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Autore: pamina71    17/01/2019    8 recensioni
1777. Oscar è ancora alla Guardia Reale, Fersen è ancora in Svezia (dalla cronologia del manga).
Tutto procede come di consueto, sino al giorno in cui cominciano ad giungere messaggi molto particolari.
Qualcuno da aiutare, oppure da salvare.
Talvolta Oscar deve agire da sola, talaltra con André, ed altre ancora in cui è lui solo a dover sbrogliare la matassa.
Vagamente noir, ma molto più leggero delle mie ultime storie.
Credits: L'Assommoir – Io sono il messaggero
Genere: Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. La lentezza

 

Oscar si sedette al tavolino su cui una solerte cameriera aveva già posto il necessario per la colazione, in attesa di Andrè, che arrivò poco dopo, zoppicando vistosamente. Proprio a cagione della sua ferita, aveva fatto approntare a piano terra, di fronte alla vetrata spalancata che dava sul giardino

- Ti fa molto male?

- Non troppo. Faccio fatica a salire e scendere le scale, ma per il resto me la cavo.

- Quindi non puoi nemmeno montare a cavallo. Tu resterai a casa un altro paio di giorni, non solo oggi.

- Ma…

- Nessun ma. Sei ferito a causa mia. Sono convinta che quel lampadario fosse un tranello della Polignac. E sono io che le do fastidio, mica tu.

- Ovviamente le dai fastidio. Più che fastidio, persino. Con le raccomandazioni che fai a Sua Maestà, ultimamente, non ti sei certo guadagnata le sue simpatie. E, a differenza di quei pochi altri che tentano di ricondurla alla ragione, a te dà retta. Almeno un pochino. E questo ti rende terribilmente invisa alla Contessa.

- Appunto.

- E proprio per questo non posso lasciarti andare a Corte da sola.

- Ti assicuro che non sarò mai sola. Farò in modo che Girodelle o una delle Guardie sia sempre con me.

- E anche io. - Aggiunse una voce decisa, che giungeva dalla porta.

Il generale in congedo stava giungendo appoggiandosi al bastone, evidentemente rientrando dalla passeggiata mattutina che gli era solita.

- So perfettamente di non sembrare la persona più adatta, ma la mia lentezza mi dà modo di osservare quello che mi accade attorno. Anche ciò che a voi, talvolta, sfugge.

Il vecchio fece un sorriso sghembo.

- Come, ad esempio, il fatto che nel salottino c'è un'altra di quelle bottiglie che ultimamente vi turbano così tanto.

Poi si godette il risultato che gli era riuscito di ottenere.

- Non crederete per caso che nessuno noti i vostri maneggi? Giungono bottiglie,e voi due iniziate a sparire la sera, ad andare a Parigi un giorno dopo l'altro. Forse potete farla in barba a mio nipote Augustin, così preso dall'esercito che non si accorge cosa gli accade in casa. Ma io sono vecchio, sono lento, ed ho agio di osservare quanto avviene.

I due giovani rimasero senza parole. Credevano di essere passati inosservati.

- Allora? Debbo andare io a prendere il messaggio?

Solo allora Oscar si riscosse, e si diresse rapidamente verso il salottino, dove la bottiglia campeggiava sul tavolino posto di fronte alle due poltroncine.

Una volta tornata indietro, vide l'anziano militare recarsi nuovamente verso la porta che conduceva al giardino.

- Zio! - Lo chiamò – Non volete sapere di cosa si tratta?

Il Generale levò una mano senza voltarsi. Il gesto indicava chiaramente che la cosa non lo interessava. O che forse ne sarebbe venuto a conoscenza in qualche altra maniera.

Oscar volse lo sguardo alla bottiglia. Rimase per un attimo a fissarla, prima di romperne il collo ed estrarre il foglio contenuto all'interno. Lo aprì e si sedette accanto ad André per osservarlo.

Una copia di un'acquaforte, forse tratta da un volume. Un uomo in ricche vesti, al centro del disegno, reggeva un bambino, un infante, con la mano sinistra, ed una spada nella destra. Al suo cospetto, due donne: una in lacrime ed una dall'atteggiamento beffardo.

- Il giudizio di Salomone1…- sussurrò André.

L'interpretazione del disegno pareva chiara. Non vi era parò un'indicazione visibile del destinatario.

Allora girò il foglio e rimasero entrambi di sasso.

L'indirizzo era quello di Palazzo Jarjayes e, sotto, compariva il nome di Rosalie Lamorlière. Ad Oscar mancò il fiato. Cosa significava?

André attese che si riprendesse, prima di rivolgerle nuovamente la parola.

- Rosalie è qui. Chiediamoglielo.

 

La trovarono nel giardino, seduta all'ombra di una pergola, con un libro in mano. Presero l'argomento alla larga, iniziando a raccontare di alcuni “casi” introdotti da un indizio curioso.

- L'ultimo suggerimento è arrivato da poco, e fa riferimento al giudizio di Salomone.

La giovanetta alzò lo sguardo, che appariva sereno e non pareva dubitare che la cosa la riguardasse.

- E sul retro proseguì Oscar - era riportato il tuo nome.

Rosalie sbiancò, si morse il labbro inferiore, e alcune lacrime si affacciarono agli angoli degli occhi. Ormai si erano abituati alla facilità con cui cedeva al pianto. Probabilmente una grande sensibilità unita alle dure condizioni di vita dei sui primi anni l'avevano resa decisamente incline al melodramma.

Attesero che il parossismo di pianto cessasse, per poi interrogarla dolcemente.

- Sai a cosa potrebbe riferirsi?

La ragazzina annuì. Poi si deterse le lacrime con un fazzolettino di batista, sospirò e iniziò a parlare.

- Credo di saperlo. Chiedo scusa di non avervi mai detto nulla, ma era una cosa che volevo cancellare dai miei ricordi. Vi giuro, non ho mentito. Volevo dimenticare.

- Dimenticare cosa?

- Ecco, mia madre, prima di morire, mi confessò...mi disse… - Si interruppe per un nuovo singhiozzo – che non era la mia vera madre.

Una serie di singulti la scosse, mentre André ed Oscar la osservavano con gli occhi spalancati, senza aver nulla da dire di fronte ad una tale ammissione.

- La mia vera madre è un'aristocratica. Il suo nome è Martine Gabrielle. - Concluse, quasi urlando. Poi si alzò e corse verso il palazzo, veloce quanto poteva esserlo con l'abito che indossava.

La osservarono andar via.

- Quindi il nostro messaggero lo sapeva. E' a conoscenza di una cosa che riguarda Rosalie di cui eravamo all'oscuro persino noi. - Osservò André.

- Non posso dire che la cosa mi rassicuri. - Rispose Oscar.

- Non fa piacere neanche a me. E pensa come può sentirsi quella povera ragazza.

- Ha detto di volerlo dimenticare.

- Ma è corretto che sappia.

- Allora saprai cosa fare domani e negli altri giorni in cui il ginocchio ti terrà fermo.

- Cercherò di capire chi è questa Martine Gabrielle. E se la troverò, le dirò il nome completo se e solo se vorrà davvero saperlo.

- Davvero pensi che nessuna curiosità farà in modo che te lo chieda?

- Non lo so. Davvero sono dubbioso. Provo ad immaginare come si senta, ma non riesco ad immaginarlo. Io sono orfano, ma so chi ho perduto. Lei no.

- Anch'io sono perplessa… ma forse al suo posto vorrei sapere chi sono in realtà. E vorrei chieder conto alla mia madre naturale dell'abbandono. Perché non l'ha voluta?

- Una figlia illegittima, suppongo. Non credo ci voglia una grande fantasia.

Oscar rimase un momento pensierosa. Che un figlio fuori dal matrimonio fosse un problema quasi sempre solo per la madre era risaputo, ma non si era mai fermata a considerare accuratamente la portata di quella consuetudine. Gli uomini erano più o meno liberi di comportarsi a loro piacimento, il discredito, il danno sarebbero ricaduti sulle spalle delle loro amanti. E avrebbero macchiato il destino dei figli. Rosalie aveva patito la fame, per queste consuetudini.

 

Il mattino seguente, Oscar si recò alla Reggia, mentre André si apprestava al noioso compito di controllare vecchi registri nobiliari.

Dopo aver sbrigato le consuete incombenze del mattino, mentre le Guardie si recavano agli allenamenti, si intrattenne con l'ufficiale per parlare dell'incidente occorsale con il lampadario.

- La corda era evidentemente stata manomessa. L'ho conservata, nel caso ci dovesse servire. Si vedono chiaramente le fibre tagliate per più di metà spessore. Non erano sfilacciate per il lungo utilizzo.

- Ma non si sa chi sia stato, immagino.

- Evidentemente, no. Ho verificato il mio ricordo, le funi erano state sostituite da non più di due giorni. Ma chiunque avrebbe potuto passare nottetempo per danneggiarle. Oppure farsi passare per un valletto o, perché no, una cameriera, e danneggiarle fingendo una manutenzione.

- D'altra parte, chi ci interessa è il mandante.

- E Voi avete un sospetto, vero?

- Si, ma non posso provarlo. Lo sguardo deluso della Polignac era molto indicativo. Lo dico a Voi, perché so di potermi fidare.

- Quella donna non piace nemmeno a me. Sta danneggiando le Francia, la Regina, le casse della Corte.

- Teniamola d'occhio. Vediamo se si tradisce. Oggi la incontreremo comunque.

 

 

   
 
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