Una
ragazza con gli occhi
azzurri e lunghi capelli biondo platino volava da alcune ore nel
Sakura Cosmos in compagnia del suo inseparabile gatto parlante blu di
nome Happy per recarsi a una fiera su un pianeta vicino quando la sua
astronave cominciò a fare strani rumori.
“Maledizione!
Com'è
possibile? L'avevo appena fatta revisionare!”
esclamò allarmata
dando un'occhiata agli indicatori davanti a lei, che in quel momento
lampeggiavano per segnalare un problema decisamente grosso.
“Che
succede, Rebecca?”
domandò l'amico avvicinandosi.
“Non
ce la faremo ad
arrivare in queste condizioni!” gli spiegò la
giovane,
indicandogli la fonte della sua crescente preoccupazione, mentre il
mezzo iniziava già a dare i primi scossoni.
“Siamo
nei guai! Non c'è
da queste parti un pianeta qualsiasi su cui atterrare per
ripararla?”
gridò il gatto in preda al panico drizzando il pelo.
“Sì,
ma non credo che sul
più vicino troveremo un meccanico e dei pezzi di
ricambio” disse
Rebecca sconsolata dopo aver consultato la mappa stellare su uno dei
monitor. “Una volta Granbell era un posto fiorente, ma sono
tanti
anni che è disabitato e probabilmente ormai ci saranno solo
rovine”
aggiunse, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Ma quella
dannata astronave doveva proprio mettersi a fare i capricci nelle
vicinanze di quel vecchio parco giochi in disuso?
“Che
altra scelta
abbiamo?” le fece notare saggiamente Happy, appoggiandole sul
braccio una zampina con fare rassicurante.
“Hai
ragione, dobbiamo per
forza atterrare lì” convenne la ragazza con un
sonoro sospiro e
un'ultima occhiata agli strumenti che segnalavano la sua condanna
prima di assumere improvvisamente un'espressione determinata non
appena realizzò che ogni secondo perso poteva fare la
differenza.
“A
tutta birra verso
Granbell, allora. Tieniti forte!” raccomandò
all'amico, virando di
colpo e accelerando poi il più possibile verso il pianeta
disabitato.
Ben presto, nonostante gli
scossoni sempre più frequenti e qualche momento di puro
panico,
arrivarono abbastanza vicini al suolo da distinguere, in mezzo al
verde di una foresta e all'azzurro di un mare, un enorme palazzo con
delle casette intorno e la ragazza, avvistato un piccolo porto
naturale sulla costa, si diresse da quella parte riuscendo ad
atterrare sull'acqua senza troppi danni. Non era stata affatto una
manovra facile, ma almeno così avrebbero evitato di
precipitare nel
malaugurato caso in cui il mezzo avesse deciso all'ultimo di
abbandonarli. Adesso dovevano solo sperare che il motore riuscisse a
portarli sulla terraferma.
“Non
è come me lo
aspettavo” commentò Rebecca poco dopo contemplando
la cittadina
che pian piano si ingrandiva davanti ai loro occhi mentre il
velivolo, ancora miracolosamente funzionante, solcava le onde diretto
verso la riva.
“Che
ci sia ancora
qualcuno da queste parti?” azzardò Happy dubbioso.
“Non
credo. Il computer di
bordo dice che è da circa un secolo che gli abitanti hanno
abbandonato il pianeta” ribatté la ragazza.
“Ce
la fai a lanciare un
SOS?” domandò il felino.
“Purtroppo no. Temo
proprio che dovremo arrangiarci da soli” gli rispose
preoccupata
Rebecca dopo qualche tentativo andato a vuoto.
A
questo punto il gatto,
ben
consapevole che l'amica purtroppo non era un granché come
meccanica,
si lasciò sfuggire un lieve sospiro, ma non
disse nulla. Non
era il momento di essere così negativi, e il fatto che il
computer
principale, per loro fortuna, fuzionasse ancora era già un
grande
aiuto. Senza contare che, nonostante la momentanea mancanza di
collaborazione, non era detto che di lì a poco il segnale
non si
sarebbe ripristinato, permettendo loro di avvertire le
autorità e
far arrivare i soccorsi...
Nel giro di qualche minuto,
bene o male, l'astronave raggiunse la spiaggia e i due passeggeri
poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il pericolo non
era certo passato, data la situazione, ma il solo fatto di essere
riusciti a fermarsi in un posto relativamente adatto alle necessarie
riparazioni senza rimetterci almeno qualche osso era quasi un
miracolo.
Restava
purtroppo la parte più difficile per Rebecca, che
consultando il
manuale presente nel computer di bordo, si mise comunque d'impegno
per cercare di capirci qualcosa. Per sua disgrazia, però, il
problema doveva
essere più
serio del previsto e alla fine, per non rischiare di provocare altri
danni con la sua scarsa abilità in materia, fu costretta a
rinunciare. Nel frattempo, a intervalli più o meno regolari,
aveva
riprovato più e più volte a tentare di far
partire l'SOS, ma il
segnale era sempre rimasto ostinatamente interrotto.
“Che
cosa devo fare,
Happy?” si disperò a un certo punto quando il suo
stomaco, tanto
per peggiorare ulteriormente la situazione, decise di ricordarle che
l'ora di pranzo era passata da un pezzo. Pensando di dover fare un
breve viaggetto tra un pianeta e l'altro per documentare sul suo
canale b-cube un evento molto atteso da cui sperava di ottenere tante
visualizzazioni, non aveva nemmeno portato delle provviste...
“Dall'alto
avevamo visto
una foresta, se non sbaglio. Potremmo provare a farci un giro. Magari
troviamo almeno qualcosa da mangiare” suggerì
l'amico pensieroso.
La
ragazza annuì e insieme si diressero in silenzio verso la
città.
Sarebbe stato troppo chiedere nel frattempo una risolutiva
illuminazione riguardo ai problemi dell'astronave, o almeno la
possibilità di ricevere gli adeguati soccorsi per sbloccare
la
situazione?
Camminando per le strade in
cerca di un'uscita verso i boschi che li circondavano, si accorsero
con grande stupore che davvero gli edifici, a dispetto del tempo,
erano ancora tutti in buono stato come gli era sembrato mentre si
avvicinavano dal mare. Gli unici segnali che si trovavano in una
città abbandonata erano l'assoluto silenzio che regnava
ovunque e
l'inquietante assenza di anima viva.
“Ehi!
C'è qualcuno? Avrei
bisogno di aiuto, per favore” iniziò a chiamare la
ragazza dopo
qualche minuto, tanto per non lasciare nulla di intentato. Sapeva
benissimo che probabilmente era inutile, ma restava il fatto che le
costruzioni abbandonate un secolo prima sembrava fossero state appena
ricostruite.
Prima che uno dei due avesse
il tempo di fare qualsiasi altra cosa, svoltarono un angolo e si
ritrovarono così in una piazza con decine e decine di robot
abbandonati a terra.
“Ma
che è successo qui?”
domandò Happy, dando voce ai pensieri di entrambi.
Rebecca, incuriosita, si
chinò allora sulle macchine più vicine
studiandole per un momento
con le sopracciglia aggrottate, e così facendo
scoprì sul selciato,
semi-nascoste tra i corpi meccanici, anche alcune pagnotte ormai
immangiabili per quanto erano dure ma che, chiaramente, non potevano
essere lì da molto. Che ci fosse davvero qualcuno a
Granbell, a
dispetto dei documenti ufficiali disponibili in rete?
Per scrupolo, tirò fuori
dalla borsa che aveva con sé il computer portatile in cerca
di
informazioni, ma per quanti siti controllasse, il risultato era
sempre lo stesso: da circa un secolo il parco divertimenti di quel
pianeta era chiuso e i suoi abitanti trasferiti in quelli vicini. Se
solo la situazione non fosse stata così assurda, avrebbe
anche
potuto approfittarne per girare dei video da mettere sul suo canale,
ma aveva il sospetto che non fosse affatto una buona idea. Del resto,
a chi sarebbe potuto interessare uno scenario così desolato
al posto
di quello allegro e colorato che aveva promesso il giorno prima?
Con un altro sospiro, la
giovane richiuse l'apparecchio e si tirò su, spazzolandosi
la gonna,
per poi riprendere il suo cammino guardandosi però intorno
con più
attenzione rispetto a prima. In realtà sapeva che, se anche
ci fosse
stato qualcuno, non avrebbe avuto alcun motivo per aggredirla, ma la
scoperta di quelle macchine l'aveva messa comunque a disagio. Non
poteva sapere infatti chi mai avesse deciso di stabilirsi lì
all'insaputa di tutti, né per quale motivo ci fossero pane e
robot
sparpagliati a terra in una piazza, ragion per cui
ricominciò a
spostarsi in assoluto silenzio e con molta cautela senza più
neanche
accarezzare l'idea di provare a bussare alle porte delle abitazioni
in cerca di aiuto. Quel posto le sembrava improvvisamente talmente
lugubre e minaccioso che voleva solo andarsene il più in
fretta
possibile.
Dopo un tempo che le parve
infinito, arrivò finalmente a un sentiero che si snodava tra
gli
alberi, che iniziò a percorrere con un lieve sorriso sulle
labbra
dopo aver lanciato un'ultima occhiata da sopra la spalla a quella
città che ormai somigliava fin troppo a un cimitero.
Consultandosi di tanto in
tanto con il fedele Happy, raccolse qua e là qualche bacca
commestibile per evitare almeno di svenire, ma quando fece per
tornare indietro alla sua astronave, determinata, in un modo o
nell'altro, a lasciare il pianeta, un rumore sospetto tra gli alberi
la mise di nuovo in allarme. E se fosse stata qualche bestia feroce
intenzionata a divorarli?
I due amici non fecero quasi
in tempo a finire il pensiero che qualcosa di grosso e veloce,
saltando giù da un ramo, apparve dal nulla davanti a loro
finendole
quasi addosso.
Un attimo dopo, ancora sotto
shock, si accorsero che si trattava semplicemente di un ragazzo che
dimostrava all'incirca la stessa età di Rebecca, ma la
scoperta non
fu certo d'aiuto, dal momento che il suo aspetto non era per niente
rassicurante. Metà del suo volto era infatti coperto da una
criniera
di lunghi capelli neri che gli lasciava a malapena scoperto soltanto
uno dei particolari occhi blu, ma la cosa più inquietante
era la sua
espressione corrucciata, minacciosa come se avessero compiuto
chissà
quale crimine.
Lo strano
tipo li fissava ancora acquattato a terra e la giovane, accortasi
solo dopo alcuni secondi dell'equivoca posizione a gambe
aperte che aveva assunto involontariamente quando era inciampata in
chissà cosa nella foga di allontanarsi, si
affrettò a richiuderle
tremando intanto come una foglia per lo spavento.
“E-E
tu chi sei? Ti sembra
il modo di apparirmi davanti?” gli domandò quindi
con una voce che
non sembrava neanche la sua e il cuore che le batteva forte nel
petto.
Inizialmente il ragazzo non
disse nulla, limitandosi invece a studiarla ancora attentamente per
qualche secondo prima di saltarle quasi tra le braccia con uno scatto
felino per vederla meglio, strappandole un piccolo strillo.
“Sei
un essere umano?”
le chiese a quel punto, ma prima che la giovane potesse rispondergli
in qualsiasi modo, le afferrò poco gentilmente il volto, in
cerca
forse di conferme, tra le proteste di lei. Quel trattamento
decisamente inopportuno fu ancora il meno però, visto che un
attimo
dopo lo sconosciuto
cominciò direttamente a palparle il seno constatandone ad
alta voce
la morbidezza, ma questa volta la ragazza, nonostante l'iniziale urlo
imbarazzato e inorridito che le venne istintivo, fu più
rapida a
reagire abbattendogli sulla testa un pugno talmente forte da farlo
crollare ai suoi piedi.
“Ma
che gli è preso a
quel tipo?” domandò Rebecca sconvolta a nessuno in
particolare
appena riuscì ad allontanarsi, continuando a tremare in
maniera
incontrollabile mentre si proteggeva con le braccia quella parte
delicata. Come si faceva ad essere così incivili e sfacciati?
“Sembra
che dopotutto ci
sia qualcuno su questo pianeta” osservò intanto
Happy, a sua volta
scombussolato da quell'assurda scena ai danni dell'amica.
“Non
credo che questo sia un bene però. Se gli abitanti sono
tutti
così...” gemette lei, mettendo definitivamente da
parte l'idea di
chiedere aiuto alla gente del posto. Qualunque cosa fosse accaduta,
sarebbe stato decisamente meglio arrangiarsi da soli!
“Sono
l'unico umano sull'isola” intervenne a quel punto il ragazzo
e
Rebecca abbassò gli occhi sorpresa
rendendosi conto, con un ulteriore shock, che questi era
di
nuovo steso ai suoi piedi ma in una posizione stranamente
strategica.
“Smettila
di guardarmi lì
sotto!” strillò infastidita, allontanandolo con un
calcio e
strappandogli così un sonoro gemito di dolore.
“Allora
tu sei una
ragazza” dedusse quello subito dopo, mettendosi seduto e
massaggiandosi intanto il punto dolente mentre Rebecca, molto rossa
in viso, lo osservava imbarazzata e risentita a qualche metro di
distanza.
“Ovvio
che lo sono. Che
altro credevi?” brontolò imbronciata, senza
però essere degnata
della minima attenzione.
“Una
ragazza umana e un
gatto” stava infatti ricapitolando il giovane con espressione
pensosa. “Posso mangiarti?” aggiunse poi rivolto a
Happy,
illuminandosi tutto.
“No!”
esclamò il
gattino, giustamente scandalizzato, per poi correre a rifugiarsi
dietro l'amica, aggrappandosi tremante alla sua gamba.
“Che
razza di tipo è?”
si chiese a quel punto incredula la bionda, pensando a voce alta e
guardando intanto fisso il suo povero compagno di avventure ancora
traumatizzato prima di alzare per caso gli occhi e spaventarsi di
nuovo per l'espressione seria e terribilmente
minacciosa che si ritrovò davanti.
“Che
c'è?” gli domandò
allora con voce tremante senza ottenere risposta.
“C-cosa
vuoi? Ehi, datti
una calmata... Possiamo parlarne, okay?” balbettò
indietreggiando,
pensando fosse colpa
delle sue
parole di poco prima, mentre il volto del ragazzo si
avvicinava pericolosamente al suo, mettendola
sempre più in agitazione.
Il tutto durò solo pochi
secondi di crescente panico ma alla fine l'ennesimo urlo della
giovane spezzò di nuovo il silenzio della foresta quando un
movimento improvviso a un nulla dal suo viso la convinse che stesse
per colpirla. Eppure le sembrava di non aver detto nulla di
così
terribile e offensivo...
Quando trovò il coraggio di
riaprire gli occhi, però, scoprì con grandissima
sorpresa che il
moro le stava semplicemente tendendo una mano.
“Diventiamo
amici” le
disse a quel punto rialzando lo sguardo verso di lei, che da parte
sua non poté far altro che restare a guardarlo incredula con
la
bocca aperta senza riuscire a smettere di tremare. Stava forse
sognando?
“Diventiamo...”
ricominciò poco dopo, ma questa volta Rebecca non lo
lasciò nemmeno
finire.
“Col
cavolo!” rispose
infatti a voce altissima, dandogli un pugno tanto forte da farlo
cadere di nuovo.
“Quello
è pazzo!”
esclamò poi furibonda mentre si allontanava con Happy.
“Sul serio,
mi ha spaventata a morte!”
“Dopo
un pugno del genere,
anche tu sei spaventosa, Rebecca” le fece notare il gatto, ma
la
ragazza non ebbe neanche il tempo di realizzarlo.
“Sai...
è la prima volta
che incontro un altro essere umano” le disse infatti in quel
momento un'altra voce maschile vicino al suo orecchio.
“Ah,
davvero?” rispose
distrattamente lei senza neanche guardarlo, ancora offesa, prima di
spalancare gli occhi e
gridare di nuovo, scappando con l'amico a tutta velocità nel
tentativo di seminarlo non appena si rese conto di chi fosse il
proprietario.
Purtroppo non fu così
fortunata perché poco dopo se lo ritrovò a
cavalcioni di un ramo
proprio davanti a lei.
“Quando
era vivo, mio
nonno mi diceva sempre di farmi degli amici” le
spiegò il tizio
sorridente e questa volta la ragazza, nella fretta di sfuggire al suo
“persecutore”, imboccò senza pensarci un
sentiero a caso
perdendosi nella foresta.
“Accidenti
a lui! E adesso
come la ritroviamo la nostra astronave?” si
lamentò più tardi
Rebecca, non appena si rese conto del disastro. Dopo vari tentativi,
lei e l'amico erano finalmente riusciti a liberarsi del loro
inseguitore, ma ora non avevano la più pallida idea di dove
si
trovassero.
Dal momento però che al
peggio non c'è mai limite, fecero a malapena in tempo a
guardarsi
intorno spaesati cercando di decidere da che parte andare prima che
un tuono fragoroso annunciasse l'arrivo di un temporale, subito
seguito da un violento scroscio d'acqua che li inzuppò in un
attimo
da capo a piedi.
“Ma
tutte a me devono
capitare oggi?” esclamò la ragazza esasperata
mentre correva sotto
la pioggia con Happy tra le braccia in cerca di un riparo che
ovviamente non trovava, maledicendo intanto tra sé quello
strano
tipo tanto insistente.
“Posso
aiutarti in qualche
modo?” le chiese in quel momento il suo incubo a occhi
aperti,
sporgendosi da un ramo accanto a lei.
“Direi
che tu hai già
fatto abbastanza! Lasciami in pace!” ringhiò
Rebecca, ansimante e
inferocita, mentre una ciocca di capelli bagnati le ricadeva davanti
agli occhi.
“Conosco
un ottimo rifugio
qui vicino” ribatté lui tranquillo, una volta
sceso dall'albero,
osservandola però con tanto d'occhi come se non riuscisse
proprio a
capire la causa di tanta rabbia nei suoi confronti.
“Non
mi interessa. Io devo
arrivare in città” gli rispose la ragazza,
sorpassandolo con aria
altezzosa.
“Quella
non è la
direzione giusta” le fece notare il giovane, costringendola a
fermarsi. Cosa avrebbe dovuto fare adesso? Per quanto la cosa non le
piacesse, in quella situazione il suo aiuto avrebbe potuto farle
comodo...
Leggermente imbronciata, si
girò a guardarlo valutando dubbiosa il da farsi, ma prima
che
potesse decidersi, fu quello strano ragazzo a prendere l'iniziativa.
“Andiamo”
le disse
infatti semplicemente, afferrandola per un polso e tirandola nella
direzione da cui era venuta non appena il cielo fu squarciato
dall'ennesimo lampo, subito seguito da un fragore assordante.
“Ehi,
aspetta! Dove mi
porti?” protestò lei spaventata mentre si sforzava
di stargli
dietro, senza però ricevere alcuna risposta.
Poco dopo giunsero in vista
di una grotta in cui il giovane si infilò a razzo
trascinandosela
dietro per poi lasciarla andare di colpo.
“Eccoci
arrivati” le
disse a quel punto, lasciandosi cadere a terra, mentre lei, rimasta
in piedi per miracolo, si guardava intorno senza fiato.
“Che
posto è questo?”
domandò Rebecca, incuriosita e sospettosa, non appena
riuscì di
nuovo a parlare.
“Il
mio rifugio” le
rispose lui semplicemente.
“Allora
è qui che vivi”
considerò tra sé la bionda, con uno strano misto
di emozioni,
rimettendo a terra un Happy totalmente bagnato quanto lei.
“Infatti”
confermò il
ragazzo e per un attimo i due si guardarono negli occhi senza sapere
bene che fare. Cosa ci si diceva in una simile situazione per
spezzare quell'orribile silenzio?
“Prendi”
le disse alla
fine il giovane, allungandole una coperta presa da chissà
dove.
“Stai tremando” aggiunse poi, in risposta al suo
sguardo
interrogativo.
Rebecca esitò ancora un
attimo ma alla fine accettò mormorando un
“Grazie” a malapena
udibile nel fragore del temporale per poi lasciarsi cadere a terra a
sua volta poco distante facendo segno al gatto di raggiungerla per
godere anche lui di quell'inaspettato tepore mentre il moro
trafficava con qualcosa che non riusciva a vedere.
Di lì a poco un fuocherello
illuminò la grotta e la bionda, sorpresa, si
avvicinò un pochino al
“padrone di casa” allungando a sua volta le mani
verso la fiamma
per scaldarsele con un accenno di sorriso sulle labbra.
Da parte sua il ragazzo,
segretamente orgoglioso di essere riuscito ad accenderlo in
così
poco tempo, la osservava di sottecchi sentendo pian piano allargarsi
anche il proprio di sorriso. Era una sensazione strana quella che
provava in quel momento, ma dopo qualche attimo di silenzio,
interrotto solo di tanto in tanto dal crepitio del fuoco, decise di
riprovare a parlarle, ora che sembrava più tranquilla.
“Da
dove siete spuntati,
comunque? Non ho mai visto altri esseri umani, da queste
parti”
domandò incuriosito.
“Veniamo
da Blue Garden”
gli rispose lei.
“È
molto lontano?”
“Non
tantissimo. Appena
qualche ora di viaggio” considerò la ragazza,
facendo un rapido
calcolo mentale.
“Capisco”
mormorò lui,
facendo calare di nuovo il silenzio.
“Ad
ogni modo... Io sono
Rebecca e lui Happy” si presentò istintivamente la
bionda dopo
qualche secondo. “E tu?”
“Shiki”
ricambiò il
giovane, aprendosi
poi in un gran
sorriso mentre finalmente si stringevano la mano.
“Come
sei finito qui?
Pensavo non ci fosse nessuno a Granbell” gli chiese poco dopo
la
ragazza, incuriosita. Che ci fosse arrivato per caso come era appena
successo a lei ed Happy, trovandosi costretto ad arrangiarsi? Dalla
sicurezza con cui si muoveva in quella foresta sembrava che si
trovasse lì da molto tempo, ma non era detto che non potesse
aiutarla in qualche modo e forse, unendo le forze, sarebbero riusciti
a ripartire. Con un po' di fortuna, quella avrebbe potuto essere
l'occasione giusta per entrambi di andarsene da quel posto sperduto!
“Mi
ci ha portato mio
nonno quand'ero piccolo” ricordò lui abbassando
gli occhi con un
sorriso triste sul volto.
“Ah
sì?”
Il ragazzo annuì con
espressione malinconica e Rebecca distolse per un attimo lo sguardo,
pensierosa. Aveva ragione, allora: probabilmente Shiki era arrivato
lì in modo molto simile a loro senza più riuscire
a tornare
indietro. Quanto tempo aveva passato da solo per non sapersi
minimamente rapportare con gli altri esseri umani? Dal suo
comportamento, infatti, sembrava che il nonno l'avesse purtroppo
lasciato presto, ma se il ragazzo era davvero l'unico abitante del
pianeta e viveva in quella grotta, come si spiegavano allora le
pagnotte che aveva trovato per terra in città vicino ai
robot?
Mentre rifletteva se dirglielo o meno, però, il moro prese
di nuovo
la parola.
“Dieci
anni fa mio nonno
mi ha trovato e mi ha portato qui. Lui era il Re Demone e...”
“Il
Re Demone?!” lo
interruppe lei sconvolta.
“Beh,
sì” le rispose il
giovane, un po' spiazzato dalla sua reazione.
“Ma
come può un
demone...” ricominciò la ragazza, incredula e
spaventata,
domandandosi se non fosse il caso di scappare di corsa.
“In
realtà quello era
semplicemente il suo ruolo nel vecchio parco divertimenti, ma io l'ho
sempre chiamato nonno e a lui piaceva” le spiegò
il moro non
appena capì quale fosse il problema. “Ci volevamo
molto bene prima
che si spegnesse alcuni anni fa” continuò poi
tristemente,
distogliendo lo sguardo.
“Ora
capisco” mormorò Rebecca, abbassando il proprio
mentre rifletteva
in silenzio. Cosa avrebbe dovuto dirgli adesso? Purtroppo non le
veniva in mente nulla di minimamente adatto alla situazione.
“Da
quanto tempo sei qui da solo, Shiki?” pronunciò
alla fine con una
voce strana, seria e preoccupata, sentendo allargarsi sempre di
più
dentro di sé un gran senso di colpa per tutte le cose
orribili che
aveva detto e pensato di lui fino a qualche minuto prima.
“Pochi
giorni, in realtà”
le rispose il ragazzo con un'espressione leggermente imbronciata ma
visibilmente triste.
“Pochi
giorni?” ripeté
piano lei. “Ma tu stesso mi hai detto che sono anni che il Re
Demone... cioè, tuo nonno...” insistette
impacciata.
“Lui
sì, purtroppo, ma
fino a poco tempo fa avevo Michael, Annie, John, Mitra... Erano loro
a tenermi compagnia” disse piano con voce sempre
più
bassa e Rebecca rabbrividì.
“Che
intendi dire?”
sussurrò spaventata, immaginando in un attimo svariati
scenari uno
peggiore dell'altro.
“Alcuni
dei robot avevano
già avuto dei problemi in passato, ma ero sempre riuscito a
ripararli fino a pochi giorni fa. Una mattina però sono
tornato in
città dopo un giro nella foresta e li ho trovati tutti a
terra. Ho
provato e riprovato a sistemarli ma non c'è stato niente da
fare.
Alla fine mi sono trasferito qui” raccontò con una
voce strana e
lo sguardo fisso sulle rocce.
“Hai
detto ripararli?”
domandò sconvolta la ragazza dopo pochi secondi cominciando
a
capire. “Ma allora... ti riferisci a quei robot nella
piazza?”
continuò incredula, senza sapere se sentirsi sollevata o
meno.
“Certo!
A chi altri, se
no?” le rispose lui, suo malgrado divertito dalla sua
espressione
ma con ancora quello spiacevole groppo in gola che gli impediva quasi
di respirare. Gli faceva male ripensare ai suoi amici e a quel triste
giorno in cui tutti l'avevano lasciato.
“Questo
vuol dire che
tu... sei un meccanico, allora?” gli chiese poco dopo la
bionda di
punto in bianco, sorpresa e speranzosa, intravedendo finalmente un
modo sicuro per andarsene ma augurandosi anche inconsciamente di
riuscire a distrarlo dai brutti pensieri che di certo lo stavano
affliggendo.
“Immagino
di sì ma...
perché?”
“Potresti
anche riparare,
per caso, la mia astronave?” insistette lei agitata, non
osando
quasi credere alla propria fortuna. Quella era di sicuro la cosa
migliore che le potesse capitare!
“La
tua astronave, dici?
Non saprei...” disse piano il ragazzo, pensieroso. Ad essere
sincero, non ne aveva mai neanche vista una, quindi come poteva
aggiustare la sua?
Nonostante i suoi sforzi per
non lasciar trapelare la confusione che sentiva dentro al solo
pensiero di quell'oggetto sconosciuto che sembrava tanto importante
per la sua nuova amica, Rebecca dovette comunque intuire qualcosa,
perché alle sue parole perse in un attimo tutta la sua
euforia,
abbassando di nuovo gli occhi. Era stata una sciocca a credere che
Shiki potesse risolvere il problema, visto che i robot di quel
vecchio parco giochi erano sicuramente molto diversi dal suo
velivolo. Senza contare che, se era arrivato lì da bambino,
non era
neanche detto che si ricordasse di aver mai viaggiato nello spazio
con una di quelle...
“Dovrei
vederla per saperlo con certezza, ma posso provarci. Dopotutto sei
mia amica, no?” cercò di rimediare il giovane per
consolarla. Per
qualche strano motivo non voleva vederla triste ed era fin troppo
evidente che la sua risposta di poco prima l'avesse delusa. Non
l'avrebbe più permesso, però, perché
come gli aveva detto suo
nonno, avrebbe dovuto tenersi stretti gli amici che partecipavano al
suo dolore nei momenti difficili e Rebecca, nonostante si fossero
appena conosciuti, aveva quasi pianto quando le aveva raccontato del
Re Demone e di tutti gli altri. Aveva visto bene la sua espressione
sconvolta e gli occhi lucidi, e se per farla felice doveva
semplicemente ripararle questa famosa astronave, l'avrebbe fatto
volentieri. Del resto, non poteva essere troppo diversa dai suoi
amici robot, giusto?
Sollevata
per le sue parole e contagiata suo malgrado da un bellissimo sorriso
che non sapeva nascondesse in realtà parecchi dubbi, la
bionda gli
sorrise di rimando e Shiki, improvvisamente dimentico dei brutti
pensieri che lo stavano tormentando, provò di nuovo quella
strana
sensazione di poco prima che non sapeva definire. In quel momento,
comunque, preferiva di gran lunga concentrarsi su di lei che su
qualsiasi altra cosa...
“Parlami
un po' di questa
Blue Garden e di come hai fatto a finire qui!”
esclamò a quel
punto allegramente e Rebecca, dopo un attimo di malcelato stupore per
il suo rapido cambio di umore, si lanciò in un lungo
discorso
scoprendo che in fondo non era difficile dialogare con quello strano
ragazzo che la fissava incantato e con aria sognante.
“Non
te ne sei mai andato da qui?” gli chiese alla fine senza
quasi
volerlo. Per lei in fondo era normale spostarsi senza problemi da un
pianeta all'altro e non riusciva proprio a immaginare una vita
passata sempre nello stesso posto. Il suo essere una b-cuber
abbastanza famosa, infatti, la portava a condurre una vita
decisamente più movimentata rispetto alla media, e
stranamente le
dispiaceva molto pensare che Shiki fosse invece bloccato lì
da
chissà quanto tempo.
“In
realtà mi piacerebbe vedere un altro paese, un giorno o
l'altro, ma
non ne ho mai avuto l'occasione. Del resto, chi avrebbe pensato ai
miei amici robot se fossi partito? Io ero l'unico in grado di
ripararli...” ammise il ragazzo tristemente e Rebecca lo
guardò
per un attimo con le sopracciglia aggrottate.
“Potresti
venire con me,
allora” gli propose dolcemente poco dopo, facendolo voltare
di
scatto nella sua direzione.
“N-non
saprei” balbettò
Shiki sorpreso, sussultando appena alla vista del suo sorriso che gli
smosse qualcosa nel petto.
“Qui
però non hai più
nulla, vero?” insistette lei, con quanta più
delicatezza
possibile.
“Ci
penserò” mormorò
alla fine il moro lentamente, dopo qualche attimo di riflessione. La
proposta gli aveva fatto piacere, ma non era sicuro di voler partire
sul serio. La sua vita in fondo era sempre stata lì fin da
quando
aveva memoria...
I suoi pensieri vennero
interrotti da un raggio di sole dispettoso che, filtrando tra le
foglie leggermente mosse dal vento, gli finì dritto negli
occhi.
“Sembra
che abbia smesso
di piovere” constatò a quel punto, voltandosi in
direzione della
sua nuova amica e trovandola intenta a guardarlo con una strana
espressione.
“Già”
confermò allegra
lei, segretamente sollevata di vederlo tornare al presente. In
realtà
si era già accorta del cambiamento meteorologico, ma per
qualche
strano motivo la voce le si era bloccata in gola un attimo prima di
riuscire a dirglielo alla vista del suo sguardo triste, facendole
nascere immediato il desiderio di consolarlo. Non avrebbe dovuto
essere così diretta, lo sapeva, ma l'aveva fatto a fin di
bene per
convincerlo a partire. Quella avrebbe potuto essere la sua unica
occasione per andarsene da quel pianeta in tempi brevi e non era
giusto sprecarla. Chiunque sarebbe impazzito a vivere a lungo in una
situazione simile e voleva risparmiargli quella sofferenza inutile.
“Ora
che ha smesso di
piovere possiamo andare a vedere la tua astronave, se ti va”
le
disse improvvisamente Shiki con un gran sorriso, distraendola dai
suoi pensieri, una volta sicuro che il tempo fosse di nuovo sereno.
Era decisamente sollevato di avere l'occasione di scappare da quella
situazione e dedicarsi ad altro; senza contare che non vedeva l'ora
di ammirare l'astronave della sua nuova amica e il bellissimo sorriso
che di certo gli avrebbe rivolto se fosse riuscito ad
aggiustargliela.
“Non
sarebbe meglio
andarci direttamente domani, a questo punto? Penso che tra poco
sarà
buio” gli fece però notare dubbiosa la ragazza,
lanciando a sua
volta una rapida occhiata fuori.
“Da
quello che hai detto
dovrebbe essere qui vicino. Ci mettiamo un attimo a
raggiungerla”
la rassicurò lui, già vicino all'entrata della
grotta, porgendole
una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Allora
d'accordo, grazie”
accettò a quel punto Rebecca, ricambiando il sorriso e
sussultando
appena quando il moro si sporse ancora un po' per afferrare la sua,
rimettendola in piedi di colpo.
Per un attimo i due,
ritrovatisi all'improvviso un po' troppo vicini, si guardarono negli
occhi leggermente in imbarazzo, ma un lieve rumore provocato di
proposito da Happy per ricordare loro la sua presenza, li fece
tornare alla realtà, e dopo qualche parola sconnessa
borbottata da
entrambi, il gruppo si incamminò finalmente nella foresta
con il
moro che faceva da guida finché, poco dopo, non si
ritrovarono come
promesso davanti alla vecchia astronave della bionda, la quale si
affrettò ad accenderla e a spiegare le cose di base ad un
affascinato Shiki. Come già sospettava, era stato ben presto
fin
troppo chiaro che il ragazzo non ne avesse mai vista una in vita sua,
ma era anche ovvio che gli strani circuiti che a lei provocavano
tanti problemi, lo facessero sentire stranamente a proprio agio.
“Penso
di poterla
riparare” dichiarò alla fine il giovane,
“ma adesso ci conviene
lasciar perdere e tornare qui domani” continuò,
dopo aver lanciato
un'occhiata al cielo sempre più scuro e già
punteggiato di stelle.
“Volendo
possiamo passare
qui la notte” cominciò Rebecca, suo malgrado
preoccupata
all'idea di doversi muovere nella foresta sicuramente più
buia della
spiaggia in cui si trovavano. D'accordo che c'era Shiki a farle da
guida, ma la cosa la faceva sentire comunque decisamente a disagio.
“Non
preoccuparti, in un
attimo saremo di nuovo nella grotta” la rassicurò
lui con uno
strano sorriso che avrebbe dovuto metterla in allarme, ma non fece
nemmeno in tempo ad aprire bocca per chiedergli spiegazioni che si
sentì mancare la terra sotto i piedi e sollevare in aria.
D'istinto
strinse più forte a sé il piccolo Happy, che per
fortuna stava
tenendo in braccio per timore di perderlo di vista
nell'oscurità
crescente, urlando terrorizzata.
“Stiamo
cadendo di lato!”
si ritrovò a gridare poco dopo in preda al panico quando,
riaprendo
gli occhi per chissà quale motivo, si rese conto, guardando
in
basso, della sconvolgente verità.
“Deve
trattarsi...
dell'Ether Gear!” esclamò a quel punto il gattino,
osservando
stupito gli strani segni comparsi sulle braccia del ragazzo.
“Quell'Ether
Gear?” ripeté Rebecca sorpresa, guardandoli a sua
volta e
dimenticandosi per un secondo della situazione. Non avrebbe mai
immaginato che in un posto sperduto come quello si nascondesse un
utilizzatore di quel misterioso potere, che si credeva perduto dalla
fine della cosiddetta “Era Oscura”.
“Ve
l'avevo detto che ci avremmo messo un attimo a tornare qui”
disse
allegramente Shiki pochi istanti dopo, quando atterrarono esattamente
davanti alla grotta.
“Come
hai fatto?”
domandò la bionda incredula guardandosi intorno e tremando
intanto
in maniera incontrollabile mentre tentava invano di rialzarsi.
Inutile dire che il loro nuovo amico, all'impatto stranamente dolce
con il suolo, non avesse avuto problemi a mantenere l'equilibrio,
mentre lei, nell'esatto momento in cui la sua mano aveva lasciato il
suo polso, fosse ruzzolata scompostamente per terra con
chissà
quante capriole per la lieve discesa in cui era sfortunatamente
incappata appoggiando male il piede...
“Merito
del potere che ho
ereditato da mio nonno: l'Ether Gear della gravità.
Può essere
molto utile anche per spostarsi, qualche volta” le
spiegò
compiaciuto il giovane.
“Splendido
davvero, ma non
potevi avvertirci prima?” brontolò lei, del tutto
incapace di
condividere la sua allegria, scoccandogli un'occhiataccia. Aveva
appena rischiato di morire di infarto e lui quasi le rideva in
faccia!
“Non
pensavo ce ne fosse
bisogno” si difese il moro con una strana espressione.
“E
secondo te io me lo
sogno che tu stai per sollevarmi in aria e farmi cadere di lato a
tutta velocità” ribatté irritata
Rebecca.
“Vuoi
dire che
da dove vieni tu non esiste un potere simile?”
domandò sorpreso.
“Ovvio
che no! L'Ether Gear è sempre stato qualcosa di molto raro
che si
pensava fosse ormai scomparso da tempo. Per quanto ne so, potresti
anche essere l'unico al mondo in grado di utilizzarlo” gli
spiegò
la bionda concitata, mordicchiandosi poi un labbro mentre tentava di
calmarsi.
“Fino
a pochi anni fa eravamo in due a utilizzarlo qui. Non pensavo che
negli altri posti fosse invece così strano” si
giustificò il
ragazzo con un lampo di tristezza nello sguardo che la
addolcì
subito.
“Lascia
perdere, Shiki, non è successo nulla in fondo”
sospirò a quel
punto, nella speranza che lui non insistesse. “Piuttosto,
fammi
capire bene una cosa... È stato davvero un robot a
trasmetterti quel
potere?” si informò con espressione seria.
“Che
c'è di strano se mio nonno lo sapeva usare e ha deciso di
insegnarmelo?” domandò il moro senza capire e
Rebecca lo guardò
per un attimo con una strana espressione. Era solo un'idea sua o
l'amico non si rendeva realmente conto della stranezza della cosa?
L'Ether Gear in fondo utilizzava il flusso di potere del corpo
dell'utilizzatore trasformandolo in energia come se si trattasse lui
stesso di una macchina, quindi com'era possibile che un essere umano
l'avesse
imparato da un robot? Era ovvio però che Shiki non si
rendesse conto
di quanto fosse straordinaria la sua abilità, ma avrebbe
avuto modo
di ricredersi se il giorno dopo avesse accettato di partire con loro.
Nel resto dell'universo, avrebbe fatto sicuramente parlare di
sé
anche solo per questo...
“Nulla,
immagino” si arrese infine, lanciando un'occhiata alla
grotta. Ora
che ci pensava, dal momento che Shiki li aveva riportati lì
senza
ascoltarla, lei ed Happy avrebbero dovuto passare la notte con lui.
Il che voleva dire mangiare insieme e soprattutto...
Arrossì
violentemente immaginando di dormire in tre in quello spazio
ristretto già ingombro di oggetti non identificati, ma per
fortuna
la voce del suo nuovo amico la distrasse un attimo prima che perdesse
definitivamente la calma.
“Tutto
bene?” le chiese preoccupato, guardandola dritto negli occhi.
“C-certo”
balbettò lei con un lieve sussulto accorgendosi
dell'eccessiva
vicinanza. Se davvero fosse partito con loro, avrebbe dovuto
sbrigarsi a mettere in chiaro alcuni concetti fondamentali o sarebbe
impazzita.
“Vieni”
la invitò il giovane prendendola per mano e tirandola
leggermente
verso la grotta.
Rebecca
abbassò imbarazzata lo sguardo sulle loro dita
così vicine senza però
trovare davvero la voglia di opporsi, stupendosi anzi non poco dello
strano senso di vuoto che provò quando il ragazzo, dopo
averla
stretta con più forza per un attimo, la lasciò
all'improvviso per
cominciare a frugare in un angolo in cerca di quelle che si
rivelarono essere scorte di cibo, che offrì poi
generosamente ai
suoi nuovi amici.
Fu una
cena semplice e priva delle solite comodità a cui era
abituata
quella che consumarono appena fuori dalla grotta davanti a un
fuocherello ma la bionda la apprezzò comunque moltissimo.
Shiki era
allegro e simpatico, ora che cominciava a conoscerlo, e i tre
chiacchierarono piacevolmente per tutta la sera raccontandosi delle
rispettive vite su Granbell e su Blue Garden, ridendo spesso di gusto
fino all'ora di andare a dormire. La novità era stata
piacevole per
tutti e mentre guardavano le stelle sdraiati sull'erba ancora un po'
umida per il violento temporale del pomeriggio, la ragazza si
sorprese a desiderarne molte altre. Ovviamente sapeva che se le
circostanze gliel'avessero permesso, il giorno dopo, in quel preciso
istante, sarebbe stata nel suo letto ad alcune ore di distanza da
lì,
ma ora più che mai si augurava che il moro partisse con
loro. Chissà
se anche lui, che in quel momento aveva lo sguardo perso nella volta
celeste, stava pensando lo stesso?
Delle
improvvise folate di aria più fresca li convinsero poco dopo
a rientrare,
sia pure a malincuore, e Rebecca si ricordò improvvisamente
dell'imbarazzo di poche ore prima. Non era affatto sicura che sarebbe
riuscita a dormire standogli così vicina in uno spazio tanto
ristretto, ma in fondo non era pentita di essere rimasta con lui per
l'intera serata. Solo e soltanto per questa volta era disposta a
perdonarlo per non averla ascoltata...
“Ti
bastano queste?” le chiese poco dopo Shiki voltandosi verso
di lei
con delle coperte in mano e la giovane lo osservò sorpresa.
Certo
che era veramente incredibile come si fosse attrezzato bene per ogni
evenienza in quel piccolo rifugio!
Le
prese con un gran sorriso ringraziandolo e mettendosi quindi a
cercare un angolino comodo per sé ed Happy. In qualche modo
era
riuscita ad individuare il giaciglio del ragazzo e si augurava di
poter sistemare il suo il più lontano possibile. Non aveva
più
paura come all'inizio che lui potesse farle chissà cosa, ma
questo
non cambiava il fatto che si sentisse tremendamente in imbarazzo
all'idea di dormire a così breve distanza l'uno dall'altra.
Finalmente
trovò quello che faceva al caso suo, e dopo aver lanciato
una fugace
occhiata all'amico che si stava infilando sotto le coperte nel suo
angolo di stanza, stese le proprie con eccessiva cura sul pavimento
di pietra nel tentativo di distrarsi e di far passare il rossore che
era certa le stesse tingendo le guance per motivi che in quel momento
non riusciva a capire.
“Buonanotte,
Rebecca” le disse alla fine il moro con voce assonnata quando
la
sentì coricarsi a sua volta.
“Buonanotte
anche a te, Shiki” gli rispose lei, avvertendo con grande
sorpresa
il cuore sobbalzarle leggermente nel petto per la stranezza della
situazione e mettendosi poi più comoda con Happy tra le
braccia
mentre il ragazzo spegneva la piccola luce che li aveva illuminati
fino a quel momento.
A
dispetto delle sue catastrofiche previsioni, la ragazza si
addormentò
quasi subito con il sorriso sulle labbra al pensiero della
meravigliosa stellata di quella sera e di tutti gli avvenimenti della
giornata ma il moro non poté proprio dire lo stesso. Per
parecchio
tempo si rigirò nel suo giaciglio senza riuscire a prendere
sonno,
ascoltando il respiro regolare di Rebecca e ripensando alle sue
parole. Cosa le avrebbe risposto la mattina dopo? Naturalmente era
felice della sua offerta di portarlo con sé nel mondo
esterno, ma
nonostante le sue allettanti descrizioni su Blue Garden, era pieno di
dubbi. In fondo Granbell era stato per anni la sua casa e lasciarlo
avrebbe voluto dire abbandonare suo nonno e tutti gli amici che
l'avevano cresciuto. Sarebbe stato capace di voltare loro le spalle,
ben sapendo che su quel pianeta, con ogni probabilità, non
sarebbe
più tornato?
Si
trattenne a fatica dal rispondersi negativamente a voce alta e
voltandosi sul fianco per l'ennesima volta come per sfuggire al
doloroso pensiero che gli impediva di riposare, si ritrovò a
fissare
le poche stelle che riusciva a intravedere da quell'angolo della
grotta. Davvero la notte successiva avrebbe ammirato da una finestra
un altro cielo in compagnia della sua prima amica umana?
Per un
attimo abbassò gli occhi stranito all'idea di sedersi con
Rebecca su
un davanzale sconosciuto ad osservare la volta celeste uno accanto
all'altra come era solito fare per conto suo quando viveva nella
locanda della città, ma tutto sommato la cosa non gli
dispiaceva e
la sua mente continuò quindi imperterrita ad elaborare la
scena.
Chissà se sarebbe stato capace di ritrovare da Blue Garden
le
costellazioni che gli aveva insegnato suo nonno o se avrebbe dovuto
impararne delle altre?
Curiosità
e reticenza lo invasero di nuovo insieme ai ricordi del Re Demone
durante quelle lezioni notturne e ben presto Shiki, capendo che in
quella situazione sarebbe stato impossibile addormentarsi, decise di
andare a fare quattro passi all'esterno. Per fortuna il cielo non
avrebbe potuto essere più sereno, e dopo un'ultima occhiata
ad Happy
e Rebecca che dormivano beati, si inoltrò nella foresta
senza
neanche far caso a dove stava andando. La sua testa in quel momento
era troppo ingombra di pensieri e ricordi non sempre gradevoli per
potersi concentrare su altro, ma purtroppo o per fortuna, ormai
conosceva talmente bene quei boschi che i suoi piedi lo portavano da
soli in qualsiasi luogo avesse voluto raggiungere, e anche questa
volta rimase stupito nel veder materializzarsi, con una fitta al
cuore, uno di quelli a lui più cari: la piccola altura
erbosa poco
fuori città dove tante volte si era recato con suo nonno per
osservare le stelle.
Cercando
di tenere a bada la malinconia e le angosciose domande che gli
martellavano la testa, Shiki si sedette sul prato accarezzato dalla
debole brezza notturna alzando poi gli occhi verso la volta celeste.
Il suo sguardo, secondo le vecchie abitudini, la percorse in lungo e
in largo per parecchi minuti salutando in silenzio le costellazioni e
quei punti luminosi di cui suo nonno a volte gli aveva parlato. Da
bambino non gli aveva creduto quando affermava che al di là
di essi
esistevano mondi che non avrebbe mai potuto immaginare mentre ora,
consapevole che il robot gli avesse detto la verità su
quelle
minuscole luci, si chiedeva curioso se da qualche parte
lassù si
nascondesse anche il pianeta della sua nuova amica. Sarebbe stato
bello poterlo capire in qualche modo e per alcuni minuti, sdraiato
sull'erbetta fresca che gli solleticava la pelle, provò pure
a
cercare di individuarlo basandosi sulle poche informazioni che gli
aveva dato Rebecca. La maggior parte dei punti di riferimento che lei
aveva nominato, però, non gli avevano detto assolutamente
nulla e
così, dopo un tempo indefinibile, si ritrovò di
nuovo, senza
neanche accorgersene, al punto di partenza.
Sbuffò
appena quando se ne rese conto, il sorriso improvvisamente spento, ma
sapeva anche che non avrebbe potuto rimandare ancora per molto quella
scomoda decisione.
Un po'
imbronciato, si rimise quindi seduto ad ascoltare il vento e i lievi
rumori notturni mentre
rifletteva in silenzio, studiando il paesaggio come se volesse
inconsciamente imprimerselo nella memoria.
Agitato dai suoi pensieri,
si accorgeva solo adesso di tanti piccoli particolari che prima non
aveva mai notato e ognuno di essi, suo malgrado, sembrava quasi
legarlo ancora più strettamente a quel luogo. Era cresciuto
lì, e
nonostante ormai fosse rimasto solo, tutto sommato era ancora in
grado di cavarsela nel modo migliore. Non gli sarebbe costato nulla
restare e magari, chissà, uno dei giorni successivi sarebbe
anche
riuscito ad aggiustare i suoi amici robot e riportare tutto alla
normalità...
Gli
sfuggì un sorriso felice e carico di speranza al pensiero di
riavere
presto Michael e gli altri, eppure c'era qualcosa che stonava in quel
quadretto: le parole di suo nonno che lo esortava a partire per
esplorare gli altri mondi e rendersi conto con i suoi occhi della
realtà esterna gli riempirono la mente e Shiki
abbassò gli occhi
sentendosi in colpa. E pensare che un tempo era stato così
entusiasta di poter un giorno incontrare quel drago che una notte
aveva solcato il cielo proprio sopra di loro per poi allontanarsi in
una scia luminosa! Il bambino di allora immaginava davvero di
andargli incontro e farselo amico, certo che si trattasse proprio
della creatura nominata dal Re Demone e non della cometa che
sosteneva invece Michael, ma le cose adesso erano ben diverse. Ora
l'idea di andarsene non gli sorrideva affatto, eppure le parole del
nonno non smettevano di risuonargli nella mente come se questi fosse
ancora al suo fianco e volesse invece spingerlo ad accettare
l'offerta.
Nel
frattempo si era accorto che il cielo iniziava a diventare
più
chiaro all'orizzonte, e pensando che una pausa avrebbe potuto
essergli d'aiuto, di lì a poco si incamminò
verso l'astronave di Rebecca. Per fortuna il guasto non gli era
sembrato troppo serio ed era quindi abbastanza sicuro di riuscire a
ripararla. Di certo sarebbe stata per lei una bella sorpresa, dal
momento che sembrava tenerci tanto!
Leggermente
più rincuorato all'idea della sua reazione quando si fosse
svegliata, nel giro di qualche minuto poté mettersi al
lavoro
dimenticando alla fine, almeno per un po', i suoi angosciosi
problemi.
Alcune ore dopo, un raggio di sole colpì
gli occhi ancora chiusi di Rebecca
ridestandola così, non troppo dolcemente, dal suo lungo
sonno
ristoratore.
Sulle
prime la ragazza si domandò confusa dove diamine si
trovasse, visto
che la “stanza” era decisamente diversa dal solito,
ma quando
mise a fuoco il groviglio informe di coperte che era diventato il
giaciglio di Shiki, saltò subito su.
Imbarazzata,
corse fuori a cercarlo per augurargli il buongiorno e ringraziarlo
dell'ospitalità, ma si rese presto conto che il padrone di
casa
doveva già essersi allontanato da parecchio.
A quel
punto svegliò concitata Happy per decidere con lui il da
farsi. Non
si aspettava che il loro nuovo amico li avrebbe lasciati lì
da soli,
ma in fondo il sole era già piuttosto alto nel cielo ed era
innegabile che Shiki non fosse più nelle vicinanze. Per
fortuna, da
ciò che le aveva raccontato la sera prima, non dovevano
esserci
pericoli in quella foresta, ma come avrebbero fatto adesso a trovarlo
e raggiungere l'astronave? In effetti c'era la concreta
possibilità
che il ragazzo fosse già sul posto a lavorare a quei dannati
circuiti, ma se la sua intenzione era stata quella di cominciare
presto a darsi da fare, avrebbe anche potuto svegliarla per andarci
insieme!
Brontolare
adesso però non sarebbe servito a nulla e Rebecca, dopo aver
riordinato velocemente la sua parte di grotta, iniziò ad
avviarsi
con Happy cercando intanto di ignorare il timore di perdersi di
nuovo. Per fortuna il suo piccolo amico era dotato di un ottimo
fiuto, e una volta trovate con un po' di fatica le tracce che avevano
lasciato la sera prima, non ci misero molto a raggiungere la loro
meta.
Arrivati
all'astronave, però, si accorsero tristemente che Shiki non
era lì
ad aspettarli e la ragazza, senza neanche capire bene
perché,
cominciò a preoccuparsi. Era sicurissima che l'avrebbero
trovato su
quella spiaggia e si chiese se non avesse fatto involontariamente
qualcosa che potesse averlo offeso al punto da non volerla
più
vedere. Che avesse deciso di accettare o meno la sua offerta, era
più
che certa che non li avrebbe lasciati partire senza nemmeno
salutarli, ma evidentemente si sbagliava. Quando provò a
mettere in
moto il velivolo, infatti, scoprì che il guasto era
già stato riparato e la cosa, stranamente, la
intristì moltissimo. Probabilmente era stata colpa
dei suoi modi forse non molto delicati per convincerlo a partire, ma in
fondo l'aveva fatto per lui e la sera prima, quando erano andati a
dormire, nulla le avrebbe fatto presagire un simile comportamento.
Cosa poteva essere successo, tutt'a un tratto?
“Pensi
che dovremmo partire senza di lui, a questo punto?” le
domandò
tristemente Happy poco dopo.
“Non
lo so” gli rispose lei con lo stesso tono, riflettendo in
fretta
sul da farsi. Sarebbe servito a qualcosa andare a cercarlo? Se
davvero aveva fatto qualcosa di male voleva almeno tentare di porvi
rimedio, senza contare che ci teneva a salutarlo e ringraziarlo mille
volte per il suo preziosissimo aiuto, ma non aveva purtroppo nessuna
idea su dove potesse essere e girare a vuoto nella foresta,
soprattutto da soli, avrebbe potuto essere pericoloso.
“Magari
è andato a fare un ultimo giro nelle vicinanze”
azzardò poco
convinta dopo un attimo di riflessione, aggrappandosi inconsciamente
a quel flebile appiglio prima di darsi per vinta.
“Forse”
le diede ragione Happy, tornando poi a guardare la spiaggia davanti a
sé mentre Rebecca, lanciando un'occhiata all'orologio nella
cabina
di comando, cercava di stabilire fino a quando sarebbe stato
ragionevole aspettare per poi rassegnarsi all'estenuante attesa.
Nel
frattempo Shiki, ignaro dei sentimenti dei due nuovi amici, osservava
il pianeta che per tanto tempo era stato la sua casa da uno degli
alberi più alti della foresta.
Aveva fatto in fretta a sistemare
l'astronave e una volta finito, nonostante sapesse che sarebbe stato
meglio tornare alla grotta ad attendere il risveglio di Happy e
Rebecca, aveva iniziato a girovagare senza meta nell'inconscia
speranza di ricevere un segno qualsiasi che potesse aiutarlo a
decidere. In realtà, in cuor suo, probabilmente aveva
già capito
cosa avrebbe dovuto fare ma dirlo ad alta voce l'avrebbe reso
più
reale e definitivo, e non se la sentiva ancora di compiere un passo
del genere.
Per questo, incurante del tempo che passava, si era
inoltrato a tal punto nel bosco per poi salire, con l'aiuto del suo
Ether Gear, fino alla cima di quell'albero da cui avrebbe potuto
dominare tutto quanto.
Con i
capelli che svolazzavano nel vento, si era poi guardato intorno
respirando a pieni polmoni la fresca aria mattutina godendosi intanto
la vista del sole che pian piano accarezzava il paesaggio fin dove il
suo sguardo riusciva a spingersi. Da lassù riconobbe in
fretta il
fiume in cui andava a pescare, la pianura erbosa dove era solito
fermarsi a guardare le stelle e persino la piccola radura in cui
sorgeva la grotta che era diventata il suo rifugio. Era davvero
pronto a lasciare quel mondo meraviglioso di cui ormai conosceva ogni
più piccolo anfratto?
In
risposta sentì di nuovo le parole di suo nonno di fronte al
drago,
subito seguite dalla raccomandazione di tenersi stretti gli amici che
un giorno avrebbero pianto per lui, e rivedendo suo malgrado gli occhi
lucidi di Rebecca la sera prima, capì che, per quanto gli
facesse male ammetterlo, la ragazza in fondo
aveva ragione. Quel pianeta era sempre stato la sua casa
ma
ormai l'avrebbe fatto solo soffrire nella più totale
solitudine una
volta che lei ed Happy se ne fossero andati e forse, partiti loro,
non avrebbe più avuto un'altra occasione per andarsene.
Le lacrime iniziarono a
solcargli il volto annebbiandogli la vista mentre realizzava davvero
il significato di quei pensieri e dopo aver promesso a se stesso che
non avrebbe mai dimenticato niente e nessuno di Granbell, si decise
finalmente a fare ciò che doveva.
Sperando che non fosse già troppo
tardi, si asciugò velocemente gli occhi con una manica per
poi
rivolgersi verso la costa e usare quindi il suo potere per
raggiungerla,
cercando intanto di captare di nuovo dall'alto tutti i luoghi a lui
più cari
mentre li salutava a uno a uno.
Nel
frattempo Rebecca, che
aveva appena finito di scrivere sulla sabbia un messaggio per Shiki in
cui si scusava per qualunque cosa avesse fatto e lo ringraziava
per il suo aiuto, cercava di farsi coraggio e mettere in moto
l'astronave con un macigno che le pesava sul petto ma per sua
fortuna, un attimo prima della partenza, lo vide uscire dalla foresta
con una strana espressione che non riuscì a identificare.
Al momento però non ci fece
molto caso e illuminandosi tutta, spense di nuovo il motore prima di
corrergli incontro.
“Sei
venuto alla fine”
gli disse contenta, fermandosi a poca distanza e trattenendosi a
fatica dal porgli la domanda che attendeva da ore una risposta.
“Mi
avete aspettato”
constatò sorpreso il giovane evitando il suo sguardo.
“Certo!
Non avrai pensato
che sarei partita senza nemmeno ringraziarti!” fece allegra
lei.
Il ragazzo non rispose e
Rebecca, capendo il suo disagio, decise di sbloccare la situazione.
“Allora,
hai pensato alla
mia proposta?” gli chiese dolcemente, facendo calare il
silenzio per parecchi secondi.
“Accetto,
grazie”
mormorò alla fine lui con gli
occhi bassi e un tono di voce quasi impercettibile ma la bionda,
sorridendo per il sollievo, capì ugualmente.
“Vedrai
che non te ne
pentirai” lo rassicurò prendendolo per mano e
tirandolo con sé
verso l'astronave, dove Happy era rimasto ad aspettarli per lasciar
loro un po' di privacy. Aveva capito che l'amica ci avrebbe tenuto ad
averlo con loro più di quanto fosse probabilmente disposta
ad
ammetere, e qualunque fosse stata la decisione di Shiki, non voleva
interrompere un momento delicato. Questo però non gli aveva
impedito di tenerli d'occhio per tutto il tempo e vedendoli avanzare
entrambi in quel
modo nella sua direzione si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo e
uno sguardo intenerito.
Dal canto suo il moro, in
quel breve tragitto sulla spiaggia, tenne invece gli occhi fissi
sulle loro mani unite godendosi intanto la rassicurante stretta della
bionda sulla sua,
così diversa da quella esitante della sera prima. Aveva
forse capito
i suoi sentimenti e stava quindi cercando di aiutarlo?
Non fece in tempo a finire
il pensiero che si ritrovò sulla passerella d'imbarco e dopo
un'ultima occhiata alle sue spalle, salì finalmente a bordo
sentendosi come svuotato. Non capì una sola parola di
ciò che
dissero Happy e Rebecca prima che questa azionasse il velivolo,
riuscendo a riscuotersi solo quando vide la costa allontanarsi da
loro.
A quel punto si avvicinò
sorpreso ad uno degli oblò e le lacrime iniziarono a
scendere di
nuovo mentre prometteva agli amici rimasti laggiù che non li
avrebbe
mai dimenticati e li ringraziava per tutto, senza accorgersi degli
sguardi partecipi dei due con i quali avrebbe presto iniziato una
nuova vita...
Angolo
autrice:
Ciao
a tutti e grazie mille per essere arrivati fin qui! Spero che la
storia vi sia piaciuta e di non essere andata troppo OOC, ma in
alcuni casi mi è sembrato giusto mettere particolarmente in
risalto
certe emozioni che giudicavo abbastanza plausibili in quel contesto.
Purtroppo
certe mie considerazioni e teorie presenti nella fanfiction sono
state presto smentite ma dal momento che la fanfiction, nonostante
abbia potuto lavorarci seriamente solo da poco, è nata in
realtà a
pochi giorni dall'uscita del primo capitolo (sono pazza, lo so XD),
ho pensato di lasciare il più possibile intatte le idee
originali.
Come forse avrete notato, alcune scene e situazioni sono state
riprese direttamente dal manga con tanto di frasi (soprattutto per
quanto riguarda i primi contatti di Shiki con la povera Rebecca dal
momento che, lo ammetto, non avrei saputo che altro inventarmi per
esprimere al meglio la sua totale incapacità di rapportarsi
con le
persone XD), mentre altre le ho inventate. Spero di avervi fatti
almeno un po' sorridere e di non aver provocato fiumi di lacrime nel
finale, ma nonostante la mia volontà di non esagerare con i
feels
per il bene di tutti, alla fine mi è venuto fuori
così e non aveva
senso riscriverlo. :3
Considerazioni
mie a parte, lasciatemi pure il vostro parere su questo piccolo
esperimento, se vi va, e grazie in anticipo a tutti per avermi
dedicato una parte del vostro tempo anche solo leggendo. :)
Se
qualcuno fosse interessato, vi ricordo di aver fondato tempo fa un
gruppo fb principalmente su Fairy Tail ed Edens Zero, ma anche sugli
anime e manga in generale. Per il momento siamo ancora in pochi, ma
saremo felicissimi di accogliervi a questo indirizzo:
https://www.facebook.com/groups/1510227842609212/?ref=bookmarks.
Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso
di non avere altro da dire, quindi per ora vi saluto e vi auguro una
buona serata e buonanotte per dopo.
Bacioni
e alla prossima!
Ellygattina
P.S:
Alcune mie amiche hanno deciso di preparare una rivista da consegnare
appena possibile a Hiro Mashima con all'interno fanfiction, disegni e
lettere da parte dei fan di tutte le sue opere. Vi lascio il link
dell'iniziativa con tutte le informazioni
https://globalsorcererfanzine.tumblr.com/,
e se la cosa può interessarvi, contattate direttamente da
qui le
organizzatrici tramite facebook
www.facebook.com/groups/1775814493...80040352477913/.
Alla
prossima e grazie ancora per tutto!