Steve si avvicinò lento, stanco, esitante. Tony, dritto di fronte a lui, non alzava lo sguardo da terra. A stenti era riuscito a scendere dalla navicella di Nebula e mettere piede sul terreno del Wakanda, così segnato da quella prigionia nello spazio, da quella perdita sofferta nel profondo della sua anima.

''Tony''.

Così Steve gli aveva servito su un piatto d'argento l'incubo più grande in questi due anni che li aveva visti combattersi: aveva udito la sua voce languida chiamarlo, come il richiamo di casa, il reclamo disperato di un alpha per il suo omega.

Sentii il legame fremere, come se avesse voluto staccarsi dal suo collo e gettarsi fra le spalle grandi del suo alpha e lasciarsi morire lì. Non era un fremito d'eccitazione, era un brivido, uno shock della sua pelle per essersi accorta che davanti a se c'era quel qualcosa a cui lui aveva scelto di appartenere. Tony finalmente alzò gli occhi.

Cominciò a correre, le ossa dolevano e i polmoni a stento riuscivano a dargli abbastanza aria per fare un passo in più, ma ci riuscì.

Uno, due, tre, ogni metro che li divideva era stato lasciato alle spalle, tutte le cose che li aveva separati, tutte le battaglie e le incomprensioni, non avevano scalfito la loro voglia l'uno dell'altro, la bramosia di sentirsi, di toccarsi e di ascoltare finalmente i loro respiri uniti come le note delle canzoni tribali del Wakanda, che per un attimo avrebbe giurato si fossero fermate, quel preciso istante in cui i loro corpi si ritrovarono e potettero sciogliersi e fondersi uno dentro l'altro, perchè così doveva andare.

La battaglia era stata persa, Thanos aveva schioccato le dite e metà universo era scomparso, dissolto come polvere nel cielo. Era difficile dire quando dovevano accorgersi che stava iniziando ad andare tutto male: forse da Ultron, o da quel giorno in Siberia... avevano lasciato che la battaglia riguardasse loro e non il mondo, anzi, l'universo che dovevano proteggere. E ancora più stupito si ritrovava Stark a comprendere che qualcosa di così orribile potesse colpirti, buttarti a terra, calpestarti così alla sprovvista. Avevano vinto talmente tante battaglie contro nemici imbattibili che iniziavano a darlo per scontato. Credevano di essere destinati alla vittoria e probabilmente quella vena pulsante nel collo di Tony che in qualche modo lo faceva ringhiare di rabbia lo sapeva, avrebbe preferito decapitare quel maledetto titano invece di ritrovarsi a vagare nello spazio per chissà quanto tempo, ma le mani forti di Steve avevano annebbiato anche quella vena, riportandolo alla realtà, dove di rabbiose c'erano solamente le lacrime, che con prepotenza traboccavano dai suoi occhi.

Non avevano perso solamente una battaglia e i loro amici, non avevano perso metà della popolazione mondiale, avevano perso il loro bambino e Steve lo sapeva.

Steve sapeva che Tony aveva visto il loro cucciolo pregare per non andarsene, pregare di continuare a vivere, prima di venire strappato dalle sue braccia con così tanto amaro in bocca.

Lo sentiva in tutto il corpo di Tony che Peter non c'era più, poteva quasi vederlo diventare polvere, lasciare questo mondo così piccolo, così impaurito, così... abbandonato. Avrebbe voluto urlare, lasciare che i suoi polmoni e la sua gola andassero in pezzi come il suo cuore. Ma la paura di perdersi entrambi ancora una volta, uno nella morte e l'altro ancor più nel dolore, li attanagliò al terreno con il forte desiderio di non lasciarsi mai più. Si erano divisi ed avevano combattuto, erano stati sciocchi, accecati dall'orgoglio, e in quell'istante si accorsero di doverne pagare le conseguenze.

Non era riuscito a farsi perdonare, Steve, ha abbandonato suo figlio e vivrà per il resto della sua vita con il rimorso di non aver rimediato all'errore più grande.

Non era riuscito a dirgi nulla, in tutto quel tempo trascorso lontano da lui non era riuscito a chiamarlo una volta, l'aveva lasciato andare senza riuscire a dirgli un'ultima volta ''Ti voglio bene''.

Quel bambino allegro e birbante, quell'assoluto dono più prezioso, Peter... Peter non c'era più.