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Autore: Miryel    19/01/2019    25 recensioni
Le tre volte in cui Tony Stark ha baciato Peter Parker.
[ Tony x Peter - Romantico/Introspettivo - Hurt/Comfort ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
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[ Starker - Tony x Peter - Romantico/Introspettivo - Word Count: 3361 ]

 


This Could
Never Work

♦♦♦

 

♦♦♦

“We could make it work…”

 

«Io non sapevo dirti che
solo a pensarti mi dà i brividi
anche a uno stronzo come me»

Spaccacuore - Samuele Bersani



 

 

Epilogo.
 

 

   «Se ne va sempre in giro senza ombrello?»

«Oh, sì! Fa anche di peggio. Se mettesse l’impegno che mette a scuola anche nelle cose di tutti i giorni, sarebbe un ragazzo perfetto. Dopotutto non mi posso lamentare: è il mio angioletto.»

Peter alzò lentamente la testa dal cuscino, mentre le voci ovattate di Tony e di zia May lo tenevano fuori dalla conversazione, appena dietro la porta della sua camera. Puntellò un gomito al materasso e si strinse le meningi tra le dita, con un gran bel mal di testa in corso. Si era appena svegliato e chissà quanto accidenti aveva dormito… la febbre doveva averlo sfinito, tanto quanto quella chiacchierata in macchina con Tony. Ricordò tutto, in un istante. Lo aveva riportato a casa e zia May lo aveva incitato ad avere pazienza e a farsi una doccia, prima di buttarsi a letto e dormire un po’. Aveva obbedito, ma era stato difficile riuscire a mantenere l’equilibrio sotto l’acqua bollente, visto che lui stava andando letteralmente a fuoco per colpa della febbre. Poi si era infilato un pigiama pulito e Tony lo aveva aiutato a mettersi a letto.

«Non abbiamo finito il discorso…» gli aveva mormorato, quando l’uomo gli aveva rimboccato le coperte con una goffa tenerezza che non gli apparteneva affatto. Lo aveva solo visto ridacchiare leggermente, poi gli aveva poggiato una mano sulla fronte e, infine, accarezzato i capelli.

«Non mi sembra il momento, questo. Riposa un po’, e ne riparleremo.»  

«Perché rimanda sempre tutto, quando deve chiarire con me?» gli chiese ancora, in un flebile tono di protesta che fu a malapena udibile e Tony lo guardò spiazzato per un attimo, fermando quella carezza che - Peter doveva ammetterlo - era stata estremamente di conforto.

«Perché tu te ne vai in giro sotto la pioggia e ti becchi la febbre, Peter. Se avessi un po’ di amor proprio, ogni tanto, eviteresti certe brutte sorprese e di farmi rimandare questioni importanti, oltre che farmi preoccupare», gli aveva detto, polemico come sempre, poi si era congedato fuori dalla stanza, senza nemmeno aspettare una risposta.

Già, e Peter sapeva benissimo perché si era defilato con tanta fretta; se il primo bacio che si erano dati in ospedale era stato più un semplice tocco dettato dal momento, quello che si erano scambiati in macchina aveva avuto un retrogusto più passionale e sofferto. Sebbene una volta divisi, quel gesto non avesse portato da nessuna parte. Di nuovo un passo indietro, forse addirittura una decina, se non un centinaio. Più consapevolizzavano quel che c’era tra di loro, più Tony era lontano.

Peter non sapeva più come fare, per capire quell’uomo. Voleva solo delle risposte, tutto qui, e l’altro sembrava sempre più propenso a tenersele per sé.

«Vado a comprare qualche medicina e un po’ di carne per preparargli un brodo. Resti tu con lui?»

«Sì, non preoccuparti», sentì rispondere Tony, poi la porta di casa si chiuse e tornò il silenzio, rotto solo di tanto in tanto dal traffico cittadino al di fuori della sua stanza. Non sapeva nemmeno che ora fosse, sapeva solo che la testa sembrava un enorme palloncino pronto ad esplodere da un momento all’altro e aveva tutte le ossa indolenzite.

Poi Tony entrò in camera e Peter si bloccò a guardarlo, quando l’altro fece lo stesso, forse preso alla sprovvista dal fatto che non stesse dormendo.

«Ah, sei sveglio. La tua avvenente zia è appena uscita per fare scorta di medicine», esordì l’uomo, poi chiuse la porta della stanza e si avvicinò, sedendosi sul letto e sospirando, stancamente, «Hai dormito tutto il pomeriggio, ci credi?»

«Me lo posso immaginare. E lei è rimasto qui tutto il tempo?»

«Ovvio che sì. Come ti senti?» chiese Tony, e alzò una mano per appoggiargliela sulla fronte forse per sentire se scottava.

«A pezzettini. Come la mattina dopo il primo giorno di palestra. Mi fa male tutto.»

Tony schioccò la lingua in un suono frustrato, poi abbandonò la sua fronte e storse la bocca in una smorfia di disapprovazione: «Mi chiedo ancora cosa diavolo ti è saltato in mente. Okay, sei Spider-Man, ma questo non ti rende immune ai malanni, Peter.»

«Se non mi avesse invitato ad entrare in macchina, non avrei dovuto subire quello sbalzo di temperatura tremendo. Avrei semplicemente proseguito la mia camminata, zuppo fino alle ossa, e poi sarei arrivato a casa senza beccarmi la febbre. Non si sente nemmeno un po’ in difetto?»

«Stai cercando di non prenderti le tue responsabilità e di far ricadere la colpa su di me?» domandò Tony, con un mezzo sorrisetto, e quella tenerezza che ne era implicata dava quasi fastidio. Peter era arrabbiato, con lui. Gli aveva incasinato la testa così tanto da avergli solo confuso ulteriormente le idee e, come se niente fosse, lo stava di nuovo trattando come sempre. Come se tra di loro non ci fosse mai stato un solo discorso  riguardo i loro sentimenti.

«Quello sei tu, Tony», sentenziò, dopo una lunga pausa. Soppesò così tanto il suono del suo nome, da renderlo quasi irritante. L'uomo cancellò immediatamente il suo sorriso dalla faccia, e il suo sguardo si indurì.

«Ehi, ehi, ehi, che fine ha fatto il signor Stark?» domandò, per nulla divertito da quel fatto.

«Dovrei davvero continuare a chiamarti così e darti del lei, dopo quello… insomma… quello che è successo?»  

«Non c’entra niente quello che è successo, si tratta di rispetto per qualcuno che ha il doppio dei tuoi anni.»

«Beh, mi hai baciato. Mi pare ridicolo continuare a trattarti come se non fosse successo niente. Passi indietro o no, siamo stati - si bloccò e distolse lo sguardo, incrociando le braccia al petto, a disagio solo al ricordo di quel contatto - ...intimi.»

Tony alzò un sopracciglio, scettico. No, forse non era scettico, era più… d’accordo? Peter non sapeva che pensare. Forse era la febbre a farlo parlare così, a briglia sciolta, o forse la stanchezza di quella situazione che non riusciva a trovare una soluzione. Fattostà che era tutto ridicolo, in ogni caso. Sia dandogli del tu, che del lei. Sia chiamandolo per nome, che signor Stark.

«D’accordo, d'accordo. Fai come ti pare. Quello che è successo non dovrebbe incidere su certe cose, ma tant'è...» commentò l’uomo, agitando una mano con del finto disinteresse.  

«Hai ancora intenzione di ignorare la cosa? Non ne vuoi parlare? Vuoi ancora… fingere che non sia successo niente? Lo stai facendo sul serio?»   

«Invece di pensare a questo, dovresti metterti a riposare! Quando starai meglio ne riparleremo con più calma. Non mi pare il momento per affrontare un tema delicato come questo!»

«A me pare che non sia mai il momento, Tony…» rispose Peter, mordendosi poi un labbro quando scese il silenzio e lo schiacciò sulla nuca. L'uomo distolse lo sguardo e sospirò affranto, intrappolato in quella situazione che proprio non voleva chiarire. Che proprio non voleva risolvere. Eppure a Peter bastava così poco…

Può funzionare? Sì, o no?

«Non è mai il momento perché non esiste una soluzione! Io e te non funzioniamo insieme, per una serie di motivi che non voglio nemmeno approfondire, ma che tu conosci benissimo.»  

«P-perché? Non stai bene, quando sei con me? Ti metto a disagio?»

Tony sospirò ancora e si passò una mano tra i capelli. Ancora lo sguardo altrove, lontano. Intento a scappare dal suo, che invece lo cercava disperatamente solo per riuscire a capire, anche solo in minima parte, cosa accidenti gli passasse per la testa.

«Tutto il contrario. Quando sono con te, mi sembra di vivere in un mondo a parte. Un mondo completamente diverso da quello che ci circonda normalmente», disse e sarebbe potuta essere una frase quasi di conforto, se solo non l’avesse detta con un disappunto tale che morsicò il cuore di Peter.

Fece così male...

«È lo stesso per me», dovette ammettere Peter, però, abbassando lo sguardo, perché malgrado si sentisse compreso, quel fatto lo incupì. Sapere di non essere l’unico a pensarlo, non era positivo come invece credeva sarebbe potuto essere. «Mi sembra di far parte di un mondo che gli altri non possono capire… questo a volte fa davvero male, anche se non dovrebbe perché, di fatto, non c'è nulla di male. Ma a me va bene così.»

Calò di nuovo il silenzio, e Tony lo guardò inespressivo, visibilmente combattuto su cosa fare e cosa dire a proposito di quella situazione. Poi si pizzicò la pelle tra le sopracciglia, e ruppe la magia di quello sguardo, che ancora una volta li aveva portati in quel mondo a parte; che apparteneva solo a loro.

«Per questo non può funzionare, Peter.»   

«Che c’è che non funziona, in noi?» chiese lui, esasperato. Lasciò cadere stancamente le braccia sul materasso.

«Far parte di un mondo a parte significa dover fare i conti con il mondo reale, ad un certo punto, e questo cambia tutto. Ma non per me, nemmeno per te.»

«E allora per chi?»

«Per la gente.»  

Peter corrugò la fronte, scettico. Si ritrasse: «E da quando in qua Tony Stark si preoccupa del giudizio delle persone?»

Tony sbuffò fuori dalla bocca una mezza risata malinconica; alzò le dita per accarezzargli una guancia, poi i capelli. Sospirò, dopo una lunga pausa dove gli entrò nell’anima con uno sguardo, e dove Peter ci si perse.

«Tony Stark non si preoccupa del giudizio che la gente ha su di lui, ma di quello che ha su di te.»

«Io vivo di giudizi. La gente non fa altro che etichettarmi in duemila modi. Ormai ci ho fatto l’abitudine, ci convivo. La gente non sa nemmeno chi  sono. Tu… avresti mai detto che uno come me è Spider-Man? Di primo impatto, sono sicuro di no.»

«No, è vero, di primo impatto non l'avrei detto. Ma è proprio questo il problema. Tu sei in una maniera, e solo tu ti conosci abbastanza da poterlo affermare. Gli altri ti vedranno sempre in modo distorto, inesatto; come vogliono loro. Se provi qualcosa di forte per qualcuno, poi, a loro non importa. Se è sbagliato per loro, allora la tua opinione non conta più. Puoi fingere quanto  vuoi che questo non ti importi, ma di fatto so che non è così», rispose Tony, e smise di accarezzarlo. Poggiò le mani sul materasso e alzò lo sguardo verso il soffitto; il viso stanco e provato da quella lunga giornata. «Per questo motivo non può funzionare. Siamo un bersaglio facile, e io non ti ci voglio nel mezzo.»

«Non può funzionare per colpa del giudizio della gente? Ridicolo! E se ti chiedessi di dirmi sinceramente cosa ne pensi tu? Per te, solo per te, potrebbe funzionare?»

«Il mio giudizio a riguardo non conta.»

Peter si protese verso di lui, lapidario. La testa gli scoppiava: «No, è quello degli altri a non contare, Tony! In questa stanza ci siamo io e te, nessun altro. Io non temo il giudizio, sei tu che ne sei terrorizzato… perciò, per favore,» supplicò, poi digrignò i denti, «per una volta soltanto… sii sincero, ti prego». Poi scese il silenzio, e Peter attese. Si strinse le gambe al petto e attese. Attese perché Tony Stark non era bravo ad esprimere i propri sentimenti; era più bravo a non accettarli e a rispondere sempre il contrario di tutto. Lo capiva. Per certi versi era difficile anche per lui, sebbene i motivi fossero legati più ad una profonda insicurezza che all’orgoglio. L’uomo abbassò lentamente lo sguardo sul suo. Le lunghe ciglia si incontrarono tra loro, quando sbatté le palpebre un paio di volte, come risvegliato da un sogno. Le labbra schiuse, pronte a lasciar andare quella risposta, che la lingua cercava di tirare indietro e di tenerla per sé.

«Perché vuoi per forza che mi esponga così?» chiese, amaro e Peter non riuscì a trattenere un sospiro frustrato. Si passò le mani tra i capelli, e nascose il viso tra le ginocchia piegate, esasperato. Rispondere ad una domanda con un’altra domanda, pur di non esprimere un solo cazzo di sentimento.

Una cosa decisamente troppo alla Tony Stark.

«Perché non mi dici semplicemente se è o no?»

«Perché a te sembra facile, ma non lo è!»  

«No che non lo è, non lo è per niente ma qui c’è in ballo tutto! So che non posso obbligarti a mettere da parte l’orgoglio e la paura del giudizio altrui, solo che…»

«Solo che tu vuoi che te lo dimostri a parole, non è così?» lo interruppe Tony, amareggiato, polemico come sempre. Stizzito. Alzò pure la voce, ma non servì a nient’altro che aumentare la frustrazione di Peter che grugnì, stanco. Stanco morto. Quella discussione stava raggiungendo livelli di ridicolaggine che rasentava il fantascientifico, e lui non ce la faceva più.

«No, io voglio capire che cosa vuoi da me! Io non lo so che cosa ti passa per la testa e ho bisogno di risposte! Ti prego, Tony… ho bisogno di sapere che ne è di noi… una volta saputo, non te lo chiederò mai più. Te lo prometto», supplicò, poi sospirò aria dal naso e, dopo una lunga pausa dove aveva cercato la sua mano, riprese: «Sì o no?»

Il tendone del palcoscenico, dove quella sceneggiata aveva avuto luogo, si chiuse. Tirò la sua stoffa fatta di insicurezza intorno a loro, e rimase solo l’attesa. Peter sperò con tutto il cuore che avrebbe potuto portare risposte. Di qualunque tipo, anche un rifiuto ma voleva risposte. Le pretendeva, come non aveva mai fatto in vita sua. Perché era facile fingersi distanti da un amore non corrisposto, per quanto facesse male lo stesso, ma… quanto era difficile, invece, vivere sapendo di essere amato e dover far finta che non fosse così?

«Vorrei. Vorrei che funzionasse.»

«Cancella la gente e il loro giudizio, cancella il mondo e gli altri. Rimaniamo solo noi. Funziona?» insistette, perché chiuderla lì significava darla vinta a qualcosa che nessuno dei due desiderava davvero: il distacco.

Tony lo prese per le guance. Aprì la bocca per parlare e non lo fece. Non lo fece perché Tony Stark il suo cuore lo apriva raramente, ma mai completamente. Strinse poi i denti e abbassò la testa, combattuto. Era difficile, troppo difficile e per quanto Peter riuscisse a capire quel tormento, non lo condivideva. Una volta, una soltanto, avrebbe potuto mettere da parte l’orgoglio - no, non l'orgoglio, la paura. Perché era di questo che si trattava, alla fine dei giochi - e rispondergli con sincerità. Tony cercò disperato i suoi occhi, che si caricarono subito di attesa e di lacrime amare; di rabbia repressa. Della sola voglia di conoscere la verità. Così la mascella gli tremò, mentre tentava di trattenere un pianto frustrato.

«Funziona?» chiese di nuovo, la voce strozzata, e Tony spalancò gli occhi, di fronte a quella supplica legata alle loro anime da un filo d’argento, pronto a spezzarsi da un momento all'altro.

Così fragile...

L’uomo inclinò semplicemente la testa di lato, e lo baciò lentamente. Pur di non rispondergli, lo aveva fatto di nuovo e Peter non riusciva a capire se quel gesto potesse essere positivo stavolta, oppure no. Poteva significare qualunque cosa, anche l’ennesimo bacio dettato dall’istinto, per la quale Tony avrebbe poi fatto un ulteriore passo indietro, una volta divisi. Si lasciò solo trasportare, si lasciò solo scaldare da quel gesto e dalla carezza effimera delle sue dita che andavano ad incastrarsi in mezzo ai suoi capelli. Gli circondò le braccia intorno al collo, e sperò solo di non perderlo ancora.

«Funziona?» chiese di nuovo, quando Tony si staccò per un secondo e lo guardò enigmatico, per poi tornare a baciarlo con molto più trasporto, tirandoselo contro come se, da un momento all’altro, qualcuno potesse fare irruzione nella stanza e portarglielo via. «Tony, funziona?»

Peter sentì le braccia dell’altro cingergli le spalle, col chiaro e quasi rassicurante intento di non lasciarlo più andare. Uno di quei gesti che, fino a qualche tempo prima, avrebbe solo desiderato e mai ricevuto. Era stato così faticoso riuscire a convincerlo che un abbraccio non era per forza deleterio e logorante. Poi erano arrivati i baci sulla fronte, poi quelli sulle guance, spontanei. Ed ora questo.

«Tony,» ripetè, più deciso, quando si staccarono di nuovo; una mano spalancata sul suo reattore Arc, tiepido. «funziona?»

L’intensità del suo sguardo addosso aveva già la risposta pronta ad uscirgli dagli occhi. Tony Stark rimase ancora in silenzio per un tempo incalcolabile, e Peter seppe che dentro di sé stava combattendo una battaglia contro il coraggio, la paura e l’orgoglio. Attese, ed era la cosa più giusta da fare. Ne sarebbe valsa la pena, lo sapeva, ma egoisticamente avrebbe voluto quella risposta immediatamente, siccome era troppo che l’attendeva. Si lasciò baciare uno zigomo da un leggero tocco di labbra, poi Tony gli  accarezzò la punta del naso con il suo e chiuse gli occhi, prendendo un grosso e rumoroso respiro.

Poggiò la fronte alla sua, e fu dolce.

«Funziona», ammise infine, e Peter sorrise contro la sua spalla, quando lo abbracciò di nuovo e gli infilò il naso tra i capelli, respirandone il profumo.

Finalmente. Finalmente.

«Cosa c’era di tanto difficile, nell’ammetterlo?» gli chiese, dopo secondi interi passati abbracciati; la temperatura corporea così alta che quasi gli sembrò di prendere fuoco.

La febbre poteva aspettare. Anche solo un minuto. Un secondo solamente.

Tony rise leggermente, ma fu difficile non percepire in quel gesto una leggera malinconia. Peter sapeva che quell’ammissione gli era costato tutto, e che, di passi indietro, non ne avrebbe più potuti fare. Questo significava solo una cosa: funzionava, ed era certo. Ma ora?

«Ammettere l’amore è già difficile di per sé. Farlo con qualcuno che ho sempre cercato di proteggere da come sono fatto io, che non riesco a sciogliermi[1] con nessuno, si avvicina ad un’impresa impossibile.»  

«Lo so… so come sei, Tony», sussurrò, ancora la testa incastrata nella sua spalla e un calore nel petto dal retrogusto mischiato a malinconia e terrore.

«E ti sta bene? Sei davvero disposto ad accettare tutto quello che ti aspetterà stando accanto a me, come compagno di vita? Peter, sei giovane… tu puoi ancora scegliere, sono io che non posso più e lo sai… tu lo sai che soffrirai per colpa mia.»

Soffrire? E allora? Non è forse inevitabile, quando si ama qualcuno?

Peter si slacciò da quell’abbraccio. Alzò il mento e sorrise, perché quel dubbio legato a quella scelta era legittimo; perché lui, a suo tempo, si era chiesto lo stesso. Era un ragazzo giovane, ne era consapevole e sapeva che di errori, ne doveva commettere ancora tanti, e Tony… voleva solo che gli stesse vicino, in ogni caso. Non come padre, non come mentore, ma come anima affine.

Si perse nei suoi occhi castani, quando gli permise di entravi dentro con delicatezza. Si lasciò accarezzare dalla punta del suo naso, che gli percorse la silhouette di una guancia. Godette di quel gesto per qualche istante, chiudendo gli occhi.

«Lo so, ma io ho già scelto», rispose. Si strinse di più contro il suo corpo, e ne trovò un rifugio. Con Tony, ogni contatto - persino quello più lontano, era un passaporto per varcare la porta di quel mondo fantastico tutto loro, alla quale appartenevano. 

Peter aveva odiato la sua vita, in passato. Aveva persino odiato essere Spider-Man, eppure da quando Tony era andato a prenderselo, quel giorno lontano, tutto aveva iniziato a cambiare. Ogni esperienza ora aveva un senso, ed ogni ingiustizia aveva assunto sapori meno amari. Aveva iniziato ad amarsi, pian piano e, paradossalmente, se non fosse stato per Tony, probabilmente non avrebbe mai imparato a farlo.

L’uomo gli alzò leggermente il mento, con l’ausilio di due dita. Gli lasciò un sorriso da ammirare per qualche secondo, prima di chinarsi con una lentezza incantevole per baciargli le labbra, e lui ricambiò con un brivido lungo la schiena. 

Così sia, diceva quel bacio, e fu un’altra tacita dichiarazione, alla quale non servivano parole per essere raccontata o spiegata.

Il loro era un rapporto fatto di gesti. E i gesti, quelli, di bugie non ne raccontavano mai.


 

Fine.

 

«Libero com'ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi
Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori
Come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà
E non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà»  
Samuele Bersani - Giudizi Universali



 
[1]Parte della frase detta da Tony, è un pezzo della canzone "Spaccacuore" di Samuele Bersani (che ringrazio, per avermi preso per mano e accompagnato durante la scrittura di questa storia)
 
Angolo Angoloso Anglosassone (??) delle Angolate di Miryel:
Non riesco ancora a credere di aver concluso questa minilong senza aver perso nessun arto e nessun polmone, dato che mi sto portando dietro da lunedì gli strascichi di un'influenza antipatica come la peste bubbonica, che invece di migliorare, peggiore.
Nessun Peter e nessun Tony sono stati maltrattato, ve lo assicuro. Sebbene il loro sguardo omicida, in un angolino della mia stanza, sembra dire il contrario.
Ringrazio tutti coloro che hanno scelto di leggere questa storia, che continuano imperterriti a sopportare me e le mie storie su di loro. Grazie inoltre per le recensioni e per l'affetto che sempre dimostrate. Io ne faccio tesoro e vado avanti anche grazie ad esso.
È sempre triste dire addio ad un progetto. Questa storia poi mi è piaciuto scriverla, sebbene non ne sia poi così soddisfatta, ma tant'è...
Comunque, si chiude una porta ma si apre un portone. Nuovo progetto all'orizzonte che, se tutto va bene, vedrà la luce prossima settimane!
Sperando quindi che questa piccola minilong vi sia piaciuta, vi do appuntamento a prestissimo, sempre su queste frequenze (sì, spoiler: sarà un'altra starker XD non mi odiate...)
Vi lovvo tutti
Miry

 

   
 
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