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Autore: AlessiaDettaAlex    15/01/2019    1 recensioni
[Post LLS! | Mari!centric + OC | Alma Mater Studiorum | Raccolta di OS | Slice of life di ordinaria demenza universitaria | Crossposting con Writer's Wing]
Quando Mari mette piede in Italia, più precisamente a Bologna dove frequenterà il corso di laurea in Economia Aziendale, non ha idea delle avventure assurde che si ritroverà a vivere insieme al suo nuovo gruppo di amici svitati italiani.
Io sono qui per raccontarvele.
"«Ma senti, tu sei cinese?»
«What? No!»" [Dal capitolo 0]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mari Ohara
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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0. Piacere, Mari
 
La prima cosa che le venne in mente quando raggiunse il suo appartamento in via Rizzoli, è che i genitori avevano speso fin troppo per farla stare comoda a Bologna. Non che non apprezzasse la finestra con vista Piazza Maggiore e i centotrentasette metri quadri di due camere da letto, un salotto, un bagno, una cucina, tutto a due passi dalla facoltà di Economia. Era solo che le sembrava eccessivo per un soggiorno in Italia che immaginava non sarebbe stato definitivo.
Passò una mano sul tavolo di vetro della sala, trascinando con sé la valigia fino a una delle due camere da letto.
Così se vuoi invitare qualcuno a farti compagnia quando ti senti sola, hai dei letti in più!
Sorrise al ricordo delle parole di sua madre; era di un’esuberanza semplice e tenera a suo modo, e anche se non voleva darlo a vedere era preoccupata per la prima esperienza da sola all’estero di sua figlia. Era quasi sicura che a insistere per l’appartamento comodo in centro fosse stata lei, per la premura che ogni mamma, ricca o meno che sia, solitamente ha. E poi perché il primo pensiero di suo padre era quasi sempre rivolto al risparmio: Mari non aveva mai pensato a lui come a un cattivo padre, ma era spesso difficile distinguere il razionale e calcolatore uomo d’affari dal padre affettuoso e fiero.
Entrambe le stanze avevano un letto matrimoniale, per cui mollò la valigia in quella che le ispirava di più e si gettò sul letto. Un’ulteriore valigia e un borsone erano ancora in salotto, parcheggiati lì qualche ora prima da un facchino alle dipendenze degli Ohara, ma non aveva voglia di cominciare a mettere a posto. Dopo un po’ si alzò dal letto e si affacciò alla finestra: sulla sinistra, in fondo alla via, le due Torri campeggiavano in pendenza, svettanti e immobili guardiane della città millenaria.
 
Camminando per via Zamboni verso piazza Scaravilli, ebbe l’impressione di esser tornata bambina, quando guardava con curiosità e timore le spiagge e il mare sconosciuti di quando si trasferì la prima volta a Uchiura. Allora non ci aveva messo molto per trovare occhi che si incastonassero nei suoi, braccia piccole intorno alle sue spalle che le chiedessero di fare amicizia. Era fiduciosa nel fatto che anche questa volta non sarebbe stato un problema, anche se l’età anagrafica era diversa.
Entrò nell’aula a passo sicuro, sebbene non si sentisse mai troppo a suo agio quando non conosceva nessuno; c’era un gruppo di ragazzi seduti, qualcuno di loro la seguì con lo sguardo mentre prendeva posto.
A poco a poco l’aula si riempì, scaldandosi della presenza di una folla di matricole e rendendo l’ambiente più afoso di quel che era. La ragazza seduta alla sua sinistra, una giovane coi capelli ricci e disordinati e l’occhio vispo, smanettava con le tante penne colorate nel suo astuccio, probabilmente retaggio della scuola superiore, imprecando a bassa voce.
Mari rise tra sé. Faceva ancora un po’ di difficoltà con l’italiano, ma sulle imprecazioni era particolarmente ferrata, visto che suo padre ne usava spesso di molto colorite quando si arrabbiava.
Il professore di Diritto privato arrivò con dieci minuti di ritardo. Spese mezz’ora per la presentazione del corso, poi attaccò a spiegare di fronte alle sue duecento matricole ancora profondamente in soggezione alla loro prima lezione universitaria. Mari prendeva appunti, attenta come poteva, cercando di non farsi sfuggire il significato generale del discorso anche se perdeva qualcosa delle parole specifiche. La ragazza accanto dopo un’ora sbuffò e iniziò a dire cose tra sé; Mari si voltò verso di lei incuriosita e anche la riccia allora la guardò: prima sorpresa, poi dispiaciuta.
«Ah, scusami»
Ma Mari alzò la mano per farle intendere che non c’era alcun problema. Si sorrisero, poi tornarono a concentrarsi sul discorso del professore. Quando la lezione finì prese coraggio e si voltò verso di lei per presentarsi, ma porse la mano al vuoto. Se n’era già andata.
 
A Diritto privato era facile distrarsi, dopo aver seguito un certo numero di lezioni. La ragazza riccia, seduta due posti più a destra rispetto a Mari, era passata dal prendere appunti sulla differenza tra persona giuridica e persona fisica a riempire il suo quaderno di ghirigori stanchi ma elaborati. Nelle scorse lezioni avevano finito per sedersi sempre l’una nei paraggi dell’altra, ma Mari non aveva ancora avuto il coraggio di andare a presentarsi. Non era più abituata a sentirsi così timida con le persone che non conosceva. Guardò distrattamente i disegni sul suo quaderno, con la testa appoggiata al palmo della mano e la penna trattenuta tra le dita penzoloni oltre il banco. Questa volta non si accorse nemmeno di quando il professore dichiarò conclusa la lezione, e a riscuoterla fu il tonfo dei quaderni chiusi dei suoi colleghi e lo spostamento delle sedie. Ripose i suoi oggetti nella borsa, quando un ticchettio sulla sua spalla le fece sollevare lo sguardo.
«Ciao. Piacere, sono Mari»
Mari sbarrò gli occhi e rimase per un attimo a guardarla confusa, senza sapere come risponderle.
«Cioè, scusa, magari non parli italiano e-»
«No, no, lo parlo!» si affrettò a dire Mari alzandosi in piedi e stringendole la mano.
La ragazza si illuminò in un ampio sorriso.
«Sono Marianna. Ma puoi chiamarmi Mari»
Rise, non riusciva a crederci.
«Io sono Mari! Ohara Mari».
 
La conversazione che ebbero davanti a un caffè qualche ora più tardi, fu quella che, a ripensarci a posteriori, sarebbe stata la cartina tornasole del loro rapporto.
«Ma senti, tu sei cinese?»
«What? No!»
«Fammi idovinare, sei coreana!»
«Sbagliato ancora, sono giapponese! Con origini italo-americane»
«Ah scusa. Voi asiatici mi sembrate tutti uguali».


 
Note di Alex
Buongiornissimo kafè!
Sono tornata con un progetto che ho da mesi, ma che solo ora ho avuto finalmente il coraggio e l'ardire di iniziare.
Sarà una raccolta di one-shot, l'introduzione spiega già tutto il resto. Ah, ho messo l'avvertimento OOC perché Mari in effetti può sembrarlo, ma dopo un po' di ragionamenti su di lei mi sono convinta che sia fondamentalmente un po' timida quando deve agire in un luogo che non conosce, con persone nuove. Tra qualche capitolo tornerà la Mari che tutti conosciamo!
Fatemi sapere che ne pensate,
Alex
   
 
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