma ora mi rendo conto che ho condiviso molte cose con le persone sbagliate».
Aveva quasi bisbigliato queste parole, lo sguardo perso a contemplare la campagna che viveva placida fuori del finestrino. Migliaia di fan osannanti, di addetti, di giornalisti, di corpi conosciuti una sola sera, i manager, i discografici, tutti a spartirsi un pezzo di lui senza troppo curarsi di chi realmente fosse. L’istrionico Mercury, il folle Mercury, il vizioso Mercury, tutti come moscerini a mordere un pezzetto di Mercury. Fù quello il momento in cui si sentì irrimediabilmente solo. Era stato solo per tutta la vita alla ricerca di qualcosa che lo accomunasse agli altri, che lo portasse ad essere accettato, ma aveva preferito nutrirsi degli applausi e della benevolenza effimera.
Aveva avuto a cuore molte persone e di parecchie di queste, continuava a vario titolo ad occuparsi mantenendone i contatti senza aver mai realmente sciolto i legami. Infondo era quanto suo padre gli ripeteva da sempre “buoni pensieri, buone parole, buone azioni” la massima zoroastriana che lo aveva guidato fin da bambino, sebbene avesse mantenuto uno stile di vita selvaggio, dissoluto ed estremo, quello che piaceva a chi lo vedeva. C’erano così tante voci e dicerie su di lui, ma in realtà nessuno, nessuno che lo conoscesse.
«Will?»
«Dimmi»
«Cosa troverò? Puoi dirmelo?»
«Non posso perché non lo so Freddie. Non conosco ciò che succede dall’ altra parte e francamente non so nemmeno se ci sia un’ altra parte. Io vi accompagno ad uno dei punti di passaggio e resto qui. Vi ho visti entrare a migliaia, ma cosa succeda realmente subito dopo, non l’ho mai saputo. Ascolto le vostre storie ma non giudico o interferisco. Vi vedo solo andar via…»
«Come fai? Non senti il peso di tutte queste storie? Non le condividi con nessuno?»
Il silenzio ovattato dell’ abitacolo permise di sentire il profondo sospiro di Will che apparentemente imperturbabile, non staccava gli occhi dalla strada, tenendo saldamente il volante.
Era forse quello il motivo per cui Will era apparso? D’improvviso Freddie realizzò che la solitudine e l’infelicità di tutta una vita erano poca cosa nei confronti di quelle di quell’ uomo silenzioso che lo accompagnava verso il suo destino. Fù in quel momento che Freddie riuscì a perdonarsi, così da perdonare tutti, dimenticare i rancori e riuscire ad essere finalmente sereno.
«It's all so beautiful. Like a landscape painting in the sky, yeah. Mountains are zoomin' higher, uh. Little girls scream an' cry. My world is spinnin' and spinnin' and spinnin'. It's unbelievable. Sends me reeling. Am I dreaming. Am I dreaming? Ooooh…it’s bliss» canticchiò a bassissima voce.
Le ore passavano, i chilometri scorrevano ed il viaggio sembrava interminabile pensò Freddie, ma proprio mentre faceva questa considerazione, Will, uscì dalla strada asfaltata per imboccare una via sterrata. Giunsero ad auna radura antistante un bosco di pioppi e l’auto si fermò.
«Ci siamo Freddie. Devi andare in scena!»
«Qui? In un bosco del Middlesex?»
«E' uno dei punti d’accesso. Devi solo seguire il vialetto ed addentrarti nel bosco».
Scesero dall’ auto e Freddie rimase immobile cercando di vedere una porta, un passaggio, una luce…qualcosa che indicasse un altro luogo, ma nella luce vespertina non riuscì a vedere nulla
«Ma quanto tempo è passato? Sta facendo buio ormai. Jim starà impazzendo, avrà chiamato tutti non trovandomi…mi staranno cercando».
«Sono passati pochi minuti da quando ha chiuso la porta della camera da letto, non preoccuparti».
«Non ho potuto nemmeno salutarlo. Non ho salutato nessuno».
«Chi ti ha voluto bene, continuerà a tenerti con se. Perché dirsi addio? Infondo vi rivedrete tutti prima o poi…c’è solo da aspettare».
Osservò i suoi profondi occhi scuri.
«Sei un brav’uomo Will. Rivedrò anche te prima o poi?»
«La risposta è li davanti ai tuoi piedi» rispose avvicinandosi e tendendogli la mano che Freddie strinse a lungo. Quella stessa mano che non era più gelida, dalla stretta decisa e sicura.
Tentennò pochi secondi ma poi si avviò deciso verso i pioppi.
«Fat bottomed girl».
«Cosa?»
« Lily of the valley mi piace molto ma onestamente se dovessi che so’…canticchiare una vostra canzone magari guidando, sarebbe Fat bottomed girl!»
Freddie s’incamminò ridendo e si sentì ridere ancora per qualche istante dopo che entrò nel bosco…


Peter Freestone stava riagganciando la cornetta dopo aver avvisato Roger di non venire.
“Freddie è morto…” aveva detto.




...Inizio!






Note dell’autrice:
Un esperimento, scritto di getto con mio padre, dopo la terza visione del film Bohemian Rhapsody.
Perchè Freddie è l'uomo dei miracoli...

Spiegazioni:

Ooooh…it’s bliss: Verso tratto dalla canzone A Winter's Tale dei Queen, pubblicato il 18 dicembre 1995 come secondo singolo estratto dall'album Made in Heaven, dello stesso anno.
  
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