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Autore: QueenInTheNorth    19/01/2019    3 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 22


Jaehaerys Targaryen                                                                                               

 



                                                                            "La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta."


Tyrion

 

Avevano avvolto il cadavere di Verme Grigio nel lenzuolo più bello trovato sulla Soffio Dorato, adagiandolo poi sul suo letto. Alcuni Immacolati erano rimasti a vegliare su di lui e Tyrion li aveva visti piangere. Era divorato dal senso di colpa e non riusciva a smettere di pensare a ciò che era successo a Castel Granito. Verme Grigio, il più abile e coraggioso degli Immacolati, ucciso da un ragazzino che non riusciva nemmeno a impugnare bene la spada.

E tutto per colpa mia.

Tyrion non trovava pace. Se Verme Grigio non avesse dovuto difenderlo da quell’attacco, non sarebbe mai stato colto impreparato. Tyrion si malediva per non essere in grado nemmeno di proteggere sé stesso. Seduto accanto al corpo dell’Immacolato caduto, il nano mandava giù un calice di vino dopo l’altro, senza neppure sentirne il gusto. Cercava disperatamente di annegare nell’incoscienza, ma il sonno era un lusso che non riusciva a permettersi: in qualche modo il suo corpo era deciso a castigarsi. Vomitò due volte prima che Varys arrivasse a portargli via la caraffa. Tyrion non si oppose, troppo stanco anche solo per muoversi.

“Non credo che ubriacarsi sia la soluzione giusta in questo momento” osservò Varys con la sua voce calma.

Tyrion alzò leggermente lo sguardo. “E’ sempre la soluzione giusta.”

Varys sospirò e, raccogliendo le ampie vesti, si sedette sulla piccola poltrona che Tyrion aveva rifiutato per uno scomodo sgabello. “So che può allievare la sofferenza…”

“Cosa ne sai tu?” lo interruppe subito Tyrion irritato “Tu non bevi mai vino, non puoi sapere cosa si provi quando si è ubriachi…”

“Forse non te lo ricordi” obbiettò Varys, “ma sei stato proprio tu a spiegarmi perché bevi così tanto. Mi dicesti che lo fai perché ti aiuta a dimenticare, a offuscare nella tua mente i ricordi che vorresti rimuovere e che invece ti perseguitano. Lo fai perché vuoi nascondere a te stesso i tuoi errori.”

Tyrion aggrottò le sopracciglia. “Quest’ultima cosa non l’ho mai detta.”

Varys rise. “No, ma ho ragione lo stesso, non è forse così?” Varys aveva un’espressione sarcastica e Tyrion non poté far a meno di annuire brontolando.

“Non è stata colpa tua, Tyrion” disse Varys in tono serio ora.

“Sì invece!” esclamò Tyrion balzando in piedi “E’ morto per difendermi e questo perché sono solo un nano ubriaco che rischia di farsi ammazzare da uno scudo.”

Varys incarcò le sopracciglia. “Una volta Bronn mi disse che avevi ucciso un uomo con uno scudo: non ti devi vergonare che sia stato usato come arma contro di te…”

Tyrion alzò gli occhi al cielo. “Non è questo il punto…” mormorò sconfortato.

“Lo so” replicò Varys in tono comprensivo, “ma pensavo ti aiutasse a stare meglio: non ti devi sentire in colpa. Verme Grigio era un soldato e sapeva bene che questa poteva essere la fine della sua avventura, tutti noi lo sappiamo. Non gli rendi onore vomitando l’anima ai piedi del suo cadavere.”

Tyrion si sentì ancora peggio e dovette reprimere un altro conato. Varys si alzò in piedi a sua volta e lo sostenne. “Vieni” gli disse a bassa voce, “andiamo a parlare da un’altra parte…”

Tyrion si lasciò guidare fuori dalla cabina e quasi non si rese conto che Varys l’aveva condotto sul ponte. L’eunuco disse qualcosa riguardo a una salutare boccata d’aria, ma Tyrion non stava ascoltando. Lasciò correre lo sguardo sul mare.

Daenerys aveva già ricevuto la lettera? Come aveva reagito? Si sarebbe accontentata di piangere la morte di Verme Grigio o avrebbe preteso vendetta? In quel caso Tyrion già poteva vedere la sua testa staccarsi dal collo.

Daenerys non agirebbe mai così. La verità era tuttavia che Tyrion non poteva sapere cosa passasse nella mente della Madre dei Draghi. Abbiamo preso Castel Granito, pensò, come ci aveva ordinato, ma sarà soddisfatta?

Tyrion si accorse che Varys lo stava fissando e capì che doveva avergli rivolto una domanda. “Non guardarmi così, non ho idea di cosa cazzo tu mia abbia chiesto…”

Varys scosse la testa. “Chiedevo solo se preferivi il vino di Dorne o quello di Arbor, ma non credo sia così importante.” Tyrion imprecò sottovoce e tornò a guardare le onde.

“Chi comanderà adesso gli Immacolati?” La domanda di Varys lo raggiunse ovattata come provenisse da un punto lontano.

Tyrion inspirò profondamente, tentando di riscuotersi. Non mi interessa. “Immagino la decisione spetti a Daenerys.”

Varys era scettico. “Tu chi proporresti?” chiese curioso.

Uno qualsiasi di loro. Tyrion non rispose e fortunatamente Varys non insistette.

Impiegarono altri due giorni per arrivare in vista del porto di Duskendale. Tyrion aveva visitato la città almeno due volte e sapeva che l’acqua era profonda abbastanza da permettere alle navi di rggiungere le banchine, dove venivano ormeggiate. Di solito i guardiani del porto riscuotevano un tributo ai capitani delle navi, ma questa volta nessuno si fece avanti. Tyrion non ne fu stupito: in fondo Daenerys doveva essersi ormai stabilita al castello. Mentre scendevano a terra, il corpo di Verme Grigio traportato da due Immacolati alle loro spalle, notò che il porto era quasi deserto.

“La città sembra essere sprodondata nel caos” osservò Varys con voce grave.

Tyrion lo guardò. “Non arriviamo a conclusioni affrettate.” Cos’è successo qui?

Furono scortati verso il castello ed ammessi alle stanze della regina. Tyrion non poté far a meno di notare che i rari passanti bisbigliavano fra loro e camminavano in fretta. Si accomodarono sulle sedie che furono loro indicate e attesero.

Presto la porta si spalancò ed entrano Daenerys e Missandei. La ragazza si arrestò di colpo quando vide il corpo di Verme Grigio avvolto nel suo sudario. Dovette trattenere i singhiozzi e coprirsi la bocca con la mano. Poi venne avanti e si inginocchiò accanto al cadavere, piangendo in silenzio.

“Forse è meglio se ti lasciamo da sola…” Era stata Daenerys a parlare. Tyrion osservò Missandei, che annuiva senza guardare nessuno.

Deve aver letto la mia lettera, deve sapere... Aveva promesso a Verme Grigio e doveva assicurarsi il messaggio fosse stato recapitato. Qualcosa però lo bloccava: Missandei era già abbastanza addolorata e Tyrion non volle aggiungere altra sofferenza.

Si alzò in piedi e seguì Daenerys e Varys nelle stanza adiacenti. Daenerys chiuse la porta alle sue spalle e si voltò verso di loro. “Come è successo?” chiese con un filo di voce.

“E’ morto gloriosamente in battaglia, vostra grazia” rispose Varys prima che Tyrion avesse il tempo di aprire bocca, “il suo piano ci ha permesso di prendere Castel Granito.” Daenerys annuì, le sopracciglia appena inarcate. Sembrava stanca e allo stesso tempo furiosa: Tyrion non riusciva a dedurlo con certezza.

“In quanti sono morti?” si informò ancora la regina e Varys disse qualche numero, che Tyrion era certo Daenerys avrebbe dimenticato il momento seguente.

Fece un passo avanti. “Alcuni alfieri di mia sorella sono passati dalla tua parte” disse, “e sono pronti a giurare fedeltà: sono casate antiche ed importanti.”

La regina annuì di nuovo. “Bene” assentì, “organizzeremo una breve cerimonia.” Sembrava frettolosa e la sua mente appariva altrove.

A cosa pensa?

“Vostra grazia” tentò Tyrion, “abbiamo saputo di ser Garth e i Dothraki: hai già un piano per fermarli?”

Un lampo attraversò gli occhi di Daenerys e Tyrion quasi si ritrasse. “Certo” rispose lei, “dobbiamo marciare su Approdo del Re e colpire con tutte le nostre forze. Ho già inviato ser Jorah a negoziare con Rakandro: credo riuscirà a persuaderlo a far ritornare i Dothraki nel mio esercito.” Tyrion e Varys si scambiarono una rapida occhiata.

“Pensavo il piano prevedesse attendere i rinforzi di Yara e Gendry” obbiettò Tyrion incerto.

Le mani della regina tremarono. “Non arriveranno” replicò asciutta, “entrambi hanno portato i loro uomini a Nord.”

Tyrion era rimasto a bocca aperta. Cosa sono andati a fare lassù? Non riusciva a capire, Yara era sempre stata una delle più fedeli sostenitrici di Daenerys e Gendry doveva la sua legittimizzazione alla regina. Che motivo avevano di voltarle le spalle in quel modo? Provò a dire qualcosa, ma nuovamente Varys lo anticipò.

“Vostra grazia, se posso chiedere…”

“Lord Varys, la tua presenza è richiesta al porto” lo interruppe Daenerys, “Tyene Sand sta arrivando con i nuovi alleati e ho bisogno che tu accolga lady Stokeworth e il suo seguito. Posso contare su di te?” Varys sembrava sorpreso, poi chinò il capo e uscì. Tyrion si rivolse a Daenerys.

“Non dovrebbe essere Theon Greyjoy ad occuparsi di queste faccende?”

Daenerys sussultò. “Theon è morto in un incidente.”

Tyrion ebbe bisogno di qualche secondo per metabolizzare la notizia. E’ morto? Improvvisamente capì il motivo della confusione che si era impossessata di Duskendale e del perché Yara avesse preso una decisione tanto drastica. Aveva la bocca asciutta.

“C-come è potuto succedere?” Daenerys lo guardò intensamente, ma non disse nulla. Tyrion capì che doveva insistere. “Cosa è successo qui?” Si accorse di un altro particolare. “Dov’è Jon?” Daenerys sembrò ridestarsi e Tyrion vide la rabbia impossessarsi di lei.

“E’ un traditore!” urlò la regina “Ha cospirato con Gendry e Davos per portarmi via gli alleati e poi… E poi è fuggito…”

Tyrion, incredulo, fece un passo indietro. Come?

“Con il mio drago… Rhaegal.”

Stranamente Tyrion si scoprì non particolarmente scosso dalla rivelazione, era come se una parte di lui sapesse da sempre che sarebbe successo. Eppure non credeva Jon capace di azioni tanto vili come il furto del drago o la fuga. Deve essere accaduto qualcos’altro, realizzò, qualcosa che possa giustificare un comportamento del genere… Forse c’entra la morte di Theon…

Tentò di calmare la regina. “Vostra grazia, forse Jon non intendeva…”

“Prendere il mio drago?” lo interruppe sprezzante Daenerys “stai forse dicendo l’ha rubato per sbaglio?”

Tyrion si ricompose. “Sto solo dicendo che forse aveva dei motivi.”

Daenerys rise e la sua risata era quasi crudele. “Certo, è venuto a raccontarmi ancora una volta le sue favolette sugli Estranei, sull’esercito dei non-morti, diceva addirittura la Barriera fosse crollata…”

Tyrion si congelò al suo posto. La Barriera è crollata? Com’era possibile? Come si poteva anche solo immaginare che una struttura così possente potesse essere distrutta? Tyrion ricordava il senso di vertigini che l’aveva assalito quando si era sporto oltre quel gelido muro di ghiaccio. Ed ora era davvero scomparsa?

Daenerys continuava a parlare veloce senza dare cenno di voler smettere, ma Tyrion intanto rifletteva. Se la Barriera non c’è più, pensò rabbrividendo, e le leggende sono reali, gli Estranei potranno attaccare Westeros. E’ per questo che te ne sei andato, Jon? Tuttavia Tyrion non riusciva a capire la necessità di una fuga.

“Vostra grazia, non credi che dovremmo fare qualcosa?”

Daenerys si voltò verso di lui esterrefatta. “Cosa pensi dovremmo fare? Abbiamo già il nostro piano.”

Tyrion si rese conto di dover procedere con estrema cautela. “E’ possibile che Jon dicesse il vero” azzardò, “e se è così è tuo dovere aiutarlo.”

Daenerys sbuffò. “Non è mio dovere fare niente!” esclamò stizzita “E ha tradito, come potrei fidarmi di lui?”

“Un esercito di morti minaccia il tuo regno…”

“Il Nord non è il mio regno, l’ha detto anche lui… Se ci tiene così tanto alla sua indipendenza allora lo difenderà da questa minaccia da solo.”

Tyrion quasi non vedeva nulla della Daenerys che aveva conosciuto nella donna spietata che si trovava davanti. “Se gli Estranei esistono, distruggeranno ogni cosa e non si fermeranno al Nord, lo sai…”

“Questo sarà un problema per un altro momento” replicò Daenerys, “per ora la nostra attenzione deve essere rivolta ad Approdo del Re.”

Tyrion faticava a credere che Daenerys facesse sul serio. E’ cambiata così tanto?

“Maestà” tentò ancora, “ti prego, ripensaci: non puoi abbandonare il Nord così…” Avevi giurato l’avresti aiutato, ecco perché Jon è fuggito dopo il tuo rifiuto.

Daenerys sembrava sul punto di esplodere. “Sono questi i tuoi saggi consigli?” chiese sarcastica “So bene che molti innocenti moriranno nel Nord, ma Jon Snow ha fatto la scelta sbagliata e li ha condannati, come un generale inetto che manda i propri soldati a morire.”

Tyrion non aveva parole ed era una sensazione insolita per lui. Come fai a sapere la scelta sbagliata sia la sua?

Si sforzò di farla ragionare. “Sono sicuro abbia fatto ciò che riteneva giusto, forse potresti perdonarlo e…” Daenerys girò di scatto la testa verso di lui e Tyrion ammutolì.

La regina avanzò lentamente. “Mai” sibilò, “mi fidavo di lui e mi ha ricompensata complottando contro di me, minacciando la sicurezza del mio regno con le sue bugie. Non potrò mai tornare a guardarlo negli occhi.”

“Magari insieme a Gendry ha agito così solo per evitare che il Nord cadesse” mormorò Tyrion, “perché loro contavano sul tuo aiuto, ma sapevano che il tuo esercito ci avrebbe messo troppo tempo per intervenire. Daenerys, ti supplico, ascoltami: la guerra contro Cersei può attendere, dobbiamo andare a Nord. Non farlo per Jon, né per me, né per il tuo drago, fallo per tutte quelle persone innocenti che non sono responsabili delle azioni del loro re. Fallo per il tuo sogno di pace, se questo significa ancora qualcosa per te. Fallo perché sei migliore di mia sorella e sei capace di mettere da parte l’odio ed il desiderio di vendetta.” Tyrion attese qualche momento, il silenzio che calava come una lama su di loro.

“Mi chiedo a quale causa tu debba davvero la tua fedeltà” disse infine Daenerys freddamente e Tyrion realizzò con orrore di aver perso. Sconfitto, chinò il capo.

“Appena l’esercito che Tyene ha raggruppato arriverà, partiremo per Approdo del Re” continuò Daenerys impassibile, “ci riuniremo con i Dothraki, ser Jorah e Benjameen, poi assedieremo la capitale fin quando non avrò la testa di Cersei su una picca e l’intero esercito Lannister ridotto in cenere da Drogon. Allora mi siederò sul Trono di Sade e deciderò come e quando intervenire contro gli Estranei. E quando tutto questo sarà finito, volerò a Nord e costringerò chiunque sia rimasto a governare a giurarmi fedeltà. Mi sono spiegata?”

Il tono di Daenerys era aspro ed intransigente, completamente privo di una qualunque forma di empatia. Tyrion annuì mesto, la mente ormai lontana.

Daenerys sorrise. “Ho preso la mia decisione…”

“Ed io ho preso la mia.”

Lentamente, Tyrion si sfilò la spilla da Primo Cavaliere. L’aveva sempre portata con orgoglio, fiero della regina che aveva giurato di consigliare, ma ora era tutto diverso. Daenerys non era più la stessa, ma Tyrion sentiva di non essere cambiato e non voleva prendere parte alla sua follia.

Gettò la spilla ai piedi di Daenerys, che lo fissava incredula e ferita. Tyrion vide la delusione nel suo sguardo, ma ormai lei si era spinta troppo oltre per poter sperare di ottenere il suo appoggio.

La mia regina non avrebbe abbandonato metà del regno al proprio destino, avrebbe continuato a lottare.

Tyrion guardò Daenerys negli occhi un’ultima volta, poi si voltò e uscì senza premurarsi di chiudere la porta.

 

Sansa

 

Samwell Tarly era esattamente come Jon l’aveva sempre descritto. Sansa lo trovava cordiale ed educato, talvolta quasi timoroso di offendere qualcuno. “Chiamami Sam” disse per prima cosa e Sansa aveva annuito contenta.

Poi anche la ragazza al fianco di Sam si fece avanti e disse di chiamarsi Gilly, tendendo impacciata la mano. Sansa la squadrò per un secondo. Era giovanissima, forse perfino più piccola di lei, e sembrava vagamente a disagio. Sansa vide che Sam stava fissando un punto alle sue spalle.

“Brandon!” esclamò “Non pensavo fossi riuscito a sopravvivere oltre la Barriera…”

Sansa si voltò e vide che erano arrivati anche Bran e Meera. Mio fratello conosce Sam? Notò che anche Meera stava sorridendo.

“E’ solo Bran” disse lui, “sono felice di rivedervi… Dov’è il bambino?” Sam e Gilly si guardarono.

“Lo abbiamo lasciato a Delta delle Acque” spiegò Sam, “dove sarà più al sicuro…” Gilly chinò il capo.

“Avete quindi conosciuto mio zio, lord Edmure?” si informò Sansa facendo un passo avanti.

“Sì, mia signora” rispose Gilly, “e anche sua moglie e loro figlio.”

Sansa fu sorpresa dallo scoprire di avere un cugino, ma non fece domande. “Venite da Vecchia Città, vero?” si limitò a dire gentile “Sarete entrambi esausti: entriamo dentro…” Senza aggiungere altro, voltò loro le spalle e tornò sui suoi passi. I lord che alloggiavano a Grande Inverno a quell’ora si dedicavano ai loro compiti e Sansa era certa di trovare la stanza dei ricevimenti libera. Era molto più piccola di quella dei banchetti e perciò veniva usata di rado.

Aprì la porta e lasciò che gli altri si accomodassero, poi prese posto sulla poltrona vicino al fuoco. Meera spinse la carrozzella di Bran fino alla finestra.

Sansa si schiarì la voce. “Credo sia l’ora delle presentazioni…”

“Non credo ce ne sarà bisogno” la interruppe a bassa voce Sam.

Così Sansa scoprì che lei e Podrick erano gli unici a non aver avuto il piacere di conoscere i nuovi ospiti. Bran e Meera erano stati condotti oltre la Barriera proprio da Sam e Gilly, Davos li aveva conosciuti al Castello Nero quando ancora era fedele a Stannis e Brienne aveva ricevuto il loro aiuto a Vecchia Città.

“Se è così allora” disse Sansa ridendo, “lui è Podrick Payne, lo scudiero di Brienne.” Podrick sorrise imbarazzato e Sam gli strinse la mano.

“Molto piacere.”

Ci furono momenti di silenzio, durante i quali nessuno sapeva bene cosa dire. Poi Davos si protese in avanti. “Jon diceva che hai ucciso un Estraneo” disse sollevando un sopracciglio, “è vero?”

“L’ho pugnalato con il Vetro di Drago” rispose Sam, “ed è stato come se si stesse sgretolando davanti ai miei occhi.”

Sansa pensò sollevata che fortunatamente quasi tutta l’Ossidiana era stata affidata a Gendry e Tormund per la loro missione a Ultimo Focolare. Aveva anche consegnato loro Ambra, nella speranza che al ritorno sarebbe stata rinforzata dal Vetro di Drago. I suoi pensieri corsero inevitabilmente ad Arya, persa chissà dove, e rabbrividì. Si impose si rimanere composta. Non è il momento.

Nessuno sembrava avere la minima idea di quanto gravoso fosse il compito che Jon le aveva lasciato. Doveva ascoltare ogni singola inutile lamentela dei lord, ogni richiesta d’aiuto del popolo e ogni pretesa dei soldati, per poi tentare come meglio poteva di gestire il tutto. Ora addirittura un nemico che Sansa non aveva mai visto bussava alla loro porta e il Nord si aspettava da lei che riuscisse a fermarlo.

La pressione a cui era sottoposta le faceva perdere il sonno e la rendeva nervosa. Tutto quello che desiderava era che Jon tornasse finalmente a casa per poter scaricare sulle sue spalle tutte quelle responsabilità.

Non sono adatta a governare. Eppure una parte di lei voleva dimostrare di esserne capace, di poter uscire vincitrice da quell’orrenda situazione. Voleva che al suo ritorno Jon fosse fiero di lei.

“Questa è la mia spada” stava dicendo Sam mostrando qualcosa, “si chiama Veleno del Cuore ed è acciaio di Valyria.” Sansa si ridestò improvvisamente dai suoi pensieri.

“Dove pensi di andare ora?” chiese Brienne e Sam sospirò.

“La Barriera mi aspetta…”

“La Barriera è crollata” disse Sansa con calma. Vide l’orrore esplodere negli occhi di Sam e il suo labbro tremare.

“C-come è potuto accadere?” chiese lui con un filo di voce.

“Il Re della Notte l’ha distrutta” rispose Bran inespressivo e Sam si voltò verso di lui.

“I miei confratelli…?”

Bran scosse la testa e Gilly si portò le mani alla bocca per soffocare un gemito. Sansa pensò dovesse essere terribile scoprire che tutte le persone che conoscevi erano morte. Un po’ come è successo a tutti gli abitanti di Grande Inverno quando è caduto nelle mani di Ramsay.

Sam stava boccheggiando senza fiato. “Jon… lui lo sa?”

Sansa lo guardò. “Maestro Wolkan ha inviato un messaggio a Duskendale” fu costretta a dire.  

“Ma tornerà, non è vero?” insistette Sam.

Questo speravo potessi dirmelo tu. “Sono sicura di sì” rispose Sansa, “non appena l’avrà ricevuto.”

Sam annuì. “E gli Estranei?” chiese ancora “Avete un piano per fermarli?”

Sansa avrebbe voluto urlargli che no, non avevano idea di come anche solo affrontarli, ma rimase immobile. “Abbiamo inviato dei gruppi ad Ultimo Focolare” spiegò invece, “tenteranno almeno di rallentarli.”

Sam sgranò gli occhi. “Che genere di gruppi?”

Sansa però ne aveva abbastanza delle sue domande. “La situazione per il momento è sotto controllo” sbraitò innervosita, “i soldati sono stati armati con l’Ossidiana, quindi sono pronti per uno scontro.” Sam ammutolì.

Vorrei poter credere anch’io alle mie parole.

Per un po’ regnò il silenzio, poi Sam si alzò in piedi. Sembrava piuttosto teso, come se si stesse preparando ad un annuncio speciale. “Vorrei parlare con voi di una cosa…”

“Suppongo tu volessi dire che desideri parlare con me di questa cosa” lo interruppe subito Bran e Sansa aggrottò le sopracciglia confusa. Anche Sam era spiazzato.

Bran inclinò la testa sulla spalla. “Suppongo sia meglio andare nello studio” proseguì tranquillo, “Meera ci potrà accompagnare…” Dopo qualche secondo, Sam annuì.

Gilly gli afferrò un braccio. “E io?” chiese con una punta di accusa nella voce “Io non posso venire?”

Sansa si fece avanti, decisa ad assecondare la strana decisione di suo fratello. “Tu puoi venire con me” propose con un sorriso incoraggiante, “così che io possa mostrarti le stanze tue e di Sam.” Tanto ormai il castello si è svuotato.

Gilly all’inzio appariva dubbiosa, ma poi acconsentì. Meera condusse via Bran e Sam verso lo studio, mentre gli altri si alzavano in piedi.

Sansa si rivolse a loro. “Davos, desidero tu vada a controllare se per caso sono arrivati nuovi messaggi: qualunche novità voglio che mi sia riferita immediatamente.” Davos annuì e uscì con un rapido cenno del capo.

Sansa si rivolse a Brienne e Podrick, che la fissavano in attesa. “Voi potete tornare ai vostri allenamenti, ho intenzione di raggiungervi tra poco…”

Brienne inarcò le sopracciglia. “Sei ancora dell’idea che tu debba imparare a combattere?”

Sansa roteò gli occhi. Almeno non mi chiama più mia signora. “Brienne, so che hai giurato di proteggermi e non metto minimamente in dubbio la tua abilità, ma devo essere in grado di difendermi da sola quando loro arriveranno. Se tu lo puoi fare, lo posso fare anch’io.”

Brienne la guardò a lungo, poi sorrise orgogliosa. “Allora sarò onorata da insegnrarti l’arte della spada.”

E io di avere te come insegnante, pensò Sansa con affetto. Brienne e Podrick lasciarono presto la stanza e lei si rivolse nuovamente a Gilly. “Seguimi” le disse incoraggiante e la condusse verso le camere da letto del primo piano. Gilly sembrava affascinata da ogni cosa che vedeva e da ogni oggetto che sfiorava. Sansa la osserava di sottecchi.

“Vieni da oltre la Barriera, giusto?” Gilly annuì.

“Sei mai stata in un palazzo?”

“Ho visto il Castello Nero, Collina del Corno e Delta delle Acque” raccontò Gilly, “ma nessuno era grande come questo.”

Sansa la guardò. “Ma sei stata anche alla Cittadella” ricordò perplessa, “da quello che so, la biblioteca è enorme e i soffitti delle stanze altissimi.”

Gilly sbuffò. “La Cittadella è preclusa alle donne” le ricordò, “io vivevo in una casetta a Vecchia Città insieme al mio bambino.”

Si era intristita e Sansa l’abbracciò per consolarla. “Sono sicura si troverà bene a Delta delle Acque” la rassicurò, “mio zio è un brav’uomo. Come si chiama il piccolo a proposito?”

“Sam.”

Sansa ne fu stupita. “Ma il padre è…?” chiese incerta ricordando il voto di castità imposto ai Guardiani della Notte. Non che ora conti qualcosa, si disse, dato che il loro ordine è morto.

Gilly scosse vivacemente la testa. “Non è Samwell” disse semplicemente. Non accennava a voler rivelare chi fosse il vero padre del bambino e Sansa non lo chiese.

“Tu preghi gli Antichi Déi, non è così?”

Gilly la fissò curiosa. “Dovrei?” chiese corrucciando la fronte.

“I bruti di solito venerano gli Anrtichi Déi” spiegò Sansa, “come gli uomini del Nord.” Tranne me. “Se vuoi dopo ti mostro il nostro Parco degli Déi, è un luogo davvero meraviglioso anche se non si prega. Ah, eccoci arrivate…” Sansa si fermò davanti la porta di una stanza.

In quel momento furono raggiunte da Spettro, che veniva dalla direzione opposta. Il meta-lupo si faceva vedere molto più spesso nel castello ora che Nymeria e il suo branco di lupi avevano seguito Arya a Ultimo Focolare. Sansa era certa si sentisse un po’ solo.

“Spettro!” esclamò a sorpresa Gilly e il meta-lupo estrasse la lingua in segno di saluto.

Sansa si voltò verso la ragazza. “Lo conosci?”

Gilly rise. “Ha salvato la vita a Sam una volta al Castello Nero” raccontò, “i suoi confratelli lo stavano picchiando perché tentava di proteggermi.”

Sansa si chiese a quali orrori Gilly era dovuta sopravvivere. Eppure non perde il sorriso, notò meravigliata. Aprì la porta e mostrò all’ospite le due stanze. “Sono comunicanti” spiegò, “e la mia camera è in fondo al corridoio: per qualunque cosa non ti fare problemi.”

Gilly vagò per la stanza accarezzando le coperte del letto e facendo correre le dita sul legno levigato del tavolo. Sembrava una bambina affascinata da qualunque cosa. Sansa dovette ammettere che assomigliava molto alla ragazzina ingenua che un tempo era lei, solo che Gilly non era così stupida.

Poi la porta si aprì ed entrò Meera. Spostò lo sguardo da Spettro, a Gilly, fino a Sansa, per poi rivolgersi a quest’ultima. “Tuo fratello e Sam ti devono parlare. Ti aspettano nello studio…”

Sansa la fissò incredula. Ora mi vogliono coinvolgere? Gilly non disse nulla e Sansa si rivolse direttamente a Meera. “Aiuta Gilly a sistemarsi, per favore” disse dirigendosi verso la porta, “ed accompagnala ovunque desideri, magari nel Parco degli Déi o nel cortile dove si allenano Brienne e Podrick. Io vi raggiungo appena posso…” Meera annuì e Sansa uscì dalla camera.

Procedette spedita lungo i corridoi, evitando tutti coloro che tentavano di parlarle. Raggiunse in breve lo studio, entrò e chiuse la porta. Bran e Sam la stavano fissando e Sansa si sedette a disagio sotto i loro sguardi.

Bran le sorrise. “Dobbiamo parlare” disse in tono serio, “io avrei voluto aspettare che Jon tornasse dal Sud, ma Sam mi ha convinto a non farlo.”

Sansa guardò Sam in cerca di risposte e lui si limitò a scrollare le spalle. “Vi lascio soli” mormorò aprendo la porta, “avete molto da dirvi…” Appena fu uscito, Sansa tornò a guardare Bran, avvolto nelle sue pellicce su quella sedia a rotelle.

“Di cosa mi devi parlare?” chiese Sansa tenendo a bada il tremito della voce.

Bran sospirò. “Sai che sono il Corvo con Tre Occhi?” Sansa annuì.

“E sai che cosa significa?”

“Che puoi avere delle visioni riguardo al passato” rispose lentamente Sansa considerando assurda quella situazione.

“Proprio così” assentì Bran, “e mentre ero oltre la Barriera ho avuto delle visioni molto particolari: ho scoperto delle cose riguardo a Jon.” Sansa, colta alla sprovvista, non seppe cosa replicare.

Bran chinò il capo. “Ho scoperto chi è sua madre.”

Sansa si accorse di avere la bocca spalancata solo quando si ritrovò a doverla richiudere. Da bambina si era sempre chiesta chi fosse la donna che aveva fatto soffrire sua madre e che aveva disonorato suo padre ed aveva elaborato teorie più o meno complesse. Alla fine si era arresa, limitandosi ad ignorare per quanto possibile il suo fratello bastardo.

In quel momento, però, poté solo pensare alla gioia che avrebbe provato Jon non appena Bran l’avrebbe rivelato. Forse è ancora viva, forse potrà incontrarla come ha sempre desiderato.

“Allora?” chiese impaziente.

“Sei sicura di volerlo sapere?” chiese Bran “Potrebbe essere un po’ destabilizzante…”

Sansa alzò gli occhi al cielo. “Bran” disse con un sorriso, “ormai nulla mi sorprende più di quanto io lo sia già.”

“E’ Lyanna Stark.”

Come?!

Sansa ammutolì. Bran doveva essere impazzito se accusava loro padre di incesto. Rabbrividì disgustata al solo pensiero. Ned aveva amato Lyanna con tutta l’anima, ma come un fratello ama una sorella, non oltre. Cosa sta dicendo, in nome degli déi?

“Bran, io non credo che…”

“Va tutto bene” la interruppe Bran, “so che è difficile da capire…”

Sansa scosse la testa. “Non c’è niente da capire” ribatté con voce acuta, “non è semplicemente possibile che nostro padre abbia…”

“Nostro padre non era il padre di Jon” replicò Bran con calma, “lui è figlio di Rhaegar Targaryen.”

Sansa sentì il bisogno impellente di ridere. Jon non è mio fratello. Tutto ciò non aveva senso.

“Rhaegar e Lyanna si amavano” stava proseguendo Bran, “e sono fuggiti insieme. Non c’è niente di vero nelle storie orribili che si raccontano qui a Nord riguardo a Rhaegar, era un brava persona.” Sansa continuava a scuotere la testa.

“Sansa…”

“No!” esclamò lei con voce rotta “Non puoi semplicemente dirmi una cosa del genere ed aspettarti che ti creda. E’ tutto così, così…” Sansa non sapeva come continuare.

“Lo so, è pazzesco” ammise Bran, “ma è la verità.”

Sansa sollevò il mento. “E allora come mai abbiamo passato la nostra vita credendo che Jon fosse il nostro fratello bastardo?” chiese quasi in tono di sfida.

“Ned promise a Lyanna che lo avrebbe protetto” spiegò Bran. “Jon non sarebbe mai stato al sicuro finché Robert fosse rimasto ossessionato dall’idea di uccidere i Targaryen.”

“Jon non è un Targaryen.” Sansa aveva parlato senza riflettere.

“Ho visto Rhaegar e Lyanna sposarsi davanti agli alberi-diga” disse Bran inarcando le sopracciglia, “e Sam ha trovato questo documento alla Cittadella firmato dagli sposi e dai testimoni. Il matrimonio è valido.”

Sansa prese con mani tremanti il pezzo di carta che Bran le porgeva e lo lesse lentamente. Quando sollevò nuovamente lo sguardo, la sua mente era svuotata. “Mi stai dicendo che Jon per nascita dovrebbe prendere il nome dei Targaryen?” chiese con orrore.

Bran alzò le spalle. “E’ molto probabile il suo vero nome non sia nemmeno Jon” osservò, “ho sentito Lyanna sussurrare qualcosa all’orecchio di nostro padre, ma ero troppo lontano per capire.”

“Se tutto questo è vero” mormorò Sansa fissando Bran negli occhi, “Jon potrebbe rivendicare il Trono di Spade e la sua pretesa sarebbe più forte di quella di Daenerys…” E’ sua zia!

Bran annuì. “Cosa pensi dobbiamo fare?”

Sansa prese un respiro profondo. Jon è nostro cugino. “Se i lord venissero a conoscenza di questo” osservò con voce grave, “Jon perderebbe il loro supporto ed il Nord tornerebbe diviso. Dobbiamo tenere tutto segreto, quanti ne sono a conoscenza?”

“Solo io, tu, Sam, Gilly e Meera” rispose Bran, “e credo anche Howland Reed: era alla Torre della Gioia insieme a nostro padre.”

Sansa annuì e, alzatasi, si avviò verso la porta. “Bene” disse all’ultimo, “nessuno deve saperne nulla finché Jon non sarà tornato, poi sceglierà lui cosa fare. Riuscirete tu e Sam a tenere quel documento nascosto?”

“Certamente, non preoccuparti” assicurò Bran e Sansa uscì. Sarebbe dovuta andare nel cortile ad allenarsi con Brienne, ma all’improvviso non ne aveva più voglia.

Le parole di Bran continuavano a tormentarla e Sansa non sapeva più a cosa credere. Provava pena per Jon, al quale avrebbero dovuto spiegare una verità che certamente aveva sempre immaginato diversa, e faceva ancora fatica ad accettare quella nuova realtà.

Tuttavia, nonostante l’incredulità e il timore per cosa quel documento avrebbe potuto scatenare, non poté reprimere un senso di strana pace, che la invadeva, rilassando i suoi muscoli. Jon non è mio fratello, continuava a ripetersi, è mio cugino. Cosa cambiava ciò? Tutto.

Ritornò nella sua stanza e trovò Spettro ad aspettarla ai piedi del letto. Senza pensarci, Sansa gli gettò le braccia al collo, come anni prima amava fare con Lady, e seppellì il viso nelle sue pellicce.

“Jon tornerà presto” mormorò e Spettro emise un basso gorgoglio, “lo sento, vedrai come sarà felice di rivederci. Abbiamo tante cose da dirgli: voglio che quando sarà il momento tu sia al mio fianco.”

Spettro non replicò in alcun modo, ma Sansa si sentì confortata dal suo silenzio. Lentamente si alzò e si buttò supina sul letto, restando per qualche minuto immobile a fissare il soffitto. Le implicazioni della rivelazione di Bran si impossessarono di lei ed il suo cuore prese a battere all’impazzata. D’un tratto Sansa sentiva il suo corpo in fiamme, senza però comprenderne appieno il motivo.

Jon non è mio fratello.

 

Jaime

 

Almeno Cersei gli aveva permesso di portarsi dietro Lamento di Vedova, o Dominatrice, o qualunque altro nome di merda fosse stato assegnato a quella spada.

La prima volta che Jaime la prese in mano si accorse che era molto più corta di Giuramento e decisamente più leggera. Ricordava suo padre che la donava a Joffrey il giorno prima delle nozze e come lui non avesse avuto il tempo di usarla.

Jaime rise ripensando a come suo figlio avesse fatto a pezzi il libro dono di Tyrion. Adesso quella spada sarebbe finalmente andata in battaglia ed avrebbe fatto scorrere sangue e non svolazzare pagine strappate.

Cersei era stata molto fredda al momento dei saluti, nonostante tutti i tentativi di Jaime di farla sorridere. L’aveva aspettato alle porte della città, con Qyburn e la Montagna al suo fianco ed un’espressione impassibile.

“Immagino stavolta ti impegnerai di più” aveva detto gelida, “per ottenere risultati migliori di quelli dell’ultima volta.” Jaime si era limitato ad annuire, sapendo che qualsiasi parola avrebbe solo peggiorato la situazione. 

“Ti sarà affidato l’intero nostro esercito” aveva proseguito Cersei, “terrò ad Approdo del Re solamente gli uomini di pattuglia e le Cappe Dorate. Non mi deludere, Jaime.”

“Non lo farò” aveva replicato Jaime con un peso sul cuore. Cersei non aveva aggiunto altro ed era rientrata. La Montagna l’aveva seguita, mentre Qyburn si era attardato giusto il tempo necessario per lanciare a Jaime uno sguardo carico di significato.

A Jaime Qyburn non piaceva. Gli doveva molto probabilmente la vita per come era riuscito a trattare la ferita della mano mozzata, ma non approvava il suo atteggiamento. Lo sorprendeva sempre accanto a sua sorella, intento ad offrirle i suoi subdoli consigli, e gli sembrava di rivedere Rossart che bisbigliava all’orecchio del Re Folle.

Jaime scosse la testa per scacciare quei pensieri. Non è il momento.

Ormai da qualche giorno si trovava all’accapamento eretto presso le Rapide Nere, vicino Tumbleton, proprio ai margini del Bosco del Re. Le tende erano molto numerose e i loro colori sgargianti attiravano l’attenzione dei passanti, ma le apparenze ingannavano.

Visto da lontano quello poteva sembrare l’accampamento di un grande esercito, tuttavia la realtà era ben diversa. Passeggiando fra le tende, Jaime si era imbattuto in ragazzini terrorizzati e in anziani tremolanti e non riusciva ancora a credere quelli sarebbero stati gli uomini che avrebbe dovuto guidare in battaglia.

Bronn gli mancava terribilmente e sopportare la sua assenza era molto più arduo del previsto. Jaime era stato solito lamentarsi del carattere irrispettoso e poco ortodosso del mercenario, ma col tempo era diventato un amico fedele, che l’aveva anche aiutato in situazione di necessità. Ora che era morto, Jaime si sentiva solo e circondato da nemici.

L’esercito dell’Altopiano non si vedeva e le vedette che si spingevano fino sui monti, riferivano che la Strada delle Rose era sgombra. Jaime era sempre più interdetto: cosa aveva in mente Garth Hightower?

Ricordava lo sguardo di odio profondo che quel ragazzo gli aveva lanciato sotto le mura di Alto Giardino e sapeva che era in cerca di vendetta. Quando capirà che io non c’entro con la morte di sua sorella?!

Almeno avrebbero dovuto fronteggiare solamente l’esercito Tyrell dato che Garth era abbastanza stupido da non attendere i rinforzi di Daenerys. Jaime sapeva che in fondo non poteva lamentarsi: avevano tutte le carte in regola per vincere e per tornare indietro in tempo per la difesa di Approdo del Re.

Il quarto giorno di vana attesa per un nemico che non si presentava, una sentinella chiese udienza urgente a Jaime.

“Mio signore, stanno arrivando! L’esercito nemico è stato avvistato a sud…”

Jaime era perplesso. Si era aspettato Garth scegliesse di portare i suoi uomini fra i monti delle sorgenti del Mander, e invece attaccava da sud.

“Dove si trova esattamente?” chiese Jaime nervoso.

“Sulla Strada delle Rose, mio signore, vicino al Bosco del Re.”

Jaime annuì. “Bene” disse alzandosi dalla branda, “suona l’allarme: voglio metà dell’esercito in marcia contro i nemici.”

“E l’altra metà, mio signore?”

Jaime sospirò. “Resterà vicino all’accampamento, in modo da poter ritirarsi verso Approdo del Re in caso di bisogno.”

Quello era l’unico modo per tentare di contenere le perdite: in fondo l’esercito di Garth non poteva essere troppo numeroso. Jaime inoltre aveva bisogno di uomini addestrati e non di ragazzi reclutati solo poche settimane prima.

Chiuse i ganci dell’armatura sulle spalle e sistemò i gambali. Il metallo era rigido e rendeva goffi i movimenti, ma già molte volte aveva fatto la differenza fra vita e morte in battaglia. Jaime respirò profondamente ed uscì dalla tenda.

Ignorando la confusione che lo circondava, ordinò che gli si fosse portato il suo cavallo. Saltò in sella e tentò di farsi sentire sopra il frastuono. Affidò a ser Raynard Ruttiger la retroguardia che sarebbe rimasta nei pressi dell’accampamento e partì con l’altra metà dell’esercito alla volta di Bosco del Re.

Dovettero proseguire verso sud molto più del previsto e si ritrovarono a superare la Strada delle Rose, con gli alberi non troppo rassicuranti del bosco sulla sinistra. Alla fine finalmente arrivarono in vista dell’esercito Tyrell.

Jaime quasi tirò un sospiro di sollievo scorgendo i loro esigui numeri. Fin troppo esigui, fu costretto ad ammettere colto dal dubbio. Tuttavia non ebbe tempo per ragionare oltre, perché un destriero si era separato dal gruppo e veniva verso di loro al trotto.

Jaime strizzò gli occhi e riconobbe Garth Hightower, splendido nella sua armatura grigia, che faceva avanzare il suo cavallo guardando dritto davanti a sé. Le trompe dell’Altopiano suonarono all’unisono.

“Vogliono patteggiare!” esclamò ser Lymond Vikary che cavalcava al fianco di Jaime “Hanno bandiera bianca…”

Jaime si morse il labbro. Tutto questo è così strano. Serrò la mano sinistra sulle briglie e il cavallo fece un balzo in avanti. “State indietro!” urlò “Andrò io a discutere con lui…”

Garth si era fermato poco più in là e sembrava attenderlo. Jaime lo raggiunse in pochi secondi e sostenne il suo sguardo accusatore.

“Sterminatore di Re” lo salutò sprezzante Garth e Jaime neanche sussultò. Ormai era così abituato.

“Non pensavo ti avrei mai rivisto” osservò e Garth fece una smorfia. “Neanch’io” replicò, “se solo Nymeria non fosse stata tanto vigliacca ora saresti sotto terra a fare da cibo per i vermi.”

Jaime ritenne inutile sottolineare come in realtà fosse stato lui a mostrare pietà nei confronti di Nymeria Sand e non viceversa.

“Saresti dovuto morire ad Alto Giardino” continuò Garth, “ma forse è un bene tu sia ancora vivo: ora potrò essere io ad ucciderti.”

Jaime quasi provava pena per lui. In molti ci hanno provato, ragazzo. Tentò la diplomazia. “Ascoltami” disse in tono serio, “so che sei arrabbiato, ma…”

“Arrabbiato?! Hai ucciso mia sorella, mio fratello e la madre del mio signore! Tu hai…”

“Frena la lingua” lo interruppe Jaime tagliente, “io non ho nulla a che fare con le morti di Baelor ed Olenna. In quanto a tua sorella, te lo ripeterò ancora una volta: si è tolta la vita…”

“Non parlare di Alerie come se la conoscessi” sputò fuori Garth, “tutti loro sono morti a causa dei Lannister.”

Jaime alzò gli occhi al cielo. “Avete scelto di unirvi a Daenerys Targaryen” osservò, “e ne avete pagato le conseguenze.”

Garth rise. “A me sembra siate voi quelli fuggiti da Alto Giardino sconfitti.”

“E allora perché avresti tradito la tua regina dopo una così grande vittoria?”

Garth divenne rosso di rabbia. “Io non l’ho tradita!”

“Ma sei comunque qui contro i suoi ordini” fece notare tranquillo Jaime.

Garth parve rimanere per un secondo senza parole. Poi sbuffò. “Le mie decisioni non ti riguardano.”

Jaime dovette trattenere un sorrisetto. “Bene” disse guardandosi intorno, “dove sono i Dothraki?”

Lo sguardo di stupore di Garth era la risposta che Jaime cercava. Stupido ragazzino, pensò, attaccare i Lannister senza nemmeno avere le spalle protette…

“Come vedi la situazione non si mette bene per te” continuò Jaime, “quindi ti chiedo, perché lanciarsi in una battaglia suicida? Fa’ voltare il tuo esercito e torna a Vecchia Città e ti prometto il perdono reale per le azioni compiute contro la regina.” Prima però Cersei ti farà tagliare le palle.

Garth ovviamente scosse il capo. “Noi illuminiamo la via” disse citando il motto della sua casata, “e non possiamo tornare indietro, non finché il nostro compito non sarà concluso.”

Estremamente poetico ed enormemente sciocco.

Jaime sollevò le sopracciglia. “Se è questo che vuoi, allora sarà guerra.”

Garth sorrise, poi si portò le dita alla bocca e fischiò. Subito i lancieri alle sue spalle si misero in posizione e la cavalleria, seppur mal equipaggiata, serrò i ranghi.

“Stavolta non sarai così fortunato” sibilò Garth. “ADESSO!”

Imrpovvisamente l’attacco cominciò e Jaime vide i cavalli nemici caricare. Notò che molti, proprio come avvenuto ad Alto Giardino, correvano verso destra, tentando di circondare l’esercito Lannister.

Non sarà così facile.

Jaime fece voltare il cavallo e tornò in fretta dai suoi soldati. Diede ordine di sfondare le linee Tyrell per spingere gli uomini nemici verso le Rapide Nere.

“A quel punto saranno in trappola” spiegò Jaime in fretta, “e i nostri uomini rimasti all’accampamento potranno colpirli alle spalle.”

Jaime tuttavia non aveva calcolato che fra il suo esercito e le Rapide Nere correva la Strada delle Rose, che presto fu invasa con facilità da soldati nemici che bloccarono il passaggio.

Jaime imprecò quando vide che molti suoi uomini si trovavano ormai a nord della strada, completamente allo sbando. Garth Hightower inviò contro di loro la fanteria e li disperse.

“Rimanete uniti!” gridò Jaime ai soldati ancora intorno a lui “I cavalli davanti, tutti gli altri verso gli alberi!”

Così iniziarono ad indietreggiare, mentre la cavalleria teneva a bada i nemici che tentavano di avvicinarsi. Jaime sentiva Garth urlare comandi incomprensibili a causa della considerevole distanza che li separava e vide i soldati avversari continuare la loro manovra di accerchiamento.

Non basterà, pensò Jaime convinto, appena saremo arrivati al Bosco del Re sarà facile disperderci e coglierli di sorpresa.

Il Bosco del Re poteva essere insidioso e potenzialmente pericoloso, ma Jaime lo conosceva molto bene. Ci aveva accompagnato Robert durante le sue battute di caccia così tante volte da perdere il conto. Ricordava che Cersei si era sempre rifiutata di venire e che lui, quando aveva potuto, era rimasto con lei.

Jaime strizzò gli occhi pensando a cosa avevano fatto in quei giorni fortunati. Tentò di concentrarsi sul sentiero che il suo cavallo aveva imboccato.

L’animale corse sotto un albero nodoso dai rami storti e Jaime fu costretto ad abbassare la testa per non esserne colpito. I suoi uomini erano quasi tutti entrati nel bosco, ma i soldati Tyrell sembravano esitare, continuando a spingere i loro cavalli nella prateria. Jaime si chiese perché non li seguivano nel bosco.

La risposta arrivò fin troppo presto, quando dal folto degli alberi sbucarono degli urlanti cavalieri dell’Altopiano.

Il cavallo di Jaime si imbizzarrì e lui dovette serrare le redini per evitare di cadere. Ecco dove erano finiti. “Disperdetevi!” si mise a urlare ai suoi uomini “Raggiungete il mare!” Non era una strategia vincente, né in realtà una vera strategia, ma non c’erano alternative. Se fossero usciti dalla foresta, i nemici rimasti fuori li avrebbero certamente sopraffatti, ma non potevano neanche sperare di vincere una battaglia fra gli alberi.

Jaime strinse le labbra e lanciò il cavallo al galoppo, pregando che non inciampasse in qualche radice. Vide i fanti cadere falciati dai cavalli in fuga ed udì le loro urla terrorizzate. Per un momento credette di ritrovarsi nel Bosco dei Sussurri, quando il suo esercito era stato colto di sorpresa da quello di Robb Stark.

Stavolta era un altro ragazzo a sfidarlo e tutto ciò che Jaime conaervava di quei tempi lontani era il leone d’oro sulla placca toracica della sua armatura. Tutto era cambiato.

Vide un soldato lanciarsi con una lancia contro di lui e si affrettò a brandire la spada, più pesante che mai nella sua mano sinistra. Ferì l’uomo al petto e lo lasciò stramazzare al suolo. Il cavallo si ritrasse nitrendo e le briglie scivolarono via dalla mano d’oro di Jaime.

Merda.

Tentò in un disperato tentativo di afferrarle sporgendosi oltre il fianco dell’animale, ma non bilanciò bene il peso e cadde a terra. Il cavallo continuò la sua corsa nel bosco e Jaime si rimise in piedi a fatica. Intorno a lui regnava la confusione e fu per miracolo che non si ritrovò calpestato dagli zoccoli degli animali.

Barcollò, nascondendosi come meglio poteva dietro felci e tronchi, e cercò di allontanarsi da quel disastro. Sapeva che non era un mossa onorevole, che un vero comandante rimaneva con il proprio esercito, ma a Jaime non interessava. Il mio onore non vale un cazzo per nessuno, pensò stringendo i denti. E' inutile che muoia per convincere qualcuno del contrario.

Improvvisamente una figura si scaraventò su di lui facendogli perdere ancora una volta l’equilibrio. Jaime si tirò in piedi e vide Garth Hightower che lo fissava con occhi di brace. Tra le mani stringeva una stupenda spada bianca, dall’elsa spendente d’argento. Jaime la riconobbe subito: era Vigilanza, la spada di acciaio di Valyria che da generazioni accompagnava la nobile casata Hightower.

Per tutta risposta Jaime sfoderò Lamento di Vedova. Garth scosse ironico la testa e si lanciò all’attacco.

Jaime intercettò il colpo poco sopra la testa e, con un rumore orrendamente stridente, fece scivolare via la lama avversaria. Garth si piegò in avanti a casua del contraccolpo e Jaime ne approfittò per tentare un affondo.

Le spade continuarono a collidere senza che uno dei due contendenti riuscisse a ferire l’altro. Garth era animato da una furia che lo accecava, rendendo i suoi movimenti confusi e poco precisi. Jaime dal canto suo riuscì a mantenere il controllo necessario per non affaticare inutilmente il braccio sinistro.

Provò qualche finta, sempre evitando di colpire troppo duramente per risparmiare energie. Un tempo Bronn gli aveva detto che quella era la tattica migliore quando si era costretti a combattere con la mano debole.

Dopo qualche minuto Garth stava già ansimando, ma non demordeva. Vigilanza calò ancora una volta e il suo possessore lanciò un teatrale urlo di guerra. Jaime bloccò ancora una volta il colpo, ma non fu abbastanza rapido da notare il coltello che trovò la strada fra le placche dell’armatura che proteggeva le gambe.

Sentì una fitta di dolore e si affrettò ad estrarsi l’arma dalla carne prima che il sangue iniziasse a sgorgare. Garth aveva fatto un passo indietro e sorrideva. Jaime resistette alla tentazione di lasciarsi cadere in ginocchio e rimase in attesa, con la mano d’oro che tentava di bloccare l’emorraggia.

Lentamente Garth gli si avvicinò, sollevando Vigilanza sopra la testa.

“Questo è per Alerie” mormorò prima che la lama calasse.

Tutto accadde così in fretta che nemmeno Jaime in seguito seppe ricordare esattamente cosa fosse successo, ma in qualche modo Lamento di Vedova riuscì a trapassare il petto di Garth senza trovare resistenza.

Jaime spinse la lama più a fondo, mentre Vigilanza cadeva a terra.

“Non ho ucciso tua sorella” disse con calma quando il corpo di Garth Hightower si irriggidì.

Estrasse Lamento di Vedova con un sospiro e si premurò di raccogliere anche Vigilanza. Osservò esitante il cadavere di Garth, prima di decidere di nasconderlo in un cespuglio per evitarne lo scempio.

Jaime dovette soffocare un urlo di dolore quando posò il peso sulla gamba ferita. Devo andarmene da qui.

Con le due spade legate alla cintura, si incamminò verso la direzione che sperava portasse al mare e fortunatamente non si imbatté in altri nemici. Presto altri suoi uomini si unirono a lui e raggiunsero una radura sulla cima della collina.

Jaime sorrise sollevato quando vide a est il mare: costeggiandolo sarebbero potuti tornare all’accampamento senza farsi intercettare.

Poi uno dei soldati che era con lui urlò e indicò terrorizzato qualcosa oltre il Bosco del Re e la Strada delle Rose, qualcosa verso le Rapide Nere e le colline.

Nonostante la notevole distanza, da quell’altezza Jaime riuscì a distinguere quello che gli parve un esercito discendere dai monti intorno Tumbleton. Vide con orrore quei cavalieri dirigersi verso l’esatto punto dove erano state piantate le tende e dove metà dell’esercito Lannister era in attesa del loro ritorno.

Poi scorse in lontananza una terrificante ombra nera e la seguì ipnotizzato con lo sguardo mentre planava sull’accampamento.

E fu fuoco ovunque.

 

Jon

 

Della caduta Jon non conservava alcun ricordo. Si era risvegliato in quel letto sconosciuto, dentro quel castello sconosciuto e osservato da occhi sconosciuti. Fugata l’iniziale confusione, il suo primo pensiero era corso a Rhaegal.

Avevano percorso non si sa quante miglia verso nord prima che la bufera li colpisse. Jon non aveva idea di quale zona stessero sorvolando e, anche volendo, non avrebbe saputo come ordinare al drago di atterrare. I venti si erano alzati e Rhaegal aveva iniziato a sbandare pericolosamente.

Jon aveva tentato di urlare qualcosa per farsi sentire sopra il frastuono, ma presto si era ritrovato costretto a concentrare tutte le sue energie nel tentativo di non farsi spazzare via. Quando a causa del freddo intenso il ghiaccio aveva cominciato a formarsi sulle ali di Rhaegal e il suo volo si era fatto sempre più incerto, Jon aveva saputo che era finita.

Erano precipitati dal cielo, con il drago che tentava disperatamente di frenare come meglio poteva la caduta e Jon che cercava di scorgere qualcosa nella coltre di nebbia che sembrava avvolgere quei luoghi.

Quando Rhaegal aveva colpito il suolo, Jon aveva perso la presa sulle sue scaglie, cadendo chissà dove. Da quel momento in poi non ricordava nulla.

Ora guardava con apprensione e timore la donna che sedeva accanto al suo letto. Aveva i capelli scuri trattenuti da una fascia e il suo volto era affilato e austero. Tuttavia, non appena lo vide aprire gli occhi, la donna sorrise e si alzò in piedi.

“Howland, vieni vedere: si è svegliato…” Si era girata verso la porta e presto sulla soglia comparve un uomo.

Jon si tirò a sedere, scrutandolo. Doveva avere l’età che suo padre avrebbe avuto se fosse vissuto e l’aria di chi ha visto la guerra negli occhi. I suoi capelli erano castani e gli sfioravano il collo, mentre gli occhi, oscurati da folte sopracciglia, erano color nocciola. Il suo viso aveva lineamenti squadrati, addolciti solo in parte dalla corta barba rossiccia. Sulla sua cappa Jon notò la spilla dell’alligatore e improvvisamente capì.

“Io sono Howland Reed” si presentò l’uomo, “e lei è mia moglie, Jyana.” La donna chinò appena il capo. “Non ci aspettavamo il tuo arrivo e non di certo in quel modo, vostra grazia.”

Jon dovette reprimere lo stupore. “Sai chi sono?”

Howland Reed sorrise. “La tua spada parla per te.” Accennò a Lungo Artiglio, appoggiata al muro sotto la piccola finestra.

Jon annuì, poi si ricordò di Rhaegal. “Il mio drago…”

“Sta bene” lo interruppe Howland, “non è rimasto ferito dalla caduta e da allora è rimasto fermo sulla riva del fiume. Credo ti stia aspettando.” Il suo tono era calmo, come non fosse affatto sopreso dal fatto che il Re del Nord fosse precipitato davanti casa sua a bordo di un fottuto drago.

Jon si guardò intorno. “Siamo a Torre delle Acque Grigie?”

Howland annuì. “Potrai rimanere finché vorrai” disse cortese. “Io e Jyana siamo onorati di averti come nostro ospite, vostra grazia.”

Jon scosse la testa. “Vi devo la vita” osservò, “credo possiamo lasciar perdere titoli e formalità.” Scostò le coperte e si alzò in piedi. Indossava abiti puliti e si chiese chi fosse stato a spogliarlo mentre era privo di coscienza. Cosa avevano pensato delle sue cicatrici? Jon ricordò l’incredulità negli occhi di Daenerys e allontanò con forza quel pensiero.

Daenerys è morta.

Lady Jyana gli porse una ciotola di terracotta contenente uno strano intruglio. “Bevilo” lo incitò, “ti aiuterà a recuperare le forze.”

Jon chiuse gli occhi e mandò giù la brodaglia senza riprendere fiato. Poi posò la ciotola sul comodino e tentò di ricomporsi.

“Grazie.”

Jyana gli sorrise e il marito la strinse a sé.

“Forse è meglio che ti lasciamo da solo” disse Howland. “Se vorrai fare un giro della Torre potrai trovarmi in salotto.” Poi aprì la porta ed uscì insieme alla moglie, non prima di aver rivolto al loro ospite un ultimo sorriso.

Rimasto solo, Jon si lasciò cadere nuovamente sul letto. Le gambe gli tremavano e la testa gli doleva terribilmente. Tentò di riordinare le idee.

Si trovava nell’Incollatura, nel Nord, ma Grande Inverno era ancora lontana e sarebbe stata difficile da raggiungere con quelle tempeste. Jon si prese la testa fra le mani. Non posso rimanere qui, pensò con angoscia. A quest’ora l’esercito dei morti potrebbe aver già superato Ultimo Focolare. Rabbrividì al solo pensiero.

Se solo Daenerys non avesse agito in quel modo…

Per impedire a vani ricordi di assalirlo, Jon si allacciò gli stivali e lasciò la stanza. Se resto ancora un minuto da solo impazzisco, pensò procedendo a passo spedito.

I corridoi della Torre erano umidi e silenziosi. Jon rimase sorpreso dall’assenza di servitori, per poi ricordarsi che gli Uomini delle Paludi si diceva non amassero la compagnia. Ormai non si sa più se credere o meno alle leggende, pensò con amarezza.

Finalmente trovò il salotto di cui parlava Howland. Il lord di Torre delle Acque Grigie era in piedi davanti alla finestra aperta, mentre Jyana leggeva accanto al fuoco. Quando lo sentirono entrare, entrambi sollevarono lo sguardo.

Howland gli fece cenno di avvicinarsi e gli indicò qualcosa fuori. Jon strinse gli occhi e osservò l’acqua della Forca Verde scorrere ai piedi della fortezza. Sulla riva coperta di neve e fango, immerso nella nebbia, Rhaegal dormiva profondamente. Jon non l’aveva mai visto così in pace.

“Il tuo drago è una bestia fedele” disse Howland e Jon pensò a Spettro.

Hai fatto il tuo dovere, amico mio? Hai protetto mia sorella?

“Non è il mio drago” mormorò Jon solamente e Howland non fece domande. Trascorsero attimi di silenzio.

“Hai notizie da Grande Inverno?” chiese poi Jon temendo che la quiete l’avrebbe distratto da ciò che contava davvero in quel momento.

Howland sospirò. “Non quante ne desideri temo” ammise. “Torre delle Acque Grigie è piuttosto isolata sai, mi stupisce che tu sia riuscito a trovarla.”

“Diciamo che ci sono caduto.”

Lord Reed rise. “Giusto” assentì, poi tornò serio. “In ogni caso so solo ciò che mia figlia Meera mi ha scritto più o meno una settimana fa, quando è arrivata a Grande Inverno. Mi ha detto degli Estranei, del crollo della Barriera e che lei era là, insieme a tuo fratello Brandon.”

Jon sbarrò gli occhi. “Bran?” Com’era possibile fosse sopravvissuto alla vita oltre la Barriera?

Howland annuì. “Sta bene” lo rassicurò, “entrambi sono riusciti a raggiungere Grande Inverno.”

Jon sentì il sollievo scivolargli in corpo, una sensazione di felicità che non provava dall’arrivo di Sansa al Castello Nero. Un altro pezzo della sua vita tornava al posto che gli spettava. “Come hanno fatto?” chiese ancora incredulo “A sfuggire al crollo della Barriera…”

“Meera dice che sono stati salvati da un drago dalle scaglie bianche e dorate.”

Jon si immobilizzò. Viserion.

Howland stava studiando la sua reazione e Jon deglutì a fatica. “Sono i draghi di Daenerys Targaryen, vero?” chiese poi gentilmente lord Reed. Jon non ebbe altra scelta che non quella di annuire, poi guardò Howland negli occhi. Non pensare a lei.

“Ciò che è successo con la Madre dei Draghi non ha importanza ora” disse a bassa voce, “le sue intenzioni non hanno più importanza. L’unica cosa che voglio è tornare a casa per poter aiutare il mio popolo in questa guerra, solo questo mi preme.”

Gli occhi di Howland divennero lucidi di commozione. “Parli proprio come Ned” mormorò e Jon sentì una fitta da qualche parte in quello che restava del suo cuore.

“Voi due eravate molto amici” disse sforzandosi di trovare un tono leggero, “mio padre ci raccontava sempre di come avete combattuto alla Torre della Gioia.”

Howland e Jyana si scambiarono una rapidissima occhiata, che tuttavia non sfuggì a Jon.

“Vorrei parlare con Jon Snow da solo” disse lord Reed rivolto alla moglie.

“Howland…”

“Jyana, per favore” la interruppe subito Howland. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi lady Jyana chiuse il libro, si alzò e uscì dalla stanza.

Howland si voltò nuovamente verso Jon. “Seguimi” disse semplicemente, avviandosi a sua volta verso la porta. Senza parole, Jon gli andò dietro.

Attraversarono molte stanze anguste e salirono diverse rampe di scale prima che Howland si fermasse. Jon scoprì di essere stato condotto in quella che sembrava la stanza più alta della Torre. C’erano due sedie, un piccolo baule nascosto in un angolo e un camino acceso. La finestra era troppo piccola perché la luce potesse veramente illuminare la stanza, che perciò risultava avvolta da una tetra penombra.

Howland si sedette e fece cenno a Jon di fare lo stesso. Si stava accarezzando la barba e il suo sguardo era vacuo.

“Credi nel vero amore, Jon Snow?”

Jon, colto alla sprovvista, non rispose subito. Pensò a Ygritte e ai suoi capelli baciati dal fuoco, alla passione che aveva acceso le loro notti e alla freccia che aveva posto fine alla sua vita. Mi avrebbe ucciso se Olly non avesse scoccato quella freccia.

Poi il pensiero di Daenerys tornò a farsi strada prepotentemente nella sua testa e Jon sentì la rabbia assalirlo.

“No.”

Howland tirò un sospiro profondo.

“Quello che esisteva fra i tuoi genitori era vero amore.”

Fu come se il mondo intero si fosse fermato, congelato in quell’attimo. Jon alzò la testa di scatto, il cuore che già batteva all’impazzata. Mia madre…

“T-tu sai chi è m-mia madre?” balbettò, l’emozione che gli impastava la lingua.

“So chi sono i tuoi genitori.”

Jon quasi non ascoltava, la sua mente intenta ad assaporare in anticipo il momento di quella rivelazione. Non temere, padre, pensò commosso, lord Howland manterrà la tua promessa. Rivolse a lord Reed uno sguardo carico di impazienza e lo vide mordersi il labbro.

“Tua madre era la donna più forte che io abbia mai conosciuto” iniziò Howland e Jon fu subito colpito come un pugno da quell’era. Allora è morta, pensò cercando di stabilizzare il suo respiro.

“Al grande torneo di Harrenhal fui preso di mira da tre cavalieri” continuò lord Reed, “non ricordo neppure i loro nomi, solo che mi picchiarono perché credevano che gli Uomini delle Paludi fossero mostri. Io non riuscivo a difendermi, ma poi è arrivata tua madre brandendo una spada e li ha messi in fuga. Mi ha aiutato a rialzarmi e mi ha portato nella tenda della sua famiglia.”

Howland fissò Jon negli occhi. “Lei era già promessa a un lord” continuò, “ma io ho visto il modo in cui lei e tuo padre si guardavano. Non puoi comandare al tuo cuore, Jon Snow, è questo che da sempre rende deboli i giuramenti dei Guardiani della Notte, così facili da spezzare. Non si può rinunciare all’amore.”

Sospirò. “Io ero là il giorno in cui è morta” mormorò con voce spezzata. “Ho visto il letto intriso di sangue, ho visto Ned abbracciare il suo cadavere, ho dovuto separarlo da lei con la forza.”

Jon si accorse di star trattenendo il respiro. “Cos’è successo?” chiese con un filo di voce.

Howland tornò a guardarlo. “Cosa sai dei fatti accaduti alla Torre della Gioia?”

Jon strizzò le palpebre, disorientato dalla domanda. “So che mio padre ha sconfitto ed ucciso ser Arthur Dayne” disse, “ma che non ha fatto in tempo a salvare mia zia Lyanna.”

Howland scosse il capo. “Tutte menzogne.”

Jon lo fissò incredulo. “Ma…”

“Ascoltami” lo interruppe Howland, “Arthur Dayne avrebbe ucciso Ned se non fossi stato abbastanza vile da pugnalarlo alle spalle.”

Jon ascoltava sempre più esterrefatto. Non è possibile, mio padre non avrebbe raccontato una bugia.

“E Lyanna non è stata uccisa da Rhaegar Targaryen come tutti al Nord credono” continuò Howland.

Questa volta Jon scosse la testa convinto. “Rhaegar ha rapito mia zia” disse sicuro, “l’ha portata a Dorne, l’ha stuprata e poi l’ha uccisa.”

“Questa è la storia che è stata diffusa così a lungo da affossare la verità” ribatté Howland, “la verità che Rhaegar e Lyanna si amavano, che sono fuggiti insieme da un destino che non volevano.”

Jon tacque un attimo, un terribile presentimento che si impossessava lentamente di lui. Cercò di allontanarlo, ma quello tornava ogni volta.

“Allora, se ciò che dici è vero, come è morta Lyanna?”

Howland lo osservò con sguardo pieno di compassione. “E’ morta di parto” disse con calma, “dando alla luce il figlio suo e di Rhaegar, un bambino che Ned giurò di proteggere e che allevò a Grande Inverno come suo bastardo.”

La mente di Jon non realizzò subito la rivelazione e lui fissò confuso Howland per una manciata di secondi. Poi si sentì mancare e dovette aggrapparsi con forza ai braccioli della sedia. Tutto ciò non ha senso, si disse per calmarsi, tutto ciò non ha senso.

“Stai mentendo” sibilò, senza neanche riconoscere la propria voce.

Howland scosse il capo. “No” replicò con voce grave, “per quanto la verità possa far male, non si può cambiarla.”

Jon stava tremando violentemente, forse di rabbia, forse di paura o forse solo di freddo. “Mio padre era Eddard Stark” disse alzando la voce, sperando che facendolo avrebbe convinto sé stesso.

“Lo è diventato” assentì Howland, “ma i tuoi genitori sono Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark.”

Il fratello di Daenerys.

“NO!” Jon aveva urlato, ma nemmeno se n’era accorto. In ogni caso non aveva alcuna intenzione di scusarsi.

Howland Reed si protese in avanti. “Tua madre in punto di morte fece promettere a Ned di proteggerti” raccontò, “di nasconderti agli occhi di Robert Baratheon che aveva giurato di sterminare i Targaryen. Sei fortunato a non aver ereditato i tratti di tuo padre. Assomigli così tanto a Ned che nessuno avrebbe dubitato fossi davvero suo figlio, ma in te c’è il sangue del drago.”

“Io non sono un Targaryen” disse Jon, la voce come veleno. Ormai tuttavia la realtà gli si stava concretizzando davanti agli occhi. La sua intera esistenza era stata una menzogna, un inganno.

Solamente esistendo aveva esposto la sua famiglia ad un rischio enorme, un rischio che i suoi fratelli non avevano mai meritato.

Cugini.

Improvvisamente Jon sentì la necessità di piangere. Aveva trascorso una vita odiando la propria condizione di bastardo, invidiando i privilegi di Robb, sognando di poter diventare uno Stark, quando in realtà sarebbe dovuto grato agli déi di essere vivo. Mio pad… Mio zio ha sacrificato il suo onore per salvarmi, realizzò senza fiato. Ha messo in pericolo la sua posizione, la sua amicizia con il re, i suoi stessi figli. Io non meritavo tutto questo.

Rhaegar e Lyanna forse si erano davvero amati, ma con le loro azioni avevano condannato i Sette Regni a una guerra senza fine. Non erano stati capaci di stare al loro posto e il mondo aveva sanguinato per il loro egoismo. Jon pensava di poterli odiare per questo. Erano fuggiti insieme, avevano generato un bastardo ed erano morti, incuranti dell’equilibrio che avevano spezzato.

Howland stava frugando nel baule dandogli le spalle, per poi riemergere con qualcosa in mano. “La copia originale è andata perduta” spiegò porgendo a Jon un foglio di carta, “ma fortunatamente tua madre conservava ancora questa in un cassetto alla Torre della Gioia. Ned mi ha incaricato di custodirla.”

Jon si alzò in piedi e prese il documento con mano incerta, sforzandosi di leggerlo attraverso le lacrime represse che gli offuscavano la vista.

Da oggi fino alla fine dei tempi affermo che Lyanna di casa Stark e Rhaegar di casa Targaryen sono un’unica mente, un unico corpo, un unico cuore. Che gli Antichi Déi concedano loro molti figli e benedicano questa unione.

Jon non sapeva cosa dire, perciò rimase in silenzio.

Howland Reed gli venne vicino e gli mise una mano sulla spalla. “Sai cosa significa, vero?” chiese con gentilezza “Questo documento prova che sei il loro figlio legittimo, nonché primo nella linea di successione al Trono di Spade, se i Targaryen avessero continuato a governare a Westeros.”

A Jon stavolta venne da ridere. Daenerys e i suoi discorsi, maledisse mentalmente. Mi avrebbe fatto decapitare se fosse venuta a conoscenza di questa storia.

E’ mia zia.

Il pensiero colpì Jon come un fulmine, lasciandolo stordito. Quindi quando erano andati a letto insieme era stato incesto? Jon non voleva davvero pensarci, troppo disgustato dalla sola idea. Howland lo stava osservando.

“Jaehaerys Targaryen.”

Jon lo guardò confuso. “Cosa?”

“Jaehaerys Targaryen” ripeté lord Reed, “è questo il nome che tua madre scelse per te. Ned poi lo cambiò in Jon in onore di Jon Arryn. Penso sperasse così di diventare per te il padre che lord Arryn era stato per lui.”

Jon non replicò. Anche il mio nome è una finzione.

“So che tutto questo è difficile per te” continuò Howland, “so che probabilmente sei arrabbiato con i tuoi genitori, con il mondo intero per averti rovinato la vita. Ma sappi che tua madre ti amava, che tuo padre lasciò tre delle più forti Guardie Reali a difenderti e che Ned ti considerò da subito come suo figlio.”

Ora Jon stava piangendo, senza più cercare di trattenere le lacrime. “Era tutto quello che volevo” sussurrò, “renderlo fiero, essere davvero suo figlio. Ho trascorso tutta la mia vita credendomi un bastardo, odiandomi per ciò che ero e temendo di perdere la mia famiglia. Quando partii per la Barriera pensai di potermi lasciare tutto alle spalle, ne ero convinto, ma non fu mai possibile. Credevo mia madre fosse una puttana, mi vergognavo di questo, ma il pensiero di mio padre mi dava forza. E’ sempre stato il mio orgoglio, poter dire di essere suo figlio, l’unico esempio che sentissi di poter seguire, che mi faceva credere ancora nel bene di questo mondo.”

Jon sospirò. “E ora scopro che non era vero” proseguì con amarezza, “che la sorte beffarda mi ha sottratto anche l’unica cosa che la vita mi aveva concesso.”

Howland scosse energicamente il capo. “Lo sai che non è così” disse, “potrai essere figlio di Rhaegar Targaryen, principe dei Sette Regni, ma tuo padre resterà sempre Eddard Stark. Le cose che ti ha insegnato vivranno con te e i suoi figli saranno sempre i tuoi fratelli.”

Jon aveva la gola secca. “Non sono Jaehaerys Targaryen.”

“Questo dipende da chi tu scegli di essere” replicò lord Reed, “e questo forse ti può aiutare.”

Jon prese in mano il secondo foglio, ormai quasi insensibile a qualunque altra emozione. “Che cos’è?” chiese con voce atona.

“Il testamento di Robb Stark” rispose Howland, “scritto poco prima degli eventi delle Nozze Rosse, quando credevamo Bran e Rickon fossero morti, ed affidato a me, Maege Mormont e Galbart Glover. Loro sono morti e questo è rimasto a me.” Lo incoraggiò con lo sguardo a leggerlo.

Jon ebbe un tuffo al cuore quando riconobbe la scrittura e la firma di Robb.

Io, Robb Stark, lord di Grande Inverno, Re del Nord e del Tridente, in caso di una mia prematura dipartita senza eredi, dichiaro che a succedermi quale Re del Nord debba essere mio fratello, Jon Snow, che io legittimizzo come Jon Stark di Grande Inverno.

Se Jon aveva pensato di essere diventato immune alle emozioni si era sbagliato di grosso. Continuò a fissare quel pezzo di carta per diversi secondi.

Jon Stark di Grande Inverno.

Jon non poteva credere Robb avesse davvero fatto una scelta simile. Io ero un confratello dei Guardiani della Notte all’epoca, pensò esterrefatto.

Fino a pochi mesi prima una rivelazione del genere gli avrebbe regalato una gioia incredibile, ma quante cose erano cambiate? La gioia non era più un opzione.

Howland si avviò verso l’uscita. “Meglio che tu rifletta un po’ da solo” disse con la mano sulla maniglia, “non voglio intromettermi più di quanto sia già stato costretto a fare. Ma lo dovevo a Ned e Lyanna…”

Quando la porta si chiuse silenziosa, Jon quasi non se ne accorse. Il suo sguardo si spostava dal contratto di matrimonio dei suoi genitori al testamento di Robb.

Adesso cosa avrebbe fatto, come avrebbe convinto qualcuno a combattere ancora per lui? I lord del Nord gli avrebbero sputato addosso appena scoperta la verità sulle sue origini Targaryen e, semmai fossero riusciti a sopravvivere in qualche modo alla Grande Guerra, Daenerys l’avrebbe fatto certamente ammazzare.

Dall’altra parte, Jon sapeva di non poter fingere di essere chi non era, di non poter accettare un nome che non era suo.  Jaehaerys Targaryen non esiste, Jon Stark non può esistere.

Ma allora lui chi era?

Jon prese un respiro profondo. Ricordò ogni cosa che aveva amato della sua famiglia, il sorriso di Sansa quando avevano ripreso Grande Inverno, lo sguardo fiero di Ned davanti ad un bersaglio centrato alla prima freccia, la risata di Robb quando perdeva una sfida, la dolcezza di Bran ogni volta che perdonava qualcuno, la curiosità di Rickon quando gli avevano messo in braccio Cagnaccio la prima volta, gli occhi sgranati di Arya quando le aveva regalato Ago.

Pensò a Spettro che lo aspettava fedele, a Sam sepolto sotto la polvere della Cittadella, a Davos e Tormund che l’avevano sostenuto durante le scelte più delicate. Ripensò a Lyanna Mormont che lo sceglieva come suo re.

Tutti loro hanno creduto in me, realizzò allora Jon, mi hanno seguito per quello che sono. Maestro Aemon non avevano scelto Jaehaerys Targaryen come lord Comandante dei Guardiani della Notte, i lord del Nord non avevano eletto Jon Stark come loro re. Avevano tutti seguito Jon Snow.

Ormai risoluto, Jon si alzò in piedi ed andò verso il caminetto. Gettò il contratto di matrimonio nel fuoco, ma la sua mano esitò quando fu il turno del testamento. Indeciso, lo piegò con cura e lo mise in tasca.

Nessuno verrà mai a sapere di tutto questo, pensò osservando la carta che diventava cenere. Il Nord ha bisogno di me e non dei miei titoli veri o presunti.

Jon andò alla finestra e si sporse appena. Vide che Rhaegal guardava nella sua direzione, attendendo paziente di ripartire. Jon inspirò e si avviò verso la porta.

La Grande Guerra non avrebbe risparmiato nessuno e il tempo dei dubbi era finito da un pezzo.



                                                                "La vita può essere capita solo all'indietro, ma va vissuta in avanti."



N.D.A.

Ehila.... *corre a nascondersi*
Ne è passato di tempo eh... Sono davvero mortificata, non avrei mai pensato di fare un ritardo del genere, ma poi c'è stato Natale in mezzo, la scuola è ricominciata, così come l'ansia per la maturità e mille altri problemi. Inoltre il blocco dello scrittore alla fine ha colpito pure me. Non certo su questo capitolo, ma sto ferma a 29 a pochi passi dalla fine senza riuscire a concludere. Temo di aver perso tutto il mio entusiasmo per questa storia e non riesco più a ad andare avanti e quindi continuare a postare i capitoli vecchi mi fa male e ogni volta ho paura di cosa succederà quando raggiungerò il momento in cui non ce ne saranno altri pronti. Ormai sento mi sia passata tutta la voglia di scrivere questa storia, la stessa voglia che mi spinse a iniziare a pubblicarla, perchè ho superato la mia "fase fanfiction" e ho invece un libro originale che ho iniziato a scrivere e che invade i miei pensieri. Ma tenterò lo stesso di tenere duro e darvi la conclusione (avevo previsto sui 35 capitoli, uno più uno meno) che meritate. Non voglio deludervi, spero di ricevere il vostro supporto perchè questo è il momento peggiore per uno scrittore, quando non ama più la sua creatura. Rileggo questi capitoli scritti ormai più di un anno fa e non mi piace il mio stile, sento di essere ormai andata troppo avanti e che dovrei lasciar perdere. Ma voglio riuscire a portarla a termire e sappiate che tenterò con tutta la mia buona volontà a darmi da fare. Ci tenevo però a essere onesta con voi, specialmente nei confronti di chi segue questa storia da tempo. Sappiate che il vostro supporto è tutto per me.

Passanso al capitolo, che dire, il POV di Jon è in assoluto uno dei miei preferiti. Io sono dell'idea che debba essere Howland a svelare le sue origini e alla fine è, come diceva Meera, il destino a portare qualcuno a trovare Torre delle Acque Grigie. Ho tentato di catturare i sentimenti di Jon nella loro complessità, perchè non credo molti si rendano conto quanto possa distruggerti il fatto che l'unica cosa che ha rappresentato il tuo fare nella vita (nel caso di Jon, essere figlio di Ned) si dimostri una menzogna. Ma alla fine riesce a uscire dal vortice più forte di prima, con la consapevolezza di non aver bisogno di alcun nome per poter aiutare la sua gente. In un certo senso è andato oltre la mentalità del tempo. Ha distrutto il documento del matrimonio (seppur non sapendo che l'originale scomparso è in mano di Sam e Bran), ma non ha avuto la forza di bruciare anche quello di Robb. Alla fine il legame con la sua famiglia rimane lo stesso.
Lo so che il nome di Jon è Aegon, ma quando scrissi il capitolo girava la teoria del nome come Jaehaerys e mi piaceva così tanto che non ho voluto correggerlo.

Per il resto spero davvero il capitolo sia stato apprezzato, ma mi guardo bene dal far promesse su quando di nuovo aggiornerò la storia XD XD Vi prometto che tornerò, tenterò di tornare agli aggiornamenti ogni due settimane, ma non me la sento di promettere nulla.
Vi adoro tutti se siete arrivati fin qui e ancora seguite questa storia nonostante tutto!
Alla prossima!


NB:  anche stavolta ben due citazioni!! La prima è di Anna Frank, mentre la seconda di Kierkegaard. Ovviamente sono riferite alla scoperta delle sue origini da parte di Jon, ma anche alla sua decisione di non rimanere a piangersi su, ma piuttosto agire e andare avanti.



 

 

 

 

   
 
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